che segna il passaggio dalla società industriale a quella postindustriale: gli ultimi
cinquant’anni, in particolar modo, sono stati infatti fortemente contraddistinti da una
repentina crescita delle moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione
accompagnate, in generale, da intense trasformazioni che hanno finito per interessare in
maniera massiccia ogni aspetto dell’esistenza umana, sia essa individuale che collettiva.
Sulla base di una simil considerazione, abbiamo scelto, quale oggetto
privilegiato della nostra ricerca, le modalità di trattamento delle informazioni per mezzo
di tecnologie ‘ad hoc’ come, appunto, l’applicazione ‘ITR’ in uso nel Centro Logistico
Europeo della DaimlerChrysler Italia S.p.A
1
.
I temi di rilevanza sociologica sono, a nostro avviso, vari ed articolati e, per
quanto possibile, sottoposti ad un attento esame.
In primo luogo, chiaramente, la dimensione organizzativa: le tecnologie per
l’informazione, mutano indiscutibilmente il modo di lavorare e di pensare l’impresa;
basti accennare, a riguardo, all’introduzione di Internet che, progressivamente ed
irreversibilmente, ha frantumato ogni possibile barriera comunicativa determinando
rilevanti conseguenze in termini di facilità di circolazione delle informazioni a tutti i
livelli, in modalità ‘top-down’ come, anche e soprattutto, in modalità di tipo ‘bottom-
up’.
Di grande interesse è, certamente, anche la dimensione sociale in relazione al
ruolo giocato dagli individui: quanto subiscono e quanto, invece, agiscono il nuovo
scenario venutosi a creare? E quanto, essi, concorrono a preservare quel patrimonio di
conoscenze a disposizione della comunità? Da qui, l’interesse rivolto al non più
emergente tema delle ‘community of practice’, da anni fortemente in voga nell’ambito
degli studi organizzativi.
Prendendo le mosse da queste premesse, suddivideremo la nostra analisi in
quattro parti principali:
1. Nella prima, daremo conto dei maggiori approcci sociologici in tema di studi
organizzativi sintetizzando, per quanto possibile, le teorie di alcuni autori fondamentali.
1
Nel momento in cui stiamo scrivendo, è in via di definizione un processo di riassetto societario a livello
mondiale, diretta conseguenza della cessione delle quote di maggioranza relative al Brand Chrysler-Jeep.
L’attuale denominazione dell’azienda è: Mercedes-Benz Italia S.p.A.
6
Guidati dalla consapevolezza che una simil rassegna non sia certamente in grado
di avanzare pretese di esaustività, ci limiteremo perciò ad offrire uno sguardo
panoramico di quegli approcci sociologici considerati importanti, in relazione ai temi
oggetto del presente lavoro. Ciò, con l’intenzione di dare ragione delle principali
interpretazioni teoriche di stampo sociologico rivisitate non certamente in base ad un
rigoroso ordine storico ma, bensì, ad alcune caratteristiche che ne hanno segnato la
direzione concettuale.
Prendendo a riferimento il contributo di Bonazzi [2000], ripercorreremo i tratti
distintivi caratterizzanti i tre principali paradigmi organizzativi, derivati dalle grandi
questioni:
A. Industriale;
B. Burocratica;
C. Organizzativa.
Al fine di acquisire una solida base teorica su cui sviluppare concretamente la
trattazione dei successivi capitoli, concentreremo quindi maggiore attenzione ad
illustrare, nel dettaglio, gli autori della questione organizzativa, icona di un
funzionalismo forte e tendenzialmente ottimistico, impegnato a considerare le
organizzazioni in qualità di sistemi integrati e legittimati.
2. Nella seconda parte, analizzeremo le moderne tecnologie per l’informazione
al fine di far luce circa le possibilità offerte dalle nuove realtà comunicative,
caratterizzanti l’odierno scenario.
