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Abstract
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di analizzare gli aspetti inerenti la tassazione
dell’economia digitale, la quale costituisce uno dei punti cruciali all’interno del
dibattito sulle prospettive di riforma della fiscalità sia interna che internazionale.
Il lavoro analizza inizialmente l’economia digitale e i nuovi equilibri macro-
economici cui segue la descrizione dei casi più noti di elusione fiscale in questo
settore, quali Apple e Google. Il lavoro prosegue con l’esposizione del piano
d’azione BEPS comprensivo di 15 azioni volte a contrastare in modo globale
l’erosione della base imponibile e lo spostamento dei profitti.
Successivamente, vengono analizzate le prime proposte avanzate in materia in
campo nazionale nel 2013 e nel 2015, le quali, per motivi di incompatibilità con il
diritto comunitario e con il diritto interno, non sono mai state attuate.
Inoltre, viene trattato il concetto di stabile organizzazione e di stabile
organizzazione occulta, evidenziando i problemi di territorialità connessi al
commercio elettronico.
Infine, il lavoro prende in considerazione le novità contenute nella legge di bilancio
2019 che introduce una nuova tassazione della web economy, l’imposta sulle
transazioni digitali, che viene esaminata esaustivamente e confrontata con la
proposta di direttiva relativa al sistema comune di imposta sui servizi digitali, sulle
entrate derivanti dalla fornitura di determinati servizi digitali. Tale direttiva è parte
di un “pacchetto” presentato dall’Unione Europea che comprende anche una
proposta di direttiva sulla significativa presenza digitale, che contiene la definizione
di un’ipotesi nuova di stabile organizzazione, e una raccomandazione agli Stati
membri di modifica dei trattati sulla doppia imposizione.
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Introduzione
La presente tesi sviluppa il tema della tassazione dell’economia digitale,
considerando anche gli aspetti giuridici ad essa collegati.
La digital economy si fonda sulle tecnologie informatiche e comprende tutte le
attività che si avvalgono di soluzioni digitali e che ad esse fanno riferimento.
Tale fenomeno ha comportato un forte cambiamento che ha ribaltato i concetti che
prima delineavano meticolosamente le caratteristiche dei vari modelli di business
adottati dalle imprese, i quali erano disciplinati da norme predisposte ad hoc sia a
livello nazionale che comunitario.
Nel primo capitolo vengono descritti e commentati gli aspetti che caratterizzano la
new economy. Le imprese di questo settore, infatti, si insediano in un mercato che
ha il vantaggio sia di ridurre drasticamente i costi operativi sia di permettere il
posizionamento, in maniera tempestiva ed efficace, in mercati lontani, altrimenti
preclusi, arrivando facilmente al consumatore finale.
Questa nuova struttura dell’economia, inevitabilmente legata a quella tradizionale
e in continua evoluzione, è caratterizzata da significative criticità in campo
giuridico, visto e considerato che le categorie tradizionali difficilmente riescono a
regolare fenomeni estranei a quelli su cui si basa la regolamentazione corrente. La
ragione per cui è quasi impossibile giungere a una definizione precisa è dovuta alle
varie forme che l’economia digitale può assumere (si pensi, a titolo esemplificativo,
al commercio elettronico diretto e indiretto).
Multinazionali digitali come Apple, Google (etc..) hanno sfruttato la quasi totale
immaterialità del loro business model, mettendo in atto strategie organizzative che
hanno permesso loro di “posizionarsi” in Stati che prevedono un regime di
tassazione di gran lunga più favorevole.
Come risulterà chiaro nei prossimi capitoli, nessuna azienda della traditional
economy avrebbe potuto attuare strategie simili senza incorrere in ostacoli, e ciò è
dovuto proprio all’alto grado di materialità che caratterizza la loro attività.
