2
Si sono moltiplicati sui mercati beni il cui valore aggiunto consiste
soprattutto nel Know-how intellettuale incorporato (si pensi ad
esempio al software).
Scrivono Gambaro e Ricciardi
1
a questo riguardo:
“La produttività di un microprocessore, di un cavo a fibre ottiche
o di un CD-Rom- prodotti intermedi delle moderne industrie
informatiche e di telecomunicazione- dipende dal contenuto di
intelligenza e di informazione che incorporano e non dal
contenuto fisico di materiali necessari per la loro realizzazione”
L’organizzazione del lavoro, superata la logica taylorista della catena
di montaggio, valorizza oggi proprio la flessibilità delle competenze e
delle abilità individuali. Lì dove, infatti, non si prevedeva che
l’operaio avesse una visione d’insieme del lavoro svolto, ma restasse
invece confinato all’interno di un ruolo rigido, meccanico, oggi, nella
società post-industriale, si richiedono la partecipazione attiva, il
coinvolgimento in vista di obiettivi comuni e, soprattutto, la
flessibilità necessaria per adattarsi, velocemente, ad un contesto
lavorativo competitivo ed in continua evoluzione.
Si tratta, in altre parole, di adottare quel pensiero sistemico che Peter
Senge
2
definisce “quinta disciplina” dello sviluppo organizzativo e
che consiste, in definitiva, nella capacità di vedere gli interi.
“Oggigiorno il pensiero sistemico è più necessario che mai
perché stiamo per essere sopraffatti dalla complessità. Forse per
la prima volta nella storia, il genere umano ha la capacità di
creare molte più informazioni di quanto chiunque sia in grado di
1
M. Gambaro, C. A. Ricciardi, Economia dell’informazione e della comunicazione, Bari, Laterza,
2003, p. 5
2
Le altre discipline dello sviluppo organizzativo, di cui la quinta costituisce l’elemento unificante,
sono la padronanza personale, i modelli mentali, la visione condivisa e l’apprendimento di gruppo.
Per un approfondimento si veda:
P. Senge , The Fifth Discipline, 1990 (trad. it. , La quinta disciplina, Milano, Sperling & Kupfer
editori,1992)
3
assorbire, di promuovere un’interdipendenza molto maggiore di
quanto ognuno possa gestire e di accelerare il cambiamento
molto più rapidamente dell’abilità di chiunque di tenergli testa.
La dimensione della complessità è senza dubbio senza
precedenti”
Investire sulle risorse umane è ormai diventata una necessità, in
quanto esse sono le uniche in grado di gestire fenomeni variabili e
complessi. La distinzione tra vertici aziendali (storicamente unici
detentori del potere decisionale) e personale dipendente si fa sempre
meno sfumata, a favore di un decentramento di compiti e
responsabilità e di uno scambio di competenze tra tutti i livelli della
struttura. Si fa strada, infatti, la convinzione che ogni singolo apporto
sia vitale per il successo sui mercati e che sia impossibile raggiungere
la crescita totale senza promuovere quella individuale.
“Nell’ambiente complesso e competitivo della nuova economia
ai lavoratori è richiesto di rendersi più attivi e responsabili,
assumendo una professionalità più ricca e completa, fino al
punto di diventare imprenditori di se stessi. Si tratta di una
trasformazione che allarga la responsabilità sulla qualità di
processi e prodotti, ed esige tendenzialmente a tutti i livelli della
gerarchia capacità di autorganizzazione, di autocontrollo e di
miglioramento continuo della qualità del proprio lavoro, di
interazione con le nuove tecnologie e con ambienti relazionali
complessi e globalizzanti”. (Consoli)
3
Immersa nel contesto sociale e per questo motivo obbligata a
“sentirne” i cambiamenti per rispondere ad essi, l’organizzazione
post-moderna si fa sempre più spesso learning organization,
3
F. Consoli, “Scelte e scenari per un’occupabilità sostenibile”, in G. Di Francesco (a cura di), Le
competenze per l’occupabilità. Concetti chiave e approcci di analisi, Milano, Franco Angeli,
2003, p. 54
4
trasformandosi in un centro di elaborazione di dati interni ed esterni e
abituandosi ad osservare le trasformazioni, anche graduali, che
lentamente portano alla riconfigurazione del sistema
4
. L’alternativa è
quella di vedersi rapidamente estromessa da qualsiasi segmento
competitivo e di fare, per usare una metafora di Senge, la fine della
“rana bollita”.