In particolare, rivolgeremo un occhio attento all'evoluzione della comunicazione
in ambito organizzativo ed aziendale, argomentando il cambiamento tecnologico che ha
fortemente caratterizzato alcune delle più importanti trasformazioni della struttura e del
modo di concepire le organizzazioni, tanto da generare evidenti vantaggi in termini di:
A. costi di coordinamento: l’effettiva riduzione di tali costi, unitamente al
conseguente miglioramento in termini di rapidità e qualità, ha permesso alle nuove
tecnologie dell'informazione, lo svolgimento di attività di coordinamento decisamente
più ampie, flessibili ed efficaci facilitando, inoltre, la nascita di nuove strutture
operative ad alta intensità coordinativa;
B. costi di transazione: una reale diminuzione di essi , ha agevolato la nascita di
importanti rapporti di collaborazione tra le imprese, per mezzo delle moderne
7
tecnologie. In relazione, ad esempio, a quanto da noi effettivamente sperimentato,
l'attività dell’azienda teatro della nostra analisi, è apparsa capillarmente organizzata in
un gran numero di piccole ‘consorelle’, altamente coordinate fra loro attraverso fitti
collegamenti informatici.
C. costi di localizzazione: riducendosi, hanno determinato l’ abbattimento
progressivo delle barriere spazio temporali, così da consentire, ad esempio, una più
snella localizzazione di impianti, magazzini o centri di servizio, disarticolata dai vincoli
di distribuzione spaziale delle stesse attività e funzioni aziendali.
3. La terza parte sarà invece incentrata a ripercorrere i tratti distintivi di un tema
ampiamente diffuso in sociologia: quello delle comunità di pratica.
Animati dalla la volontà di comprendere appieno le modalità adottate da quelle
organizzazioni storicamente concentrate al raggiungimento della massima efficienza
operativa, nel tentativo di guadagnare sul fronte della flessibilità e dell’efficacia in
risposta alle mutevoli esigenze di un mercato in continua evoluzione, ricercheremo
conferme circa l’importanza di esse nelle organizzazioni. La stesura di questo capitolo,
teniamo a precisare, sarà guidata dalla consapevolezza che, tali comunità, non siano
riduttivamente da intendersi quali gruppi di lavoratori che si scambiano informazioni
durante una pausa apparendo, semmai, esse stesse costituite da un nucleo di persone che
può vantare una storia comune, condividere una propria cultura, un linguaggio, un
vocabolario e un modo di esprimersi creatosi e fortificatosi con il passare del tempo e
attraverso il crescere insieme.
In particolar modo, l’accento sarà posto sulla rilevanza concettuale delle
comunità di pratiche ‘on-line’ nel tentativo di comprendere come, il loro pieno utilizzo,
contribuisca alla nascita ed al mantenimento di comunità impegnate nella condivisione
di saperi.
4. La quarta ed ultima parte riguarderà, infine, lo studio di un caso aziendale
particolarmente importante, in relazione ai temi di nostro interesse: indagheremo le
dinamiche che hanno condotto all’implementazione dell’applicazione ‘ITR’, in uso nel
dipartimento tecnico ricambi ed accessori della DaimlerChrysler Italia.
Tale osservazione, teniamo a sottolineare, sarà animata dalla volontà di
comprendere, per quanto possibile, il legame organizzazione-tecnologie: studieremo
come l’ azienda in questione abbia, già da anni, avviato la massiccia implementazione
8
di quegli indispensabili strumenti informatici atti, principalmente, a costruire,
mantenere e valorizzare il rapporto azienda-cliente. Cercheremo di capire come, essa,
abbia risolto il problema di ridurre il ‘lead-time’ (tempo di attesa) tra il momento di
inoltro di una particolare richiesta ed il momento di evasione della stessa.
Nello specifico, l’intento principale del presente lavoro riguarderà l’analisi
specifica dei meccanismi adottati dalla DaimlerChrysler Italia per disciplinare,
attraverso il sistema informativo informatizzato, il flusso di informazioni che la
attraversano. Nel corso di queste osservazioni, inoltre, rivolgeremo uno sguardo attento
alla posizione assunta, in seno a queste dinamiche, dalla ‘community’ dei Technical
Support Specilists.
Concludendo, questo lavoro vuole essere un piccolo contributo per cercare di
capire come, oggi, si sta muovendo e, soprattutto, in che direzione sta andando il mondo
del lavoro e la gestione della conoscenza in esso custodita.
