2
mondo, dell’America. Infatti, al suo quarto mandato come
presidente del FOMC e della Federal Reserve è Alan Greenspan la
figura più enigmatica del nuovo millennio, anzi forse il simbolo della
New Economy, che gli americani chiamano “uomo dei miracoli”,
nominato durante l’amministrazione Reagan è stato riconfermato
dai presidenti Bush e Clinton. Prima di giungere alla Fed,
Greenspan è stato per 30 anni, dal 1954 al 1987, presidente della
società di consulenza economica “Townsend-Greenspan & Co.”.
Durante questo periodo, dal 1974 al 1977, ha inoltre assunto, sotto
l’amministrazione Ford, la carica di presidente del “Council of
Economic Advisers” e dal 1981 al 1983 di presidente della
Commissione nazionale per la riforma del Social Security.
Spesso l’agitazione a Wall Street ha inizio con la comparsa di questo
signore dal passo deciso, con l’inseparabile cartella stretta
sottobraccio, mentre attraversa una trafficata strada di Washington
DC. Effettivamente le sue parole, perfino quelle non pronunciate,
provocano ansia. I suoi interventi muovono l’intero sistema
finanziario mondiale, ma il signor Greenspan non provoca solo
ansia, visto che riesce ad affascinare con la sua intelligenza e
soprattutto con la sua grande competenza. È molto diretto e allo
stesso tempo disponibile e affabile. Su Alan Greenspan circolano
tanti aneddoti: c’è chi sostiene che il volume dalla sua cartella, prima
di un incontro con la Federal Open Market Committee, permette di
anticipare se intende cambiare il tasso di sconto. Se cambia il tasso
3
porta con se molta documentazione, cartella gonfia; se lo lascia
inalterato, cartella snella. Bollato come un conservatore, negli ultimi
dodici anni, Greenspan si è affermato come innovatore.
In nome del mercato, è stato uno dei primi a riconoscere
l’importanza del fenomeno Internet. Ha attribuito alla ricerca
tecnologica, e alla flessibilità implicita nel sistema americano, i forti
aumenti di produttività e il conseguente contenimento
dell’inflazione. Ha favorito una deregolamentazione del sistema
finanziario prima ancora che fosse approvata dal Congresso,
reagendo con rapidità inattesa nel mezzo delle crisi di liquidità degli
ultimi anni. Greenspan è sicuramente uno dei principali architetti
dello straordinario periodo di crescita americana, da parte sua si dice
fiero di lavorare in un contesto come quello in cui opera: “a
differenza del mondo accademico ti accorgi che le ipotesi contano, le azioni
contano e le idee che produci contano. È un tipo di attività che impone a un
economista come me di prendere coscienza del fatto che le nostre azioni hanno
conseguenze e che per noi è cruciale determinare in anticipo quali saranno
queste conseguenze”. A fine giugno Greenspan ha dichiarato che la
crescita della produttività negli Usa è un fattore strutturale, non
ciclico, guidato dagli avanzamenti tecnologici, ammettendo che i
mercati finanziari stanno avviandosi verso una “convergenza in
direzione di una singola forma di operatività” (il che significa la fusione di
tutti i mercati finanziari in uno solo). È chiaro però che nessuno
può dire fino a quando, né può rischiare davvero di bucare la
4
“bolla” che tutti pensano si sia abbattuta su Wall Street. Greenspan
ha provato a sgonfiarla un po’ con manovre sui tassi d'interesse, ma
senza successo. In effetti lo scenario dell’e-commerce che virtualizza
le frontiere, rende inafferrabile l’imponibile sul quale si scaglia la
tassazione pubblica, la politica fiscale e quella della spesa pubblica
che si vedono svuotate degli strumenti operativi principali (ciò che
conta è il prezzo e la qualità dell’offerta). La moltiplicazione dei
prodotti finanziari, la crescita esponenziale delle possibilità
d’accesso a una finanza con un raggio d’azione globale, destabilizza i
meccanismi di trasmissione degli impulsi monetari (ridurre la
quantità di moneta se già prima non era cosa facile per l’economia,
ora lo è sempre meno). Le sue ultime dichiarazioni, presso il
Consiglio per le Relazioni Internazionali di New York, avvenuto
negli ultimi mesi, non smentiscono la sua proverbiale prudenza. Il
buon andamento dell’economia lo porta a dire che è tempo di
rinforzare le difese del sistema finanziario globale, per difendersi
dalle future crisi che potrebbero essere alle porte, ecco quello che ha
detto: “Non conosciamo, e probabilmente non possiamo conoscere, la
precisa natura della prossima crisi finanziaria internazionale. Che ce ne sarà
una è però certo”. Se la ragione però “resta sempre sconosciuta”, ciò che
è certo è che la nuova economia trova al comando un portavoce di
valori che hanno fatto da traino per la ripresa economica più lunga
della storia americana: rigore fiscale, lotta all’inflazione, riduzione
del ruolo dello Stato.
