rischi. Le potenziali perdite possono essere causate non solo dai rischi
classici dell’attività di intermediazione creditizia, rischi di credito e rischi
di mercato, ma anche dalla categoria dei rischi operativi. Dato questo
aumento di rischiosità la gestione dei rischi bancari diventa un importante
fattore competitivo e driver gestionale, diviene quindi necessario gestire i
diversi tipi di rischio e gli effetti che possono avere sulla gestione
complessiva delle banche.
L’esatta misurazione di questi rischi può essere fatta attraverso l’utilizzo
di tecniche di risk managment che utilizzano il VaR come strumento di
quantificazione del rischio e per la corretta divisione del capitale nelle
varie unità di business. L’obiettivo finale di tali sistemi di risk managment
è di fornire una misura dell’esposizione al rischio connesso alle diverse
attività svolte da una banca e di determinare il rischio sostenuto in ogni
attività, così da poter allocare in modo corretto il capitale. Questa corretta
allocazione consente di aumentare l’efficienza e la redditività del
patrimonio, creando valore per gli azionisti.
Anche a livello di regolamentazione di Vigilanza è cresciuta l’attenzione
verso la gestione dei rischi, e la modifica, nel 2003, dell’accordo di Basilea
del 1988 lo conferma. Le azioni per la modifica dell’Accordo di Basilea
iniziate nel 1999 hanno portato veri e propri cambiamenti nella
regolamentazione di Vigilanza e nell’atteggiamento delle Autorità di
Vigilanza. Prima della riforma le Autorità preposte al controllo si
limitavano a presentare delle regole e dei requisiti patrimoniali rigorosi da
far rispettare. Dalla riforma dell’Accordo di Basilea il loro operato è molto
più collaborativo e flessibile nei confronti dell’attività bancaria e questo si
nota anche dalle diverse possibilità concesse agli istituti bancari riguardo
all’utilizzo dei metodi di misurazione dei rischi (vengono proposti
alternativamente dei modelli interni o standard di valutazione dei rischi). I
modelli di misurazione forniti dalle Istituzioni di Vigilanza porteranno
5
grandi benefici riguardo alla quantificazione dei rischi e alla riduzione dei
presidi patrimoniali.
La revisione più recente dell’Accordo di Basilea dell’aprile 2003 evidenzia
tutta una serie di novità nel trattamento del rischio di credito e del rischio
operativo con particolare attenzione all’utilizzo dei modelli di calcolo di
tali rischi.
Oltre che dalle rettifiche dei modelli e dei sistemi di misurazione del
rischio interni alle banche, la gestione del rischio di credito è stata
accompagnata anche dalla nascita e dalla diffusione di un insieme di
nuovi strumenti e tecniche gestionali che consentono di trasferire il rischio
di credito implicito in ogni operazione d’impiego a soggetti diversi
rispetto alla banca: securization, loan sales e strumenti derivati per la
gestione del rischio di credito.
Il presente lavoro si sofferma nel primo capitolo sul concetto di rischio,
dandone una definizione generale e successivamente fornendo una
classificazione delle diverse tipologie di rischio che caratterizzano l’attività
di intermediazione. Tenterò di sottolineare come questa macro-classe di
rischi non possa essere trattata in maniera isolata, ma legata alle altre
tipologie di rischio.
Nel secondo capitolo presenterò le principali novità proposte dal Comitato
di Basilea nel Documento Consultivo del 2003, sulla valutazione e la
gestione del rischio di credito e del rischio operativo. Tratterò le modifiche
dell’Accordo di Basilea del 1988, che hanno portato ad un vero e proprio
cambiamento nella regolamentazione di Vigilanza e nell’approccio delle
Autorità preposte al Controllo.
Il terzo capitolo, invece, sarà basato sulla presentazione di un caso pratico:
il caso della BNL, che ha sviluppato, proprio basandosi sulle riforme di
Basilea 2, un Sistema di Rating Interno sul quale si basa per la
6
classificazione dei clienti, per la valutazione di ogni rapporto creditizio e
per la gestione dell’intero portafoglio crediti.
7
CAPITOLO 1
RISCHI NELL’ATTIVITA’ BANCARIA
1.1 CONCETTO DI RISCHIO
Ogni attività di tipo economico è soggetta all’eventualità che i risultati
finali siano diversi da quelli attesi. Definiamo “rischio” la possibilità che si
verifichi tale fenomeno.