9
CAP. I: LA QUESTIONE ORGANIZZATIVA
Capitolo I. La questione organizzativa
pag. 11
1.1 Simon e la Scuola Comportamentista 12
1.2 La Scuola delle Contingenze 14
1.3 La ricerca di un modello di sintesi in Thompson 17
1.4 Schein e la cultura organizzativa 20
1.5 Il Cognitivismo di Weich 21
10
CAP. I: LA QUESTIONE ORGANIZZATIVA
In questo capitolo, daremo conto di quei presupposti organizzativi necessari per
affrontare lo studio delle tecnologie nelle organizzazioni. In particolare, la scelta di
argomentare la questione organizzativa oggetto del presente capitolo sarà, in un certo
qual modo, dettata dalla sua reale vicinanza con le nostre posizioni, le nostre esigenze
concettuali.
Al fine di acquisire, infatti, quell’indispensabile ‘piedistallo’ concettuale su cui
issare i temi oggetto del nostro studio, inizieremo quindi la trattazione del presente
capitolo ripercorrendo a grandi linee il pensiero ‘comportamentista’ di Simon (1.1),
principale artefice del modo di concepire le organizzazioni in qualità di sistemi
cooperativi, con l’intenzione di evidenziare l’importanza da lui attribuita alle decisioni,
oggetto fondamentale della conoscenza organizzativa.
Indagheremo, quindi, teorie decisamente legate all’idea di una forte
connotazione tecnologica a sostengo delle organizzazioni studiando, fra gli altri, i
teorici della Scuola delle Contingenze (1.2) e Thompson (1.3), alle cui dottrine sono da
ricondurre molti degli sviluppi più recenti del pensiero organizzativo.
In conclusione, esamineremo l’idea di cultura organizzativa proposta da Schein
(1.4) per sottolineare l’importanza della trasmissione di saperi, anche sotto forma di
artefatti tecnologici, come condizione necessaria per la sopravvivenza di un gruppo ed,
infine, analizzeremo nel dettaglio il paradigma cognitivista attraverso le teorie di Weick
(1.5).
11
1.1 Simon e la Scuola Comportamentista
E’ parsa opportuna, prima ancora di addentrarci in concreto nell’analisi del suo
pensiero, partire da una considerazione di fondo tesa a riconoscere in Simon, e la sua
‘Scuola Comportamentista’
2
, i principali artefici della rivoluzione relativa al modo di
concepire le organizzazioni e l‘agire umano al loro interno.
Una rivoluzione che Peroni e Zanini [2007] sintetizzano in tre punti principali:
1. lo studio del comportamento implica il progressivo abbandono della
stereotipata idea volta a concepire le organizzazioni come organigrammi costituiti da
molteplici caselle rappresentanti, ciascuna, i ruoli prescritti a ciascun soggetto. Per
Simon, un ruolo non consente affatto di affermare con certezza che chi lo interpreti
agisca razionalmente ma che, bensì, esso reciti esclusivamente la parte che è stata a lui
assegnata.
2. è opportuno capovolgere la visione di un organizzazione intesa come struttura
impegnata a prescrivere ruoli puntando, invece, sulla tesi che vede nella ‘decisione’
l’oggetto fondamentale della conoscenza organizzativa. L’autore sottolinea, a riguardo,
l’importanza che rivestono gli individui impiegati, in qualità di soggetti che decidono
continuamente, nei contesti organizzativi,.
L’organizzazione di Simon si configura, semmai, come luogo in cui, ciascun
individuo, ha facoltà di decidere in base ad una determinata programmazione ed a un
determinato coordinamento. Così facendo, egli sottolinea la necessità di dar vita ad uno
strumento dedito allo studio di come informazioni, procedure, vincoli e motivazioni
individuali concorrano alla formazione delle decisioni.
3. l’uomo non è affatto essere perfettamente razionale. Semmai, esso, è
individuo a razionalità limitata, incapace cioè di immagazzinare informazioni,
memorizzarle e richiamarle alla memoria senza commettere errori.
Simon, in buona sostanza, concepisce le organizzazioni in qualità di strumenti
cooperativi volti ad estendere il campo degli obiettivi raggiungibili dall’azione umana e,
2
La Scuola denominata da Simon ‘Comportamentista’ negli anni 40 rappresentò la maggior alternativa
teorica al ‘Funzionalismo’. Oggetto privilegiato di analisi, i concreti comportamenti adottati dagli esseri
umani, all’interno di specifici contesti organizzativi.
