INTRODUZIONEINTRODUZIONE Il presente lavoro si propone di analizzare le tecniche di garanzia
procedurali e processuali del diritto d’accesso ai documenti
amministrativi.
La necessità di esaminare i caratteri e l’effettività degli strumenti
di tutela del diritto in questione nasce dall’assoluta indefettibilità che la
visibilità e la trasparenza dell’esercizio dei poteri pubblici assume nel
periodo storico in cui viviamo. Non solo, ma tali esigenze già
emergevano nella vasta produzione letteraria del periodo della
rivoluzione francese, quando il carattere pubblico del potere veniva
avvertito come fondamentale elemento di distinzione tra lo stato
costituzionale e lo stato assoluto.
L’accessibilità ai documenti in possesso della pubblica
amministrazione, pertanto, ben può essere considerata come elemento
qualificante degli ordinamenti democratici moderni: i rapporti tra
cittadini e pubblica amministrazione rispondono ad una organizzazione
democratica dello Stato se il diritto all’informazione e alla conoscenza
delle attività concernenti l’esercizio dei pubblici poteri è riconosciuto e
ampiamente tutelato.
La trattazione prenderà le mosse dalla disciplina normativa
introdotta, dopo un lungo iter parlamentare, con la legge 7 agosto 1990,
n. 241 (
Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto d’accesso ai documenti amministrativi ) che, in ritardo rispetto ad
altri paesi, per la prima volta nel nostro ordinamento, disciplina in via
1
generale l’azione amministrativa. Vi è da ricordare che, nel corso della
stesura del presente lavoro, la legge in esame è stata integrata e
modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, pertanto, l’analisi della
normativa del 1990 sarà costantemente aggiornata con le recenti
modifiche apportate dalla legge sopra citata.
La legge 241/1990 fissa in norme di diritto positivo una serie di
principi che, elaborati dal giudice amministrativo in sede di sindacato
giurisdizionale, prima del varo della normativa in esame disciplinavano i
procedimenti amministrativi.
Tra gli obiettivi che la legge in esame si propone di perseguire,
senz’altro grande importanza assume l’esigenza di rendere
l’amministrazione maggiormente democratica e trasparente. Al fine
quindi di garantire una migliore amministrazione non solo dal punto di
vista dell’efficienza e dell’efficacia dell’attività amministrativa, ma
anche per mutare in meglio i rapporti fra amministratori e amministrati,
togliendo alla prima la sue connotazioni più o meno palesemente
autoritarie e mirando dunque a realizzare modelli organizzativi
tendenzialmente partecipati e democratici, il capo V della legge 7 agosto
1990, n. 241 riconosce il diritto d’accesso ai documenti amministrativi :
il diritto, cioè, di prendere conoscenza dei documenti che stanno a base e
giustificazione dell’intera azione politica e amministrativa, a disporre
delle fonti da cui discendono gli atti.
Benché l’oggetto specifico della nostra trattazione sia lo studio
delle garanzie poste a tutela del diritto d’accesso, è apparso utile fare una
breve analisi dei caratteri essenziali dell’istituto, al fine di dare un
2
quadro chiaro e completo delle diverse problematiche che ancora oggi, a
distanza di quindici anni dal varo della legge sul procedimento
amministrativo, rendono difficoltosa l’applicazione effettiva del
principio di trasparenza, e quindi della tutela del diritto d’accesso.
Pertanto, dopo aver tratteggiato brevemente nel primo capitolo, il
fondamento teorico del diritto, soprattutto in riferimento alle disposizioni
costituzionali, e dopo aver ripercorso le fasi storiche che hanno portato al
riconoscimento normativo dello stesso, nel secondo capitolo ci siamo
occupati dei profili sostanziali.
Nello specifico abbiamo analizzato gli elementi che maggiormente
si ricollegano alla questione della tutela come la titolarità del diritto, la
natura giuridica, i limiti oggettivi, i documenti accessibili e le modalità
d’accesso .
Le questioni della titolarità del diritto e della sua natura giuridica
hanno creato grosse difficoltà interpretative dovute spesso alle generiche
e a volte imprecise espressioni impiegate dal legislatore. La necessità di
risolvere tali dubbi nasce dal fatto che da tali aspetti dipende la funzione
e le finalità che l’accesso ai documenti amministrativi è destinato ad
assolvere nell’ordinamento e dalle evidenti ripercussioni che essi hanno
sull’esperibilità dei rimedi posti a tutela del diritto stesso.