In sintesi la concezione di rischio è riconducibile ai possibili scostamenti
dei risultati ottenuti rispetto ai valori attesi, causati da fattori aleatori sulle
variabili che prendiamo in considerazione. Il manifestarsi di un
avvenimento futuro nei suoi aspetti qualitativi e quantitativi dipende da
un insieme di fattori difficili da individuare e da determinare. Una fase
importante per la previsione del rischio consiste nell’anticipazione dello
scenario che riguarda la formazione dell’accadimento futuro. Lo stato di
incertezza è dato dal fatto che questa anticipazione non basta a risolvere il
problema, poiché ai fattori in grado di influenzare il risultato non
corrisponde la certezza che esse si manifesteranno, si potranno infatti
manifestar o no, o si potranno presentare in misura differente da quella
prevista.
La prima definizione di rischio ed incertezza è stata data da Knight nella
sua opera del 1921
1
. Secondo l’autore si può fare una distinzione tra
“measurable uncertainty” (incertezza misurabile) e “immeasurable
uncertainty” (incertezza non misurabile), assegnando il termine “rischio”
alla prima definizione e “incertezza” alla seconda.
In condizioni di incertezza, il verificarsi di un fenomeno e il momento in
cui si verifica non sono conosciuti a priori secondo valori standard, ma
possono assumere diversi valori, secondo una distribuzione di probabilità.
1
Cfr. F.Knight, “Risk, Uncertainty and Profit”, ripubblicazione, Kelley, New York, 1964.
8
Si possono quindi effettuare delle scelte su basi quantitative essendo
conosciute a priori le probabilità dello scostamento rispetto al valore
atteso. La possibilità che si verifichi tale scostamento viene appunto
definito “rischio”.
Un operatore che in ambito economico dovrà compiere delle scelte dovrà
individuare delle distribuzioni di probabilità che dipendono almeno in
parte da elementi di soggettività
2
, quindi anche se in presenza dello stesso
evento le decisioni prese saranno differenti da operatore ad operatore.
Si possono avere differenti atteggiamenti di fronte al rischio:
• Propensione, è sicuramente il comportamento più raro. L’investitore è
propenso a minimizzare le perdite e a massimizzare l’utilità attesa dei
profitti, basandosi su un rapporto sfavorevole rischio/rendimento.
• Neutralità, l’operatore prende le sue scelte in base alla pura speranza
matematica dei profitti. L’investitore passerà da un investimento
all’altro seguendo il rapporto rischio/rendimento, accettando
incrementi di rischio solo se combinati ad incrementi di rendimento
atteso, in modo tale da aumentare la speranza matematica.
• Avversione, atteggiamento tipico degli operatori che preferiscono
rendimenti attesi, anche se bassi, ma abbinati ad un rischio altrettanto
basso. In questo casi gli investitori saranno disposti ad accettare un
aumento del rischio solo se il rendimento atteso aumenta più che
proporzionalmente.
Concludendo ogni volta che un operatore deve prendere delle decisioni
non si baserà esclusivamente sui valori matematici, ma varierà le
2
In una pubblicazione del 1951 di K.J. Arrow, “Alternative Approaches to the Teory of Choice
in Risk-Taking Situation”, si pone l’attenzione sul fatto che prendere delle decisioni sia un
fatto soggettivo poiché dipende dalle informazioni a disposizione, dalle condizioni
personali e dalle preferenze di colui che le prende.
9
valutazioni in base alla sua valutazione del rischio, che risulta essere
influenzata dal suo contesto personale, ambientale e psicologica
3
.
Il modello della distribuzione normale
4
, che si fonda sugli studi
matematici, statistici e probabilistici, è uno strumento per analizzare il
rischio e che si basa appunto sulla distribuzione normale della probabilità
dei fattori.
Un valore atteso è un modello matematico X, che assume i valori x
1
, x
2
, . . .,
x
k
,
con rispettive probabilità P(X = x
i
), i = 1, . . . , k.
L’insieme delle P(X = x
i
), i = 1, 2, . . . , k si chiama distribuzione di
probabilità ed è tale per cui
5
:
Possiamo scrivere X = {x
i
, P(X = x
i
), i = 1, . . . , k} e quando si definisce una
variabile casuale (valore atteso) i valori che assume e la distribuzione di
probabilità sono:
3
Sotto il profilo psicologico possono essere considerati alcuni fattori esterni che possono
influenzare le scelte: grado di sicurezza personale del soggetto, tipo di professione,
capitale a disposizione, influenza persone care, influenza mass media. Cfr. Secchia, “Il
rischio di credito, metodologie avanzate di previsione delle insolvenze”, Giappichelli, Torino
1996.
4
Modello della distribuzione normale trattato in “Nuovo modelli di gestione dei flussi
finanziari nelle banche”, Egea, Milano 1995.
5
Distribuzione normale delle probabilità Cfr. Fraire-Rizzi, ”Statistica”, Carocci, Roma
2000, pp. 368-378.
