PROPOSTA PROGETTUALE
SISTEMA
FORESTALE
ANALISI GEOFISICA
-collocazione geografica (Piemonte)
-morfologia del territorio (montagne, % foreste,
% pascoli, torrenti, etc.)
-clima (tipologia climatica, indice precipitazioni,
indice insolazione, etc.)
FUTURO
DEL CLIMA
ANALISI
SOCIO-ECONOMICA
PASSATO
-risorse economiche
-Abitanti
-Attività
PRESENTE
-Abitanti
-Risorse economiche
-Eccellenze in campo produttivo
-Sistemi di approvvigionamento idrico
ed energetico
-Iniziative in materia ambientale
(agenda 21)
REALTA’ VIRTUOSE
ESTERNE
-Val Varaita
-Consorzio Val Susa
-Valtellina
-Valle d’Aosta
-Trentino
ANALISI FISICA
-I numeri
-La tipologia forestale
-Com’è suddivisa la proprietà
forestale (pubblico-privato)
-Politica gestione boschi
LA FILIERA DEL LEGNO
- attori della filiera legno
presenti sul territorio
-Il mercato attuale
-I progetti in atto
-Tendenze future
TRADIZIONE LOCALE
-tipicità artigiane
-utilizzato della risorsa legno
-gestione forestale
LA NUOVA VITA
DELLE ALPI
CRITICITA'
FOTOVOLTAICO
COGENERAZIONE
NO IMPREGNANTE
ALL'ACQUA
PULIZIA
NON
GESTIONE
SVILUPPO FILIERA
LOCALE
ALLARGARE LA
FILIERA
SITUAZIONE
ATTUALE
TERMOVALORIZZAZIONE
PRODUZIONE
BIOCOMBUSTIBILE
SEPARAZIONE
SUBSTRATO
IMPREGNANTE
LEGNAME
ESTERO
CIPPATO +
SCARTI
GESTIONE
BOSCHIVA
ENERGIA
NATURALE
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SYSTEMS DESIGN
CAPITOLO 1
Introduzione -
L'approccio sistemico -
Imparare dalla Natura -
Ottimizzare le risorse -
I principi di Zeri -
Quello che stiamo vivendo è un momento fondamentale, non solo per la storia dell’umanità, ma dell’intero
Pianeta. Per la prima volta l’uomo sta mettendo in pericolo la sua stessa esistenza e il complesso
ecosistema in cui vive; dopo aver cercato di dominare per secoli la “Natura ostile”, comprende, oggi più
che mai, che questa “Natura” non è un cosa “altra”, separata, ma è legata a lui da uno stretta rete di
relazioni e interconnessioni.
La conseguenza di una logica di progettazione lineare è un sistema produttivo e di consumo miope che
non ha alcuna possibilità di futuro.
Il rischio dell’attuale modello è infatti quello di superare i limiti imposti dalla natura e in questo modo le
modifiche all’ambiente, da temporanee potranno degenerare a definitive. Nel corso del XX secolo l’impatto
dell’uomo sull’ambiente è stato maggiore di quello complessivo delle epoche precedenti. (John R. McNeil).
“Oggi i beni comuni sono l’aria, l’acqua, la pesca negli oceani, le foreste, le risorse minerarie ed
energetiche: tutto ciò viene sfruttato al di sopra di quelli che sono i limiti naturali del sistema Terra.”
Garrett Hardin, 1968
“Un altro mito da sfatare è che l’economia di mercato sia il sistema di produzione più efficiente. Se
consideriamo i danni provocati all’economia della natura, tale “efficienza” si rivela infatti del tutto inefficace.
L’efficienza e la produttività dell’agricoltura industriale non tengono conto dell’impoverimento del suolo,
dell’esaurimento delle falde acquifere sotterranee, dei processi di erosione, dell’estinzione della biodiversità.”
Vandana Shiva, 2006
“La nave dello sviluppo ha fatto naufragio e – come sul Titanic – l’orchestra continua a suonare”…Serge
Latouche, 1993
Questa separazione, così netta nel mondo Occidentale, tenta oggi di essere ricucita, a fatica si supera
la vione meccanicistica, lineare di causa-effetto con un approccio olistico, cercando di scoprire l’intreccio
di relazioni che regola la Rete della Vita.
Proprio l’impossibilità di perpetuare all’infinito l’attuale sistema lineare (“dalla culla alla tomba”) sta
spingendo l’umanità a ripensare il sistema stesso in modo tale da rendere possibile un modello di vita
sostenibile senza perdere i benefici che l’attuale modello ha portato con sé.