Consapevoli delle difficoltà che ciò avrebbe comportato, vista
l’enorme mole di materiale da esaminare, abbiamo cercato di riassumere
le diverse posizioni assunte in dottrina e di analizzare la copiosa
giurisprudenza che nell’arco di quindici anni si è occupata della
questione.
Il primo importante nodo da sciogliere è stato il significato da
attribuire all’espressione “ titolarità di un interesse per la tutela di
situazioni giuridicamente rilevanti ”, che ai sensi dell’art. 22 della legge
3
241/1990 legittima l’esercizio del diritto d’accesso. Alla luce delle
diverse pronunce di T.A.R. e Consiglio di Stato, ma anche di numerosi
pareri emessi dalla Commissione per l’accesso ai documenti
amministrativi, si è cercato di chiarire il significato dell’espressione in
esame e di precisare tutte le diverse implicazioni che essa ha nell’ambito
della tutela del diritto. Le nostre conclusioni in merito sono state inoltre
aggiornate con le innovazioni introdotte dalla legge 11 febbraio 2005, n.
15, che nel modificare ed integrare la legge 241/1990, senz’altro
chiarisce alcuni concetti, la cui interpretazione ha per diversi anni
impegnato dottrina e giurisprudenza.
Maggiori difficoltà si sono presentate nella qualificazione della
natura giuridica dell’accesso. La sua incasellabilità nello spettro dei
diritti soggettivi o degli interessi legittimi si è rivelata fondamentale in
quanto dall’accettazione dell’una o dell’altra tesi dottrina e
giurisprudenza fanno discendere differenti effetti di ordine processuale
circa la natura del rimedio giurisdizionale, la perentorietà del termine di
impugnazione, l’ammissibilità del ricorso in caso di mancata notifica al
controinteressato, etc. Questa è una delle questioni che più di altre ha
diviso dottrina e giurisprudenza, le quali non pervengono ad una
conclusione unanimemente condivisa. Lo stesso Consiglio di Stato stenta
a prendere una posizione netta.
Nel presente lavoro abbiamo cercato di vagliare le diverse
argomentazioni presentate a favore dell’una o dell’altra tesi,
argomentazioni sia di carattere sostanziale che di carattere processuale,
supportate non solo da giustificazioni teoriche ma anche da pronunce
giurisprudenziali. Tra queste, grande attenzione è stata data alla
decisione n. 16 del 24 giugno 1999 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio
di Stato, nella quale, andando di contrario avviso rispetto alle posizioni
4
prevalenti in dottrina in quel periodo, il supremo giudice amministrativo
ha reputato che, a dispetto del nomen utilizzato dal legislatore nella legge
241/1990, la possibilità di accedere ai documenti amministrativi, può
configurarsi solo in termini di interesse legittimo.
Premettendo che il dibattito in questione è ancora più acceso che
mai, la giurisprudenza successiva alla decisione del Consiglio di Stato
sopra citata, sostanzialmente maggioritaria, ha optato per la tesi del
diritto soggettivo.
Successivamente sono stati definiti i limiti posti dalla legge
241/1990 all’esercizio del diritto d’accesso, necessari per la salvaguardia
di ulteriori interessi egualmente meritevoli di tutela da parte
dell’ordinamento. Tra questi, primaria importanza assume l’esigenza di
preservare la riservatezza di terzi i cui dati personali siano oggetto degli
atti di cui si chiede l’accesso.
Per dovere di completezza è stato chiarito qual è l’oggetto del
diritto, cioè i documenti che la legge ritiene accessibili. In particolare ci
si è soffermati sulla problematica dell’accessibilità agli atti di diritto
privato, atti cioè posti in essere da soggetti che, ad esempio i
concessionari di servizi pubblici, hanno essi stessi natura privata. Benché
in passato tale possibilità fosse esclusa, la più recente giurisprudenza né
ha decretato l’ammissibilità limitatamente ai casi in cui gli atti di diritto
privato posti in essere da soggetti pubblici o da concessionari di pubblici
servizi, indipendentemente dal loro regime giuridico formale, riguardino
attività aventi come obiettivo la cura concreta di interessi della
collettività.
