1. Sottotitolazione e doppiaggio
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1.1 Approccio alla traduzione audiovisiva
Con il termine di traduzione audiovisiva si intendono l’insieme delle
modalità di trasferimento linguistico che si propongono di tradurre i dialoghi
originali di prodotti audiovisivi (che impiegano contemporaneamente il
canale acustico e quello visivo), allo scopo di renderli comprensibili ad un
pubblico più vasto.
Sembra opportuno precisare che, nell’ambito degli studi sulla traduzione, la
terminologia utilizzata per parlare di traduzione audiovisiva è abbastanza
ricca: in passato si è parlato e tuttora si parla di traduzione filmica,
traduzione per lo schermo, trasferimento linguistico, traduzione
multimediale.
Prendiamo in esame le varie denominazioni.
L’etichetta “traduzione filmica” (film translation), nata nel periodo in cui la
televisione non era ancora molto diffusa, evidenzia l’oggetto della
traduzione, cioè il dialogo del film, escludendo altri prodotti audiovisivi,
quali i documentari, i video commerciali, i messaggi pubblicitari, i video-
clip, i programmi televisivi, i cartoni animati.
Il termine “traduzione per lo schermo” (screen translation) appare di più
ampio respiro in quanto fa riferimento al mezzo di distribuzione dei prodotti
trasmessi – lo schermo televisivo, cinematografico o quello del computer.
L’espressione “trasferimento o trasposizione linguistica” (language transfer),
sottolinea che, nel momento in cui si traduce un prodotto audiovisivo, si
interviene solo sulla componente linguistica, seppur tenendo conto dei suoni
e delle immagini che integrano gli elementi verbali.
La designazione “traduzione multimediale” indica la traduzione di testi
inseriti in un contesto multimediale, ossia, come afferma Heiss (1996:14):
la traduzione di componenti linguistiche appartenenti ad un ‘pacchetto’ di
informazioni percepite contemporaneamente in maniera complessa.
Attualmente una definizione del genere non sembra adeguata, dato che il
termine multimediale, piuttosto generico (anche i fumetti sono testi
multimediali), è usato principalmente in riferimento al mondo
dell’informatica e quindi si distanzia dai concetti di testo e di traduzione.
L’etichetta “traduzione audiovisiva” (audiovisual translation, indicata spesso
con l’acronimo inglese A VT o con quello italiano TA V) sembra essere la più
esauriente, poiché si riferisce alla dimensione multisemiotica di tutte le opere
cinematografiche e televisive i cui dialoghi vengono tradotti. Potremmo
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Scritto in base a: Perego E. (2005) La traduzione audiovisiva, Le Bussole, Milano, Carocci.
definirla etichetta “contenitore” dal momento che “contiene” le altre (mi
riferisco in particolare alle etichette “traduzione filmica” e “traduzione per lo
schermo”) mettendone in evidenza il tratto comune della dimensione
audiovisiva in cui si inserisce il testo da tradurre. Il termine audiovisivo non
indica dunque una particolare modalità di trasferimento linguistico, ma
piuttosto il contesto multisemiotico in cui si colloca il materiale linguistico da
tradurre, contesto costituito da più canali che agiscono simultaneamente
contribuendo a determinare il significato del prodotto in questione. La
designazione “traduzione audiovisiva” è utilizzata per ragioni economiche
con lo scopo di fare riferimento al processo di traduzione del testo verbale di
prodotti audiovisivi.
Considerando che, nel corso di questo lavoro, mi concentrerò solo sulla
traduzione di film e telefilm, impiegherò le espressioni “traduzione
audiovisiva” e “traduzione filmica” in maniera intercambiabile.
1.1.1 Il testo audiovisivo
Per testo audiovisivo intendiamo un complesso unitario dotato di coerenza
interna, che combina diversi linguaggi (visivo, sonoro, verbale) attraverso
una messa in scena. Costituisce, infatti, una tipologia testuale unica, in cui si
mescolano l’utilizzo del canale acustico con quello visivo, la cui traduzione
può portare a scontrarsi con le differenti realtà del testo di partenza e del testo
di arrivo.