Il termine “metabolismo industriale” è stato formalizzato nel settembre 1988 a un convegno dell’Università
delle Nazioni Unite a Tokyo, cui ne sono seguiti altri (Ayres e Simonis, 1994), che ha riflettuto sul fatto
che le cause primarie dei cambiamenti globali, innescati dal nostro intervento nei sistemi naturali,
derivassero dal sistema economico e produttivo e quindi dalle attività industriali, causa di interferenze
continue negli equilibri dinamici dei cicli biogeochimici fondamentali, come quelli del carbonio, dell’ossigeno,
dell’azoto e dello zolfo. Si prese atto del fatto che oggi l’industria è inevitabilmente parte del “metabolismo”
della biosfera. È perciò indispensabile cercare di far rientrare le attività industriali nei cicli della natura.
L’industria è obbligata a imitare la natura. Il nostro centro di interesse deve essere spostato dal capitale
umano ed economico a quello naturale. Il nostro sottosistema economico e produttivo può vivere solo
entro i limiti dell’ecosistema globale.
E’ proprio in questa direzione che si sta muovendo l’ecodesign: al centro del progetto non c’è più
unicamente l’essere umano ma l’intero ecosistema in cui il nuovo prodotto o servizio è inserito.
Si tratta di una svolta epocale, come la definisce Gunter Pauli, di un cambio di paradigma tra una visione
antropocentrica - positivista ad una visione ecocentrica in cui il tutto è inseparabile.
…”Ora cominciamo a scorgere alcuni degli errori epistemologici della civiltà occidentale. In armonia col
clima di pensiero che predominava verso la metà dell’Ottocento in Inghilterra, Darwin formulò una teoria
della selezione naturale e dell’evoluzione in cui l’unità di sopravvivenza era o la famiglia o la specie o
la sottospecie o qualcosa del genere. Ma oggi è pacifico che non è questa l’unità di sopravvivenza del
mondo biologico reale: l’unità di sopravvivenza è il complesso “organismo più ambiente” (cioè non è una
unità delimitabile). Stiamo imparando sulla nostra pelle che l’organismo che distrugge il suo ambiente
distrugge sé stesso. (l’unità di sopravvivenza evolutiva risulta coincidente con l’unità mentale).”
Bateson Gregory, 1972
INTRODUZIONE
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I Sistemi viventi secondo la definizione di Fritjof Capra sono reti autopoietiche, chiuse dal punto di vista
organizzativo ma aperte al flusso di materia ed energia, che attraverso un processo conoscitivo si
materializzano in strutture dissipative lontano dall’equilibrio.
Il fenomeno della vita può essere quindi osservato secondo tre criteri interdipendenti tra loro: Schema,
Struttura e Processo. Se lo Schema di organizzazione è la configurazione delle relazioni che determina
le caratteristiche essenziali del sistema definendolo appartenente ad una certa classe e la Struttura è
‘incarnazione fisica dello schema, il Processo della vita costituisce l’attività necessaria alla materializzazione
continua dello Schema di organizzazione in Struttura.
Questa nuova concezione della vita definita in modo scientifico solamente nel XX Secolo cambia
radicalmente la concezione meccanicistica maturata in epoca illuministica dalle teorie Newtoniane,
abbandonando definitivamente l’idea del Mondo come di un perfetto orologio costituito da componenti
indipendenti sottoposti alle regole di causa ed effetto. Gli studi di Ilya Prigogine sulle strutture dissipative
modificano ulteriormente quello che la termodinamica classica definiva come entropia introducendo un
cambiamento radicale e mostrando che nei sistemi aperti la dissipazione diviene una forma di ordine.
La rete autopoietica, definita per la prima volta da Maturana e Varala nel 1973, è una rete di processi
di produzione, in cui la funzione di ogni componente è quella di partecipare alla produzione o alla
trasformazione di altri componenti della rete. In questo modo, l’intera rete produce continuamente se
stessa. Viene prodotta dai suoi componenti e a sua volta produce i componenti attraverso un processo
costante di auto-organizzazione regolato da anelli di retroazione. C’è una retroazione positiva in cui
l’informazione aumenta la deviazione del sistema dal proprio stato iniziale; c’è una retroazione negativa
in cui l’informazione riporta il sistema allo stato iniziale e diminuisce la deviazione.