A conclusione del secondo capitolo sono state brevemente
delineate le modalità di accesso.
5
Nel terzo capitolo della trattazione ci si è dedicati, quale oggetto
principale della tesi di laurea, alle tecniche di garanzia poste a tutela del
diritto d’accesso ai documenti amministrativi.
Innanzitutto si è dato grande risalto ai rimedi giurisdizionali di
tutela, primo fra tutti lo speciale rito abbreviato previsto dall’articolo 25
della legge 241/1990 che consente una rapida definizione della
controversia in materia di accesso. La peculiarità di tale rimedio, non a
caso considerato “speciale”, sta, oltre che nella riduzione dei termini per
la proposizione del ricorso e nella decisione presa in camera di consiglio,
nella possibilità che il giudice amministrativo, accertata l’illegittimità del
diniego o del differimento dell’accesso, ordini alla p.a. di esibire il
documento richiesto. Pertanto, nel corso del capitolo saranno esaminati
tutti gli elementi che caratterizzano il rito speciale previsto dall’art. 25,
con particolare attenzione alle problematiche processuali che ancora si
riscontrano nell’applicazione della disciplina.
Uno di tali dubbi interpretativi riguarda senz’altro la natura della
giurisdizione. Anche in questo caso, come in quello della natura
giuridica del diritto, dottrina e giurisprudenza sono fortemente divisi.
Pertanto, come nel secondo capitolo, abbiamo presentato le diverse
ipotesi circa la natura della giurisdizione, supportate da motivazioni di
ordine teorico e pronunce giurisprudenziali, cercando di creare un
collegamento tra la questione della natura giuridica del diritto e quella
della natura della giurisdizione, visto che dall’accettazione dell’una o
dell’altra tesi nel primo caso dipende l’accettazione dell’una o dell’altra
tesi nel secondo.
Sulla base degli elementi interpretativi a nostra disposizione
abbiamo cercato di chiarire altri dubbi tutt’oggi presenti, come ad
esempio la legittimazione a proporre il ricorso ex art. 25 e la posizione
6
dei c.d. controinteressati, quali i titolari di un diritto alla riservatezza. La
posizione di questi ultimi è stata recentemente chiarita dalla più volte
citata legge 11 febbraio 2005, n. 15, la quale da una definizione chiara di
“soggetti controinteressati”.
L’esplicazione degli elementi caratterizzanti la tutela
giurisdizionale dell’accesso non poteva non tener conto delle importanti
novità introdotte dalla legge 205/2000 (novità recepite dalla legge
241/1990 per effetto della legge di modifica 15/2005). Tale atto
normativo di riforma del processo amministrativo ha introdotto
significative innovazioni in materia di diritto d’accesso, con le quali si
dovrebbe rendere ancora più incisivo ed efficace il sistema di tutela
giurisdizionale predisposto dalla legge 241/1990 a garanzia della
trasparenza amministrativa. Si tratta infatti di aggiustamenti ed
integrazioni che investono il rito speciale disciplinato dall’art. 25 della
legge sul procedimento amministrativo, incidendo sia sul versante della
modalità di tutela del diritto d’accesso nel corso del giudizio
amministrativo, in quanto rende possibile l’impugnativa ex art. 25, in
pendenza di un ricorso, con istanza presentata al presidente, sia sul
versante delle regole in tema di patrocinio obbligatorio, in quanto viene
eliminato l’obbligo della difesa tecnica per il ricorrente e
l’amministrazione.
Nel concludere il capitolo sulle tecniche processuali di garanzia
del diritto d’accesso, è stato interessante valutare la possibilità, per il
soggetto che si sia visto illegittimamente negare la pretesa all’ostensione,
di adire il giudice civile per ottenere il risarcimento del danno. Vedremo
come alcune pronunce giurisprudenziali, tra la quali una della Corte
Europea dei diritti dell’Uomo, ed alcuni illustri giuristi, condividano
pienamente tale opportunità.
7
Gli strumenti di garanzia posti a tutela del diritto d’accesso ai
documenti amministrativi si arricchiscono, con la legge 340/2000, di un
ulteriore rimedio caratterizzato dalla rapidità di intervento e dalla facilità
di attivazione da parte del cittadino. Si tratta del difensore civico, istituto
che trae origine dall’ Ombudsman scandinavo, al quale, per effetto della
legge sopra citata, viene attribuito il ruolo di risolvere, in via giustiziale,
le controversie riguardanti il diniego o il differimento della richiesta
d’accesso.