5
Ci potrebbero volere molti anni prima che si riesca a comprendere
del tutto la natura dei rapidi cambiamenti con cui oggi si confronta
l’economia. Sfortunatamente, la Federal Reserve non può
permettersi il lusso di aspettare questo momento. Il suo obiettivo,
in risposta all’attuale complessità delle forze economiche, è di
favorire lo sviluppo contenendone gli squilibri ed evitando quella
recessione che significherebbe la chiusura del ciclo economico
positivo che l’America sta vivendo in questi anni. Se la crescita
economica sarà interamente sostenuta dall’aumento della
produttività e dalla crescita della popolazione in età lavorativa,
compresa quella immigrata, la Fed non dovrà preoccuparsi della
possibilità di una distorsione inflazionistica. Ma ci è impossibile
saperlo, perché oggi ci si confronta su scala mondiale con forze
economiche nuove e mai sperimentate.
Organizzazione
La tesi è stata divisa in tre diverse sezioni.
La prima parte (Sezione I) è un’introduzione alla politica
monetaria (capitolo 1). Nel capitolo 1 vengono affrontati i temi
della politica economica nel suo complesso. Nel capitolo 2
vengono, invece, descritte le caratteristiche più importanti delle
Banche Centrali e il loro ruolo nell’economia, è stato, inoltre trattato
6
ampiamente il Federal Reserve System (capitolo 3) e la politica
monetaria che attua (capitolo 4).
La seconda parte (Sezione II) è interamente dedicata al
fenomeno Greenspan, quindi il modo in cui gli investitori decifrano
le sue parole. Viene anche analizzato l’andamento del mercato degli
ultimi mesi (da novembre 2000 a gennaio 2001).
Nella terza parte (Sezione III) è stato affrontato uno studio
econometrico, in cui sono stati messi in relazioni i maggiori indici
della Borsa Americana con i discorsi che Greenspan ha tenuto negli
ultimi cinque anni, per cercare di dare una spiegazione empirica
all’esuberanza degli investitori.
SEZIONE I
La politica monetaria
Capitolo 1
LA POLITICA MONETARIA IN GENERALE
La Politica Monetaria consiste nel variare la quantità di moneta in
circolazione e, dato un sistema economico, caratterizzato da un
moderno Mercato Monetario
1
(MM), essa può essere intesa come
l’insieme delle azioni messe in atto dalle “Autorità Monetarie” per il
conseguimento di determinati obiettivi, che generalmente
riguardano:
1. la crescita del livello dei prezzi;
2. la crescita del reddito reale;
3. il saldo dei conti con l’estero;
1) Enciclopedia dell’Economia Garzanti, , Garzanti Editore s.p.a., 1992.
Sezione I: La Politica Monetaria. Capitolo 1
9
4. il valore del tasso di cambio.
Con il termine “Autorità Monetarie” si fa riferimento alla Banca
Centrale (BC), ossia l'istituzione che determina la Politica Monetaria,
agendo sul Mercato Monetario, ed influenzando le determinanti di tale
mercato
2
.
Il mercato monetario è il luogo in cui si realizza l’emissione, lo
scambio ed il rimborso di attività finanziarie aventi durata o vita
residua inferiore ai 18 mesi
3
. La funzione principale del MM è
quella di rendere più efficiente la trasmissione dei fondi (attività) a
breve e a brevissimo termine tra gli operatori economici in
temporaneo avanzo e quelli in temporaneo disavanzo, in modo che
l'incontro tra domanda ed offerta di tale attività avvenga al minor
costo possibile.
Si è soliti distinguere tra mercato primario e mercato secondario. Nel
primo caso l’incontro tra domanda ed offerta avviene all’emissione
dei titoli; nel secondo caso la domanda e l’offerta coinvolgono titoli
già emessi nel sistema tramite il mercato primario. Un’importante
caratteristica delle attività scambiate sul Mercato Monetario è
l’elevato grado di sostituibilità che fa sì che i rendimenti osservati
tendano a fluttuare insieme.
