Ho deciso quindi di concentrare le mie riflessioni sul Settecento,
circoscrivendo il presente lavoro ai teatri milanesi e, specificamente, al Teatro delle
Commedie, al Regio Ducale Teatro, al Teatro alla Scala e al Teatro della Cannobiana,
mancando la documentazione inerente i teatri minori presenti in città, e ho proceduto
con l’esame del materiale cartaceo dell’Archivio di Stato di Milano e di quello
iconografico della Collezione Bertarelli - ospitata al Castello Sforzesco.
Fin dai primi documenti, mi sono accorta della diretta correlazione tra giuoco
d’azzardo e appalto teatrale, sia per quanto riguarda il costume di giocare durante le
rappresentazioni, che per quanto concerne la dipendenza economica delle entrate
degli appaltatori dall’esercizio dei giuochi a teatro.
I dati emersi mi hanno indirizzata verso una più approfondita disamina dei
fondi dedicati agli spettacoli pubblici e al culto, dato che è risultato evidente che, nel
corso del Settecento, gli appaltatori teatrali milanesi acquistano la licenza per
l’allestimento degli spettacoli e l’esercizio del giuoco d’azzardo da una particolare
congregazione religiosa, ovvero il Collegio delle Vergini Spagnuole.
Ho quindi suddiviso il materiale reperito in tre capitoli principali, distribuendo
le prove documentali in una prima sezione dedicata all’aspetto legislativo e in una
seconda inerente i casi economici e le conseguenze legali delle decisioni prese dalle
autorità in materia di giuoco d’azzardo. Il capitolo finale è dedicato ai bilanci del
Regio Ducale Teatro di Milano, dai quali si evince il peso reale degli introiti
provenienti da detta attività sull’economia generale dei teatri.
4.1 La legislazione in materia di giuoco d’azzardo
Prima di procedere con la disanima dei documenti, credo sia necessario
sottolineare almeno due aspetti caratteristici del materiale cartaceo preso in esame.
Innanzi tutto, ciascuna grida è il risultato di una serie di missive che
intercorrono tra Vienna e il Governatore e Capitano generale dello Stato di Milano.
Chi ricopre la suddetta carica è regolarmente in contatto con le autorità asburgiche,
dalle quali riceve disposizioni sulle materie inerenti qualsivoglia provvedimento
legislativo. Ogni proclama è steso e pubblicato in ottemperanza agli ordini di Vienna
e sia l’Imperatore Carlo VI che la di lui figlia, Maria Teresa, sembrano interessarsi
costantemente alla regolamentazione della vita pubblica, al fine di evitare disordini e
per migliorare, sembrerebbe, i costumi del popolo.
Nei brevi periodi in cui lo Stato di Milano è occupato da altre potenze - ovvero,
fra il 1733 e il 1736 durante l’interregno franco-sabaudo, e nell’inverno del 1745-
1746 con la dominazione spagnola di don Filippo di Borbone - le procedure in
materia legislativa e l’interesse per la regolamentazione dei giuochi di piacere in
teatro non cambiano.
I proclami servono altresì per proteggere gli interessi degli appaltatori dei
teatri, i quali si vedono costretti a ricorrere alle autorità per ottenere l’emanazione di
bandi severi, al fine di proibire l’esercizio del giuoco d’azzardo in qualsivoglia luogo
pubblico che non sia il teatro.
Dalla documentazione emergono chiaramente le altre figure interessate dalla
normativa in materia, ossia gli appaltatori, i quali possono esercitare l’attività di
impresari teatrali per sé o per conto terzi e che, in alcuni casi, preferiscono rilevare
solamente la privativa sui giuochi di piacere, lasciando la gestione teatrale
direttamente nelle mani del Collegio delle Vergini ed Orfani Spagnuoli, e la suddetta
congregazione religiosa, la quale si occupa di opere benefiche grazie ai proventi
derivanti dall’affitto del Teatro delle Commedie, prima, e del Regio Ducale Teatro,
poi, e soprattutto dalla concessione della privativa sui giuochi da esercitarsi a teatro.
Gli stessi, nominati a volte giuochi di piacere, sono i giuochi d’azzardo che nei
vari periodi, essendo legalizzati, possono essere esercitati in teatro e in altri luoghi
pubblici i cui proprietari, o gestori, abbiano acquistato una licenza scritta
dall’appaltatore del Regio Ducale Teatro, il quale ha a sua volta ottenuto a titolo
oneroso la privativa dalla Pia Casa.
