Tassazione Fondi Comuni e Sicav
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1 Un po’ di storia
Già 3000 anni fa i Fenici si resero conto che, per i traffici commerciali, avrebbe
potuto rivelarsi assai rischioso puntare tutto su una sola carovana od una sola
nave: il rischio di perdere ogni bene a seguito di una tempesta di sabbia o di un
naufragio era troppo elevato!
Mentre da parte egiziana si restava fedeli al modello del commercio
amministrato, con un agente palatino che partiva con una dotazione per
procacciare materiali non esistenti in loco, sulla costa siro-palestinese agivano
diverse flotte appartenenti a ditte di privati, più o meno connesse e protette dal
potere politico locale; i Fenici ebbero infatti un’idea nuova: unire i patrimoni di
molti mercanti in più navi ed in più carovane con l’obiettivo di diminuire i rischi
ed incrementare i profitti.
Il vantaggio derivante dall’unire molti capitali in imprese comuni, al fine di
aumentare il rapporto beneficio ottenuto / rischio sostenuto, fu ben recepito
anche da culture successive a quella fenicia. Esempi di investimento collettivo
possono essere individuati nell’antica Grecia, nell’Impero Romano e, in tempi
più recenti, nella Firenze dei Medici.
La prima forma moderna di fondo comune di investimento risale al 1865 in Gran
Bretagna, con la nascita dei primi investment trust, creati con lo scopo di offrire
ai piccoli risparmiatori i medesimi vantaggi di cui usufruivano i grandi capitalisti:
diversificazione degli investimenti su un vasto numero di titoli e gestione
professionale del capitale. I gestori avevano, allora come oggi, il compito di
acquistare titoli delle società quotate e vendere titoli del fondo alle classi
emergenti della rivoluzione industriale.
Alla fine dell’Ottocento il concetto di fondo comune varcò l’oceano ed approdò
negli Stati Uniti dove trovò terreno fertile ed ebbe la sua massima espansione.
Nei primi del Novecento nacquero così negli States diverse forme di fondo
comune di investimento: dai primi fondi chiusi, ai fondi aperti, ai fondi pensione.
In Italia, il primo intervento normativo in materia di fondi comuni è datato 19831,
quando finalmente venne disciplinata per legge la costituzione dei fondi comuni
di investimento in valori mobiliari. Oggi in Italia vengono commercializzati
diverse centinaia tra fondi comuni, italiani ed esteri, comparti di Sicav italiane e
lussemburghesi.
L’idea di base resta quella di condividere molti piccoli patrimoni con lo scopo di
minimizzare i rischi ed ottenere maggiori profitti: l’insieme di tanti piccoli
patrimoni genera un grande patrimonio. Queste grandi masse di capitali
consentono una diversificazione efficace del portafoglio (e quindi del rischio) e
permettono di accedere ai mercati e di operare su strumenti altrimenti
inaccessibili ai singoli piccoli (e meno piccoli) risparmiatori.
1
Legge 23 marzo 1983, 77.
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2 Gestione collettiva del risparmio
Il risparmiatore che desidera investire il proprio patrimonio può scegliere di
affidarlo ad operatori professionali ai quali demanda il compito di effettuare
operazioni di investimento diversificate che consentono combinazioni di rischio /
rendimento in grado di soddisfare le proprie esigenze.
L’operatore che gestisce il patrimonio può operare instaurando un rapporto
diretto e personale con l’investitore oppure può amministrare il patrimonio in
monte.
Nel primo caso, la somma conferita verrà gestita, in base alle specifiche
esigenze del cliente, attraverso forme di investimento altamente personalizzate:
la cosiddetta gestione individuale (cfr. capitolo 5 - Gestione su base individuale
di portafogli).
In questa attività si concreta la gestione su base individuale di portafoglio di
investimento per conto terzi, che rientra tra i servizi di investimento ed il cui
esercizio professionale nei confronti del pubblico è riservato agli operatori
autorizzati.
Nel secondo caso, invece, nel rapporto tra il cliente ed il gestore viene meno
l’elemento individuale e le risorse appartenenti ad ogni singolo risparmiatore
confluiscono in un’unica massa patrimoniale che sarà poi gestita
dall’intermediario in modo unitario, è la cosiddetta gestione collettiva del
risparmio.
L’esigenza di strumenti finanziari che consentissero ai risparmiatori forme di
investimento ragionate e riducessero al minimo i rischi ha quindi portato il
legislatore, all’inizio degli anni Ottanta, a disciplinare i fondi comuni di
investimento, uniformando la realtà finanziaria Italiana a quella dei mercati più
avanzati.
Nonostante i primi fondi di diritto lussemburghese, promossi da intermediari
italiani, abbiano visto la luce alla fine degli anni Sessanta, è solo con la legge
77/83 che venne introdotta nel nostro sistema giuridico la possibilità di istituire
fondi comuni di investimento di diritto italiano.
L’anno di svolta può essere considerato il 1998, segnato dall’emanazione del
decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, meglio noto come Testo unico delle
disposizioni in materia di mercati finanziari.