L’applicazione della teoria dei sistemi allo studio della vita portò a formulare un modello che rappresenta
forse l’espressione più sorprendente e più bella di auto-organizzazione: l’idea che il pianeta Terra nella
sua interezza sia un sistema vivente, auto-organizzantesi. Questa teoria che va sotto il nome di “Ipotesi
Gaia” fu presentata per la prima volta da James Lovelock nel 1969 ed elaborata grazie alla collaborazione
del chimico dell’atmosfera e della microbiologa Lynn Margulis. La teoria di Gaia dimostra che c’è una
stretta concatenazione fra le parti viventi del pianeta e le sue parti non viventi attraverso un’ autoregolazione
continua tramite continui anelli di retroazione.
“ …Quando gli scienziati ci dicono che la vita si adatta a un ambiente essenzialmente passivo, fatto di
chimica, fisica e rocce, perpetuano una visione gravemente distorta. In realtà la vita realizza e forma e
modifica l’ambiente a cui si adatta. Allora quell’ambiente agisce a sua volta sulla vita che sta cambiando
e agendo e crescendo in esso. Ci sono dunque delle interazioni cicliche costanti.” Lynn Margulis (1989)
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L'APPROCCIO SISTEMICO
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Seguendo il concetto di paradigma data da Thomas Kuhn, Capra afferma che il paradigma sociale
imperante oggi “…ha dominato la nostra cultura per molte centinaia di anni, durante i quali ha foggiato
la società occidentale moderna e ha esercitato un’influenza significativa sul resto del mondo. Questo
paradigma consiste in una quantità di idee e valori radicati, fra cui la visione dell’universo come sistema
meccanico composto da mattoni elementari, la visione del corpo umano come macchina, la visione della
vita sociale come lotta di competizione per l’esistenza, la fiducia in un progresso materiale illimitato da
raggiungere attraverso la crescita economica e tecnologica, e – ultima ma non meno importante – la
credenza secondo cui una società nella quale la donna è ovunque sottomessa all’uomo segue una legge
fondamentale della Natura.” Capra Fritjof
Il nuovo paradigma che sta emergendo in questi ultimi anni può essere definito come una visione olistica
del mondo, considerando il mondo come un insieme integrato piuttosto che come una serie di parti
separate.
Come illustra il filosofo norvegese Arne Naess attraverso la definizione della sua teoria sull’ecologia
profonda “L’essenza dell’ecologia profonda sta nel porsi domande più radicali”
In questo mondo il nuovo approccio ecologico pone domande radicali sui veri fondamenti della nostra
concezione del mondo e sul nostro stile di vita, che sono moderni, scientifici, industriali, orientati alla
crescita, materialistici. Essa mette in discussione l’intero paradigma da una prospettiva ecologica: dalla
prospettiva dei nostri rapporti reciproci, con le generazioni future e con la trama della vita di cui siamo
parte.
Secondo Capra le soluzioni per i maggiori problemi del nostro tempo ci sono; alcune sono perfino
semplici, ma richiedono un mutamento radicale nelle nostre percezioni, nel nostro modo di pensare, nei
nostri valori.
Per concretizzare questo passaggio si deve innanzitutto aumentare il grado di ecoalfabetizzazione,
cercando di comprendere i meccanismi che la natura ha affinato per migliaia di anni, per poi applicare
queste regole al nostro sistema.
Secondo Janine Benyus questo cambiamento ci “introduce in un’era basata non su ciò che possiamo
estrarre dalla natura, ma su ciò che possiamo imparare da essa.” Janine Benyus, 1997. La stessa Janine
Benyus attraverso il suo libro “Biomimicry” illustra il lavoro svolto da numerosi laboratori che,utilizzando
la tecnica della biomimesi, osservano e analizzano dettagliatamente la chimica e le strutture molecolari
dei materiali più complessi che si ritrovano in natura, per poi usarli come modelli per le nuove biotecnologie.
In questo modo si scoprono tecnologie, che la natura utilizza da millenni in modo assolutamente sostenibile,
in grado di venire incontro alle necessità umane.
Lo studio dell’evoluzione della vita, per esempio, ha portato alla formulazione della teoria della simbiogenesi
che pone al centro delle spinta evolutiva la simbiosi di organismi precedentemente indipendenti. Mentre
le precedenti teorie ponevano in risalto la competizione come processo evolutivo, la simbiogenesi
riconosce l’importanza della cooperazione. “La vita non prese il sopravvento del globo con la lotta, ma
istituendo relazioni” Margulis, Sagan, 1986.