Il secondo capitolo pone l’accento su come, contemporaneamente alla crescita e
diffusione esponenziale delle attività della new economy, sia cresciuto l’interesse
internazionale in tema di tassazione dell’economia digitale. Ne è dimostrazione
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l'inserimento di tale materia tra quelle oggetto di interesse del Progetto Base
Erosion and Profit Shifting (BEPS). Il Progetto in questione, elaborato a seguito del
mandato politico dei leader del G20, ha l’obiettivo di contrastare le strategie di
pianificazione fiscale aggressiva, e quindi agire in modo tale che i redditi vengano
tassati nel luogo in cui le attività sono svolte e in cui viene creato il valore. Nello
specifico, il Progetto BEPS, è costituito da quindici Action che hanno la finalità di
contrastare i comportamenti elusivi attuati dai soggetti passivi volti a erodere la
base imponibile (base erosion) e/o favorire lo spostamento dei profitti (profit
shifiting) in Paesi con un livello di tassazione ridotto o, addirittura, nullo.
Il Progetto BEPS destina un’intera azione (Action 1) alla tassazione dell’economia
digitale, evidenziando in particolar modo i problemi originati da questo fenomeno
ai fini delle imposte dirette in termini di individuazione dell’elemento di
collegamento con un certo territorio (nexus), data necessari per la definizione del
valore generato da un determinato mercato e la qualificazione dei pagamenti relativi
all’utilizzo dei prodotti digitali.
Nel terzo capitolo viene effettuato un excursus sui tentativi di legiferazione
nazionale del fenomeno in commento e che hanno avuto un primo sbocco nell’art.
1, comma 33, della Legge n. 147/2013 (Legge di stabilità 2014) con la prescrizione
dell’obbligo di aprire una partita IVA italiana per i soggetti che intendessero
prestare servizi di pubblicità on-line e di search advertising.
Ulteriore tentativo è rappresentato dalla proposta di legge Quintarelli - Sottanelli
nell’aprile del 2015: essa prevedeva una ritenuta alla fonte del 25% sulle transazioni
indirizzate alle attività d’impresa nel settore digitale che erogano dall’estero servizi
nel nostro paese.
Gli strumenti fiscali elaborati si ponevano, però, in contrasto, sia formalmente che
sostanzialmente, con i principi cardine sia del diritto interno sia di quello
internazionale, ragione per cui tali strumenti non hanno mai trovato attuazione.
Il quarto capitolo affronta il concetto di stabile organizzazione e di stabile
organizzazione occulta, soffermandosi in maniera specifica sui problemi di
territorialità che scaturiscono dal commercio elettronico.
L’economia digitale, infatti, si contraddistingue per la tendenza al disallineamento
tra luogo dello stabilimento della produzione e quello del consumo, con la
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conseguenza che la giurisdizione in cui si crea valore, e quindi competente a
esercitare la sovranità tributaria, risulta di difficile individuazione in base alle
attuali norme del diritto tributario.
L’art. 1, comma 1010, della Legge di bilancio 2018 ha integrato, l’art. 162, comma
2, del T.U.I.R., con la nuova lettera f-bis), la quale prevede la sussistenza di una
stabile organizzazione quando vi è una significativa e continuativa presenza
economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare
una sua consistenza fisica nel territorio stesso.
Dalla previsione della normativa è evidente lo svincolo del concetto di stabile
organizzazione dalla condizione di necessaria fisicità, già richiamata dall’Action 1
del Progetto BEPS.
Infine, nell’ultimo capitolo viene effettuata una analisi sulla disciplina italiana e
comunitaria inerente la novella web tax.
A riguardo, dopo aver appurato ripetutamente il verosimile disallineamento tra
luogo di tassazione dei profitti e quello di effettiva creazione del valore, l’Unione
Europea, dopo un’iniziale fase di scetticismo, ha presentato a febbraio 2018, un
“pacchetto” contenente due proposte di Direttiva di cui una incentrata sulla
presenza digitale significativa e l’altra sulla tassazione dei servizi digitali. Tali
proposte sono state, poi, concretamente pubblicate a marzo scorso, seppure
risultano attualmente in fase di arresto per via della ferma opposizione di alcuni
Stati membri, quali Lussemburgo, Malta e Irlanda.
Il lavoro prende in considerazione le novità contenute nella legge di bilancio 2019,
la cui proposta sulla web tax riproduce sostanzialmente quella presentata
dalla Commissione europea e discussa all’Ecofin da parte dei ministri
dell’economia dell’eurogruppo, che avevano fissato di assoggettare a
tassazione i proventi delle attività e della pubblicità dei giganti del web.