Oltre ad aver ripercorso le fasi storiche e normative che hanno
portato all’introduzione di tale figura nel nostro ordinamento, ci si è
soffermati sui profili operativi dell’istituto, nello specifico l’attività di
tutela del diritto d’accesso. Visto l’elevato grado di problematicità che le
soluzioni giuridiche approntate dal legislatore presentano, particolare
attenzione è stata dedicata all’analisi delle diverse questioni che rendono
spesso inefficace l’intervento del difensore civico. La necessità di
sciogliere i nodi ancora irrisolti e di dotare l’ufficio di difesa civica di
poteri incisivi ed efficaci deriva dalle enormi potenzialità che l’istituto in
questione offre, soprattutto in vista della tutela e della protezione che
potrebbe garantire al cittadino, il quale sempre più si rivolge al d.c. per
denunciare episodi di maladministration.
Pur essendo, sia il ricorso al Tribunale amministrativo sia il
ricorso al difensore civico, i rimedi più utilizzati per tutelare una
legittima pretesa all’ostensione di documenti amministrativi, resta salva
la possibilità di utilizzare la via del ricorso gerarchico. Vedremo come
alcune regioni, nei limiti della potestà normativa ad esse riconosciuta in
materia, abbiano previsto particolari tipi di ricorsi amministrativi
avverso il diniego dell’accesso.
8
Nel concludere la panoramica degli strumenti di garanzia previsti
dal nostro ordinamento per la tutela del diritto all’informazione
amministrativa, ci si è soffermati sull’attività svolta dalla Commissione
per l’accesso ai documenti amministrativi, istituita ai sensi dell’art. 27
della legge 241/1990. Nello specifico, ci si è particolarmente soffermati
sulle innovative modifiche previste dalla legge 15/2005. Quest’ultima,
infatti, modica sia la composizione che i poteri della Commissione, alla
quale viene attribuito, oltre a quelli previsti dall’originario art. 27, il
compito di ricevere ricorsi avverso il diniego o il differimento
dell’accesso agli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello
Stato. In questo modo gli strumenti di garanzia del diritto d’accesso sono
stati ulteriormente arricchiti e rafforzati.
A conclusione del nostro lavoro non potevamo non dare uno
sguardo alla normativa comunitaria. Quest’ultima, a partire dai primi
anni Ottanta, si è mostrata sempre più sensibile alla necessità di garantire
trasparenza e visibilità all’esercizio dei pubblici poteri. Oltre che da un
gran numero di atti comunitari, l’ultimo dei quali il regolamento CE
1049/2001, il desiderio di trasparenza nelle istituzioni comunitarie è
confermato dalla scelta del legislatore costituzionale europeo di inserire
il diritto d’accesso agli atti comunitari tra i diritti fondamentali
riconosciuti dalla Costituzione europea, firmata dai 25 Stati membri e
dai 3 paesi candidati il 29 ottobre 2004, che entrerà in vigore quando
sarà ratificata da tutti gli Stati firmatari.
Consapevoli del fatto che, per ovvie ragioni, la nostra trattazione
non sarà esaustiva di tutte le problematiche concernenti le tecniche di
garanzia del diritto d’accesso ai documenti amministrativi, abbiamo fatto
il possibile per fare chiarezza su alcune di esse, condividendo il parere di
9
chi afferma che il tema del diritto d’accesso sia uno dei capitoli più
tormentati del diritto amministrativo .
10
CAPITOLO I CAPITOLO I
CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE SUL DIRITTO CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE SUL DIRITTO
D’ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI D’ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI 1. Cenni preliminari 1. Cenni preliminari
Con l’emanazione della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove
norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto d’accesso
ai documenti amministrativi) , l’ordinamento italiano si è dotato per la
prima volta di una legge sul procedimento amministrativo. L’Italia vi
provvede in ritardo rispetto ad altri ordinamenti: in Austria viene
approvata una legge sul procedimento amministrativo nel 1925, negli
USA nel 1946, in Germania nel 1976, in Francia nel 1978 e in Spagna
nel 1985
1
.