La cooperazione e la mutua dipendenza costituiscono quindi gli aspetti centrali dell’evoluzione della
rete della vita e, in un’ottica di progettazione ecosostenibile, dovranno essere assunti come principi
basilari. Se da un lato infatti l’economia attuale incoraggia la competizione, l’espansione e la dominazione;
l’ecologia incoraggia la cooperazione, la conservazione e la partnership.
Il concetto di cooperazione è alla base dell’innovativa metodologia del CED Concurrent Ecodesign che
estende l’attività progettuale a tutti gli attori della produzione e del consumo presenti nelle varie fasi del
ciclo vita del prodotto, in modo da avere uno scambio in tempo reale degli sviluppi progettuali.
Per cercare di comprendere i meccanismi che regolano la rete della vita e definire quelle che sono le
regole base dell’ecologia si deve adottare lo stesso linguaggio della natura. Lo sviluppo della visione
sistemica, le nuove concezioni della fisica che hanno avuto luogo nei primi tre decenni del XX° Secolo,
hanno determinato un profondo cambiamento nella nostra visione del mondo e ci hanno permesso di
comprendere parte dello schema di organizzazione della vita.
Nel secolo appena trascorso sono state molte le persone, tra scienziati e studiosi, che hanno cercato
di definire le regole su cui si basa la vita su questo pianeta.
IMPARARE DALLA NATURA
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Una di queste, Ludwig Von Bertalanffy si sforzò di elaborare, attraverso la “Teoria Generale dei Sistemi”,
una serie di regole generali applicabili a tutte le scienze, senza completare mai in modo definitivo il suo
lavoro, riuscì a definire un insieme di principi che, uniti a quelli scoperti successivamente da altri studiosi,
costituiscono le basi dell’approccio sistemico.
Le caratteristiche del pensiero sistemico impongono uno spostamento dalle parti al tutto, le proprietà
sistemiche vengono infatti distrutte quando un sistema viene sezionato in elementi isolati.
Il valore complessivo creato dall’intero sistema è sempre maggiore della somma dei valori che
verrebbero generati dai singoli componenti presi separatamente.
I sistemi inoltre sono formati su vari livelli, sistemi inseriti in altri sistemi, in cui a ciascun livello i fenomeni
osservati mostrano proprietà che non esistono a livelli inferiori. Le proprietà delle parti del sistema non
sono proprietà intrinseche ma si possono comprendere solo nel contesto di un insieme più ampio; il
pensiero sistemico è così un pensiero contestuale. Nel nuovo pensiero sistemico, la rete sostituisce
l’edificio nella metafora della conoscenza; quello sistemico è un pensiero di processo, di relazioni.
Basandosi quindi sull’interpretazione degli ecosistemi come reti autopoietiche e come strutture dissipative,
sono stati formulati un insieme di principi di organizzazione identificabili con i principi fondamentali
dell’ecologia che possono essere utilizzati come linee guida per l’edificazione di comunità umane
sostenibili.
Il primo principio dell’ecodesign ci dice infatti che rifiuto = cibo; questo avviene però solo in un sistema
circolare in cui ciò che è materiale di scarto per una specie è cibo per un’altra e non più lineare. Se i
sistemi industriali attuali funzionano in un’ottica lineare che va dall’approvvigionamento delle materie
prime, alla loro trasformazione, all’uso e alla dismissione in discarica (“dalla culla alla tomba”), quelli
sviluppati in un’ottica sistemica diventano circolari e il flusso di materia ed energia circola in continuazione
eliminando il concetto di rifiuto. Se per il sistemi lineari chiusi è valido il concetto di entropia formulato
dalla termodinamica classica, nei sistemi aperti, come abbiamo visto in precedenza, la dissipazione
di energia porta a nuove forme di ordine producendo in continuazione delle proprietà emergenti
tipiche dei sistemi in uno stato di equilibrio dinamico.
L’approccio del Systems Design prevede infatti la realizzazione di sistemi aperti al flusso di materia ed
energia, organizzativamente chiusi, in cui i rifiuti prodotti da un processo vengano reimmessi nel ciclo
come materia prima per altri processi con l’obiettivo di eliminare le emissioni.
Un altro principio cardine è l’interdipendenza: tutti i membri di una comunità ecologica sono interconnessi
in un’immensa e intricata rete di relazioni, la trama della vita.
La capacità di sopravvivenza e di adattamento propria della vita implica due principi base dell’ecologia:
la flessibilità e la diversità.