5
Nuove esigenze di formazione
Di fronte alla crescente complessità del contesto sociale, il mondo
della formazione è obbligato a raccogliere una nuova sfida e a
ripensare al proprio funzionamento, giacché esso si dimostra oggi
profondamente inadeguato a fornire le professionalità richieste dal
mercato del lavoro. La lentezza con la quale viene aggiornata la
programmazione didattica istituzionale rende la scuola e il mondo
accademico profondamente distanti dalle esigenze sociali e dalle realtà
produttive, col risultato di provocare uno scollamento nel modello
delle corrispondenze scuola - lavoro,
6
E’ stato il settore imprenditoriale, per primo, a denunciare le carenze
e a sovvertirne gli iter formativi dei sistemi educativi istituzionali
facendo ricorso sempre più frequentemente al proprio know-how
endogeno per la preparazione di personale qualificato. Così, ad
esempio, scriveva Agnelli
7
nel 1973, sostenendo la necessità di
distinguere la formazione professionale da quella accademica:
4
M. Pigliacampo, Formazione e nuovi media, Roma, Armando Editore, 2003, pp. 48-49
5
Con la parabola della rana bollita Senge descrive la crisi dell’industria automobilistica americana
negli anni Sessanta, quando si sottovalutò il graduale, seppure ancora periferico, incremento delle
vendite giapponesi sui mercati fino a quando questo non assunse dimensioni rilevanti. Mettendo
una rana in una pentola (poi collocata su una fonte di calore) a temperatura ambiente, essa starà
buona e calma e quasi non si accorgerà del progressivo aumento di temperatura fino a quando sarà
troppo intorpidita per scappare (op. cit, p. 26)
6
F. Consoli , op. cit. , p. 50
7
Umberto Agnelli (1973), “Relazione presentata al convegno nazionale Asfor sullo Sviluppo della
società italiana e la formazione dei quadri”, estratto riportato in E. Baldini (a cura di), “Il
contributo della formazione e le esigenze a cui risponde”, in AIF, Professione formazione, Milano,
Franco Angeli, 2004, p. 30-31
5
“L’università, nel passato, ha svolto una funzione di cerniera tra
sistema scolastico e sistema produttivo per quanto riguarda il
personale qualificato. Attualmente, non sembra che questo ruolo
sia più assicurato e non si vede nemmeno come l’università,
allorquando avrà superato il suo attuale travaglio, possa tornare a
svolgere un ruolo effettivo sul piano della preparazione
professionale. L’università, infatti, si sta orientando ad assolvere
la funzione di insegnare come si fa ricerca, di realizzare la
ricerca di base e la sistematizzazione razionale delle conoscenze,
di svolgere un compito di alta cultura nel contesto sociale [...] I
bisogni formativi che emergono dalla più recente dinamica
industriale sembrano ormai un compito esterno al sistema
scolastico”
Le difficoltà del sistema universitario italiano derivano, quindi, dalla
perdita di funzionalità in un contesto sociale in cui il sapere che si può
ottenere dal fare entra in competizione con quello del dire e del
custodire
8
. L’accademia e le realtà produttive, prive di contaminazione
reciproca, si sono trasformate in due universi autoreferenziali e
distinti, in quanto la prima ha perso la capacità di incidere sulle
seconde.
L’università, senza alcun dubbio, non è oggi in grado di offrire
percorsi didattici immediatamente spendibili professionalmente, anche
se la riforma curriculare degli ultimi anni pare muoversi proprio in
questa direzione. Si tenta, infatti, di introdurre saperi contestuali
(tirocini) e procedurali in modo che i profili culturali e professionali
siano più adeguati alle dinamiche del mondo del lavoro
9
.
