e coniugare le azioni di protezione dell’ambiente con quelle di promozione di uno
sviluppo sostenibile rappresentano un percorso obbligato. Le problematiche di
protezione dell’ambiente e del paesaggio si intersecano, infatti, in modo molto
stretto con i temi dello sviluppo rurale, della qualità della vita e dello sviluppo
socio-economico delle collettività locali (Chiodo E., Solustri A., 2003).
Si tratta di temi che da alcuni anni sono al centro dell’attenzione tanto sul
piano scientifico quanto sul piano operativo delle politiche pubbliche. Il
riferimento, in particolare, è ai concetti di aree rurali e di sviluppo rurale e di
agricoltura sostenibile e multifunzionale che già da diversi anni sono presenti nel
dibattito tra gli economisti agrari, che hanno cercato di chiarirne i significati e
mettere a punto degli strumenti di analisi e di valutazione, con l’obiettivo di
individuare delle azioni di politica idonee a promuovere percorsi di sviluppo
sostenibile nelle aree rurali.
Con questo lavoro di ricerca si intende indagare in che modo i concetti
appena richiamati si coniugano in quei territori rurali interessati dall’istituzione di
un’area protetta. Si vuole, in altri termini, definire un approccio teorico e
metodologico utile a caratterizzare la ruralità di questa particolare tipologia di
territori e valutare la performance dell’agricoltura presente al suo interno, in
termini di sostenibilità. Si tratta in definitiva di interrogarsi sul come l’agricoltura
di un’area protetta può e deve necessariamente contribuire alla tutela attiva del
territorio, all’interno di uno specifico contesto rurale. Questa analisi intende
fornire indicazioni utili per la definizione di idonei strumenti di politica per
promuoverne la sostenibilità e la multifunzionalità delle attività agricole e di
allevamento, in linea con le finalità specifiche di un’area protetta e le peculiarità
del suo contesto rurale.
Gli obiettivi perseguiti possono essere sintetizzati nel modo seguente:
dal punto di vista teorico, definire un approccio teorico e metodologico per
l’analisi della ruralità e delle dinamiche di sviluppo in atto nelle cosiddette
aree protette antropizzate, e per valutare la performance, in termini di
sostenibilità, dell’agricoltura presente al suo interno;
dal punto di vista empirico, applicare la metodologia individuata ad un caso
studio, con la finalità di fornire ai policy maker un quadro conoscitivo utile a
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definire degli strumenti di politica capaci di migliorare la sostenibilità del
settore agricolo nella specifica area protetta e più in generale del contesto
rurale in cui è inserito.
Il conseguimento degli obiettivi teorici si concretizzerà nell’identificazione
di un set di indicatori per la caratterizzazione della ruralità del territorio e di uno
schema di indicatori per valutare la sostenibilità (economica, sociale ed
ambientale) dell’agricoltura e delle attività zootecniche.
La fase sperimentale della ricerca si articolerà, quindi, nelle seguenti fasi:
1. caratterizzazione socio-economica del territorio dell’area protetta oggetto di
studio;
2. caratterizzazione del settore agricolo e zootecnico circa le peculiarità
strutturali e tipologiche delle aziende;
3. valutazione della sostenibilità dell’agricoltura e della zootecnia dei comuni in
cui ricade il territorio del Parco.
Il lavoro di ricerca è organizzato in quattro capitoli, oltre alla presente
introduzione e alle conclusioni. Nei primi due capitoli sono richiamati
rispettivamente i concetti di ruralità e sviluppo rurale e quelli di sostenibilità nella
sua accezione “globale” e con riferimento al solo settore agricolo (la sostenibilità
in agricoltura), fornendone la chiave di lettura successivamente adottata nella
definizione dell’approccio metodologico. Nel terzo capitolo si è inteso richiamare
le principali tappe dell’evoluzione della politica di sviluppo rurale dell’Unione
Europea, dalla sua prima formulazione sino alla nuova politica di sviluppo rurale
per il periodo 2007-2013. Il quinto capitolo è dedicato all’analisi del caso studio,
applicando l’approccio teorico e metodologico precedentemente individuato. Il
caso studio preso in considerazione è un’area protetta recente istituzione: il Parco
Nazionale dell’Alta Murgia. Dopo una ricognizione circa le caratteristiche
generali dell’area e la sua collocazione all’interno del territorio regionale, si
procederà alla misurazione degli indicatori di ruralità, utile a caratterizzare il
contesto o i contesti socio-economici in cui si svolge l’attività agricola presente
nell’area vasta del parco, e alla misurazione degli indicatori di sostenibilità
dell’agricoltura.