La flessibilità di un sistema è la conseguenza dei suoi anelli di retroazione multipli che tendono a riportare
in equilibrio il sistema ogni qualvolta ci sia una deviazione dalla norma, dovuta al cambiamento delle
condizioni ambientali. Questa capacità permette al sistema di organizzarsi continuamente in base alle
modificazioni dell’ambiente esterno.
La differenza invece permette una maggiore elasticità del sistema, grazie al fatto di avere molte specie
le cui funzioni ecologiche si sovrappongono e che quindi possono sostituirsi una all’altra.
Riassumendo queste importanti regole che la Natura mostra di seguire costantemente, si ottiene la
formulazione di un sistema aperto in cui il continuo scambio di materia ed energia porta all’eliminazione
del concetto di rifiuto, flessibile ed elastico in cui tutte le sue parti sono interdipendenti e concorrono
costantemente alla produzione o trasformazione di altri componenti della rete attraverso un processo
di auto - organizzazione regolato da continui anelli di retroazione.
“In contrasto con la concezione meccanicistica cartesiana del mondo, la visione del mondo che emerge
dalla fisica moderna può essere caratterizzata con parole come organica, olistica ed ecologica. Essa
potrebbe essere designata anche come una visione sistemica, nel senso della teoria generale dei sistemi.
L’universo non è visto più come una macchina composta da una moltitudine di oggetti, ma deve essere
raffigurato come un tutto indivisibile, dinamico, le cui parti sono essenzialmente interconnesse e possono
essere intese solo come strutture di un processo cosmico.” Capra Fritjof, 1982
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IMPARARE DALLA NATURA
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Un altro importante insegnamento che ci dà la complessa Rete della Vita è l’alto grado di ottimizzazione
delle risorse; attraverso un processo costante, che ha affinato in milioni di anni, è riuscita a realizzare
relazioni e organismi sempre più evoluti in grado di assimilare e rielaborare le sostanze presenti sulla
Terra. In questo momento storico l’uomo si rende conto, sempre più chiaramente che, se da un lato la
popolazione mondiale è in costante crescita, le risorse sono limitate e quindi bisogna assolutamente
cercare di utilizzarle e riciclarle nel migliore modo possibile.
Fino ad ora il sistema produttivo lineare, “dalla culla alla tomba”, ha sfruttato in modo indiscriminato
alcune risorse terrene considerandole inestinguibili provocando enormi squilibri agli ecosistemi come
dimostra il fatto che l’attuale sistema è basato su fonti fossili di energia che la Natura ha accumulato in
ere geologiche e che l’uomo ha quasi esaurito in quasi due secoli.
Come ci insegna la Teoria dei Sistemi, se una o più variabili del sistema vengono spinte ai propri valori
massimi si crea uno stato di stress dannoso all’intero sistema, quello che l’attuale modello lineare sta
perpetuando attraverso la continua estrazione di materie prime e la produzione di rifiuti è una produzione
di stress per l’intero Pianeta.
L’ottimizzazione delle risorse è un principio cardine dell’ecodesign e, come dimostrano di Paul Hawken,
Amory Lovins e L. Hunter Lovins in “Capitalismo Naturale”, l’umanità potrebbe mantenere l’attuale stato
di produzione riducendo di dieci volte gli attuali consumi grazie al miglioramento dell’efficienza degli
attuali sistemi produttivi. (Fattore 10)
Naturalmente l’ottimizzazione dell’attuale sistema produttivo rappresenta solo uno stadio intermedio nel
passaggio dall’attuale modello lineare ad un sistema a zero emissioni.
L’eco-efficienza, che definisce il legame tra miglior sfruttamento delle risorse e minor impatto ambientale,
non è infatti che una parte di una più ricca rete di idee e soluzioni. Senza un completo ripensamento
della struttura e dei benefici del sistema commerciale e sociale, la semplice eco-efficienza può addirittura
rivelarsi dannosa per l’ambiente. “Bisogna considerare finalmente non solo il denaro e le merci, ma
anche le risorse naturali e le risorse umane, organizzando l’economia sulla base delle realtà biologiche.
Il capitalismo naturale si propone di favorire quattro aspetti: un uso più efficace delle risorse; una
produzione a circuito chiuso, senza scarti e tossicità; un’organizzazione capace di premiare questi aspetti;
un reinvestimento nel capitale della natura”. Amory Lovins, 1996
L’ecoefficienza è un termine sempre più diffuso in questi ultimi anni che racchiude un’infinità di declinazioni
diverse (ecodesign, BAT, design dei servizi, dematerializzazione, fattore 10, etc…) atte a migliorare e
ottimizzare l’attuale sistema rendendolo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
Sono infatti questi tre aspetti profondamente correlati che definiscono oggi la sostenibilità e che
rappresentano il back round della progettazione cocompatibile.