Gli operatori che agiscono sul Mercato monetario sono il Tesoro, che
vi è presente quale richiedente di fondi (in sostanza il Tesoro emette
2) Ball, L., Policy Rules for Open Economies, NBER, Working Paper, No. 6760, 1998.
3) www.unibo.it/paruolo/didattica/.
Sezione I: La Politica Monetaria. Capitolo 1
10
Titoli di Stato), le banche commerciali, che si pongono sia in qualità di
richiedenti che di prestatori di fondi secondo le loro condizioni di
liquidità, gli investitori istituzionali e le famiglie in qualità di offerenti.
Le banche sono, senz’altro, il principale operatore del mercato
monetario, e operano a diretto contatto con la Banca Centrale, la
quale a sua volta può essere vista come il “prestatore di ultima istanza”
del mercato monetario. Dato che nelle banche transita l’intera
liquidità del sistema economico, è naturale che esse effettuino
operazioni di acquisto e vendita di fondi; infatti, quando l’intero
sistema bancario ha un'insufficienza di liquidità, alcune aziende di
credito dovranno necessariamente ricorrere alla Banca Centrale, che
può creare Base Monetaria con l’espansione delle proprie operazioni
attive.
Il Mercato Monetario svolge, quindi, un ruolo fondamentale come
veicolo di trasmissione degli impulsi di politica monetaria.
Ma la Politica Monetaria ha effetti sull’economia reale? La risposta a
questa domanda costituisce un dibattito che fin dagli anni sessanta
ancora non trova soluzione. Benjamin M. Friedman
4
(1996)
ripercorre i termini di tale dibattito, ed osserva:
“The longest-standing tradition in the effort to establish a
satisfactory theoretical underpinning for real effects of
4) Friedman, M. Benjamin, A price Target for US Monetary Policy? Lessons from the Experience with a money growth
targets, Federal Reserve Bank of Chicago, Research Department, Working Paper n. 14, 1996.
Sezione I: La Politica Monetaria. Capitolo 1
11
monetary policy is generalized price rigidity (importantly
including wages). As has long been recognized, assuming that
prices are flexible immediately turns the central bank's power
into a monopoly over the supply of a real commodity, and
hence influence over that commodity's relative prices, from
which a variety of consequences for real behaviour readily
follow. But proceeding in this simple way would attribute real
effects to monetary policy in the long run as well, and nobody
believes that prices are permanently rigid anyway. What is
needed is - again - to specify dynamics that coherently connect
the short run of price rigidity with the long run of price
flexibility
5
”
Punto ormai condiviso da più parti è che nel breve periodo la PM sia
in grado di influenzare l’economia reale, per via della presenza di
rigidità nominali (su prezzi e salari); su come ciò accada, tuttavia, la
questione è ancora aperta. Nel lungo periodo l’ipotesi di rigidità
nominali non è accettabile, per questo la Politica Monetaria (PM)
risulta inefficace, nel senso che ha solo effetti nominali e non reali.
Quello che è certo è che la politica monetaria influisce sulla domanda
aggregata, dato che la variazione dell’offerta di moneta modifica i
5) “Per quanto riguarda gli effetti reali della politica monetaria la lunga tradizione parla di rigidità dei prezzi (inclusa quella
dei salari) Come è stato da lungo tempo riconosciuto, assumendo che i prezzi siano flessibili, il potere della Banca Centrale si
monopolizza e influenza i prezzi, da ciò ne derivano una varietà di conseguenze per il mercato reale. Procedendo in questo
modo si dovrebbero avere effetti sulla politica monetaria di lungo periodo, visto che nessuno crede che i prezzi possano
rimanere rigidi in modo permanete. Quello di cui si ha bisogno è –ancora- lo specificare le dinamiche che riuniscano
concretamente la rigidità dei prezzi di breve periodo con la flessibilità dei prezzi di lungo periodo”.
Sezione I: La Politica Monetaria. Capitolo 1
12
tassi di interesse, variabile cruciale che ha effetti non solo sul mercato
dei titoli ma, come vedremo più avanti, anche su quello azionario. La
variazione della moneta, causando uno squilibrio di portafoglio,
conduce ad una variazione nei tassi di interesse; la variazione dei tassi
di interesse modifica la domanda aggregata. Mediante questi due
legami, le variazioni nella quantità reale di moneta influiscono sul
livello del reddito
6
.
Quando, infatti, la Banca Centrale compra titoli per modificare la
moneta in circolazione, essa ne riduce l’offerta disponibile sul
mercato e tende, perciò, ad aumentarne il prezzo ovvero ad
abbassarne il rendimento (il tasso diminuisce).
