Introduzione
Giunto alla conclusione di questo percorso universitario, guardando indietro agli
studi di ingegneria che ho svolto, non posso fare a meno di notare la grande enfasi
con cui sono sempre state introdotte e sviluppate le tematiche riguardanti la
sicurezza, un vero cardine della progettazione aeronautica. Data la sua peculiarità e i
rischi connessi al volo, l’ambiente aerospaziale è uno dei settori trainanti nello
sviluppo di nuove tecnologie e procedure per l’incremento della sicurezza, e non è un
caso se molte delle innovazioni più significative del mondo industriale del secolo
scorso e di quello attuale affondano le loro origini nello strumento aereo e nella sua
spesso complicata progettazione.
Questo elaborato va quindi ad inserirsi in questo ambito, in particolare nella
prevenzione incendi, uno dei nodi più spinosi. In particolare, è mia intenzione tentare
l’impiego di una tecnologia relativamente recente nel mondo dell’antincendio: il
Water Mist. Per quanto questo sistema si stia diffondendo rapidamente nel mondo
dell’ingegneria civile e dei trasporti marittimi, esso resta ancora in parte una new
entry, e molte delle sue caratteristiche e capacità restano ignote per una gran parte del
mondo industriale, settore aeronautico incluso.
Con questa breve riflessione intendo spiegare le ragioni che sono alla base della
scelta di sviluppare impianti di bordo Water Mist a protezione integrale, non tanto
per giustificare ad ogni costo ciò che ho scritto, quanto soprattutto per sottolineare le
virtù di questa tecnologia, e quanti benefici essa potrebbe portare in futuro al mondo
aeronautico.
Nella mia esperienza personale, ho potuto constatare la diffidenza degli operatori
verso i sistemi di estinzione ad acqua, impiegati sugli aeromobili o negli hangar di
riparazione, in quanto è ben nota la loro scarsa efficacia su incendi di classe B
(combustibili liquidi) o di classe E (elettricità), principale causa di fuoco in questi
ambienti. E’ invece molto importante sottolineare come questo preconcetto non si
adatti in alcun modo al Water Mist, in quanto le sue capacità di nebulizzare l’acqua
lo pongono al di fuori della classificazione dei sistemi tradizionali, ad esempio gli
V
impianti spinkler; le sue caratteristiche di estinzione sono invece maggiormente
simili a quelle di un gas, come l’Halon, che è uno degli estinguenti più utilizzati nel
settore.
In ogni caso ancora oggi la progettazione di un Water Mist risulta critica, tanto che
non vi è norma che non preveda una dimostrazione pratica. Al di là di questo
approccio “empirico” vi è una indubbia necessità di una modellistica di base, per
mettere a fattor comune dei tecnici alcuni dati di progettazione. La complessità di
questo sistema, e in molti casi la totale assenza di dati teorici da cui prendere spunto,
ha messo alla prova le mie conoscenze in molteplici ambiti della mia esperienza
università, primo fra tutti l’impiantistica, ma con ampi riferimenti di fluidodinamica,
termodinamica e chimica, senza contare l’esperienza operativa del mondo
aeronautico militare e industriale, fattore di primaria rilevanza.
“Gas speciale” o “sprinkler” , questo è il dilemma a cui ho tentato di dare una
risposta. E se, come si dice, la natura è scritta in termini matematici, questa tesi ha
l’obiettivo di fornire alcuni criteri oggettivi per il dimensionamento dei Water Mist
utilizzabili dai progettisti. Non è ovviamente detto che questo mi sia riuscito
completamente, e non ho la presunzione, date le mie modeste esperienze sul campo,
di dettare regole a nessuno, ma sono comunque sicuro che anche dalla confutazione
delle mie ipotesi si potrà mettere a fattor comune la conoscenza.