Precedentemente all’approvazione della legge in esame la
disciplina del procedimento era stata prevalentemente affidata alla
funzione creativa del giudice amministrativo, che, in sede di sindacato
giurisdizionale, aveva elaborato una serie di principi applicabili a tutti i
procedimenti o a categorie di essi 2
. Ne è un esempio l’obbligo di
motivazione del provvedimento amministrativo, ora previsto dall’art. 3
della legge 241/1990; prima della suddetta legge tale obbligo era
1
S. LARICCIA (2000), Diritto amministrativo , 443.
2
A. SANDULLI (1994), “Il procedimento amministrativo e la trasparenza”, 101.
11
previsto dall’art. 111 della Costituzione soltanto per i provvedimenti
giurisdizionali, ma il giudice amministrativo lo aveva esteso in via
interpretativa anche ai provvedimenti amministrativi.
La legge 241/1990 rappresenta il risultato di un lungo e
complesso iter di formazione che inizia nei primi anni ottanta, quando
viene istituita presso la Presidenza del Consiglio la Commissione per la
delegificazione e per la semplificazione dei rapporti tra Stato e cittadini,
presieduta dal prof. Mario Nigro.
Il progetto di legge 3
, anche se in parte modificato durante l’iter
parlamentare e per effetto del parere dell’Adunanza Generale del
Consiglio di Stato del 17 febbraio 1987, n. 7, traduce in norme il
programma elaborato dalla Commissione Nigro.
Come detto in precedenza, alla legge 241/1990
4
va riconosciuto il
merito di aver fissato per la prima volta in norme di diritto positivo
alcuni principi fondamentali che si riferiscono all’azione
amministrativa, principi che precedentemente all’approvazione della
legge si erano affermati in via pretoria, cioè riconosciuti attraverso un
consolidato orientamento giurisprudenziale 5
.
Hanno così trovato riconoscimento normativo nel nostro
ordinamento talune regole ispirate ai seguenti principi:
3
d.d.l. n. 1913 presentato alla Camera il 19 novembre 1987.
4
La legge in esame è stata recentemente modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 (“ Modifiche
ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione
amministrativa ”), la quale introduce, nel nostro sistema amministrativo, una serie di innovazioni assai
rilevanti e fortemente incisive sulla nostra disciplina. Dopo l’entrata in vigore del testo dovranno
seguire riflessioni assai approfondite sia da parte della dottrina, sia da parte della giurisprudenza che
sarà chiamata a pronunciarsi sugli aspetti più delicati della nuova disciplina. Nel presente lavoro ci
limiteremo ad analizzare gli aspetti più rilevanti che riguardano il diritto d’accesso ai documenti
amministrativi.
5
T. MIELE (1995), Il procedimento amministrativo e il diritto d’accesso, Lo stato di attuazione della
legge 7 agosto 1990 , n. 241, 7.
12
1)
Il principio del giusto procedimento che, garantendo il
diritto di partecipazione degli interessati, sancisce la dialettica tra
interessi pubblici e privati tendendo alla composizione dei concreti
rapporti;
2)
Il principio di semplificazione , che introduce alcuni
istituti diretti, in conformità all’art. 97 Cost., a snellire e rendere più
celere l’azione amministrativa (silenzio – assenso, denuncia in luogo di
autorizzazione, conferenze di servizi, etc.)
3)
Il principio di trasparenza , che prevede il carattere
obbligatorio della motivazione del provvedimento amministrativo,
l’obbligo della p.a. di indicare preventivamente l’ufficio e il dipendente
responsabile del procedimento e, quale oggetto specifica della nostra
trattazione, il diritto dei cittadini interessati di accedere ai documenti
amministrativi 6
.
Come la stessa Corte Costituzionale ha sottolineato nella
sentenza 23 luglio 1997, n. 262, “ il legislatore ha voluto dare
applicazione generale a regole in buona parte già enucleate in sede di
elaborazione giurisprudenziale e dottrinale, che sono attuazione, sia
pure non esaustiva, del principio di buon andamento
dell’amministrazione (art. 97 Cost.), negli obiettivi di tempestività,
trasparenza, pubblicità e partecipazione all’azione amministrativa,
quali valori essenziali in un ordinamento democratico ” 7
.