10
Se ipotizziamo di riportare i risultati di un investimento su un diagramma
cartesiano e di inserire i valori attesi sull’asse delle ascisse e le rispettive
probabilità sull’asse delle ordinate:
Figura 1.1: Distribuzione normale delle probabilità
Pi
0
Xi
0
Xi= Valori attesi
Pi= Probabilità
La curva della figura 1.1 ottenuta dalle ipotesi sopra indicate raffigura gli
eventi probabilistici, ad esempio di un lancio di due dadi
6
.
6
Le probabilità del lancio di due dadi sono: 1/36 per i numeri 2 e 12, 2/36 per i numeri 3
e 11, 3/36 per i numeri 4 e 10, 4/36 per i numeri 5 e 9, 5/36 per i numeri 6 e 8 e 6/36 per il
numero 7, per questo la curva sale fino al massimo per la probabilità di 1/6 per poi
scendere nuovamente.
11
1.2 RISCHIO NELL’ATTIVITA’ DI INTERMEDIAZIONE
Negli ultimi anni l’internazionalizzazione dei mercati ed un veloce e
articolato sviluppo dell’attività bancaria hanno aumentato sia l’intensità,
che il numero che la tipologia dei rischi che gli istituti bancari devono
affrontare per mantenere un margine positivo sul proprio operato e per
mantenere in equilibrio il proprio sistema.
Il rischio sistemico, cioè quel rischio che dipende da fattori che influiscono
sull'andamento generale del mercato e che non può essere eliminato o
ridotto tramite una diversificazione del portafoglio (che può nascere dal
fallimento di un intermediario di grandi dimensioni, provocando delle
onde d’urto che si ripercuoterebbero velocemente anche agli altri
intermediari e quindi a tutto il sistema) è andato aumentando a causa dei
numerosi legami che ci sono tra gli intermediari ed allo stesso tempo
anche a causa della velocità con cui, al mercato di credito, vengono
trasmessi gli impulsi finanziari.
La consolidata attività di collegamento tra i bisogni dei soggetti che hanno
un surplus e i soggetti che hanno un deficit, genera naturalmente un
rischio. Vista in quest’ottica l’assunzione e la gestione dei rischi è
inevitabile ed ineliminabile dall’attività della banca che per ottenere dei
margini di guadagno deve addirittura ricercare il rischio. La banca infatti
deve, a differenza di qualunque altro tipo di impresa
7
, individuare le
diverse forme di rischio e proporsi al mercato per la loro gestione.
Essendo il rischio il valore che la banca aggiunge alle transazioni
finanziarie, questo non deve essere inteso semplicemente come minaccia,
7
Le imprese degli altri settori tendono ad evitare il rischio o tentare di trasferirlo ad
un’altra controparte.
12
ma come una opportunità, da sfruttare attraverso la gestione strategica per
il raggiungimento di un vantaggio competitivo.
I principali fini che la banca assegna alla gestione del rischio sono tre
8
:
• Ottimizzazione delle attività;
• Rispetto delle richieste degli organi di vigilanza;
• Protezione contro eventi estremi.
Anche se, come ho detto precedentemente, il rischio non deve essere
inteso solo come minaccia, in Italia, come nel resto dei paesi del mondo, è
diffusa una visione del rischio prudente, tanto che le banche hanno
dimostrato in generale di esserne avverse cercando comunque di avere dei
profitti rimanendo immuni, pur essendo a conoscenza che l’assenza totale
di rischio determinerebbe la mancanza del principale motivo d’esistenza
della banca.
I rischi delle attività bancarie si possono dividere seguendo diversi criteri,
ma in ogni caso bisogna tenere in considerazione che tutte le categorie
individuate non vanno considerate come rigidamente separate ma anzi
caratterizzate da legami di interdipendenza che a livello di analisi non
deve essere trascurata.
La necessità di dividere i diversi tipi di rischio viene da una procedura
abituale operativa degli intermediari, infatti, la divisione dei compiti nel
risk management rispetta le considerazioni elementari di efficacia ed
efficienza operativa.
8
Secondo degli studi fatti a livello internazionale da “The Intertek Group”. Gli studi hanno
mostrato che, pur essendo molto diffusi dei sistemi per la misurazione del rischio, nella
maggior parte dei casi ci si ferma alla fase della misurazione esclusivamente in risposta
agli organi di vigilanza, senza arrivare a formulare degli obiettivi di rischio.
13
Una prima distinzione per classificare i tipi di rischio si può fare tra:
• Rischi puri
9
;
• Rischi speculativi;
• Rischi finanziari.
Il rischio puro può essere definito attraverso tra caratteristiche principali:
1. non è controbilanciato da grandi vantaggi, è quindi esclusivamente
una fonte di svantaggio per il soggetto che è esposto a questo tipo
di rischi;
2. si manifesta in casi non controllabili
10
dalla persona, qualunque sia
il suo comportamento a riguardo;
3. dipende dalla casualità.