La grande mole di risultati teorici o numerici ricavati nel corso dell’elaborato sono
stati integrati e in gran parte confrontati con i dati sperimentali della ditta MARIOFF
Italia, tra i leader mondiali nella costruzione di Water Mist, con cui ho collaborato
assiduamente nel corso delle analisi e della stesura del testo, e senza la quale non
sarebbe stato possibile un approfondimento di così alto livello. Pur muovendosi in un
settore nuovo e innovativo, con tutti i problemi del caso, la sostanziale convergenza
tra quanto da me ricavato e i dati operativi di comune utilizzo della MARIOFF
conferma e rafforza l’ipotesi di aver centrato, o quantomeno essermi avvicinato alla
fisica del problema.
VI
Aspetti importantissimi, validi a maggior ragione nel mondo dei trasporti, sono
l’operabilità, l’affidabilità e la manutenibilità degli impianti. Nonostante il Water
Mist sia frutto di una sofisticata tecnologia, la sua installazione e impiego risulta
invece molto semplice. Inoltre, i suoi componenti sono pochi e facilmente reperibili,
se si eccettua forse gli speciali erogatori, che comunque sono una tecnologia
ampiamente sperimentata. Inoltre, uno dei più grandi vantaggi è l’utilizzo di acqua,
estremamente diffusa e praticamente senza costo. E’ inoltre importante sottolineare
che, al contrario di moltissimi prodotti a schiuma attualmente impiegati, l’acqua non
è corrosiva, ed è facilmente intuibile quanto la corrosione delle strutture rappresenti
un altro parametro critico nel mantenimento dell’aeroplano.
C’è poi da considerare un nuovo fattore, che sta fortemente condizionando la
progettazione moderna: il rispetto dell’ambiente. E’ fatto noto che l’Halon, ottimo
estinguente sotto ogni punto di vista, abbia la sfortunata caratteristica di essere un
prodotto chimico altamente fluorurante e quindi con un alto ODP (Ozone Depleting
Potential) , e per questo estremamente dannoso per l’atmosfera. Per questa ragione la
sua produzione è stata interrotta, e dalle ultime normative il suo uso è permesso
esclusivamente per alcuni enti, come le forze armate, o in taluni settori considerati
critici. Si pone quindi una doppia domanda: come dovranno comportarsi in futuro le
compagnie civili o i velivoli di linea? Per quanto riguarda invece le forze armate, per
quanto ancora potranno durare le riserve accumulate, e quanto diventerà costoso un
prodotto la cui disponibilità sul mercato si sta rapidamente esaurendo? Resta quindi
indispensabile cercare un alternativa per il futuro, e in questo contesto il Water Mist
è sicuramente una possibilità da prende in considerazione.
In conclusione, lancio una piccola provocazione. Quante volte nel passato è stato
l’incidente grave ad innescare il meccanismo di prevenzione? E’ sempre necessario
arrivare al disastro prima di rendersi conto che un certo problema necessita di una
più profonda analisi? Gli esempi sono talmente tanti e in ogni campo che citarne
alcuni a supporto è del tutto superfluo.
Questo meccanismo molto umano, noto come “blood priority” può essere interrotto
se si sviluppa una mentalità sempre più portata alla gestione del rischio e alla
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prevenzione. Senza perdere di vista l’operatività e i costi, fattori sicuramente di
primo piano, è importante sforzarsi di prevedere le inefficienze di sistema prima che
il loro verificarsi comporti un danno a persone e cose, cambiando gradualmente
l’approccio con cui affrontiamo alcune questioni considerate “spinose”, o peggio
ancora “superflue”, che poi spesso superflue non sono per nulla.
VIII
Capitolo 1
Il pericolo d’incendio negli aeromobili
1.1. Sicurezza e Gestione del Rischio
L’Aviazione è da sempre caratterizzata da un continuo avanzamento tecnologico,
sistemistico e procedurale, atto a migliorare e incrementare sempre di più le
prestazioni, ridurre e ottimizzare i costi, e ovviamente rendere il mezzo aerospaziale
sempre più sicuro per l’utenza e gli addetti. In quest’ottica, la ricerca e
l’avanzamento nel campo della Sicurezza sono uno dei pilastri fondamentali di tutta
l’industria aeronautica, in primo luogo per ovvie ragioni umane e morali, ma anche
per l’esigenza di mantenere al massimo livello l’operatività, l’efficienza e
l’affidabilità delle macchine.