Tra gli obiettivi che il legislatore italiano si propone di perseguire
attraverso la riforma in esame, senz’altro grande importanza assume
6
F. CARINGELLA (2003), Il diritto amministrativo, Corso completo , 682.
7
G. VIRGA (1998), La partecipazione al procedimento amministrativo , 5.
13
l’esigenza di rendere l’amministrazione maggiormente democratica e
trasparente, trasformarla cioè in una casa di vetro 8
.
Ed è quanto emerge dai lavori per la revisione della disciplina dei
procedimenti amministrativi, ove nell’appunto introduttivo di Mario
Nigro si enuncia espressamente, tra gli obiettivi che la normativa sul
procedimento si propone di realizzare, quello della democratizzazione
del procedimento amministrativo 9
.
I rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione rispondono ad
una organizzazione democratica dello Stato solo se il diritto
all’informazione e alla conoscenza delle attività concernenti l’esercizio
dei pubblici poteri è riconosciuto e ampiamente tutelato 10
.
Al fine quindi di garantire una migliore amministrazione non solo
dal punto di vista dell’efficienza e dell’efficacia dell’attività
amministrativa, ma anche per mutare in meglio i rapporti fra
amministratori e amministrati, togliendo alla prima la sue connotazioni
più o meno palesemente autoritarie e mirando dunque a realizzare
modelli organizzativi tendenzialmente partecipati e democratici, il capo
V della legge 7 agosto 1990, n. 241 riconosce il diritto d’accesso ai
documenti amministrativi 11
: il diritto, cioè, di prendere conoscenza dei
documenti che stanno a base e giustificazione dell’intera azione politica
e amministrativa, a disporre delle fonti da cui discendono gli atti 12
.
8
L’espressione è di F. Turati: ” dove un superiore pubblico interesse non imponga un segreto
momentaneo, la casa dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro ”. F. TURATI, in atti del
Parlamento Italiano , Camera dei Deputati, sessione 1904-1908, 17 giugno 1908, 22962.
9
A. SANDULLI (1994), “Il procedimento amministrativo e la trasparenza”, 104.
10
G. SCHETTINO (2003), “La tutela del diritto d’accesso” , 291.
11
L’art. 22 della legge 241/1990 stabilisce che “ al fine di assicurare la trasparenza dell’attività
amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse
per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi”.
12
F. CUOCOLO (1995), “Commento all’art. 22”, 532-533.
14
Si tratta di sette articoli con i quali il legislatore , oltre a dettare
una disciplina generale in tema di diritto d’accesso, individuando le
situazioni legittimanti, i soggetti passivi, l’oggetto, i limiti e le modalità
di esercizio (come vedremo nel II capitolo), ha previsto una serie di
strumenti attraverso i quali i titolari di tale diritto possono tutelare la loro
pretesa a fronte di un provvedimento di diniego o di silenzio - rifiuto
della pubblica amministrazione 13
.
Grazie alle disposizioni introdotte dal legislatore del 1990 si è
passati da un generico “diritto alla visione” degli atti ad una normativa
che non si limita ad individuare soltanto i presupposti dell’istituto
dell’accesso ma disciplina nel contempo le forme di tutela avverso
l’eventuale comportamento inerte o di rifiuto dell’amministrazione
riguardo alla conoscibilità degli atti o dei provvedimenti in suo possesso.
La vera novità che sembra emergere in relazione a tale ultimo
aspetto, come avremo modo di analizzare nel proseguo della trattazione,
consiste nella previsione di uno speciale rito camerale che garantisce, al
soggetto che intenda avvalersene, la possibilità di ottenere, in via
giudiziale, una pronuncia dichiarativa dell’eventuale illegittimità del
diniego dell’amministrazione o del comportamento inerte in ordine
all’istanza di esibizione avanzata dal ricorrente (art. 25 legge
241/1990)
14
.
Altra importante novità è quella prevista dalla legge 340/2000 che
ha introdotto uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello
giurisdizionale: il soggetto interessato all’accesso che si sia vista
respingere la relativa domanda ha la possibilità, da esercitare nel termine
13
N. GULLO (2002), “La tutela del diritto d’accesso dopo la riforma del processo amministrativo ”,
496.
14
F. FIGORILLI (1994), “Alcune osservazioni sui profili sostanziali e processuali del diritto
d’accesso ai documenti amministrativi”, 268.
15