L’eredità di una concezione accademica di tipo tradizionale, secondo
cui essa si qualificherebbe come realtà autonoma, dedita solo
8
M. Morcellini., F. Comunello, “L’Università sulla soglia del cambiamento”, in P. Di Nicola , F.
Comunello (a cura di), Learning. Una guida alla formazione nella net economy, Milano, Guerini e
Associati, 2003, p. 34
9
L. Galliani, “Riscrivere i percorsi della formazione”, in Galliani L. (a cura di), L’Università
aperta e virtuale, Lecce, Pensa Multimedia, 2002
6
all’indagine scientifica e assolutamente non orientata al mercato, ha
sicuramente inciso sul ritardo con cui sono state sviluppate partnership
con altri attori economici. Tuttavia...
“...si assiste ad un progressivo declino dell’idea tradizionale di
indipendenza dagli imperativi temporali delle istituzioni
educative in generale e di quelle universitarie in particolare[...]
ne consegue che i processi di sviluppo della conoscenza
scientifica e operativa appaiono essere sempre più parte di un
unico contesto sociale e mercato globale interconnesso, regolato
congiuntamente da criteri di apprezzabilità sia scientifica che
economica” (Nacamulli)
10
Giacchè, quindi, è proprio il campo dell’economia o, se si vuole,
dell’operatività, a reclamare l’adattabilità delle competenza ad uno
scenario variabile, le istituzioni formative devono, oggi, interrogarsi
sul loro nuovo ruolo sociale.
Si fa strada l’esigenza di una formazione nuova, più situata e
flessibile, adatta alle esigenze di ogni singolo individuo e, al tempo
stesso, capace di stare al passo con i tempi; una formazione che non
pretenda di trasferire soluzioni definitive e certezze, ma che abitui ad
affrontare la complessità dei problemi, a risolvere situazioni non
sempre prevedibili; una formazione, infine, che si rivolga anche agli
adulti, e che delle loro attitudini e motivazioni tenga debitamente
conto. La flessibilità è il modo in cui oggi le istituzioni formative
devono rispondere ai bisogni emergenti nella società post-industriale
poiché i veri traguardi dell’educazione non sono affatto ovvi, ma
devono essere riconsiderati e modificati di frequente
11
.Questo vuol
dire prevedere una maggiore elasticità dei contenuti, delle modalità di
erogazione, dell’accesso e dei processi di valutazione, in modo tale da
supportare e promuovere quell’apprendimento permanente e diffuso
10
R. C. D. Nacamulli, La formazione, il cemento e la rete, Milano, Etas, 2003, p. 78
11
O. Peters, “L’università flessibile e virtuale”, in L. Galliani (a cura di), L’Università aperta e
virtuale, Lecce, Pensa Multimedia, 2003
7
che costituisce il principale motore dello sviluppo industriale, sociale
ed economico. Esso deve configurarsi non tanto come un aspetto,
bensì come un principio guida dei sistemi formativi ed educativi,
attraverso la creazione di un continuum di opportunità e contesti di
apprendimento diversi lungo l’arco della vita dell’individuo
12
.
Le politiche a sostegno dell’e-learning
Il tema della formazione continua e permanente è talmente legato a
quello dell’occupabilità che la stessa Unione Europea è intervenuta in
merito, ponendo i fondamenti per una politica a suo sostegno da parte
degli Stati membri. Stabilito l’ambizioso obiettivo di rendere
l’economia comunitaria tra le più competitive a livello mondiale, la
Commissione Europea, già all’inizio degli anni Novanta, si è dovuta
confrontare con i fondamenti della Società della Conoscenza e con le
caratteristiche dei nuovi mezzi di informazione e comunicazione.