Fornire una definizione di sicurezza globalmente accettata e compresa è però cosa
molto complessa, in quanto le differenti filosofie progettuali e operative nel mondo
sono evolute secondo linee talvolta significativamente differenti, e questo è spesso
causa di confusione e problematiche connesse quando tali realtà tentano di
interfacciarsi. In generale però, per Sicurezza del Volo si può ritenere tutto il
complesso di tecnologie, procedure e norme atte a garantire la salvaguardia al
massimo grado di persone e cose.
In genere, il raggiungimento di un determinato livello di Safety è strettamente legato
ad una serie di eventi accidentali, quali possono essere failure e malfunzionamenti,
eventi esterni non collegati al velivolo come le condizioni atmosferiche, o comunque
in generale accadimenti involontari e accidentali. Sono invece solitamente escluse le
azioni volontarie mosse contro il sistema aerospaziale, con lo scopo di sabotarlo o
metterlo fuori uso. Se si pensa alle procedure anti-terrorismo negli aeroporti, è
preferibile parlare di Security.
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Ogni tentativo di garantire un adeguato livello di sicurezza si basa su alcuni principi
base che non possono essere ignorati. Per prima cosa, è essenziale che lo sforzo sia
effettuato su tutti i livelli, non solo dagli esperti di sicurezza: la loro funzione di
supervisori deve essere integrata con il lavoro della manutenzione, degli operatori di
volo, del personale a terra, in modo tale da garantire la massima attenzione in ogni
attività ed escludere trascuratezze di ogni genere. La sicurezza di un sistema è quindi
operata a monte, ossia prima che il velivolo sia effettivamente operativo, in modo
tale da pianificare correttamente ogni azione ed eventuale correzione; quanto meno è
lasciato al caso, tanto più sicuro sarà il sistema.
Nella progettazione di un sistema sicuro si deve intervenire su ogni aspetto della vita
del velivolo in modo tale da ridurne al massimo i rischi connessi. Il livello di rischio
residuale (che non si può mai annullare del tutto) deve essere quindi opportunamente
valutato e conosciuto a priori. La fase di collaudo è poi una parte necessaria, in modo
tale da garantire l’eliminazione di eventuali errori o difetti in corso d’opera
1.1.1. Strumenti per la sicurezza
Il conseguimento della sicurezza nel corso del tempo, spesso portato avanti con
metodologie non ortodosse, ha spesso portato a criteri piuttosto frammentari, cui oggi
si sta cercando di sostituire un approccio più generale e globale, mirato
all’organizzazione dell’intero sistema; si sono così affermati diversi modelli di
analisi del sistema, incentrati molto sugli aspetti organizzativi, per costruire vere e
proprie strategie di prevenzione degli incidenti. Non è un caso che la gran parte degli
incidenti degli ultimi anni possano essere ricondotti a casi già visti, con le stesse
cause e con modalità di accadimento similari; questo sottolinea quanto detto prima,
in quanto non è tanto l’aspetto tecnico, che di solito è noto, a procurare l’incidente,
bensì i difetti societari, logistici e di organizzazione che generano un effetto a catena
e che finiscono con il causare una catastrofe. Si è soliti individuare in questi casi le
latent failures, o carenze latenti, che non comportano un immediato incidente, ma
che sono i precursori di una serie di attività non normali e non programmate, che
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possono causare delle active failures, ossia inconvenienti di volo veri e propri. Le
scorciatoie di gestione, sebbene spesso vantaggiose e molto in voga nei periodi di
crisi economica, possono aumentare la diffusione delle aree di rischio. Senza
presunzione di essere esaustivi, si riportano nel seguito alcune delle più diffuse, a
titolo di esempio
Una delle strategie per il controllo organizzativo è il cosiddetto sistema delle 4P:
Philosophiae, Policy, Procedures, Practices.