L’obiettivo attuale è dunque il passaggio dall’ecoefficienza all’ecoefficacia (McDonough, Braungart)
in cui il sistema stesso venga ripensato per diventare un sistema a zero emissioni.
OTTIMIZZARE LE RISORSE
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Nata inizialmente come un progetto di ricerca presso l’Università delle Nazioni Unite a Tokio, Zeri è
un’associazione internazionale fondata nel 1996 dall’economista Gunter Pauli; è un network globale di
circa 3000 studiosi di varie discipline che ricercano soluzioni innovative per perseguire l’obiettivo delle
zero emissioni.
Alla base della filosofia di Zeri ci sono i principi ecologici fondamentali come le strutture reticolari non
lineari, il ciclo della materia, i sodalizi multipli, la diversità fra le imprese, la produzione e il consumo su
scala locale e il porsi come scopo l’ottimizzazione anziché la massimizzazione.
Il principio base che ha mosso la creatività di Gunter Pauli è stato il rendersi conto che i rifiuti organici
gettati via o bruciati da un’industria contengono grandi quantità di risorse preziose per altre manifatture.
L’obiettivo di Zeri è quindi quello di aiutare le industrie a organizzarsi in raggruppamenti ecologici, in
modo tale che, con beneficio per entrambe, gli scarti di una possano essere venduti come risorse ad
un’altra, applicando uno dei principi cardine dell’ecologia secondo cui quello che è scarto per una specie
diventa nutrimento per un’altra.
Il motto dell’Associazione è infatti “No liquid waste, no gaseus waste, no solid waste”.
La metodologia Zeri, ispirata dal lavoro della microbiologa Lyin Margulis, è basata sull’armonia e
l’interazione dimostrata tra i 5 differenti Regni della Natura: batteri, alghe, funghi, vegetali e animali.
E’ possibile realizzare una buona progettazione di sistema solo se si tengono in considerazione tutti i
Regni naturali, nessuno escluso; anzi, Gunter Pauli considera la verifica dell’impiego di tutti i Regni come
una sorta di controllo di qualità progettuale.
L’associazione Zeri ha inoltre formulato 5 principi fondamentali, che si articolano all’interno dei 5 regni,
su cui basa la propria metodologia progettuale:
1 - Il rifiuto di una specie può costituire nutrimento per una specie di un altro regno.
2 - Quello che è tossico per una specie non lo è per almeno una specie appartenente ad un altro
regno.
3 - Ogni virus può essere eliminato facendolo passare attraverso almeno altri due regni.
4 - L'efficacia di un sistema è maggiore quanto più sfrutta le biodiversità locali.
5 - Tutte le specie dei cinque regni interagiscono tra di loro. E' possibile fare interagire specie
di regni diversi a temperatura e pressione ambiente.
Il percorso progettuale della metodologia Zeri è articolato attraverso 5 diversi obiettivi:
Il primo è quello di mirare alla produttività, verificare quindi se c’è la possibilità di utilizzare integralmente
i prodotti durante le fasi di produzione per non generare scarti.
Se non è possibile raggiungere questo risultato si ricorre alla tavola OUTPUT - INPUT in cui viene
analizzato nel dettaglio il flusso di materia ed energia che investe l’intero processo produttivo.
A questo punto, come terzo obiettivo, si individuano le possibili aggregazioni tra industrie diverse in cui
gli scarti di lavorazione dell’una rappresentano la materia prima per un’altra.
Il quarto step prevede l’individuazione delle grandi innovazioni che è necessario attuare per raggiungere
l’obiettivo prefissato.
Infine, l’ultimo elemento riguarda il modo in cui è strutturato il processo di definizione delle politiche.
Sebbene infatti la legislazione di molti Paesi sia mossa dall’esigenza di proteggere l’ambiente, spesso
essa non tiene conto delle opportunità offerte dallo schema output-input.