In Italia, già il precedente governo Gentiloni aveva introdotto nella legge di
bilancio 2018 un’imposta sulle transazioni dei servizi digitali che fissava
un’aliquota al 3% mai entrata in vigore per mancanza dei decreti attuativi.
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Capitolo 1
Digital Economy
1.1 L’economia digitale e i nuovi equilibri macro-economici
L’economia, definita come l’organizzazione razionale dell’utilizzo delle risorse
(limitate) per il miglior soddisfacimento dei bisogni individuali e collettivi, ha
vissuto negli ultimi tre secoli continui mutamenti che possono essere riassunti
sostanzialmente in quattro fasi
1
:
– economia agraria;
– economia industriale;
– economia finanziaria;
– economia digitale.
L’era attuale è quella digitale.
In linguaggio informatico, è digitale tutto ciò che può essere tradotto in formato
numerico, cioè in digitis, e ricondotto nella sua forma originaria senza perderne le
caratteristiche sostanziali.
L’obiettivo dell’evoluzione economica nella direzione digitale è antico: soddisfare
le esigenze del genere umano e creare nuova ricchezza. Come abbiamo già detto,
la soddisfazione delle esigenze umane è lo scopo per eccellenza di ogni attività
economica:
– nell’economia agraria, l’obiettivo è soddisfare un bisogno primario
dell’uomo, ovvero quello alimentare;
– nell’economia industriale tali obiettivi riguardano la creazione e l’utilizzo
di strumenti in grado di rendere più semplice la vita dell’uomo;
– nell’economia finanziaria, invece, le esigenze da soddisfare si riferiscono
alla gestione del patrimonio e scelte di investimento del capitale;
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S. Guelfi-E. Giacosa, “Le aziende della net economy”, Giappichelli Editore, 2003
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– nell’economia digitale i bisogni individuali e collettivi rimangono i
medesimi, ma gli operatori economici li soddisfano con nuove tecnologie
che rendono l’attività economica più rapida: si pensi all’utilizzo dei
computer in ogni settore, all’informatica, alle telecomunicazioni, alla
medicina ed all’insegnamento che rendono il lavoro umano più semplice,
meno metodico e ripetitivo e più efficace, quindi potremmo definire
l’economia digitale come il sistema di produzione e scambio basato su
tecnologie informatiche; essa non è limitata a Internet, perché ha un raggio
di azione molto più ampio della Rete
2
.
Tale digital economy comprende tutte le diverse tecnologie, sia hardware che
software, sia online che offline: dai sistemi cloud al mobile, dall’Internet of Things
ai Big Data, fino ai social network. Nel momento stesso in cui leggete questo
elenco, è già vetusto: altre “cose” stanno nascendo, trasformando e ampliando lo
spazio dell’economia digitale. Il fenomeno più importante è la sempre maggiore
integrazione e ibridazione tra il digitale e l’economia tradizionale, i cui processi
produttivi vengono trasformati e ottimizzati dalla tecnologia digitale
3
.
Nonostante i considerevoli progressi degli ultimi anni, l’Italia ha un preoccupante
ritardo rispetto ai paesi più industrializzati e ciò non contribuisce alla crescita
dell’economia nazionale.
Il ritardo italiano è dovuto essenzialmente a tre ragioni: un quadro normativo e
amministrativo poco favorevole, un gap infrastrutturale che conduce a un
significativo divario digitale per intere province e regioni italiane, una reticenza
culturale delle imprese (soprattutto le piccole e medie) a investire nelle tecnologie
digitali per innovare i propri processi e prodotti; infatti, quando si parla di
innovazione e cambiamento evidentemente nascono delle preoccupazioni come
pure possono evidenziarsi delle opportunità. La classica grande preoccupazione si
riferisce all’ambito lavorativo e riguarda la possibilità di perdere posti di lavoro;
l’altro grande timore è come bisogna cambiare la propria attitudine professionale in
un mondo che cambia e ciò costituisce un grosso freno per la realtà italiana.
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S. Guelfi-E. Giacosa, “Le aziende della net economy”, Giappichelli Editore, 2003.
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Economia digitale, www.lexdigital.com .