In pratica, si stabilisce una Filosofia della struttura aeronautica, i suoi scopi e le sue
strategie per la loro realizzazione. La Policy è invece una serie di soluzioni per la
realizzazione degli obiettivi parziali, necessari al raggiungimento dell’obiettivo
finale. Da questi due primi tasselli nascono le Procedures, una precostituita serie di
specifiche operazioni che si devono svolgere in ogni compito, e che sono di immenso
aiuto al personale nelle proprie Practices, operazioni di tutti i giorni. Si possono così
evitare molti errori di interpretazione, improvvisazioni poco adatte e, di conseguenza,
molte latent failures.
Con questo sistema si può quindi limitare gli sforzi dell’azienda o dell’ente al
raggiungimento degli obiettivi, senza dispersioni di risorse materiali e umane.
Inoltre, attraverso periodici controlli, è possibile verificare lo stato di salute di tutta
l’organizzazione.
Un altro strumento di grande diffusione per l’analisi dei difetti di sistema è il
cosiddetto Albero dei Guasti, di cui è riportata una raffigurazione esemplificativa di
seguito. Il failure di un sistema accade quando si verificano uno o più eventi
visualizzati nei quadrati. Osservando lo sviluppo dell’albero verso il basso si possono
avere moltissime informazioni sul funzionamento del sistema, sulle sue
problematiche e su come operare nel caso uno o più eventi problematici si
verifichino.
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Figura 1.1 – Esempio di albero dei guasti
1.1.2. Analisi del rischio
Parlare di rischio in ambito di prevenzione significa analizzare la probabilità che
accada un certo incidente e la gravità del danno che esso arrecherebbe al sistema. Le
attività di analisi del rischio consistono nell’identificazione, valutazione e controllo,
e quindi riduzione dei pericoli correlati ad una particolare attività.
Come già detto, la totale eliminazione del rischio è spesso impossibile, ragione per
cui è necessario ricorrere ad opportuni sistemi di controllo, in modo da ridurne il
livello più possibile. Tra questi strumenti, ruolo di primo piano è rivestito dal Risk
Assesment Code (RAC), mediante il quale si costruiscono matrici di rischio, nelle
quali si mette in evidenza un numero, che sia significativo della gravità e della
pericolosità di un certo avvenimento.
La scaletta operativa seguita da questo sistema comprende
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- Indicazione e valutazione dei vari Hazard
- Accertamento iniziale del rischio
- Confronto con dei criteri di accettabilità
- Applicazione di controlli per ridurre il rischio a livelli accettabili.
- Accettazione formale e documentata del rischio residuale
Uno dei programmi di analisi più utilizzato è il Facility Risk Assessment Program;
Una prima categorizzazione del rischio è redatta sulla base di parametri a
disposizione o facilmente reperibili, come posizione del sistema, quantità di energia
in gioco, missione dell’apparato, data-base di dati reali già esistenti.
Dopo aver svolto questa analisi, è necessario per ogni evento valutarne la probabilità
di accadimento e la gravità del danno provocato, e assegnare opportuni valori in
modo da quantificare.
Dopodiché, è possibile disegnare una matrice come quella in figura sottostante, e
prendere le dovute precauzioni.
Figura 1.2 – Matrice di Risk Assessment
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Analogamente è possibile per parametri molteplici e molto più numerosi sviluppare
un opportuno grafico, del tutto analogo alla precedente.
Figura 1.3 – Grafico di Risk Assessment
1.1.3. Prevenzione degli incidenti
Tutte le considerazioni fatte prima sono nell’ottica della prevenzione degli incidenti,
anche se è ovviamente impossibile pensare di rimuoverli completamente. Al
contrario della sicurezza e della gestione del rischio, l’incidente non è prevedibile a
priori, né sono prevedibili le conseguenze. Ad ogni modo, una corretta analisi degli
incidenti è importantissima da integrare con gli strumenti di prevenzione appena
elencati.
