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CAPITOLO 1
In questa prima parte del nostro lavoro si trova una presentazione della
tecnologia RFId. Si parte da una visione generale di questo tipo di tecnologia,
che parte dai cenni storici che riguardano la nascita e lo sviluppo, per poi
descrivere come siano composti i sistemi RFId e da come questi siano
classificati. Abbiamo poi posto attenzione sul tipo di sistema sul quale
abbiamo svolto il nostro lavoro, la tecnologia HF passiva, descrivendo i
principi di funzionamento e le caratteristiche. Il capitolo si conclude con una
presentazione delle possibili applicazioni di questo tipo di tecnologia.
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1.1 INTRODUZIONE
Negli ultimi anni i sistemi d’identificazione automatica (Auto-ID) sono diventati di uso
comune in molti settori terziari: logistica di distribuzione e di acquisto, industria, aziende
manifatturiere e sistemi di flusso di materiale. Il sistema di identificazione automatica serve
per ottenere informazioni su persone, animali, beni e prodotti di passaggio.
Uno dei primi sistemi di identificazione automatica è stato il codice a barra (barcode label),
che scatenò una vera e propria rivoluzione nei sistemi di identificazione automatica.
Questo ultimo, negli ultimi tempi, però, sta diventando inadeguato per moltissime
applicazioni, pur essendo estremamente economico. Il limite principale è nella scarsa
capacità di memorizzazione dei dati e nella impossibilità di essere riutilizzati. La soluzione
tecnicamente più vantaggiosa sarebbe la memorizzazione dei dati in un chip di silicio. Le
forme più comuni di dispositivi che memorizzano dei dati, nell’uso di tutti i giorni, sono le
smart card. Ad ogni modo, il contatto fisico usato dalle smart card per lo scambio dei dati
risulta il più delle volte scomodo. Un trasferimento dati tra il dispositivo che li memorizza e
il suo lettore, senza contatto, è sicuramente più flessibile. Nel caso ideale, l'alimentazione
richiesta per far funzionare il dispositivo di memorizzazione dati dovrebbe essere fornita
dal lettore, senza avere necessariamente un contatto fisico con esso. Il sistema per
trasferire sia l’alimentazione che i dati, senza il bisogno di contatto, in un sistema di
identificazione automatica, è chiamato RFID.
E’ un sistema d’identificazione automatica basato sulla trasmissione a radio frequenza.
Questo tipo di sistema è molto simile alle smart card, e come queste i dati dell’oggetto da
identificare (numero di serie unico ID, data di fabbricazione, composizione del prodotto).
Iniziamo dalla definizione stessa dell'acronimo RFID: "Radio Frequency IDentification ",
cioè Identificazione a radiofrequenza. Lo stesso acronimo ci permette di dare una
direzione alla stessa tecnologia (precisandola e limitandola):
• è una tecnologia che permette l'identificazione (si intende per identificazione il
riconoscimento univoco di un oggetto)
• è una tecnologia che sfrutta la radiofrequenza.
Da queste precisazioni è possibile già dare limiti e corpo a questa tecnologia, perché lo
scopo primario è l'identificazione (certa di un oggetto) e lo scopo secondario è lo
sfruttamento di un sistema wireless a radiofrequenza.
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Attualmente molte riviste parlano di questa tecnologia, definendola come onde radio che
"accendono" un’etichetta e ne leggono o ne aggiornano il contenuto.
L’uso di questa tecnologia presenta uno scenario di applicazioni estese a numerose
categorie di prodotti e processi che fanno pensare ai più fantasiosi di arrivare alla “internet
delle cose”, ma gli impatti potenziali più importanti dell’RFID riguardano soprattutto la
struttura dei sistemi informativi, la gestione della Supply Chain dei prodotti e la gestione
dell’identità delle persone.