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I PRINCIPI DI ZERI
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ANALISI GEOFISICA
CAPITOLO 2
Introduzione -
Il Territorio -
I Comuni -
Cambiamenti Climatici -
L applicazione del Systems Design ad una determinata realt produttiva prevede un approccio olistico
e multidisciplinare all analisi di questa realt per cercare di valutare tutte le possibili interazioni che
coinvolgono il sistema di studio. Questo implica che, oltre all analisi degli aspetti prettamente tecnici e
gestionali, sia stata svolta, all interno di questo progetto specifico, un accurata ricerca sul territorio per
comprendere fino in fondo la sua storia, le sue tradizioni e cercare in questo modo di recuperare un
patrimonio di conoscenze maturate in piø di 2000 anni di storia.
Il rispetto per le tradizioni culturali e per la storia del luogo in cui si progetta Ł infatti un principio
fondamentale dell ecodesign. Questo forte legame con il luogo, la terra e le sue radici permette di
acquisire conoscenze nuove modellando il progetto direttamente sul territorio.
Ogni progetto di Systems design Ł infatti unico perchØ applicato ad un particolare luogo e difficilmente
ripetibile in serie. Questa sua caratteristica lo accomuna al progetto che regola l intera rete della vita
in cui ogni struttura pu avere degli elementi comuni ad altre ma Ł assolutamente unica.
Il Territorio
Situato nel cuore delle Alpi Cozie Il territorio dell’Alta Val Chisone si snoda lungo la parte alta del torrente
Chisone, le cui sorgenti prendono origine dai Monti Barifreddo e Appenna. La vallata si Ł formata per
effetto dell’azione dei ghiacciai e di fenomeni erosivi ancora in atto. ¨ in gran parte montuoso ed i pianori
coltivabili sono molto limitati; il bosco rappresenta ancora oggi una ricchezza assieme ai pascoli, seppure
in maniera evidentemente minore rispetto al passato. Sul suo territorio sono presenti tre Parchi Naturali
di cui quello della Val Troncea Ł interamente compreso estendedensosi per una superficie di 3280 ettari
occupando la parte superiore del bacino del torrente Chisone, mentre quello del Gran Bosco di Salbertrand
e quello dell Orsiera RocciavrŁ sono lambiti in parte.
E un territorio alpino ricco di storia e tradizione sul quale l uomo staziona stabilmente da millenni che
ha fatto parte in passato della comunit degli Escartons (1343-1713), una sorta di democrazia federale
con capitale Brian on che godeva di una certa autonomia e che comprendeva oltre la val Pragelato (Alta
Val Chisone) anche il Brian onnais, il Queyras, l’alta val di Susa e Castel Delfino in alta val Varaita.
Il 29 maggio del 1343 il delfino Umberto II e 18 rappresentanti di oltre 50 comunit delle valli alpine
firmarono infatti la Grande Charte, una sorta di costituzione, scritta su pelle di pecora, che divenne il
patto per mezzo del quale quelle popolazioni ottennero l’affrancamento dalle servitø feudali, il diritto alla
libert individuale, alla propriet e all’auto gestione del territorio denominato "La Repubblica degli
Escartons".
I capifamiglia potevano, per esempio, decidere sull’utilizzo dei pascoli, sulla costruzione di ponti e strade,
sull’elezione dei consoli, cioŁ i sindaci, o sulla risoluzione delle controversie. AllorchØ il duca di Savoia,
nel 1690, entr a far parte della Lega asburgica, quest’area divenne strategica, sicchØ la Francia rafforz
militarmente tutta la zona di Brian on. in seguito alle guerre di successione spagnola e al trattato di
Utrecht, la Francia perse il territorio degli Escartons italiani e il duca di Savoia dirott il traffico commerciale
attraverso il Moncenisio, cos la Repubblica degli Escartons perse la sua unit e cess definitivamente
di esistere nel 1790; ma ormai le montagne avevano creato un’unit culturale di tradizioni e di vita alpina
che sono presenti ancora ai giorni nostri. I segni di questa singolare esperienza si riscontrano anche
nell’uso della lingua francese parlata nelle nostre valli fino agli inizi del ’900, nella lingua d’oc (area
linguistica Occitana), parlata in ambito famigliare ancora oggi, nell’architettura delle case, nell’uso delle
meridiane, nei gigli e delfini che ornano ancora i battacchi dei portali e le pietre delle
fontane.Contemporaneamente allo svolgersi di questi fatti, popolazioni professanti fedi eterodosse (Poveri
di Lione, Catari e Dolciniani), si insediarono nell’alto Corso del Chisone. Dal XIV secolo aumentarono
le conflittualit tra e verso le popolazioni di fede non cattolica, molto presenti nell’alto pinerolese. In Val
Pragelato, dopo l’abrogazione dell’Editto di Nantes, atto a tutelare le minoranze religiose, le popolazioni
protestanti lasciarono le valli.Oggi sono ancora visibili i segni della Seconda Guerra Mondiale, ultimo
conflitto che ha coinvolto queste vallate, sui numerosi villaggi distrutti e abbandonati.