Nella traduzione audiovisiva, il testo verbale da tradurre è costituito,
ovviamente, dai dialoghi filmici.
I dialoghi filmici, e più in generale il parlato filmico, fanno parte di quella
varietà diamesica della lingua, che viene “scritta per essere parlata” (o letta),
ed in quanto tali presentano delle caratteristiche specifiche. Si è soliti
collocare il parlato filmico a metà tra un testo scritto e un testo parlato
spontaneo.
Come afferma Rossi (Perego 2005: 10), il parlato filmico si contraddistingue
per la maggiore uniformità sia nella struttura dei turni conversazionali e
degli enunciati (che tendono ad avere tutti il medesimo numero di parole), sia
nella struttura sintattica (tendenza a enunciati monoclausola e a una
distribuzione estremamente omogenea dei tipi e del grado di
subordinazione), sia nelle scelte lessicali (per lo più medie, comprese nel
vocabolario di base, distanti sia dai termini letterari, sia da gergalismi,
dialettismi e tecnicismi, con qualche eccezione).
Ovviamente, non esiste un parlato filmico “standard”; per questo motivo, si
parla di diversi “parlati filmici”, le cui caratteristiche, comunque, restano
comuni a tutti i tipi di parlato filmico.
Un testo audiovisivo, quindi, è contraddistinto dalla presenza della lingua
all’interno di un linguaggio più vasto fatto di forme di espressione di tipo non
linguistico, che partecipano a pieno titolo al processo di significazione
audiovisiva. Con questo non si vuole affermare che il materiale linguistico,
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rappresentando solo una delle diverse componenti costitutive, assuma un
valore prettamente sussidiario: è ovvio che il linguaggio verbale è il
principale veicolo di comunicazione attraverso il quale vengono scambiati i
significati.
Pur rivestendo un ruolo centrale, la componente verbale risulta sempre e
comunque strettamente interconnessa alla sfera sonora e visiva del testo
audiovisivo e, molte volte, tra i due codici (verbale e non verbale) si instaura
un rapporto di interdipendenza.
La traduzione del testo audiovisivo presenta pertanto una serie di
problematiche legate alla compresenza di più canali e più codici: la
trasposizione in una lingua diversa da quella originale richiede operazioni
che tengano conto di questa pluralità di variabili e delle loro diverse
intersezioni. Tali difficoltà sono anche legate, ad esempio, all’impegnativo
reperimento del materiale, in quanto i copioni dei testi audiovisivi non
sempre sono reperibili.
Esistono, quindi, complicazioni oggettive che differiscono se, ad esempio,
siamo nel campo della sottotitolazione o del doppiaggio. Oltre alla
complessità dell’approccio analitico alla traduzione filmica, si aggiunge lo
scetticismo e la riluttanza da parte di esperti del settore, i quali non
considerano la sottotitolazione o il doppiaggio come un ambito della
traduzione, in quanto essa prevede tecniche di adattamento e di riscrittura
testuale per ragioni di ordine sincronico.
Nonostante queste problematiche continuino a persistere, oggi la traduzione
filmica ha raggiunto un posto degno di nota all’interno dell’ambito traduttivo,
in quanto aderisce al principio base di qualsiasi traduzione, ovvero
rappresenta il processo di trasformazione di un testo in un altro testo, ossia la
sua ricodifica e la sua collocazione in un’altra sfera linguistica e culturale
diversa. E’ inoltre soggetta a vincoli diversi da quelli che condizionano la
traduzione scritta di un testo scritto.
1.1.2 Il traduttore audiovisivo
Il traduttore audiovisivo interviene sulla componente verbale di un testo
multicodice: gli elementi iconografici e sonori rimangono invariati e sono
accompagnati da un testo in una lingua diversa da quella in cui sono stati
originariamente codificati. Nel caso del film, la componente verbale da
tradurre è rappresentata dai dialoghi filmici.
