2. Microcalorimetri a transizione di fase
2.1. Introduzione
I microcalorimetri sono stati utilizzati per la spettroscopia a raggi x per la prima
volta a seguito del lavoro di Henry Moseley et al. (1984). Il microcalorimetro
misura il calore rilasciato da un fotone X incidente su un assorbitore, che è
direttamente proporzionale all‟energia del fotone.
Questi dispositivi sono largamente utilizzati come rilevatori sia nella banda
dell‟infrarosso, tra 700 nm e 1 mm, che in quella dei raggi X, cioè superiore a
0,1 nm, grazie all‟altissima risoluzione che sono in grado di fornire, a fronte di
un‟efficienza quantica, la percentuale di eventi rilevati su quelli realmente
avvenuti, comunque elevata.
In questa sezione verranno introdotti i principi di funzionamento dei
microcalorimetri, concentrandosi prevalentemente sui modelli a transizione di
fase superconduttiva, ovvero i TES (Transition Edge Sensor). In seguito saranno
analizzati i parametri fondamentali che regolano il loro utilizzo, ed i metodi pratici
per la loro derivazione.
2.2. Microcalorimetri: principi di funzionamento, tipologie
A differenza di altri strumenti per la spettroscopia x, che si basano sulla
dispersione del segnale entrante in lunghezza d‟onda (in modo analogo alla
spettroscopia dispersiva ottica), un microcalorimetro misura direttamente
l‟energia dei singoli fotoni incidenti. Altri strumenti di questo tipo sono gli
scintillatori, che convertono i fotoni x in luce visibile, gli spettrometri a
semiconduttore, che misurano le cariche elettriche liberate da un fotone x su
strati di materiale semiconduttore immersi in un campo elettrico, e i
superconductive tunnel Junction (STJ), che sfruttano l‟effetto tunnel nelle
giunzioni Josephson di un anello superconduttore.
35
In un microcalorimetro la radiazione assorbita provoca un innalzamento della
temperatura, direttamente proporzionale all‟energia del fotone assorbito. È
dunque essenziale riuscire a misurare questo sbalzo termico per risalire
all‟energia del fotone incidente. Per fare questo si può sfruttare la dipendenza
dalla temperatura della magnetizzazione di materiali paramagnetici, o utilizzare
dei termistori, o dei materiali la cui resistenza elettrica sia fortemente dipendente
dalla temperatura, cioè semiconduttori e superconduttori (in questo caso si parla
di microcalorimetri resistivi).
La caratteristica dei superconduttori è infatti di aumentare la propria resistenza
bruscamente, da R=0 ad un valore finito, al superamento di una certa
temperatura che prende il nome di temperatura critica T.
c
Fig. 12
Schema semplificato di un microcalorimetro
La caratteristica dei semiconduttori invece è opposta, ossia produce una
diminuzione continua di tipo esponenziale della resistenza all'aumento di
temperatura. Questo fenomeno fisico è dovuto essenzialmente al fatto che con
l'aumento della temperatura nei semiconduttori aumentano le cariche libere di
conduzione.
36
Un microcalorimetro si compone di due elementi:
Un assorbitore di capacità termica C, necessario per convertire l'energia dei
fotoni incidenti in calore.
Un trasduttore del calore, ad esempio un termometro, che trasformi il
calore assorbito in un segnale misurabile.
Inoltre sono necessari ulteriori elementi per riportare il sistema alle condizioni
iniziali in un tempo ragionevole, onde evitare la sovrapposizione di rilevazioni
ravvicinate:
Un bagno termico a temperatura costante T, che riporti il sistema alle
0
condizioni iniziali.
Una conduttanza termica G, che connetta l'assorbitore con il bagno termico
La sua risoluzione energetica è legata alla responsività del trasduttore.
Quest‟ultimo trasforma variazioni di temperatura in variazioni di resistenza, a
parità di T un dispositivo con maggiore R avrà una risoluzione maggiore. Per
questo motivo si utilizzano metalli semiconduttori (solitamente Si o Ge drogati) o
superconduttori, nei quali la resistenza R (T) varia più o meno rapidamente al
variare di T nell‟intorno del punto di lavoro.
Poiché il principio su cui si basano i microcalorimetri richiede uno scambio di
calore con l‟assorbitore, questi possono essere utilizzati per una misurazione di
qualunque interazione che comporti scambio termico, come ad esempio la
rilevazione indiretta di materia oscura o dei neutrini.