Il secondo punto sul quale desidero brevemente soffermarmi è correlato
proprio agli editti che analizzerò nelle prossime pagine, ovvero quelli proclamati fra
il 1738 e il 1739. Infatti, queste grida hanno immediate e pesanti ricadute sulle
finanze dell’appaltatore del Regio Ducale Teatro di Milano e, in subordine, del
Collegio delle Vergini Spagnuole.
Nel capitolo quinto analizzerò con dovizia di particolari la causa legale, lunga e
difficile, che è la conseguenza diretta delle proibizioni all’esercizio di alcuni giuochi.
Basti al momento tenere presente che nelle suppliche degli impresari ai Governatori
dello Stato, si palesa che senza gli introiti del giuoco è difficile per chi gestisce il
Regio Ducale Teatro di Milano allestire adeguatamente gli spettacoli e, nel contempo,
pagare il fitto e la pensione dovuti al Collegio delle Vergini Spagnuole, in cambio
dell’uso della sala e della privativa sui giuochi di piacere.
CAPITOLO V
LE CONNESSIONI TRA GIUOCO D’AZZARDO E TEATRO
DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO-LEGALE
Dopo avere esaminato, nel precedente capitolo, le correlazioni fra giuoco
d’azzardo e appalto teatrale a livello legislativo, affronterò adesso cinque diversi casi
dai quali risulterà evidente la dipendenza economica dell’impresa teatrale dalla
privativa sui giuochi di piacere.
Seguendo un ordine temporale affronterò, innanzi tutto, la lunga causa che si
protrae dal 1738 al 1742 e che coinvolge il Collegio delle Vergini Spagnuole e i
Cavalieri direttori, titolari dell’appalto del Regio Ducale Teatro. La diatriba legale è
motivata dall’imposizione di una serie di editti restrittivi, che proscrivono anche ai
teatri l’esercizio del giuoco dell’arbore imperiale e della bissotta.
Di seguito, analizzerò la documentazione relativa a un’asta tenutasi nel 1752,
dai cui atti si chiariscono le motivazioni economiche dell’appaltatore e della
congregazione religiosa in merito alla privativa sui giuochi di piacere.
Quindi, saranno studiati una serie di verbali di riunione e bozze di contratto
concernenti la costruzione del Teatro alla Scala e, in subordine, del Teatro della
Cannobiana, grazie ai quali emergeranno i fini economici dell’impresa voluta dai
palchettisti del Regio Ducale Teatro in cambio dei diritti di palco e, soprattutto, degli
introiti derivanti per un certo numero di anni dal giuoco d’azzardo praticato nei teatri.
Analizzerò quindi in maniera più approfondita alcuni articoli del contratto
d’appalto del Teatro della Cannobiana, stipulato nel giugno del 1778.
Saranno infine investigate le conseguenze del bando definitivo dei giuochi
d’azzardo dai teatri milanesi e, attraverso il caso di tale Carlo Martelli, dimostrerò il
valore economico per l’impresario delle entrate derivanti dal giuoco, basandomi sulle
richieste compensative dello stesso Martelli, ovverosia la richiesta degli appalti per la
costruzione di una strada postale e dell’illuminazione della città di Milano.
5.3 L’appalto per la costruzione e l’esercizio del Teatro alla Scala di
Milano. 1776-1778
L’importanza capitale delle entrate del giuoco d’azzardo ai fini della gestione di
un teatro pubblico appare ancora più chiara dall’esame della documentazione inerente
il progetto del 1776, steso dai palchettisti del Regio Ducale Teatro, per l’erezione di
due nuovi teatri in muratura per la città di Milano.
Estremamente interessante può essere un breve elenco dei cognomi di alcuni fra
i nobili che si incaricarono, a spese proprie, dell’edificazione dei due teatri milanesi: il
marchese Litta, il duca Serbelloni
1
, il conte Durini
2
, ovvero i massimi esponenti
dell’aristocrazia cittadina.
Il 15 marzo 1776, nel corso di una riunione tenutasi: “nell’Eccellentissima Casa
Litta previo avviso circolare,”
3
il marchese Litta fa presente ai delegati dei proprietari
dei palchi del Regio Ducale Teatro - andato distrutto a causa di un incendio - quanto
discusso durante un incontro avuto da lui e da altri due Cavalieri Delegati con Sua
Altezza Reale.