Per confezionare un prodotto accettabile, il traduttore deve prima di tutto
tarare il TP, inquadrare il pubblico di arrivo e prendere in considerazione il
tipo di programma da tradurre. Tarare un testo vuol dire capirlo, analizzarlo,
evidenziarne gli aspetti generali e determinare il suo grado di originalità
grammaticale e semantica al fine di riprodurne l’effetto originale anche in
traduzione. Inquadrare il pubblico di destinazione significa fare delle ipotesi,
chiedersi a quale fascia di età e a quale strato sociale appartiene, qual è il suo
livello di cultura, quali sono le sue abitudini linguistiche e le sue conoscenze
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in merito al contenuto del prodotto audiovisivo in questione. Oltre alle
caratteristiche linguistiche, sociali, culturali, cognitive e generazionali del
pubblico bisogna vagliare il tipo di programma da tradurre.
Facciamo alcuni esempi: in un notiziario si prediligerà il contenuto generale
delle notizie; in una commedia si tenderà a riprodurre le battute umoristiche, i
giochi di parole; in un programma per bambini, si prenderanno in
considerazione i tempi di lettura più lunghi e la limitata conoscenza della
cultura di partenza, che implicano una notevole riduzione del testo e precisi
criteri di riscrittura (attenta scelta del vocabolario, esplicitazione del soggetto,
rispetto dell’ordine soggetto-predicato-oggetto, riduzione nell’uso dei tempi e
dei modi del verbo); un film tratto da un’opera letteraria molto famosa avrà
un pubblico di livello culturale elevato, quindi la traduzione potrà essere più
ricca di parole e di espressioni letterarie.
Di solito il traduttore lavora solo sul testo parlato, ma a volte è necessario che
intervenga anche sui segni verbali visivi, per permettere agli spettatori
stranieri di avere accesso a tutte le informazioni contenute nel film,
informazioni che in alcuni casi sono di vitale importanza. Per fare un
esempio, può capitare che venga inquadrato il testo di una lettera, la cui
lettura è demandata allo spettatore: chiunque non conosca la lingua in cui è
stato girato il film non sarà in grado di decifrare il testo della lettera; pertanto,
è necessario che la traduzione di quest’ultimo sia visualizzata sullo schermo
tramite sottotitoli. Si tratta comunque di un caso abbastanza raro: di norma
l’intervento del traduttore interessa esclusivamente il dialogo, che riveste un
ruolo centrale nel film, attraverso il quale si sviluppa la trama e sono
comunicati gli atteggiamenti, gli stati d’animo e il carattere dei personaggi.
Il traduttore deve inoltre saper trasferire le intenzioni comunicative veicolate
dal codice della lingua di partenza al codice di quella di arrivo, dal codice
orale al codice scritto. Deve essere in sincronia con tutte le realtà
paralinguistiche presenti nell’animazione filmica, come ad esempio i
movimenti e le distanze degli attori. Deve far saper corrispondere il testo
sovraimpresso al testo parlato. A conferma di questi criteri, Whitman
(1992:103) afferma:
la traduzione va scolpita e cesellata affinché aderisca in modo convincente
all’immagine visuale e stimoli al contempo l’impressione di autenticità. Pertanto,
richiede acrobazie complesse sul contenuto semantico è […], e deve costantemente
arrendersi a banali costrizioni imposte dal mezzo stesso.
Il traduttore deve quindi attenersi a vincoli traduttivi, per far sì che la
traduzione risulti essere costruita sull’immagine ed essere credibile. Per
questo motivo, l’analisi valutativa della traduzione filmica per sottotitoli si
fonda sulla comprensione delle scelte che si attuano all’inizio del processo
traduttivo, allo scopo di stabilire in quale misura esse condizionano il
prodotto finale.
Solo recentemente si è considerato il traduttore audiovisivo in quanto
professionista. In passato, infatti, la traduzione di testi audiovisivi era affidata
a persone inesperte appartenenti al settore cinematografico o televisivo, che
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semmai avevano discrete capacità linguistiche. Oggi, invece, la situazione si
è evoluta, in meglio: esistono master e corsi di formazione, che garantiscono
una preparazione solida di base e buone capacità linguistiche e traduttive. Ciò
è avvenuto anche grazie alla nascita della consapevolezza che un efficace
ricezione di film per il cinema, per la televisione, per i dvd o le videocassette
dipende si da un ottimo lavoro sulla sincronizzazione dei dialoghi nel caso
del doppiaggio e nella presentazione dei sottotitoli nel caso del
sottotitolaggio, ma anche dal bisogno di garantire un’ottima qualità della
traduzione del testo audiovisivo, al fine di garantire l’efficacia e la
correttezza del messaggio che il film vuole trasmettere al pubblico di arrivo.