Il livello del reddito aumenta perché l’acquisto sul mercato aperto
riduce il tasso di interesse e accresce, perciò, gli investimenti, e, di
conseguenza, il reddito aumenta.
1.1: Gli obiettivi di politica monetaria.
Gli obiettivi 1-4, di cui si è parlato all’inizio di questo capitolo, sono
i cosiddetti obiettivi finali della BC. Questi possono essere influenzati
dall'operare della BC attraverso il controllo di altre variabili. Nel
perseguire gli obiettivi finali, la BC si avvale di strumenti, ossia di
grandezze del mercato monetario direttamente controllabili,
6) Burda, M. e Wyplosz, C., Macroeconomia, Il Mulino, Bologna,1994.
Sezione I: La Politica Monetaria. Capitolo 1
13
manovrando le quali la BC riesce a determinare i valori di alcune
variabili, dette obiettivi operativi (o anche strumenti operativi). In quasi
tutte le banche centrali gli obiettivi operativi (strumenti operativi)
sono rappresentati da tassi di interesse a breve termine (tassi sulle
operazioni Pronti Contro Termine, ecc), oppure da particolari
componenti della base monetaria, come l’aggregato monetario M2.
Tra obiettivi finali e obiettivi operativi non necessariamente esiste un
legame diretto, tra loro ci sono alcune variabili intermedie che possono
essere distinte in: (1) obiettivi intermedi; (2) indicatori intermedi.
Gli obiettivi intermedi sono delle variabili intermedie rispetto alle
quali la BC si impegna a conseguire, in un dato lasso di tempo e con
un determinato grado di precisione (ad es. un certo tasso di crescita
dello stock di moneta), prefissati valori. Condizione necessaria
finché una variabile intermedia venga scelta è il soddisfacimento di
due requisiti:
1. l’obiettivo intermedio deve essere controllabile dalla BC
attraverso l’opportuna modifica degli obiettivi operativi;
2. l’obiettivo intermedio deve essere strettamente legato a quelli
che sono gli obiettivi finali, attraverso una relazione
econometrica stabile.
Gli indicatori intermedi aiutano a determinare il comportamento
della BC ma costituiscono delle variabili intermedie meno vincolanti
degli obiettivi intermedi rispetto all’operare della BC (ad es. un
Sezione I: La Politica Monetaria. Capitolo 1
14
eccessivo tasso di crescita dello stock di moneta protratto per più
periodi può segnalare o indicare alla BC che è in atto un processo
inflazionistico).
Nella condotta della politica monetaria, la BC deve operare delle
scelte in merito a:
1. gli strumenti da utilizzare (e quindi l’obiettivo operativo);
2. il regime di politica monetaria: si tratta di scegliere tra due
alternative:
- le procedure ad uno stadio che consistono nella manovra
degli strumenti per controllare gli obiettivi finali;
- le procedure a due stadi, che prevedono la definizione di
obiettivi intermedi e che comportano quindi due differenti
livelli di decisione: il primo relativo alla manovra degli
strumenti per controllare gli obiettivi intermedi, il secondo
relativo alla fissazione del livello dell’obiettivo intermedio
compatibile con il prefissato obiettivo finale;
Gli obiettivi sono uno degli argomenti più importanti per le autorità
monetarie, è opportuno, però, stabilire la loro priorità.
Gli obiettivi finali più importanti per una politica monetaria sono
rappresentati dal inflation targeting, e dal monetary targeting
7
.
7) Ball, L., Policy Rules for Open Economies, NBER, Working Paper, No. 6760, 1998
Sezione I: La Politica Monetaria. Capitolo 1
15
- Inflation targeting. E’ uno schema di politica monetaria ad uno
stadio nel quale la Banca Centrale manovra i propri strumenti per
influire direttamente sugli obiettivi finali. Essa annuncia e persegue
direttamente, attraverso variazioni dei propri strumenti operativi,
l’obiettivo finale di inflazione. Tale schema ad uno stadio può essere
rappresentato, molto riduttivamente, nel seguente modo:
strumento
t
inflazione
t+1
dove t+1 rappresenta il ritardo con cui la PM si manifesta
sull'obiettivo finale. Attualmente Canada, Nuova Zelanda, Regno
Unito e Svezia adottano un simile schema.
- Monetary targeting Per quanto riguarda il MT, assumendo che la
BC abbia un obiettivo finale di inflazione, nella situazione ottimale
tale schema a due stadi può essere rappresentato, anche qui molto
sinteticamente, nel seguente modo:
strumento
t
crescita moneta
t+1
inflazione
t+2
.