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CAPITOLO II
IMPIEGHI CLINICI DEL FARMACO TALIDOMIDE
Sommario: 1. Premessa - 2. Mieloma multiplo - 2.1 Patogenesi - 2.2 Sintomatologia -
2.2.1 Anemia - 2.2.2 Patologie renali - 2.2.3 Patologia ossea - 2.2.4 Altre complicazioni
- 2.3 Approcci terapeutici - 2.3.1 Trattamento con talidomide - 3. Eritema nodoso
lepromatoso - 3.1 Manifestazioni cliniche - 3.2 Approcci terapeutici – 3.2.1 Trattamento
con talidomide - 4. Altri impieghi clinici
***
1. Premessa
In seguito al ritiro dal commercio, nel 1961, l’attenzione verso la talidomide non
cessò; tant’è che nonostante il ritiro formale, il suo uso non si interruppe neanche nel
corso degli anni immediatamente successivi.
Il fatto che i suoi effetti fossero così devastanti sullo sviluppo embrionale e la non
conoscenza, al tempo, dei meccanismi molecolari implicati in tali conseguenze,
rappresentava un’enorme possibilità di progresso in campo farmaceutico.
La prima evidenza circa la possibile efficacia della talidomide in clinica non tardò ad
arrivare; nel 1964, infatti, il dermatologo israeliano Jacob Sheskin, decise di
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somministrare ad un paziente malato di lebbra, ricoverato presso l’Hadassah University
Hospital di Gerusalemme, il farmaco talidomide.
Il trattamento farmacologico precedentemente adottato, infatti, non risultava efficace nel
trattare la sintomatologia dolorifica, né tanto meno, le lesioni cutanee caratteristiche
dell’infezione da Mycobacterium leprae. Sorprendentemente, il paziente, in seguito a
somministrazione di talidomide, non manifestava più dolore e insonnia e dopo alcuni
giorni di trattamento, le sue lesioni cominciarono a migliorare fino alla completa
guarigione.
71
La fortuita scoperta del dott. Sheskin ha spinto ad effettuare ulteriori ricerche riguardanti
l'ipotetica attività antinfiammatoria della talidomide, approfondendo l'analisi del suo
meccanismo d'azione.
Si è così osservato che, questo potente agente teratogeno, era in grado di interferire con
specifiche reazioni immunitarie e che quindi, oltre ad essere potenzialmente efficace nel
trattamento dell'eritema nodoso lepromatoso, potrebbe esserlo anche in altre
manifestazioni infiammatorie.
La successiva scoperta dell’attività anti-angiogenica del farmaco, di cui si è discusso nel
capitolo precedente, ha indotto alcuni ricercatori a sperimentare anche l’uso di talidomide
come possibile farmaco antitumorale.
I tumori, infatti, sono caratterizzati da cellule con un potenziale proliferativo abnorme e
anormale e da una spiccata attività angiogenica, fondamentale per la vascolarizzazione
dello stesso, essendo in continua espansione.
Nel 1965, il dott. Kenneth B. Olson, fu il primo a testare la talidomide come antitumorale;
nel suo studio vennero reclutati 21 pazienti affetti da quattordici tipi di tumore differenti.
72
Il dato più promettente riscontato fu quello di una paziente affetta da mieloma multiplo,
nella quale si evidenziò un rallentamento nella progressione della malattia.
71
SHESKIN J. Thalidomide in lepra reaction, «Int.J. Dermatol», 1975, Vol. 14, Issue 8, Pag. 575-576
72
OLSON KB, HALL TC, HORTON J, KHUNG CL, HOSLEY HF. Thalidomide (n-
phthaloylglutamimide) in the treatment of advanced cancer, «Clin Pharmacol Ther.», May 1965, Vol.6
Pag. 292-297
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Fu, però, con il dott. Bart Barlogie, a partire dal 1995, che venne effettuato il primo trial
clinico, di cui parleremo nel prosieguo del presente capitolo, per valutare la potenziale
attività antitumorale della talidomide nel trattamento del mieloma multiplo.