Il rischio finanziario invece caratterizza tutte le attività d’impresa ed è un
rischio di carattere speculativo la cui assunzione può determinare un
profitto
11
o una perdita.
Una seconda distinzione che si può fare a livello di macrocategorie è
quello tra rischio economico e rischio finanziario. Con il primo intendiamo
quei rischi che si riferiscono all’equilibrio tra costi e ricavi della gestione,
in particolare:
• rischio di controparte, quindi il rischio di credito ed il rischio di
paese;
• rischio di mercato, che comprende il rischio di interesse, il rischio di
cambio ed il rischio di prezzo;
9
I rischi puri a differenza dei rischi speculativi sono assicurabili. Si intende con rischio
puro, quel tipo di rischio non controllabile, imprevisto che porta solo svantaggi.
10
I rischi puri sono legati ad eventi straordinari non condizionabili, per una persona può
essere la morte o una malattia, per l’ambiente può essere un terremoto o un alluvione,
mentre per un’impresa può essere la rottura di un impianto o infortuni del personale.
11
Profitto che non è possibile nei rischi puri.
14
• rischio monetario, che dipende dalla variabilità del livello dei
prezzi;
• rischio operativo, che è legato alla variazione dei costi di gestione;
• rischio di frode, che può essere considerato un rischio puro.
I rischi finanziari sono caratteristici delle banche, come di ogni altro tipo di
impresa e riguardano la capacità d’adempimento ai propri impegni di
pagamento, che per gli istituti bancari si riassume con i concetti di
liquidità e solvibilità. I tipi di rischio quindi che bisogna considerare sono
il rischio di credito e il rischio di liquidità. L’equilibrio finanziario è dato
appunto dalla stabilità dei flussi finanziari, in entrata ed in uscita; nel caso
in cui non si raggiunga tale equilibrio si manifesterà un deficit o un surplus
di liquidità rispetto al livello ottimale. Ad ogni livello di deficit o surplus
corrisponde una conseguenza economica, o a causa dei maggiori oneri per
il reperimento di liquidità o da ricavi inferiori causati dalla detenzione di
liquidità non redditizia.
Come avevamo gia anticipato, la manifestazione dei rischi economici ha
naturalmente delle ripercussioni sotto il lato finanziario, infatti con la
concretizzazione di un rischio economico si avranno sicuramente delle
uscite superiori o delle entrate inferiori. E’ possibile quindi distinguere, in
ogni tipo di rischio, un aspetto economico ed uno finanziario.
In alcuni casi il manifestarsi di un rischio economico ha delle conseguenze
finanziarie immediate, basta pensare al rischio di credito, nel caso in cui si
verifica una inadempienza vengono a mancare dei flussi previsti in
entrata, mentre sarà comunque necessario pagare le passività a scadenza
in uscita.
Un’ultima classificazione che si può fare parlando di rischio è dividendo le
diverse forme sotto l’aspetto dell’approccio gestionale; una corretta
gestione dei rischi non richiede per forza l’annullamento di questi, ma la
15
loro corretta gestione deve portare un rendimento. La divisione che può
essere quindi fatta è:
• rischi da evitare: più in particolare i rischi operativi che possono
essere controllati attraverso adeguati schemi organizzativi, una
buona formulazione dei contratti e un controllo delle risorse;
• rischi da trasferire: i rischi che si tende a trasferire ad altri operatori
poiché non connessi al core business dell’istituto bancario. Questo è
raggiungibile attraverso la diversificazione e le tecniche di
copertura (hedging);
• rischi da gestire: sono i rischi che la banca gestisce attivamente e
che definiscono la specializzazione operativa dell’istituto.
Per quanto riguarda le prime due categorie di rischio, la banca deve avere
una avanzata capacità di misurazione, mentre invece le opportunità di
reddito dipendono dall’ultima categoria di rischi. La gestione di
quest’ultimo tipo di rischio richiede particolare attenzione sulle politiche
di esposizione, sui limiti operativi, sui criteri di allocazione del capitale,
sui sistemi di incentivazione e sulla ottimizzazione di portafoglio.
Passando più in particolare alle diverse fonti di rischio a cui le banche
sono esposte per la loro attività di intermediazione, una prima tipologia di
rischio che ha effetto sull’attività creditizia è il rischio di controparte. La
possibilità che la controparte sia insolvente interessa un numero
elevatissimo di operazioni dell’attività bancaria, perché, ogni volta che un
soggetto assume contrattualmente un’obbligazione nei confronti di una
banca, quest’ultima rischia che il soggetto contraente non rispetti
12
le
obbligazioni assunte.
12
Il mancato rispetto di un’obbligazione può avvenire per modi o tempi previsti,
parzialmente o totalmente.
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