Negli anni seguenti la riforma della regolamentazione della gestione collettiva
del risparmio è stata completata, secondo gli indirizzi generali forniti dal Testo
Unico, mediante l’emanazione dei regolamenti attuativi da parte della Banca
d’Italia2, della Consob3 e del Ministero del Tesoro4.
2
Nuovo regolamento Banca d’Italia 14 aprile 2005.
3
Disciplina intermediari, delibera Consob 11522; Disciplina dei mercati, delibera Consob 11768;
disciplina degli emittenti, delibera Consob 11971.
4
Decreto Ministeriale 228/99, requisiti di onorabilità e professionalità, criteri generali dei fondi
comuni di investimento.
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La gestione collettiva del risparmio5 è il servizio che si realizza attraverso:
• la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni
d'investimento e l'amministrazione dei rapporti con i partecipanti;
• la gestione del patrimonio di OICR, di propria o altrui istituzione,
mediante l'investimento avente come oggetto strumenti finanziari, crediti,
o altri beni mobili o immobili.
Tale servizio è riservato6 per legge ad imprese specializzate quali:
• le società di gestione del risparmio7 (di seguito Sgr) e le società
d’investimento a capitale variabile8 (di seguito Sicav);
• le società di gestione armonizzate, ovvero le società con sede legale e
direzione generale in uno Stato membro dell’UE – diverso dall'Italia –
limitatamente all'attività di gestione del patrimonio9.
Il legislatore ha previsto inoltre una forte vigilanza che si sostanzia
nell’autorizzazione da parte della Banca d’Italia, sentita la Consob, per
l’avviamento dell’attività di gestione collettiva del risparmio e nelle funzioni di
controllo attribuite a Consob, Ministero dell’Economia e Banca d’Italia.
Contrariamente a quanto succede nella gestione individuale, dove la presenza
di un rapporto personalizzato, pur garantendo particolare attenzione agli
obiettivi di investimento del singolo risparmiatore, comporta per l’intermediario il
sostenimento di costi elevati.
Nella gestione collettiva del risparmio l’operatore dispone di un ingente
patrimonio (ottenuto dalla raccolta del risparmio dei singoli investitori) è può
così giungere, grazie al contenimento dei costi ed alla loro ripartizione su
un’ampia base, a soluzioni di investimento caratterizzate da un soddisfacente
grado di diversificazione e quindi da accettabili combinazioni di rischio /
rendimento.
5
Oggi disciplinata dagli articoli 33 e seguenti del Testo Unico della Finanza, aggiornato dalle
modifiche apportate dalla legge 18 aprile 2005 n. 62.
6
Testo Unico della Finanza, articolo 33, comma 1.
7
Sgr, Testo Unico della Finanza, articolo 1, comma 1, lettera o).
8
Sicav, Testo Unico della Finanza, articolo 1, comma 1, lettera i).
9
Testo Unico della Finanza, articolo 1, comma 1, lettera n), n. 2).
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3 Classificazione
Nella maggior parte dei paesi, gli organismi di vigilanza e di controllo dei
mercati finanziari (e le stesse associazioni di categoria) hanno cura di elaborare
ed aggiornare una classificazione istituzionale dei fondi di investimento.
Così come in altre realtà, dove il settore del risparmio gestito poteva dirsi già
consolidato, anche in Italia i fondi sono stati classificati, fin dalla loro nascita,
secondo il criterio dell'obiettivo d'investimento perseguito.
Tale suddivisione ha principalmente un fine informativo e permette al
sottoscrittore di identificare le caratteristiche più importanti di un fondo:
attraverso la classificazione diventa possibile stabilire l'oggetto principale
dell'investimento, il mercato geografico ed il settore di riferimento.
Le tre categorie tradizionali (azionari, bilanciati e obbligazionari) facevano – e
fanno tuttora – riferimento alla politica di investimento prevalente. L’inserimento
di un fondo in una determinata categoria era deciso dalla Sgr; non erano
stabilite precise percentuali nella composizione dei portafogli, fatta salva la
generica prevalenza di una determinata tipologia di strumenti finanziari.
In seguito alla liberalizzazione in Europa del mercato dei capitali vennero meno
le limitazioni all'investimento estero e, nel 1989, videro la luce i primi fondi
orientati all'investimento sui mercati internazionali. All’inizio degli anni Novanta
l'integrazione dei mercati determinò una sempre maggiore concorrenzialità:
l'accentuarsi delle differenze tra i fondi rese necessario una revisione dei criteri
di classificazione, al fine di migliorare l'informazione e la trasparenza del
mercato.
La classificazione operata da Assogestioni10 (l'associazione delle società che
svolgono attività di gestione del risparmio) è la base di partenza per una
valutazione di primo livello dei fondi comuni di investimento e dei fondi
pensione: non solo gli operatori, ma anche gli investitori hanno la possibilità di
orientarsi in modo generico, ma immediato, tra i prodotti del risparmio gestito.
Il processo di revisione e di aggiornamento della classificazione dei fondi
italiani, è stato avviato una prima volta nel 1993 ed una seconda nel 1994
generando uno schema definitivo entrato in vigore nel 1995.
La classificazione Assogestioni dei fondi comuni si articola in cinque macro
categorie: azionari, bilanciati, obbligazionari, liquidità e flessibili.
10
Sito web: www.assogestioni.it.