73
Le conclusioni furono che la talidomide aveva un’effettiva attività antitumorale in
pazienti affetti da mieloma multiplo in stadio avanzato e per tale ragione, il 16 aprile 2008
l’EMA rilasciava l’autorizzazione alla commercializzazione della stessa per tale.
74
2. Mieloma multiplo
Il Mieloma Multiplo (MM) è una neoplasia delle plasmacellule e rappresenta circa
il 10% di tutti i tumori ematologici.
Nel 2020 sono stati più di 175000 i nuovi casi di mieloma multiplo registrati nel mondo,
75
con un’incidenza nel sesso maschile e femminile pressoché sovrapponibile ed un’età
media di diagnosi pari a 69 anni.
76
Il mieloma multiplo è una neoplasia a fenotipo B maturo caratterizzato da una
proliferazione incontrollata di plasmacellule nel midollo osseo che porta alla
sovrapproduzione di immunoglobuline, dette paraproteina o componente M (M =
monoclonale) o catene di immunoglobuline intatte non funzionali.
77
Non sempre, infatti, le plasmacellule sintetizzano immunoglobuline complete; si parla di
mieloma micromolecolare quando, vengono prodotte solo catene leggere associate a
proteinuria di Bence-Jones.
78
L'accumulo di tali immunoglobuline e l'interazione delle cellule plasmatiche monoclonali
anomale con altre cellule presenti nel midollo osseo causano una serie di complicazioni,
73
BARLOGIE B. [et al.], Antitumor activity of thalidomide in refractory multiple myeloma, «N Engl J
Med.», November 1999, Vol 34, Issue 21, Pag.1565-1571.
74
EU/3/01/067 - orphan designation for treatment of multiple myeloma:
https://www.ema.europa.eu/en/medicines/human/orphan-designations/eu-3-01-067 (Accesso effettuato il
20 dicembre 2023)
75
International Agency for Research of Cancer: https://gco.iarc.fr/today/data/factsheets/cancers/35-
Multiple-myeloma-fact-sheet.pdf (Accesso effettuato il 20 dicembre 2023)
76
National Cancer Institute: https://seer.cancer.gov/statfacts/html/mulmy.html (Accesso effettuato il 20
dicembre 2023)
77
BOSI A., DE STEFANO V., DI RAIMONDO F., LA NASA G., Manuale di malattie del sangue, Elsevier
S.r.l, Milano, 2012, pag. 154
78
BONADONNA G., ROBUSTELLI DELLA CUNA G., VALAGUSSA P., Medicina oncologica,
Elsevier S.r.l, Milano, 1 Dicembre 2007, pag. 1563.
36
tra cui anemia, lesioni ossee, infezioni, ipercalcemia, insufficienza renale, affaticamento
e dolore.
79
Per la diagnosi di MM, infatti, è fondamentale che siano presenti uno o più sintomi
identificabili dall’acronimo CRAB dove: «“C” indica ipercalcemia con livelli di calcio
> 11,5 mg/dL, “R” insufficienza renale con valori di creatinina > 2 mg/dL o una
clearance della creatinina < 40 mL/min, “A” anemia con valori Hb < 10 g/dL o 2 g sotto
il valore normale, “B” lesioni osteolitiche o anche severa osteoporosi».
80
2.1 Patogenesi
L’Organizzazione Mondiale della Sanità differenzia il mieloma multiplo da altre
malattie delle plasmacellule come la gammopatia monoclonale di significato
indeterminato (MGUS) da cui però sembra progredire.
81
La MGUS è una condizione premaligna asintomatica caratterizzata dalla proliferazione
di un clone di plasmacellule neoplastico. La sua frequenza di incidenza aumenta con
l’invecchiamento, con una percentuale di diagnosi del 3% nei soggetti con età compresa
tra 60 e 70 anni e una percentuale del 14% nei soggetti con età superiore a 90 anni.
82
Ad oggi sono stati classificati tre sottotipi di MGUS che comprendono:
- MGUS IgG e IgA che può evolvere in MM
- MGUS IgM che può evolvere in macroglobulinemia e altri linfomi
- MGUS a catene leggere che può evolvere in mieloma micromolecolare.