Nel Libro bianco su Crescita, competitività, occupazione. Le sfide e le
vie da percorrere per entrare nel XXI secolo
13
, noto come “Rapporto
Delors” (dal nome dell’allora presidente della Commissione),
presentato nel 1993, la Commissione Europea aveva dato già alla
formazione una priorità assoluta nell’ambito delle politiche attive a
sostegno del lavoro. Auspicando una maggiore integrazione tra gli
enti di formazione e le realtà produttive, la proposta di riforma
avanzata riguardo ai sistemi di istruzione aveva introdotto i temi
dell’apprendimento continuo e dell’alfabetizzazione informatica di
base diffusa a tutti i livelli.
Dopo aver formulato una serie di indirizzi volti a realizzare il
collegamento on-line di tutta l’Europa e a stimolare la nascita di un
12
G. Di Francesco, “Competenze e occupabilità. Nuove prospettive di ricerca”, in G. Di
Francesco, op. cit.
13
Libro bianco su crescita competitività ed occupazione. Le vie da percorrere per entrare nel XXI
secolo, (in Internet), Url: <http://www.europa.eu.int/en/record/white/c93700/contents.html>
8
mercato dei servizi connesso (e-Europe 2002 – Action Plan)
14
, il
vertice europeo, nel Consiglio tenutosi a Lisbona nel 2000, ha
affrontato in maniera più organica la questione dell’uso efficace di
Internet nei diversi settori. Il programma e-Europe 2005
15
, subentrato
a quello precedente, individua nella formazione un elemento
indispensabile per l’adeguamento dei cittadini al mercato del lavoro e
alla Società della Conoscenza. Riguardo al legame tra educazione e
sviluppo, infatti, pare esserci la consapevolezza del fatto che la
produttività sia influenzata dal livello di istruzione in diversi modi.
Afferma ad esempio Giuseppe Moro
16
:
“Una persona più istruita è in grado di assorbire nuove
informazioni più velocemente e di applicare processi di lavoro
innovativi più efficacemente, e questo, in un ambiente
caratterizzato da un crescente cambiamento tecnologico,
costituisce un indubbio vantaggio competitivo. […]
L’educazione sviluppa infatti abilità, quali la capacità di
assumere rischi ponderati, il senso della responsabilità, la
capacità organizzativa e di pianificazione sul lungo periodo.”
La Commissione Europea dedica particolare attenzione proprio al
tema dell’e-learning, riguardo al quale è stato formulato un piano
d’azione specifico ( e-Learning Action Plan)
17
.
Nella Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea
18
del luglio
2002, si sottolinea infatti che:
14
Commissione Europea, E-Europe 2002. Una società dell’informazione per tutti, 2000. Action
Plan elaborato in occasione del Consiglio di Feira, (in Internet), Url:
<http://europa.eu.int/information_society/eeurope/2002/action_plan/pdf/actionplan_it.pdf>
15
E-Europe 2005. Una società dell’informazione per tutti, (Piano d’azione presentato al Consiglio
Europeo di Siviglia, 2002), (in Internet), Url:
<http://europa.eu.int/information_society/eeurope/2002/news_library/documents/eeurope2005/eeu
rope2005_it.pdf>
16
G. Moro, La formazione nelle società post industriali, [2° ed.], Roma, Carrocci, 2003, p. 15
17
E-Learning Action Plan. Designing tomorrow’s education, 2001, (in Internet), Url:
< http://europa.eu.int/eur-lex/en/com/cnc/2001/com2001_0172en01.pdf>
18
Gazzetta ufficiale n. C 163 del 09/07/2002 p. 0001 – 0003, (in Internet) Url:
<http://europa.eu.int/eur-
lex/lex/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32002G0709(01):IT:HTML>
9
“…l'apprendimento permanente deve riguardare l'apprendimento
da prima della scuola a dopo la pensione e comprendere l'intera
gamma di modalità di apprendimento formale, non formale e
informale. L'apprendimento permanente va inoltre inteso come
qualsiasi attività di apprendimento intrapresa nelle varie fasi
della vita al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le
competenze in una prospettiva personale, civica, sociale e/o
occupazionale. In questo contesto i principi che presiedono
all'apprendimento permanente dovrebbero essere: la centralità
del discente, sottolineando l'importanza di un'autentica parità di
opportunità, e la qualità dell'apprendimento.”