12
per fare ciò, pone l’accento sui limiti mentali dell’uomo, rispetto che su quelli fisici. Fra
questi, facilmente identificabili, sono:
a) limiti obiettivi; legati all’impossibilità di prevedere le conseguenze certe di
una data decisione;
b) limiti cognitivi; determinati dalla consapevolezza di utilizzare, a fronte di
una decisione, soluzioni consolidate, così da precludere la possibilità di fruire di altre
possibilità , magari più efficaci, ma scarsamente familiari;
c) limiti etici, culturali ed emotivi;
d) limiti sociali; impegnati a sottintendere la necessità di scendere a
compromessi per poter prendere decisioni.
Partendo da queste considerazioni si evince come, il pensiero di Simon,
sottintenda lo studio del comportamento organizzativo in termini di analisi delle
decisioni. Tale analisi comporta, in primo luogo, una netta distinzione fra due grandi
categorie di giudizi:
A. giudizi di fatto: empiricamente verificabili in termini di ‘vero o falso’;
B. giudizi di valore: dotati di ampio valore etico ed espressione dell’opzione per
uno stato di cose ritenuto desiderabile, nonché inqualificabili in termini di ‘vero o falso’
in quanto non esistono i mezzi per un’adeguata verifica empirica.
L’autore, proseguendo nella sua tesi, evidenzia ancora come nell’osservazione
concreta dei comportamenti umani e, in particolar modo, nell’ambito delle decisioni,
tale distinzione non risulti affatto semplicistica data la continua compresenza ed il
continuo intreccio fra le due tipologie di giudizi sopra menzionate: le decisioni sono un
processo in cui, determinati mezzi, vengono scelti allo scopo di perseguire determinati
fini in un continuum che vede, ad esempio, alcuni soggetti decidere di compiere una
determinata azione considerata idonea al raggiungimento di un dato fine che, a sua
volte, si propone quale mezzo atto al raggiungimento di un fine più ampio e remoto.
Gli uomini operano quindi in una catena tendenzialmente ininterrotta che vede,
ciascuna azione, servire a prepararne un’altra in una logica di coerenza e razionalità
3
che, differentemente dalla concezione economica classica che postulava l’idea di uomo
3
La razionalità è per Simon “selezione di alternative di comportamenti preferiti in rapporto ad un
sistema di valori in base al quale sia possibile valutare le conseguenze del comportamento”
[cit. in Bonazzi 2000, pag. 356].
13
quale essere perfettamente razionale, ben informato riguardo tutte le possibili scelte
nonché dotato di un sicuro sistema di preferenze, appare profondamente limitata.
A ragion di ciò Simon, proseguendo nella sua analisi, pone l’accento sul fatto
che gli esseri umani danno autonomamente vita a quelle organizzazioni, intese quali
sistemi cooperativi, ove essi stessi hanno facoltà di elaborare decisioni programmate
volte, principalmente, ad ‘assorbire l’incertezza’: affinché gli uomini possano porsi
degli obiettivi complessi occorre, oltre al lavoro di gruppo, anche e soprattutto ‘non
apparire costretti’ ad assumere nuove decisioni per ogni singolo atto, in virtù della
possibilità di ricorrere a sequenze di decisioni prestabilite in base ad esperimenti e
calcoli precedentemente acquisiti.
In conclusione possiamo desumere quanto segue: le organizzazioni teorizzate da
Simon sono, come già accennato, intese come sistemi cooperativi che, oltre a coordinare
i compiti dei membri in vista del raggiungimento di determinati obiettivi, conservano ed
accumulano conoscenza e memoria dei coordinamenti passati: “per espandere la
razionalità limitata ci si serve delle passate esperienze”, sentenzia l’autore [Bonazzi
2002, pag. 75].
1.2 La Scuola delle Contingenze
Attraverso una revisione critica degli approcci caratterizzanti la Scuola
Classica
4
, con l’intenzione di dimostrarne l'infondatezza relativamente ai suoi assunti
universalistici radicati attorno all’esistenza di un solo e unico modello universale di
organizzazione, si svilupparono tra gli anni ’50 e ’70 un insieme di studi e programmi di
ricerca conosciuti col nome di ‘Contingency Theory’.
4
I rappresentanti della Scuola Classica concepivano in maniera pressoché riduttiva i lavoratori,
considerati soggetti impegnati nello svolgimento di attività prive di senso e motivazione. In questo modo,
essi, rafforzavano l’idea di una netta superiorità dell’impresa rispetto agli operai.
14