37
2.3. Superconduzione (tipi 1 e 2)
La superconduttività o superconduzione è stata scoperta per la prima volta da
Heike Kamerlingh Onnes (H. K. Onnes, The Superconductivity of Mercury, Leiden
Comm., vol.120b, 122b, 124c, 1911), il quale notò che alcuni metalli assumevano
resistenza nulla al passaggio di corrente elettrica, al di sotto di una certa
temperatura critica T, espellendo contemporaneamente tutto il campo magnetico
c
presente all‟interno. Questa scoperta gli valse il premio nobel per la fisica nel
1913.
Normalmente la resistenza elettrica di un conduttore diminuisce con la
temperatura, ma non raggiunge mai lo zero a causa di impurità e altri difetti,
mentre in un superconduttore questa si riduce esattamente a zero al di sotto
della sua temperatura critica. Questo effetto si riscontra in una grande varietà di
materiali anche comuni, come ad esempio l‟alluminio e lo stagno, in alcune leghe
metalliche e in semiconduttori pesantemente drogati, mentre non si riscontra nei
metalli nobili e nella maggior parte dei metalli ferromagnetici.
Lo stato superconduttore è individuato da tre parametri fondamentali:
La temperatura critica T
c
Il campo magnetico critico H
c
La densità di corrente critica J
c
Ciascuno di questi parametri è strettamente dipendente dagli altri due.
Mantenere un materiale nello stato di superconduzione significa fare in modo che
le tre grandezze siano tutte al di sotto del proprio valore critico, che dipende dal
materiale.
Considerando contemporaneamente i tre parametri, si definisce una superficie
che raggruppa i valori degli stati superconduttori al suo interno (figura 13).
38
Fig. 13
Si può definire una superficie nel piano Temperatura-Densità di corrente-Campo magnetico entro la quale sono
contenuti tutti gli stati superconduttori
Il reticolo si deforma al passaggio di un elettrone, attirando un nuovo elettrone di spin opposto.
Esistono due tipi di superconduttori: i superconduttori elementari o di tipo 1, e
leghe superconduttrici, o superconduttori di tipo 2. I superconduttori di tipo 2
presentano un cosiddetto stato misto: esistono infatti due valori del campo critico
H e H. Per campi magnetici superiori ad H perdono le proprietà
c1c2c2
superconduttive, mentre per valori minori di H espellono tutto il campo
c1
magnetico come normali superconduttori; per campi compresi tra questi due
valori si ha una penetrazione parziale del flusso del campo magnetico.
La prima teoria microscopica del fenomeno della superconduttività fu formulata
nel 1957 dai tre fisici americani John Bardeen, Leon N. Cooper e J. Robert
Schrieffer negli articoli “Theory of Superconductivity” e “Microscopic Theory of
Superconductivity” (J. Bardeen, 1957; 1958), che gli valsero il premio nobel per
la fisica nel 1972 .
39
Fig. 14
Gli elementi del reticolo vengono attirati dall’elettrone.
La griglia (in chiaro) rappresenta le loro posizioni
imperturbate.
La teoria è denominata, in onore degli autori, come Teoria BCS. Secondo questa
teoria il passaggio di un elettrone deforma il reticolo del solido, attirando gli ioni
verso di se; si genera quindi una regione carica positivamente che attira un nuovo
elettrone di spin opposto a quello precedente, e i due elettroni rimangono legati,
seppure con un‟energia di legame molto bassa, dell‟ordine di pochi meV. Le
coppie di elettroni così formate, dette coppie di Cooper, si comportano come
bosoni di spin zero, formando un condensato di Bose-Einstein.
Se l‟energia che acquisiscono negli urti con il reticolo è inferiore alla loro energia
di legame, come avviene a temperature al di sotto di Tc, le coppie possono
continuare a rimanere legate e muoversi senza risentire degli urti con il reticolo.
La temperatura critica è definita proprio come la temperatura alla quale gli ioni
del reticolo acquisiscono l‟energia necessaria a rompere le coppie di Cooper.
Le dimensioni di queste coppie sono molto maggiori delle distanze medie tra una
coppia e l‟altra.
40
2.4. Transizione di fase
La transizione dallo stato superconduttivo allo stato normale avviene in un range
di pochi mK, nei quali la resistenza cambia molto rapidamente, come si può
vedere dalla figura 15. La forma della curva di transizione, cioè l'andamento della
resistenza in funzione della temperatura, dipende dalla purezza del materiale, e
nel caso di sottili film di materiale superconduttore anche dal campo magnetico
applicato.