Il piano d’azione incoraggia, quindi, a proseguire l’uso dell’elettronica
nell’insegnamento, anche in vista dell’apertura di spazi di
cooperazione transnazionale e dell’ esigenza di aumentare
l’accessibilità alle iniziative formative. Viene altresì affrontata la
questione della qualità, onde ridurre il rischio di ridurre alla semplice
implementazione di tecnologie l’intero progetto formativo. Nell’ e-
Learning Action Plan
19
si precisa infatti che:
“Non è sufficiente limitarsi ad acquisire una serie di cognizioni
tecniche e una formazione all’uso degli strumenti; è altrettanto
importante inserire le nuove tecnologie in una prospettiva che
tenga conto di prassi didattiche innovative e farne parte
integrante delle materie di insegnamento per favorire
l’interdisciplinarità” .
Coerentemente a quanto indicato dalle direttive europee, anche l’Italia
ha adottato una serie di interventi a sostegno della formazione
continua e flessibile; tra questi, ad esempio, figurano l’istituzione di
fondi per il finanziamento di programmi di formazione e il
19
Op.cit.
10
riconoscimento, all’interno dei curricula didattici, di crediti formativi
maturati al di fuori delle istituzioni scolastiche. L’iniziativa più
discussa è stata comunque l’approvazione, nell’aprile 2003, del
decreto Moratti-Stanca
20
sull’accreditamento dei corsi a distanza: tale
decreto, infatti, oltre a definire la normativa di riferimento per i corsi
di laurea on line, prevede anche il riconoscimento dei corsi di studio
promossi da soggetti privati e non appartenenti al settore universitario.
Le reazioni sono state molte e, spesso, contrastanti tra loro.
Moreno Soppelsa
21
, in un dossier dedicato all’argomento, confronta ad
esempio i diversi timori e punti di vista di docenti, studenti e rettori.
Ciò che emerge è la divergenza enorme tra chi tende a magnificare le
nuove opportunità e chi, invece, ne teme le conseguenza. Il rischio
principale, secondo questi ultimi (che sono più che altro docenti o
rettori), consisterebbe nella riduzione degli standard qualitativi della
formazione e nella creazione di una situazione caotica, orientata al
mercato piuttosto che agli obiettivi didattici. Si tratta, senza alcun
dubbio, di timori fondati, i quali, tuttavia, non possono, a nostro
avviso, inibire il cambiamento e non tener conto dei vantaggi che
possono derivare dalle partnership e dalle integrazioni. Del resto, la
formazione on-line, erogata da soggetti pubblici e privati, è ormai una
realtà e, qualsiasi opinione se ne abbia in merito, non si può fare a
meno, oggi, di interrogarsi sulla sua collocazione.
Nelle pagine seguenti, pertanto, cercheremo di fornire spunti
riflessione utili a comprenderne l’evoluzione, il cambiamento e
(perché no?) a definire le diverse ed eventuali possibilità di utilizzo.
20
Decreto 17 aprile 2003. Criteri e procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza
delle universita' statali e non statali e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli
accademici, GU n. 98 del 29-4-2003, (in Internet), Url:
<http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/universita_distanza/decreto.html>
21
M. Soppelsa, 2003:l’anno dell’e-learning?, (in Internet), Url:
<http://www.soppelsa.it/articoli/INE-Learning.htm>
11
In the beginning was the word and the word was distance education.
And the word was written. And the written word was that of the
teacher. And the written word of the teacher was that which had to be
studied, understood and reflected back in assignments and
examinations. The written word is still the paramount instrument of
distance education but the teacher is no longer its only source of
arbiter. Other voices are beginning to be heard.