Il traduttore ha, quindi, un ruolo determinante in questa prospettiva.
Nel paragrafo seguente, riprendendo il discorso fatto precedentemente (§
1.1), analizzeremo le diverse forme di traduzione audiovisiva, le loro
caratteristiche e le problematiche ad esse collegate.
1.2 Metodologie di traduzione audiovisiva
Fin dalla nascita del cinema sonoro, l’industria cinematografica si è trovata a
dover risolvere il problema delle barriere linguistiche che rendevano il
proprio prodotto non commerciabile al di fuori dei confini della lingua in cui
i film erano girati. L’obiettivo della traduzione di testi audiovisivi è quello di
far comprendere in maniera immediata a ciascun spettatore il film che ha
scelto di vedere, indipendentemente dalle proprie capacità di capire le lingue
straniere.
In realtà si tratta di un’operazione culturale: il film è un sistema semiotico
complesso, costituito da un codice visivo, uno sonoro e uno verbale;
l’elemento verbale è, quindi, importante e la sua comprensione è essenziale
alla comunicazione. Nel linguaggio filmico, ogni parola, indissolubilmente
legata al gesto, assume significato dal contesto generale e dal corpus
culturale espresso dall’intero film.
Tradurre un sistema complesso come un film equivale a scomporlo nelle sue
parti costituenti e poi a ricostruirlo, cioè a ricostruire i percorsi di significato
delle parole e delle immagini, separandoli per poi tornare ad accostarli in
un’altra forma che sia equivalente sul piano dell’espressione e soddisfacente
su quello della comunicazione, rendendo l’illusione di un unico percorso
comprensibile.
La traduzione filmica in tal senso si colloca come strumento capace di
superare le barriere linguistiche e culturali, di ricostruire il mondo particolare
espresso e descritto dal film in un mondo equivalente, altrettanto
comprensibile.
Una prima funzione della traduzione audiovisiva è quello di rendere
accessibile a un pubblico internazionale la fruizione della produzione
cinematografica multilingue, servendo interessi economici e favorendo il
superamento di barriere linguistiche e culturali. Esiste anche una seconda
funzione comunicativa del sottotitolo, che si rivolge ad un pubblico di pochi
fruitori ma con un elevato scopo sociale. Si tratta della sottotitolazione
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interlinguistica per soggetti sordi e della sottotitolazione intralinguistica per
la comprensione e l’apprendimento di lingue straniere.
Seguendo la tipologia presentata da Gambier
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in un suo studio, si distinguono
tredici tipi di trasferimento linguistico, di cui otto sono dominanti
(sottotitolazione interlinguistica, doppiaggio, interpretazione consecutiva,
interpretazione simultanea, voice-over, commento libero, traduzione
simultanea, produzione multilingue) e cinque sono i tipi di challenging, che
comprendono la traduzione degli script, la sottotitolazione simultanea o in
tempo reale, la sopratitolazione, la descrizione audiovisiva e la
sottotitolazione interlinguistica per sordi.
Visto l’obiettivo della tesi, ossia quello di fornire solo alcuni aspetti teorici e
pratici relativi alla traduzione audiovisiva in generale, approfondiremo in
maniera coincisa solo i principali metodi: la sottotitolazione e il doppiaggio.
1.2.1 Traduzione
La traduzione di materiale filmico presenta maggiori difficoltà rispetto, ad
esempio, alla traduzione letteraria, in quanto è intersemiotica, ossia deve
tenere conto sia dell’elemento iconico sia dell’elemento verbale. Il passaggio
da una lingua di partenza a quella di arrivo deve rispettare la contemporaneità
delle immagini e dei suoni a esse correlate.