83
La patogenesi del MM è, quindi, caratterizzata da un’evoluzione a stadi:
a) condizione premaligna asintomatica MGUS;
b) stadio intermedio tra MGUS e MM, definito "MM smouldering", che non rispetta
ancora i criteri CRAB, ma che spesso, progredisce verso un MM sintomatico;
79
BRIGLE K., ROGERS B., Pathobiology and Diagnosis of Multiple Myeloma, «Seminars in Oncology
Nursing», 2017, Vol. 33, Issue 3, Pag. 225-236
80
BOSI A., DE STEFANO V., DI RAIMONDO F., LA NASA G., Manuale di malattie del sangue, Elsevier
S.r.l, Milano, 2012, pag. 154
81
SWERDLOW S.H., [et al.] The 2016 revision of the World Health Organization classification of
lymphoid neoplasms, «Blood», 2016, Vol. 127, Pag. 2375-2390
82
Vedi nota 80
83
Vedi nota 80
37
c) fase attiva del MM in cui si ha manifestazione dei sintomi caratteristici della
patologia;
d) fase aggressiva terminale in cui le cellule mielomatose perdono il controllo
citochinico, si ha un aumento della crescita cellulare, una ridotta risposta
terapeutica e la formazione di lesioni extramedullari; ovverosia lesioni al di fuori
del midollo osseo coerenti con la progressione della malattia verso il MM
extramedullare (EMD).
84
In condizioni normali, i linfociti B maturi (che presentano immunoglobuline di superficie
IgM) lasciano il midollo osseo e giungono nei tessuti linfoidi secondari, ovverosia nei
linfonodi e nella milza. Qui, in seguito a riconoscimento antigenico, possono o
differenziare fuori dal centro germinativo a plasmacellule a breve vita che, esprimono
IgM, oppure entrare nel centro germinativo e andare incontro ad un processo di
ipermutazione e di selezione antigenica.
I linfociti B che presentano un mancato riconoscimento antigenico andranno incontro ad
apoptosi, mentre i linfociti B che hanno acquisito selezione positiva potranno costituire il
pool di linfociti B della memoria oppure acquisire capacità effettrici differenziando in
plasmacellule a lunga vita.
Per quanto detto precedentemente, il MM sembra progredire da MGUS mediante dei
meccanismi ancora da chiarire ma che, sicuramente, vede nelle fasi iniziali una
disregolazione della famiglia delle cicline D, ovverosia un gruppo di proteine che
promuovono la progressione del ciclo cellulare.
L’amplificazione del gene della ciclina D, le trisomie e altri eventi citogenetici, sembrano,
dunque, essere condizioni necessarie per la trasformazione neoplastica della
plasmacellula.
85
84
MITSIADES C.S., [et al.], Focus on Multiple Myeloma, «Cancer Cell», November 2004, Vol. 6 Num. 5,
Pag. 439-444.
85
BRIGLE K., ROGERS B., Pathobiology and Diagnosis of Multiple Myeloma, «Seminars in Oncology
Nursing», 2017, Vol. 33, Issue 3, Pag. 225-236
38
La presenza di una copia extra (trisomi) di cromosomi dispari 3,5,7,9,11,15,19,21
rappresenta la maggioranza dei casi di MM; si parla di iperdiploidia e non interessa mai
il cromosoma 13.
86
Il 10% dei casi di MM, invece, vede cariotipi non iperdiploidi con alta prevalenza di
traslocazione del gene Ig, ovverosia traslocazioni a carico del locus della catena pesante
delle Ig (IGH).
87
Come dimostrato dagli studi effettuati da Avet-Loiseau H. [et al.]
88
, nel MM si
riscontrano anomalie citogenetiche che comprendono principalmente le traslocazioni
14q32 che coinvolgono il locus IGH e le delezioni 13q.
Per quanto concerne le traslocazioni 14q32, sono state identificate 3 principali
traslocazioni nelle linee cellulari del mieloma umano: t(4;14), t(11;14) e t(14;16). Gli
studi di Avet-Loiseau H. [et al.] dimostrano, però, una maggior incidenza di sole due di
queste traslocazioni, t(11;14) e t(4;14); la traslocazione t(14;16) si riscontra solo nel 2%
dei pazienti.