(Derek Rowntree)
12
CAPITOLO 1
LA FORMAZIONE DEL TERZO MILLENNIO
Negli ultimi anni pare che sia diventato di moda parlare di e-learning
come sinonimo di formazione a distanza: in un contesto caratterizzato
da un’elevata variabilità e dalla transitorietà di ogni forma di
conoscenza, esso sembra essere la soluzione a tutti i nuovi problemi
che il mondo della formazione deve affrontare. In particolare, ne
vengono esaltate l’indipendenza dai vincoli spazio temporali e
l’economicità, le quali consentirebbero interventi formativi a distanza
più rapidi e flessibili, e quindi più adatti a discenti che spesso sono già
inseriti nel mondo del lavoro e che difficilmente potrebbero sostenere
i ritmi imposti dalla lezione tradizionale.
Ciò che spesso si tende a dimenticare, tuttavia, è che le tecnologie
informatiche e telematiche, che dell’ e-learning costituiscono un
elemento imprescindibile, non hanno semplicemente offerto alla
formazione tradizionale nuove “strade” tecnologiche ma, al contrario,
hanno creato opportunità didattiche fino ad ora inesplorate,
retroagendo sui paradigmi educativi e sulla forma stessa della
conoscenza, fino a modificarli del tutto.
Nonostante gli indiscutibili vantaggi in termini di tempo e di risparmio
economico, quindi, si rende necessaria oggi una riorganizzazione
dell’intero intervento formativo, il quale non può essere una “copia”
tecnologicamente adattata di quello tradizionale o per corrispondenza,
in quanto i suoi presupposti sono mutati.
Bisogna, in altre parole, superare la naturale tendenza ad interpretare
ogni fenomeno come ulteriore stadio evolutivo di quello che l’ha
preceduto e comprendere che la così detta FaD di terza generazione, in
realtà, è un modo nuovo di fare formazione e che, per quando riprenda
alcune caratteristiche delle due generazioni che l’hanno preceduta, è,
per molti aspetti, diversa da esse.
13
1.1 La metafora generazionale
La Formazione a Distanza (FaD) nasce per rispondere
all’esigenza di svincolare l’intervento formativo dai limiti spazio-
temporali propri di quella in presenza e, per quanto alcuni ne
collochino le origini nel mondo antico, si sviluppa come fenomeno
organizzato soltanto sul finire del XIX secolo. La sua storia, tuttavia, è
stata profondamente influenzata dal parallelo sviluppo tecnologico il
quale ha contribuito, nel corso del tempo, al cambiamento dei modelli
e delle modalità di fruizione. Non a caso, si suole solitamente
distinguere tra tre generazioni diverse proprio in base al tipo di
supporto utilizzato: così, la FaD basata sui materiali cartacei e sui
servizi postali è detta di prima generazione, quella che sfruttava
l’audiovisivo e i servizi radiotelevisivi è detta di seconda e, infine,
quella odierna, incentrata sull’utilizzo del computer e di Internet, di
terza.
Tale classificazione, tuttavia, per quanto consenta di cogliere alcuni
tratti salienti propri dei diversi momenti, risulta essere, al pari di
qualsiasi altra, inevitabilmente riduttiva: nell’intento di semplificare,
infatti, si perdono molti aspetti della complessità del fenomeno e
questo conduce ad accogliere un determinismo tecnologico
profondamente inadeguato a dar conto, in particolare, della così detta
FaD di terza generazione.
Enfatizzando troppo il ruolo delle tecnologie si rischia di dimenticare
che esse, certamente, aprono alcune possibilità, ma che, da sole, non
bastano a determinare il cambiamento; come nota Levy
22
, infatti, le
tecnologie sono fattori condizionanti, più che determinanti, e dietro di
esse agiscono sempre le idee.
La FaD di terza generazione, nello specifico, ha assunto un modo del
tutto nuovo di concepire il percorso didattico e, probabilmente, senza
la telematica questo non sarebbe potuto accadere; ciononostante, se le
22
P. Lévy, Cyberculture. Rapport au Conseil de l’Europe, Odile Jacob, 1997 (Trad. it.
Cybercultura, gli usi sociali delle nuove tecnologie, Milano, Feltrinelli, p. 27)
14
potenzialità delle tecnologie del terzo millennio non fossero state
implementate nella costruzione di un nuovo paradigma formativo, il
cambiamento non sarebbe stato così profondo (e in effetti ancora oggi
si fa ancora fatica a coglierne la portata).