Sebbene non siano prevedibili, è possibile ad un’attenta analisi identificare alcuni
segnali chiave che possono prevedere una potenziale situazione di pericolosità. E’
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stato riportato da statistiche recenti che ogni incidente catastrofico porta con sé oltre
60 incidenti minori e fino a 600 malfunzionamenti secondari, tutti legati dalla stessa
causa scatenante. Si pone quindi in evidenza quanto sia importante l’analisi di questi
incidenti minori, in modo da mettere in moto un processo correttivo che possa tentare
di evitare il disastro.
Le tappe in cui si sviluppa l’investigazione sono essenzialmente comuni ad ogni
evento, e si possono riassumere in:
- Determinazione dei fatti
- Analisi di tutte le informazioni derivanti dai fatti
- Integrazione con le informazioni relative a precedenti analoghi
- Definizione delle cause e conclusione
- Redazione di opportuni accorgimenti e soluzioni correttive
Le azioni di genesi dell’incidente, analisi dei dati e prevenzione sono strettamente
collegate da un anello sequenziale, di cui il disastro è la punta.
Nonostante le apparenze, è comunque spesso difficile la risoluzione di un certo
problema e la chiusura dell’anello, ragione per cui accade spesso che un certo ciclo si
ripeta più volte, con le ovvie conseguenze di più disastri aerei similari.
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1.2. Fire Safety e prevenzione del rischio di incendio
Il fuoco è una delle principali minacce alla sicurezza e integrità del velivolo. Le
cause che possono scatenare un incendio all’interno di un sistema possono essere
così tante che l’attività di prevenzione è spesso molto complessa, talvolta infruttuosa.
Con il progresso tecnologico, gli apparati di estinzione sono diventati più precisi ed
efficienti, ma allo stesso tempo anche i sistemi di bordo sono diventati più complessi,
aumentando notevolmente le possibilità di un failure e infiammabilità dei
componenti.
Sebbene nel tempo ci siano stati ritardi nello sviluppo di questo settore della
sicurezza, oggi è diventato un aspetto di primo piano nel settore aerospaziale, e molti
passi avanti sono stati fatti anche nel campo dell’aviazione civile.
In generale, si distinguono due macro scenari: incendio a bordo durante il volo e
incendio post-crash, generato a cause del violento collasso delle strutture e dei
serbatoi, con rilascio di tutto il combustibile a terra. Le filosofie di prevenzione sono
ovviamente molto differenti tra loro; nel primo caso, requisito progettuale primario è
l’individuazione di tutti i principali rischi di incendio connessi all’operatività del
velivolo, e la relativa progettazione di contromisure atte a minimizzarli. D’altra
parte, una volta che l’incendio si fosse sviluppato, è necessario disporre di una serie
di strumenti e apparati di estinzione per stroncare il fenomeno sul nascere, prima che
possa causare danni a cose e persone.
Nel caso invece di incendio post-crash, il problema è più complesso, data la difficoltà
di operare in quelle condizioni e lo stato delle strutture dopo l’impatto; ciò che si
vuole è essenzialmente di eliminare, o almeno ritardare l’accensione del combustibile
fuoriuscito dai serbatoi e dall’impianto a seguito dell’impatto, in modo da permettere
ai soccorsi un rapidissimo intervento per salvare il personale e i passeggeri.
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1.2.1. Le Fire Zones e gli scenari di fuoco
Come si vedrà abbondantemente nel corso dell’elaborato, sebbene il fuoco sembri
sempre simile, le caratteristiche del materiale infiammabile rendono le tecniche e gli
strumenti di estinzione molto differenti tra loro, a seconda che si tratti per esempio di
un incendio elettrico, di metallo o di combustibile. Ci si accorge quanto sia
importante, prima di discutere di prevenzione e progettare un eventuale sistema
antincendio, rendersi conto di quali siano gli scenari che ci si troverà ad affrontare.