1.2 VANTAGGI DELLA TECNOLOGIA RFId
L’utilizzo della tecnologia RFId potrebbe sostituire completamente l’utilizzo dei bar code,
questo è dovuto a svariate motivazioni. I sistemi RIfid sono sistemi di lettura/scrittura
mentre quelli bar-code sono esclusivamente di lettura, questo implica che i tag RFId
possono essere utilizzati più volte e con scopi differenti tra loro avendo al possibilità di
immagazzinare svariati tipi di informazione. I sistemi RFId non necessitano un tipo di
contatto visivo, necessario invece per leggere un codice a barre, questo può essere utile
per identificare oggetti all’interno di scatole o imballaggi, il che ha una doppia valenza sia
dal punto di vista della tracciabilità dell’oggetto sia dal punto di vista della sicurezza
(sistemi antitaccheggio). I tag sono decisamente meno sensibili a fattori atmosferici,
sporcizia, e sollecitazioni di tipo meccanico. È possibile inoltre leggere/scrivere i tag anche
quando questi sono in movimento, nei sistemi bar-code la possibilità di leggere in
movimento richiede l’utilizzo di macchinari costosi. Un ulteriore vantaggio per i sistemi
RFId è rappresentato dal fatto che è possibile leggere fino a 30/40 tag
contemporaneamente, cosa del tutto impossibile per i codici a barre. Un punto a favore dei
bar-code è però rappresentato dal costo, un codice a barre ha un costo irrisorio rispetto a
un tag (specie se di tipo attivo), anche se con lo sviluppo di questa tecnologia si assisterà
quasi sicuramente all’abbattimento dei costi di produzione di questi.
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Tabella1.1: confronto tecnologia RFId e codice a barre
1.3 NASCITA DELLA TECNOLOGIA RFId
L’acronimo inglese RFID, Radio Frequency Identification nasce dall’utilizzo della
tecnologia radio e dalla funzione di identificazione automatica. Gli eventi storici hanno
dimostrato che i principi funzionali della tecnologia RFID derivano direttamente dallo
sviluppo e dall’utilizzo dell’IFF (Identification Friend or Foe, Identificazione Amico o
Nemico), del radar e del transponder. Infatti in Inghilterra l’IFF (con transponder) era un
sistema già sviluppato prima della seconda Guerra Mondiale. Il dispositivo era installato
all’interno dell’abitacolo e trasmetteva un segnale all’operatore del Chain Home Radar (il
primo sistema radar inglese,funzionante già nel 1939).
Contrariamente a quanto si pensa, questa tecnologia non è recente ma è nata durante la
seconda guerra mondiale, insieme all’utilizzo dei primi radar (“radio detecting and
ranging”, rilevamento radio e misurazione di distanze).
Questi apparecchi non erano sofisticati e tecnologici come i moderni radar ma erano
costituiti da:
• Un' antenna di trasmissione fortemente direzionale, di forma paraboloide, che emetteva
una serie di impulsi radio,
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• un impianto di ricezione (che sfruttava la stessa antenna) montato su un piano rotante
• un sistema di amplificazione
• un primitivo schermo
Il principio di funzionamento del radar consiste nell'inviare radioonde generalmente
modulate a impulsi verso l'oggetto cercato e nel ricevere le onde riflesse dall'oggetto
stesso (echi radar). Calcolando il tempo di eco, ossia il rimbalzo dell'impulso sulla carlinga
dell'aereo, e conoscendo la posizione istantanea della rotazione dell'antenna ricevente, il
sistema di amplificazione permetteva la visualizzazione di un punto sullo schermo che
schematizzava la posizione dell'aereo.
Il Ministero della Difesa britannico non ritenne del tutto soddisfacenti i primi sistemi radar
poiché non distinguevano gli aerei amici dai nemici così da ottenere la situazione in tempo
reale della situazione aerea e commissionò la progettazione di un sistema IFF -
Identification Friend or Foe (Identificazione amico o nemico). Gli ingegneri decisero di
implementare sugli aviogetti inglesi e alleati una scatola contenente una ricetrasmittente,
denominata successivamente “transponder”, che all'atto dell'illuminazione radar
rispondesse sulla stessa frequenza con un “bip”, permettendo al radar stesso
l'identificazione degli aviogetti.
L'evoluzione successiva fu non solo l'identificazione IFF ma anche quella univoca
mediante un identificativo (“ID”) assegnato ad ogni aviogetto. Questo fu possibile
modulando l'emissione del transponder (primi esperimenti di onde radio FM) a bordo
dell'aereo, che non inviava più un semplice “bip”, ma una serie opportunamente codificata.