Trentin
23,
quindi, mette in guardia dall’accogliere incondizionatamente
la metafora generazionale; egli scrive:
“ Va infatti cautamente presa in considerazione l’attribuzione dei
determinismi “prima” , “seconda” e “terza” generazione. Se nel
settore tecnologico “ultima generazione” richiama l’idea di
qualcosa dalle caratteristiche e prestazioni superiori rispetto alle
generazioni precedenti, quando si parla dei sistemi FaD lo stesso
paragone non calza. La differenza fra formazione convenzionale
(prima e seconda generazione) e formazione in rete (terza
generazione) è infatti commisurata al diverso modo di impostare
il processo formativo:un processo estensivo, rivolto cioè a
grandi numeri, nel caso della FaD convenzionale; un processo
intensivo, rivolto a numeri più contenuti ma caratterizzato da una
forte interattività tra i partecipanti, nel caso della FaD di terza
generazione”
Se la differenza tra le generazioni non è quindi da intendersi come
semplice evoluzione tecnologica, ma deve essere bensì ricondotta
proprio alle diverse strategie formative adottate, ne seguono due
importanti conseguenze
1) che non sempre, quando si utilizza Internet, si può parlare di
FaD di terza generazione
2) che non necessariamente la terza generazione sia superiore a
quelle precedenti.
23
G. Trentin (a cura di), Telematica e Formazione a distanza, Milano, Franco Angeli, 1999, p. 17
15
Bisogna, infatti, tener conto delle modalità di utilizzo e del rapporto
tra tecnica, contenuti e obiettivi del processo formativo. Per
l’apprendimento di alcune abilità , infatti, la didattica in presenza resta
sempre il metodo più efficace e, parimenti, nonostante lo sviluppo di
ambienti virtuali sempre più sofisticati, non sempre i contenuti si
prestano alla discussione in rete.
Pare di poter concludere, quindi, che la storia della formazione a
distanza sia piuttosto il risultato di bisogni formativi diversi ai quali la
formazione stessa, utilizzando le tecnologie di cui dispone, si impegna
a dare una risposta
1.1.1 Tre generazioni a confronto
24
Ciò che distingue la FaD di prima generazione da quella di
seconda, pur all’interno di uno stesso paradigma educativo, è l’utilizzo
di supporti tecnologici diversi, i quali hanno, tuttavia, condizionato
anche la funzione della didattica a distanza stessa.
La FaD di prima generazione, infatti, nacque sul finire dell’Ottocento
quando le reti di trasposto ebbero raggiunto una diffusione tale da
consentire ai servizi postali un livello maggiore di efficienza; furono
ideati, allora, i primi corsi per corrispondenza, che avevano come
oggetto materie tecnico- scientifiche e che si rivolgevano più che altro
a fasce di popolazione residenti in zone difficilmente raggiungibili in
altro modo.
Non a caso il Canada, regione geograficamente molto estesa ma
caratterizzata da una forte dispersione demografica, fu uno dei luoghi
in cui videro la luce i primi esperimenti.
24
Per la stesura di questo paragrafo ci si è ispirati in gran parte ai lavori di Trentin (1999), Eletti
(2002), Paoletti (2002), nonché a numerose consultazioni sitografiche. Tra queste : S. Fraccavento,
Teorie, modelli e sviluppi del mercato, a livello nazionale e internazionale, riguardanti i processi
di e-learning, Url: http://www.studiotaf.it/teoriemodellifad3.htm. Progetto di Formazione a
Distanza, slides realizzate da Cna Servizi Impresa & eLearning System, Url:
<http://www.cnaformazione.it/elearning/CNAPres.pdf>. P. Riccio (a cura di), e-Learning come
formazione integrata, Url: <http://www.tecnoteca.it/articoli/elearning>