Fig. 15
La tipica curva di transizione di un TES. Il campione è composto da uno
strato di solo iridio, di 900 Ǻ di spessore,ha una temperatura di transizione
di 90 mK, ed una larghezza inferiore al mK
La conoscenza della curva ci permette di calcolare la responsività termometrica
T dR
, (2.1)
R dT
uno dei parametri che caratterizza il comportamento e le prestazioni del
rilevatore.
41
Ad una responsività termometrica maggiore corrisponde una maggiore pendenza
della curva di transizione. In questo modo, quando aumenta, ad uno stesso T
si associa un R più grande, il che rende lo strumento più sensibile.
In ogni caso la pendenza della curva, direttamente proporzionale alla sensibilità
ottenibile dal campione è comunque sempre molto elevata (misure effettuate su
un campione di dimensione 300 60 m, forma rettangolare, e costituito da uno
strato di solo iridio di 900 Ǻ di spessore hanno evidenziato valori di compresi
23
tra 10 e 3 10); inoltre, poiché nella zona compresa tra il 10% ed il 90% della
Rdella curva la dipendenza R(T) è approssimativamente lineare, essa viene
max
scelta come spazio di lavoro.
La temperatura Tc alla quale avviene la transizione dipende da più fattori, come la
forma del campione, la sua purezza, le dimensioni e, nel caso di doppi strati
(bilayer), anche dal rapporto dei loro spessori (Tiest W.B., 2004).
2.5. Microcalorimetri a transizione di fase superconduttiva (TES)
I TES sono microcalorimetri criogenici in cui il trasduttore lavora in regime di
transizione di fase superconduttiva. Questo sensore misura la variazione di
temperatura di un assorbitore sul quale incide radiazione a microonde, X soft (da
0.2 a 10 eV), o gamma che viene convertita in calore.
L‟assorbimento del fotone provoca ionizzazione all‟interno dell‟assorbitore, con
conseguente emissione di fotoelettroni che possono fuggire dalla superficie del
metallo prima di aver depositato tutta la loro energia. Inoltre gli elettroni prodotti
per ionizzazione, anche rimanendo intrappolati all‟interno dell‟assorbitore,
emettono fotoni che fuggono verso l‟esterno. C‟è quindi una parte dell‟energia del
fotone che non è convertita in calore, ma si perde in processi legati alla
ionizzazione, e quindi non viene misurata. Le fluttuazioni nella quantità di
energia persa per ionizzazione possono dar luogo ad un degrado della risoluzione
(S. H. Moseley, 1984).
42
Questa conversione provoca un aumento di temperatura, che nel caso dei
microcalorimetri per le bande di nostro interesse è solitamente inferiore al mK,
misurato da un sensore a cui sono associate variazioni di resistenza.
La radiazione viene raccolta dall‟assorbitore di capacità termica C, connesso al
bagno termico, a temperatura costante T, per mezzo della conduttanza termica
0
G.
Un fotone X di energia E incidente sull‟assorbitore produce una variazione di
E
T
temperatura con E energia del fotone, e C capacità termica
C
dell‟assorbitore. La conduttanza G trasferisce poi il calore al bagno termico,
C
ripristinando le condizioni iniziali del rilevatore in un tempo .
G
2.6. Parametri fondamentali dei microcalorimetri
In questa sezione saranno illustrati i principali parametri che regolano il
funzionamento dei TES e verranno analizzati i principali metodi per ricavarli.
2.6.1. Equazioni di funzionamento del microcalorimetro
L‟andamento della temperatura nel TES, dopo l‟assorbimento di un fotone di
energia E, può essere descritta tramite l‟equazione del bilancio energetico
dT t
CG T tTEt
, (2.2)
0
dt
43
Fig. 16
Schematizzazione dell’impulso in uscita da un TES in
seguito all’assorbimento di un fotone
in cui C è la capacità termica del microcalorimetro, T(t) la temperatura del
rivelatore e T quella del bagno termico, G è la conduttanza del link termico
0
-13-10-11
(valori tipici per C e G sono rispettivamente dell‟ordine di 10 J/K e 1010
Et
W/K), e dove il termine a destra dell‟uguale ha forma dal momento che
abbiamo a che fare con uno stimolo impulsivo costituito da un singolo fotone di
energia E.
La soluzione di questa equazione
t
E
T tTet
0
C
(2.3)
è mostrata in figura 16.
t
In questa equazione è la funzione gradino e la costante di tempo. Le
C
condizioni iniziali sono quindi ripristinate in un tempo con un
G
decadimento di tipo esponenziale.