La traduzione di un film avviene per scopi diversi, generalmente tre:
1. traduzione della sceneggiatura originale, a scopo di pubblicazione
cartacea;
2. adattamento della traduzione a scopo di doppiaggio (nelle sue varie
forme);
3. adattamento della traduzione a scopo di sottotitolazione.
A partire dal copione originale si stende una prima traduzione, completa,
senza limitazioni e senza adattamenti. Questa traduzione, ovviamente, deve
tenere conto delle diverse caratteristiche del parlato filmico, deve risultare
attinente alla situazione e deve essere credibile nel contesto del film stesso
(ambientazione del film, ruolo e condizione sociale del personaggio,
dialettalismi).
Dal momento che non viene utilizzata direttamente per sottotitolazione o
doppiaggio, la traduzione non ha bisogno di nessuna riduzione o
adattamento. Solitamente la traduzione della sceneggiatura viene utilizzata
soltanto dai sottotitolatori per creare i vari tipi di sottotitolo nella lingua
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2
Y. Gambier, “Introduction. Screen Transadaptation: Perception and Reception”, in Id., Screen
Translation, in “The translator”, Special Issue, 2003, p. 171-189.
d’arrivo, e dai dialoghisti per organizzare il doppiaggio; a volte, però, questa
sceneggiatura può essere anche pubblicata in un volume.
1.2.2 La sottotitolazione
La sottotitolazione permette di proporre, attraverso un testo scritto collocato
generalmente nella parte inferiore dello schermo, una traduzione condensata
dei dialoghi originali del film.
La sottotitolazione svolge molteplici funzioni comunicative. Lo scopo
principale, quello per il quale la sottotitolazione è nata, è quello di rendere
fruibile a un pubblico internazionale un prodotto concepito e creato in una
lingua diversa, favorendo così interessi economici e culturali, e superando
barriere linguistiche. Un altro scopo, per il quale la sottotitolazione
rappresenta uno strumento indispensabile, è quello di rendere fruibile il
prodotto a soggetti con problemi d’udito. E ancora, la
sottotitolazione è uno strumento molto efficace anche nell’apprendimento
delle lingue straniere.
La trascrizione dei dialoghi di un film in forma di sottotitoli deve sottostare
in primo luogo a restrizioni di natura formale: la lunghezza delle battute deve
adattarsi alla grandezza dello spazio disponibile sullo schermo e al tempo di
esposizione della scena. Questo porta ad un altro tipo di restrizione, questa
volta di natura qualitativa: se i problemi di spazio e di tempo portano il
sottotitolatore ad escludere necessariamente qualcosa, ci sarà una
conseguente perdita di informazione. Il sottotitolatore, inoltre, deve tenere
conto anche della quantità di caratteri che uno spettatore è in grado di leggere
senza affaticarsi troppo, perdendo quindi la concentrazione.
La sottotitolazione può essere intralinguistica o interlinguistica. Abbiamo
una sottotitolazione intralinguistica quando vengono trascritti, totalmente o
parzialmente, i dialoghi nella stessa lingua del parlato. È in questo caso che la
sottotitolazione è destinata a soggetti con problemi d’udito o a scopi didattici
(apprendimento di una lingua straniera). La sottotitolazione interlinguistica,
invece, consiste nella trascrizione dei dialoghi nella L2, quando invece
l’audio del film resta in originale (L1). Tale tecnica rappresenta una forma di
traduzione altamente specializzata, in quanto essa è sia transfer, trasposizione
(Lomheim, 1999:200), in cui il dialogo filmico viene convertito in testo
scritto durante la sottotitolazione, sia adattamento (Delabastita, 1989:214), in
quanto si attuano tutti i cambiamenti necessari per rendere il testo di arrivo
più adatto alle esigenze del pubblico a cui è destinato.
La traduzione filmica tramite sottotitoli assurge quindi a una nuova forma di
traduzione definita dal variare di scopi e contenuti rispetto al testo originale.