Questa innovazione permise di “numerare” gli aviogetti e conoscerne la posizione univoca.
Un sistema più evoluto fu il MKIII realizzato da Watson-Watt nel 1940. Questo sistema fu
l’antesignano dei moderni tipi IFF, poiché operava a più bande di frequenza e permetteva
l’identificazione sia degli aerei sia di navi. Il primo documento che descrive compiutamente
questo modo di utilizzo fu scritto da Hanry Stockman. I principi anche se erano conosciuti
e condivisi, la tecnologia elettronica non era ancora in grado di offrire gli elementi
costitutivi adeguati ad un costo accettabile. Non esistevano ancora componenti integrati di
piccole dimensioni: il transistor, il circuito integrato e il microprocessore dovevano ancora
apparire. Gli anni cinquanta furono dedicati al perfezionamento di tutte le tecnologie
conosciute a beneficio della loro integrazione per formare l’RFID.
Gli anni sessanta furono la premessa per le esplosione RFID degli anni '70, furono fondate
le prime attività che commercializzavano prodotti RFID. Sensormatic, Checkpoint, Knogo
ed altre svilupparono sistemi di sorveglianza elettronica, Electronic Article Surveillance
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EAS per contrastare i furti. Gli EAS spesso utilizzavano tag a 1 bit per identificare la
presenza o l'assenza del transponder, questo li rendeva economici ed efficienti come
misura anti–taccheggio. Questi tipi di sistemi utilizzavano sia microonde sia tecnologie
induttive.
Negli anni settanta sviluppatori, ricercatori, società, università e laboratori governativi
lavorarono attivamente allo sviluppo dell'RFID, e notevoli progressi iniziarono a
realizzarsi nei laboratori di ricerca e negli istituti accademici. L'autorità del porto di New
York e New Jersey stava testando un sistema costruito dalla General Electric,
Westinghouse, Philips e Glenayre. I risultati erano favorevoli, ma la prima applicazione
commerciale dell'RFID di successo fu il pagamento elettronico dei pedaggi, che, però, non
era ancora pronta ad una diffusione di massa. Questi anni furono caratterizzati
prevalentemente da lavori di sviluppo. Le applicazioni svolte furono la tracciabilità degli
animali, dei veicoli e l'automazione industriale.
Le prime soluzioni degli anni 80, che prevedevano l'uso di codici visuali (ad esempio, i
primi codici a barre), mostrarono subito i loro limiti: distanze di lettura inferiori ai 5 cm,
impossibilità di lettura in ambienti con polveri sospese, frequente necessità di pulizia delle
apparecchiature; avevano un solo pregio: i bassi costi. La loro evoluzione è costituita dai
codici a 13 cifre che troviamo normalmente sui prodotti. I codici a barre però non si
legavano all'identificazione o localizzazione di apparecchiature in movimento (ad esempio
i muletti automatici): per risolvere il problema furono utilizzati dei transponder a potenza
ridotta con un limite di lettura di una decina di metri. Per ridurre ulteriormente i costi fu
separata la funzionalità di identificazione da quella del radar, identificando quindi nel
raggio d'azione dell'antenna la presenza dell’oggetto senza individuarne la posizione. Alla
riduzione delle potenze e delle distanze aumenta enormemente la difficoltà nella
progettazione di un sistema radar, poiché le onde radio si propagano alla velocità della
luce e l'eco di ritorno è così veloce da non poter essere elaborato. Così è nato il primo
sistema di identificazione a radiofrequenza, che permetteva di identificare la posizione di
un oggetto vicino all'antenna: dato che la provenienza di questa tecnologia era
prevalentemente di origine aeronautica, all'inizio furono utilizzati gli stessi standard, poi
convertiti in standard ISO sulla base della diffusione della tecnologia. Gli anni ottanta
furono il decennio della piena implementazione dell'RFID, attraverso interessanti sviluppi
anche se non omogenei nelle varie parti del mondo.
Negli Stati Uniti il 1990 fu un decennio rilevante per l'RFID, in quanto permise lo sviluppo
su larga scala dei sistemi di pagamento elettronico. Gli interessi per le applicazioni RFID in