Se inseriamo, come in genere si fa, il TES in un circuito polarizzato in tensione,
bisogna riscrivere l‟equazione del bilancio energetico tenendo conto del
44
riscaldamento per effetto Joule e della potenza dissipata verso il bagno termico
(rappresentate rispettivamente dal terzo e dal secondo termine a sinistra)
2
dT t
V
CG T tTW t( )( )Vi
0
dtR
(2.4)
dove V e i sono rispettivamente la tensione ai capi del rivelatore e la corrente che
W tEt
scorre in esso e , mentre il termine ()Virappresenta le fluttuazioni
di potenza dovute al rumore.
Utilizzando delle approssimazioni al primo ordine la soluzione dell‟equazione
linearizzata è
t
E
eff
T tTet
0
C
(2.5)
Con
C
(2.6)
eff
G11LL
00
nuova costante di tempo che tiene conto anche di un effetto detto feedback
elettrotermico: in seguito all‟assorbimento del fotone la resistenza del TES varia, e
varia quindi anche la potenza dissipata in esso per effetto Joule. Questo facilita il
ritorno della temperatura al valore iniziale, infatti l‟aumento di resistenza fa
2
V
W
diminuire la potenza Joule , e quindi la temperatura, facilitando il
joule
R
ritorno verso il punto di lavoro. Il termine
45
n
T
0
, (2.7)
L1
0
nT
c
in cui n è un parametro tipicamente compreso tra 3 e 4 che caratterizza il
meccanismo di trasporto del calore dominante lungo la conduttanza, viene detto
“guadagno di loop” (Tiest W.B., 2004)
Il valore numerico di Lè molto maggiore di 1, infatti TT (il bagno termico
00c
deve necessariamente trovarsi ad una temperatura inferiore a quella di
transizione), e di conseguenza la nuova costante di tempo risulta molto minore
eff
di . Quest‟ultima inoltre è inversamente proporzionale alla responsività
termometrica , un alto valore di aumenta quindi la velocità del rilevatore.
Poiché nei superconduttori la dipendenza dalla temperatura nella zona di
transizione è estremamente maggiore rispetto ai semiconduttori il parametro di
un TES può essere 10-100 volte più grande rispetto ad un microcalorimetro a
semiconduttore, il che oltre ad una sensibilità maggiore fornisce un tempo di
risposta 10-100 volte inferiore.
Per misurare la costante di tempo si può simulare l‟arrivo di un fotone di
eff
energia nota inviando sul TES impulsi di tensione di determinata ampiezza e
misurando poi l‟andamento della risposta in funzione del tempo (Figura 17).
46
Fig. 17
Tipica forma di un impulso generato da un fotone che
incide sul rilevatore.
t
eff
V tV e
Si procede poi con un fit esponenziale di tipo da cui si può così
0
ricavare sperimentalmente il parametro .
eff
2.6.2. Rumore e risoluzione energetica
In questa sezione verranno analizzati brevemente i vari tipi di rumore che
influenzano le misure effettuate con i microcalorimetri, nel caso ideale ed in
quello reale, e le loro influenze sulla risoluzione energetica dello strumento.
L‟argomento è stato sviluppato ampiamente da J.C. Mather (1982) e S.H. Mosley
(1984), ai cui articoli si rimanda per una trattazione maggiormente approfondita.
47
2.6.2.1. Modello ideale
Le componenti del rumore del microcalorimetro sono di due tipi:
Rumore fononico, dovuto alle fluttuazioni del numero di quanti termici (i
fononi) lungo il link termico. Queste fluttuazioni di temperatura si
traducono in fluttuazioni di potenza, che possono essere quantificate come
2
P4k T G
, in cui k è la costante di Boltzmann, T la temperatura del
phBB
TES, G la conduttanza del link termico e 0.5 è un fattore che tiene
conto del gradiente di temperatura presente lungo il link termico.
Rumore Johnson, dovuto a fluttuazioni statistiche del numero di cariche
che scorrono attraverso le resistenze. Questo tipo di rumore origina sia
dalla resistenza del TES che da quella di shunt, e da luogo a fluttuazioni di
tensione del tipo V4k TR.
JoB
NEP f
È possibile a partire da queste espressioni calcolare il (Noise Equivalent
Power, ossia la potenza che in 1 secondo produce un segnale pari alla deviazione
standard del rumore del rivelatore) delle varie componenti. Infine sommando in
NEPf
quadratura i vari contributi si può risalire al , e integrando su tutte le
tot
frequenze è possibile ottenere
1
E, (2.8)
RMS
4
df
2
0
NEP f()
e da qui la risoluzione energetica teorica
48