Nella letteratura si è ampiamente affermato il termine di Fire Zones, ossia quelle
zone in cui un eventuale malfunzionamento di un sistema possa generare un
principio di incendio. Tipicamente si individuano alcune aree critiche principali.
- Serbatoi del combustibile, degli oli idraulici, bombole di ossigeno
- Tubi e aree di passaggio del combustibile
- Impianto di condizionamento e tubazioni idrauliche
- Vani motore e relativi accessori meccanici
- Vani avionici
- Cabina e vano di carico in caso di materiale infiammabile
E’ evidente che le tipologie di accensione di un focolare possono essere di natura
elettrica nelle zone avioniche, di natura liquida per oli e combustibili, e così via per
ogni area. La cosa importante da sottolineare è che l’impianto antincendio di bordo
dovrà essere composto di diversi segmenti, ognuno impiegato in un’area precisa, con
un opportuno sistema di prevenzione ed estinzione. E’ inoltre buona norma fornire
ogni impianto di opportuni sistemi di rilevazione e autoaccensione, soprattutto in
quelle aree dove è impossibile avere un controllo diretto a vista, o dove l’impiego di
sistemi portatili è impossibile.
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Figura 1.4 – Esempio di sistema antincendio ad Halon per vani motore
Nel caso di velivoli militari, è poi necessario soffermarsi anche sull’eventualità di un
incendio del carico, cosa non remota e da prendere in considerazione, soprattutto se
si trasporta materiale infiammabile, armi, munizioni, ecc.
Alcuni velivoli, come i C-130 Hercules, vengono impiegati per il trasporto
praticamente di tutto, anche in aree disagiate o teatri di guerra. Alcuni modelli
vengono poi utilizzati nel combattimento ravvicinato e operazioni CAS nella
modalità cannoniera Spectre, cosa che rende il vano di carico ulteriormente esposto a
eventuali principi d’incendio. Ci si è volutamente soffermati su questo particolare
velivolo in quanto estremamente diffuso nelle aeronautiche mondiali, e perché si
presta molto bene ad alcune considerazioni e sperimentazioni, come si approfondirà
meglio nel seguito.
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1.2.3. Le modalità di intervento
La filosofia progettuale antincendio è solitamente basata su quattro comportamenti
nei confronti del fuoco.
- Prevenzione
- Contenimento
- Allarme
- Estinzione
Della prevenzione in gran parte si è già parlato: essa consiste nella rimozione delle
cause che possono scatenare un incendio nell’area di interesse. Il contenimento
consiste nell’isolare alcune parti vitali dell’aeromobile allontanandole il più possibile
dalle Fire Zones; laddove ciò non fosse possibile, si può ricorrere a paratie, isolanti e
speciali sistemi di chiusura dell’area protetta. Il contenimento può poi essere svolto
da alcuni sistemi antincendio appositi, che consentono di controllare il fuoco senza
essere in grado di spegnerlo, ma impedendogli comunque di raggiungere dimensioni
critiche.
Allarme ed Estinzione sono due operazioni che comunemente si verificano insieme,
quando si genera un incendio ed entra in funzione l’impianto di spegnimento.
L’allarme è lanciato da un sistema di rilevazione, che può avvisare il pilota oppure
azionare direttamente il sistema antincendio. La seconda modalità è sicuramente più
sicura, ma lascia aperta la possibilità di falsi allarmi.
L’estinzione, come il termine suggerisce, è infine la soppressione dell’incendio e il
ritorno alle condizioni standard; la progettazione di un tale sistema non è affatto
semplice, in quanto non è noto a priori dove e come si svilupperà un certo incendio, e
devono essere analizzate a fondo tutte le ipotesi prima di prendere qualsiasi decisione
progettuale in merito. Come si vedrà per i sistemi Water Mist, la modellazione di un
opportuno scenario di fuoco è indispensabile per regolare portate, posizione degli
ugelli ed eventuale presenza di ostruzioni sul cammino del getto. La strada maestra
rimane comunque una soddisfacente campagna di prove, indispensabile al fine della
verifica della bontà delle scelte fatte.
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