1
Serbelloni, Gian Galeazzo. Nasce nel 1744 e diviene duca alla morte del padre, Gabrio, nel 1774. Educato dal Parini, è
Maestro di Campo della Milizia Urbana e, dal 1775, Soprintendente generale. Politicamente si connota per la profonda
fede repubblicana e l’impegno filo-napoleonico.
2
Durini, Gian Giacomo III. Nasce nel 1717 e, dal 29 dicembre 1741, è considerato un appartenente al patriziato
milanese. Nel 1742 diviene Capitano della Milizia Urbana e, in seguito, Soprintendente del neonato corpo dei Vigili del
Fuoco. Per la costruzione del Teatro alla Scala è nominato rappresentante dei pachettisti presso il Governo, godendo
della piena fiducia dell’aristocrazia cittadina.
3
A.S.MI. Spettacoli Pubblici. P.A. Cartella 38. Verbale della riunione dei palchettisti del Regio Ducale Teatro del 15
marzo 1776.
Innanzi tutto, dal verbale risulta che, a causa dei molti incendi che hanno
devastato il Regio Ducale Teatro, si è giunti alla risoluzione di costruire il nuovo
teatro “in cotto”. Inoltre, dato che il vecchio sito, ove si ergeva il Regio Ducale
Teatro,
non sarebbe capace per fabbricarne uno di cotto; così li proprietari de’ palchi
saranno contenti di avere dalla Camera un’altra area colle mura circondarie, in cui
vi si possa fabbricare il teatro di cotto cogli eguali comodi, che avevasi nel
vecchio; alla quale determinazione tanto più volontieri si presteranno in vista del
pericolo, che si toglie al vicino Palazzo di Corte, e principalmente alle Persone
della SS. AA. RR.
4
4
Ibidem. Art. 1.
5.5 La causa Martelli e i compensi richiesti dall’appaltatore in cambio
della proscrizione generale dei giuochi d’azzardo. 1788
Da un cospicuo cartiglio del 1788 si evince che, a causa della comandata
cessazione dei giuochi d’azzardo, il sottoscrittore di un progetto d’appalto per i teatri
di Milano, ovvero la Compagnia Martelli, in compenso a quanto detti teatri cittadini
perderebbero a livello di introiti a causa del divieto, chiede l’appalto della strada
postale fra Cremona e Mantova e quello dell’illuminazione notturna della città di
Milano.
Riepilogando brevemente la diatriba, prima di analizzare la documentazione
approfonditamente, risulta che sia l’Imperatore sia il principe Kaunitz
5
si oppongono a
tali appalti, dato che le spese per la succitata strada postale devono essere sostenute
dalla Società Generale di tutte le Province della Lombardia e, quindi, non può esservi
alcuna preferenza per gli appaltatori dei teatri, non essendo equo che a spese delle
altre Province si sostengano, e qui cito testualmente: i “sontuosi spettacoli per la sola
Città di Milano”.
6
Nonostante l’affermazione che: “non compete veruno diritto ai proprietari dei
palchi di questi teatri per chiedere una indennizzazione del pregiudizio, che potessero
soffrire cessando li giuochi d’azzardo”
7
, è altrettanto certo che detta diatriba
5
Von Kaunitz, Wenzel Anton (1711-1794). Diplomatico e cancelliere austriaco. Appoggiato da Maria Teresa
intraprende una vasta e abile azioni diplomatica diretta al ridimensionamento della potenza prussiana, firmando il patto
di alleanza con la Francia e la Russia e provocando, indirettamente, lo scoppio della guerra dei Sette anni. Al fine di
risolvere i gravi problemi finanziari, amministrativi e militari rimasti irrisolti anche a causa della guerra, all’interno del
paese avalla l’azione riformatrice sia di Maria Teresa che di Giuseppe II. La sua opera di risanamento si estende altresì
alla Lombardia austriaca.
6
A.S.MI. Spettacoli Pubblici. P.A. Cartella 38. Missiva del 7 ottobre 1788 di Sua Maestà alla Regia Camera dei Conti.
7
Ibidem.
testimonia la cospicuità degli introiti prodotti dai giuochi di piacere nell’economia
generale dei teatri.
Esaminando la documentazione, si desume che il 1° luglio 1788 tale Carlo
Martelli propone un nuovo progetto per l’appalto dei due teatri di Milano, ma, a causa
della proscrizione dei giuochi d’azzardo, inserisce, fra le altre condizioni, l’offerta di
eseguire la strada postale di Mantova, proponendo uno sconto di cinquantamila Lire
rispetto al contratto sottoscritto dalla Congregazione Municipale con i costruttori Fè e
Nosetti - già noti quali edificatori del Teatro alla Scala.