L’ALTA VAL CHISONE
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La fonti ufficiali da cui sono prese le iformazioni storiche sopra pubblicate sono il sito ufficiale della
Comunit Montana www.chisone-germanasca.torino.it/, e il Museo del Costume Tradizionale delle Genti
Alpine di Pragelato.
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COLLOCAZIONE GEOGRAFICA
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2 0 2 4 Km
Pragelato
Usseaux
Fenestrelle
Fenestrelle
Depot
Chambons
Mentoulles
Laux
Usseaux
Balboutet
Pourrieres
Fraisse
Soucheres-Basses
Grand Puy
Pragelato
AllevØ
Villardamond
Traverses
Plan
Pattemouche
Duc
Laval
Troncea
Torino
Pragelato:
Superficie Territoriale 8.995 ha
Superficie forestale 2.616 ha
Indice di Boscosit 29%
Penenza media 39%
Fenestrelle:
Superficie Territoriale 4.924 ha
Superficie forestale 2.242 ha
Indice di Boscosit 46%
Pendenza media 45%
Usseaux:
Superficie Territoriale 3.822 ha
Superficie forestale 1.205 ha
Indice di Boscosit 32%
Pendenza media 44%
CARTA DELLE ESPOSIZIONI
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Fonte: Paolo Cielo, Franco Gottero, Pier Giorgio Terzuolo -La produzione di legno nella comunit montana
valli Chisone e Germanasca: Stima di masse e assortimenti ritraibili
Un interessante fattore riguarda l orientamento delle valli Si hanno infatti valli ad orientamento Ovest -
Est con versanti quindi orientati a Nord e a Sud.
Questo aspetto orografico ha influenzato anche il tipo di assetto di uso del suolo che ha visto lo sviluppo
sui versanti a mezzogiorno di attivit agricole e pastorali, mentre sui versanti piø freddi ha favorito il
perpetuarsi del bosco.
colori tendenti al rosso esposizioni a mezzogiorno,
colori tendenti al blu esposizioni a bac o.
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CARTA DI UTILIZZO DEI SUOLI SECONDO PFT
PB - praterie non utilizzate
LEGENDA
AL - arboricolture da legno
AQ - acque
BS - boscaglie
CB - cespuglieti pascolabili
CP - cespuglieti
CV - vigneti
GR - greti
PL - praterie
PR - praterie rupicole
PT - prati pascoli
RI - rimboschimenti
RM - rocce
SE - seminativi
SF - superfici forestali
SP - formazioni di ripa
UI - aree urbanizzate
UV - verde urbano
Fonte: Paolo Cielo, Franco Gottero, Pier Giorgio Terzuolo -La produzione di legno nella comunit montana
valli Chisone e Germanasca: Stima di masse e assortimenti ritraibili
AREA FORESTALE
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Pragelato
Usseaux
Fenestrelle
Fonte: Paolo Cielo, Franco Gottero, Pier Giorgio Terzuolo -La produzione di legno nella comunit montana
valli Chisone e Germanasca: Stima di masse e assortimenti ritraibili
Il comprensorio territoriale dell Alta Val Chisone Ł ricco di boschi che costituiscono una preziosa fonte
di materia prima, ma anche una protezione dai dissesti idrogeologici e da fenomeni valanghivi, e ospitano
una flora e fauna ricchissime.
Il larice costituisce la specie caratterizzante del paesaggio della valle, presente sia in forma pura che
associata ad altre specie tra cui il pino cembro, nelle formazioni di quota e piø evolute, e il faggio nelle
formazioni piø basse e in fase di trasformazione ai limiti territoriali di Fenestrelle.
La composizione prevalente di questi soprassuoli Ł quindi data in modo marcato e dominante da questa
conifera che occupa quasi sempre oltre il 70% del numero di piante e il 91% del volume.
Sul versante indritto del torrente Chisone, nei comuni di Usseaux e Fenestrelle Ł presente un popolamento
di pino silvestre la cui funzione produttiva principale risulta quella di legna da ardere e in parte minore
legname da opera le cui caratteristiche tecnologiche sono molto meno apprezzate rispetto a quelle del
larice.