89
Tra queste, la traslocazione t(4;14) ha un’incidenza, pari al 10%, nei pazienti con IgA
MM piuttosto che nei pazienti che presentano mieloma micromolecolare ed è descritta
solo nel 2% dei casi di MGUS.
Questo dato suggerisce una possibile correlazione tra questa anomalia e lo switch da
MGUS a MM, considerando il fatto che i punti di rottura sul cromosoma 4 si verificano
all'interno di una regione tra FGFR3 e l'esone MMSET 5’.
Questa regione è una piccola parte di un cluster genico che comprende il gene della
famiglia delle trasforming acidic coiled-coil protein (TACC3), il gene della famiglia dei
recettori per il fattore di crescita per i fibroblasti (FGFR3) e la proteina contenente il
dominio SET del mieloma multiplo (MMSET), nota anche come WHSC1 e NSD2.
90
86
BERGSAGEL P.L, KUEHL W.M., Molecular pathogenesis and a consequent classification of Multiple
Myeloma, «J Clin Oncol. », 2005, Vol. 23, Issue 26, Pag. 6333-6338
87
Vedi nota 86
88
AVET-LOISEAU H. [et al.], Oncogenesis of multiple myeloma, «Blood», 2002, Vol.99, Pag. 2185-2191
89
Vedi nota 88
90
KEATS J.J. [et al.], In multiple myeloma, t(4;14) (p16;q32) is an adverse prognostic factor irrespective
of FGFR3 expression, «Blood», 2003, Vol. 101 (4), Pag. 1520–1529
39
Alla base quindi del MM sembra esserci una disregolazione dell’espressione di oncogeni
quali FGFR3, TACC3 e MMSET, che intercorre conseguentemente alla traslocazione
t(4;14) e che sembra, dunque, influenzare “il controllo del ciclo cellulare, la regolazione
epigenetica della trascrizione, la sopravvivenza del mieloma e gli eventi mitotici che
portano all'instabilità genomica”.
91
Poiché il mieloma multiplo è una patologia legata al microambiente midollare, le
plasmacellule monoclonali presenti nel midollo osseo instaurano una rete di interazioni
con le proteine della matrice extracellulare e con le cellule presenti. Queste interazioni
sono fondamentali per il processo di proliferazione, diffusione e sopravvivenza delle
cellule neoplastiche.
92
Nello specifico le cellule del MM, legandosi alle proteine della matrice, come la
fibronectina, inibiscono l’apoptosi Fas-mediata e l’apoptosi mediata da farmaci, con
conseguente acquisizione di immortalità.
93
Le cellule stromali del midollo osseo secernano il fattore di crescita simile all'insulina 1
(IGF1), che nelle cellule del mieloma, insieme alla citochina infiammatoria TNF, la
citochina IL-6 e altre molecole, induce l'espressione di NF-κB.
NF-κB, essendo iper-espresso, induce un’elevata espressione di citochine che
promuovono il tumore (come TNF, IL-6, IL-1), di fattori pro-apoptotici come Bcl-2 e
Bcl-xL e di fattori pro-oncogenici come Myc.
94
Questi fattori pro-sopravvivenza promuovo, quindi, la crescita del mieloma e
conferiscono resistenza alle cellule cancerose dagli agenti chemioterapici che inducono
l’apoptosi.
L’iper-rilascio di IL-6, una citochina pleiotropica coinvolta in diversi meccanismi
molecolari, è la condizione più coerentemente implicata nel mieloma multiplo.
91
Vedi nota 90
92
BONADONNA G., ROBUSTELLI DELLA CUNA G., VALAGUSSA P., Medicina oncologica,
Elsevier S.r.l, Milano, 1 Dicembre 2007, pag. 1560.
93
OANCEA M, MANI A, HUSSEIN MA, ALMASAN A., Apoptosis of multiple myeloma, «Int J
Hematol», 2004, Vol. 80, Issue 3, Pag 228
94
ROY P., SARKAR U.A, BASAK S., The NF-κB Activating Pathways in Multiple Myeloma.
«Biomedicines», 2018, Vol. 6 Pag. 59