CAPITOLO VI
I BILANCI DEL REGIO DUCALE TEATRO
Prima di trarre le dovute conclusioni su quanto finora esposto, penso sia
arrivato il momento di affrontare il difficile compito di quantificare con dati precisi il
peso delle entrate derivanti dall’appalto dei giuochi di piacere all’interno dei bilanci
stilati dai teatri milanesi.
Finora mi è stato possibile determinare solamente alcune cifre relative a casi
specifici.
Ho infatti analizzato, attraverso l’asta condizionata avvenuta nel 1752, fino a
che punto gli appaltatori siano interessati a rilanciare le proprie offerte e quanto
consistenti possano essere gli introiti derivanti dalla privativa sui giuochi di piacere
per il Collegio delle Vergini Spagnuole. Ne è emerso che la congregazione religiosa
può persino permettersi di gestire in economia gli allestimenti degli spettacoli, in
cambio delle trentaseimila Lire offerte da tale Giovanni Battista Crivelli per il solo
appalto dei giuochi, garantendosi altresì i mezzi per la propria sopravvivenza.
Per quel che riguarda gli anni Ottanta del Settecento, mi è stato inoltre possibile
precisare meglio il valore dell’esercizio dei giuochi all’interno del Teatro alla Scala e
del Teatro della Cannobiana. Infatti, dopo la definitiva distruzione del Regio Ducale
Teatro, la Pia Casa è estromessa da qualsivoglia privativa sugli spettacoli o sul giuoco
e gli introiti spettano tutti direttamente agli appaltatori e ai gestori dei teatri milanesi.
Se dai documenti è emersa l’esigenza dei palchettisti del Regio Ducale Teatro
di garantirsi, in cambio della costruzione dei nuovi teatri, tutti i diritti concessi fino a
quel momento agli appaltatori, è altresì vero che, con la proscrizione definitiva dei
giuochi d’azzardo sia all’esterno che all’interno dei teatri - e la sola probabile
eccezione di lotterie a premi e giuochi di piacere minori, quali forse i tarocchi - la
situazione diventa insostenibile sia per l’appaltatore che per i palchettisti.
Come dimostrato dalla documentazione da me esaminata, a causa delle minori
entrate, l’appaltatore Carlo Martelli chiede in alternativa di costruire una strada
postale e di gestire l’illuminazione di Milano, quantificando, nel 1788, la perdita
derivante dalla proscrizione dei giuochi d’azzardo nei teatri in ottantamila Lire che, a
sua volta, è cifra persino superiore al costo annuale della manutenzione della strada
postale che unisce Cremona a Mantova.
I palchettisti, a loro volta, vedono diminuire sensibilmente i propri introiti
derivanti dall’affitto dei palchi in loro possesso, dato che senza i giuochi di piacere è
ipotizzabile una diminuzione nella domanda, dovuta sia al venire meno di un
intrattenimento ludico particolarmente gradito, che al minore fasto che ci si può
attendere dagli allestimenti prodotti in regime di ristrettezze economiche.
Ho altresì ricordato le preoccupazioni del cancelliere Kaunitz in materia e,
particolarmente, l’ipotizzato minore gettito fiscale proveniente dalla tassazione sul
consumo. Infatti, presumendo un numero inferiore di cosiddetti forestieri che, non
essendo più interessati a partecipare alla vita teatrale milanese, diserterebbero la città,
ne consegue un calo netto nei consumi e, per deduzione, nelle entrate dell’Erario
pubblico.
Credo quindi indispensabile, a questo punto della trattazione, analizzare
direttamente i bilanci che mi è stato possibile recuperare presso l’Archivio di Stato di
Milano e, specificamente, quelli del Regio Ducale Teatro dal 1743 al 1747, ovvero
durante i cinque anni di gestione diretta del Collegio delle Vergini Spagnuole in
regime di economia. Mi è stato inoltre possibile rintracciare i bilanci del Regio Ducale
Teatro per i successivi 1748 e 1749, in modo da presentarli congiuntamente.
Nonostante il periodo considerato sia piuttosto breve, a causa dell’impossibilità
di reperire ulteriori dati, penso sia comunque interessante analizzare il peso delle
entrate provenienti dai giuochi in rapporto alle entrate complessive del Regio Ducale
Teatro, esaminando altresì nello specifico le voci in cui si compongono dette entrate, e
notando l’evoluzione delle stesse e dei ricavi complessivi.