Maria Pavesi (2002:128), a questo proposito, afferma:
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cambiano le intenzioni alla base del testo tradotto, che non nasce,
come il testo originale, con lo scopo di accompagnare in un doppio
canale le immagini mostrate sullo schermo, ma con lo scopo di
assistere lo spettatore della comunità di arrivo nella comprensione
integrale del film. La traduzione, non sostituendo il testo originale, ma
aggiungendosi a esso, ne perde così le intenzioni, le motivazioni
originali.
Cambia quindi sia lo scopo, in quanto il messaggio del testo originale viene
convertito dal parlato allo scritto, sperimentando le variazioni della tipologia
testuale, sia i contenuti, in quanto nel passaggio traduttivo subiscono i
processi di sintesi e di adattamento che scombussolano la struttura originale.
Originariamente creati per il cinema, i sottotitoli sono stati in seguito
utilizzati anche per la televisione. Ciò ha portato all’insorgere di una serie di
problematiche e di differenze con l’ambito cinematografico. Ci si è accorti,
infatti, che i sottotitoli per il cinema non sono adatti per lo schermo
televisivo, né tantomeno il pubblico ha la stessa capacità ricettiva, a causa
della differente velocità di lettura, che al cinema è maggiore. Il sottotitolo,
quindi, non può essere universale ma è costruito in base al settore in cui poi
verrà inserito.
Ora passiamo a definire i tratti distintivi della sottotitolazione, prendendo in
esame lo studio del sottotitolatore danese Henrik Gottlieb (1992:162-163), il
quale distingue cinque parametri fondamentali che contrassegna questa
particolare forma di traduzione. Essa può essere:
Scritta (written), in quanto i sottotitoli vengono proiettati sullo
schermo;
Aggiuntiva (additive), in quanto il testo tradotto e scritto,
sovraimpresso sulla pellicola, si aggiunge ai dialoghi e ai suoni
dell’originale, trasmettendo lo stesso messaggio attraverso la
mediazione di un canale semiotico differente;
Immediata (immediate), in quanto il sottotitolo è presentato allo
spettatore in maniera subitanea e va di pari passo con i dialoghi
dell’originale;
Sincronica (synchronous), in quanto le varie parti di testo compaiono
e scompaiono con la rapidità dei dialoghi e in concomitanza con le
immagini filmiche;
Multimediale (multimedial), in quanto costituisce uno dei tanti canali
di trasmissione del messaggio.
E’ inoltre selettiva e intersemiotica. Gottlieb, in uno studio successivo
(1998:246), aggiunge altre due caratteristiche importanti:
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Contemporanea (contemporal), in quanto strettamente connessa
all’originale per gli elementi spaziali e temporali e riprende le qualità
di sincronica e immediata;
Preparata (prepared), in quanto non è improvvisata ma realizzata e
messa a punto prima del suo utilizzo;
Transitoria (transient), in quanto è di passaggio sullo schermo.
E’ importante fornire alcune informazioni relative alla terminologia utilizzata
in tale ambito, in quanto essa può creare fraintendimenti e confusione.
E’ quindi necessario distinguere tra:
Sottotitolo (subtitle), che riporta in forma scritta i dialoghi tra gli
attori e compare in genere nella parte inferiore dello schermo, al
centro, allo scopo di non alterare l’armonia dell’immagine proiettata.
Essi possono essere di due tipi: aperti o in chiaro (open), che sono
sovraimpressi alla versione originale del film e proiettati come parte
fisica inseparabile del prodotto; chiusi o criptati (closed, concealed),
che sono opzionali e possono essere aggiunti alla versione originale
solo se prescelti dallo spettatore;
Didascalia (caption), utilizzata nel copione per rinforzare la
contestualizzazione dell’azione, per fornire ulteriori informazioni e
per aggiungere descrizioni a volte condensate in semplici titoli;
Scritta di scena (display), un testo breve costituito da titoli di giornale,
cartelli pubblicitari, cartelli stradali, insegne di negozi, di vie,
messaggi postali. E’ presente nella versione originale ma può anche
essere riproposta nella versione tradotta e sottotitolata.
Esistono, tuttavia, aspetti e vincoli tecnici ai quali il sottotitolatore deve
sottostare e rispettare, influenzando così le sue scelte traduttive e la resa
finale del testo, che sarà inevitabilmente adattato.
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