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1 Aree rurali e sviluppo rurale
1.1 La questione rurale e l’evoluzione dei concetti di ruralità e sviluppo
rurale
La riscoperta della questione rurale si deve al riconoscimento di alcune
dinamiche in atto in vaste zone dell’UE che generano incertezze e preoccupazioni
nelle popolazioni residenti ma anche nella società nel suo complesso circa le
prospettive sociali, economiche ed ambientali di tali aree. Le dinamiche in atto
consistono, generalmente, nello spostamento delle attività economiche e della
popolazione verso le aree urbane (Leon Y., 1999) e nella perdita di importanza del
settore agricolo come settore portante dell’economia di queste aree, in termini di
produzione di ricchezza e numero di occupati. Si assiste, inoltre, da un lato alla
ristrutturazione del settore agricolo con la continua riduzione della superficie
agricola utilizzata e del numero di aziende agricole, accompagnata
dall’intensificazione della produzione nelle aree più produttive, di pianura, e
l’estensivizzazione o l’abbandono delle terre meno produttive, di collina e di
montagna. Dall’altro alla diversificazione economica delle zone rurali per filiere
produttive e/o in attività economiche nel settore secondario e terziario (Saraceno
E., 1999). Tali dinamiche mettono in crisi la tradizionale struttura ed
organizzazione delle aree rurali, esponendole ai rischi di un declino economico,
sociale ed ambientale, con possibili ripercussioni sulla coesione socio-economica
all’interno dell’UE.
La rilevanza della questione rurale discende dall’estensione di queste aree,
che coprono circa il 90% del territorio dell’UE (UE a 25 Stati membri), dalla
percentuale di popolazione che vi abita, più del 50% del totale, e dalla sua
ricchezza in termini culturali, economici, sociali ed ambientali (Dichiarazione di
Cork, 1996).
Tuttavia il segno e l’intensità delle dinamiche in atto nelle aree rurali sono
diversi nelle diverse aree rurali. Vi è quindi una diversità di problemi che si
devono affrontare nelle aree rurali, che richiedono da un lato strumenti specifici
per una loro corretta identificazione e dall’altro politiche di intervento ad hoc,
costruite con un approccio di tipo bottom-up e che abbiano come target non solo il
settore agricolo ma l’intera economia locale e le comunità rurali.
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Il riaccendersi dell’interesse per lo sviluppo rurale ha coinciso, infatti, con
l’affermarsi dell’idea dell’esistenza di una molteplicità di modelli di sviluppo a
livello locale, la cui specificità deriva dalle caratteristiche intrinseche del
territorio, inteso come spazio di interazione tra elementi economici, sociali,
culturali e ambientali.
Dal punto di vista teorico il dibattito ha riguardato la definizione del
concetto di ruralità, la delimitazione dello spazio rurale e l’analisi dei processi di
sviluppo rurale.
L’identificazione del rurale, e la conseguente delimitazione dello spazio
rurale, si è dimostrata essere affatto semplice se non addirittura impraticabile, per
la variabilità spazio-temporale del concetto stesso di ruralità, la crescita della
complessità del contesto macro-economico in cui esso si colloca, la
trasformazione da spazio quasi esclusivamente agricolo a luogo di interazione di
un tessuto economico e sociale sempre più diversificato.
L’analisi storica dei tentativi di classificazione dello spazio rurale che si
sono succeduti nel tempo, svolta dall’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale
(INSOR, 1992), ha consentito di identificare quattro approcci alternativi:
1. rurale come micro-collettività;
2. rurale come sinonimo di agricolo;
3. rurale come sinonimo di ritardo;
4. rurale come spazio interstiziale.
Il primo approccio fa riferimento al criterio dell’ampiezza demografica
degli insediamenti umani per individuare lo spazio rurale. Le classificazioni
basate su questo criterio identificano il rurale come categoria residuale rispetto
all’urbano, ovvero come tutti quegli insediamenti che non superano una certa
ampiezza demografica (Insee, 1982).
La seconda definizione, rurale come sinonimo di agricolo, considera
l’elevato peso del settore agricolo, soprattutto in termini di addetti, come elemento
caratterizzante della ruralità.
Il terzo approccio, rurale come sinonimo di ritardo, associa la ruralità con
il ritardo socio-economico. Le variabili utilizzate in queste classificazione
comprendono tra gli altri sempre uno o più indicatori di ritardo.
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L’ultimo approccio, il rurale come spazio interstiziale, è espressione di
una visione che caratterizza alcuni studi sulla zonizzazione territoriale volti
all’individuazione di regioni funzionali dal punto di vista socio-economico. Si
tratta di regioni definite sulla base di fenomeni di interazione, che coinvolgano
potenzialmente tutti i soggetti in esse residenti, quali i flussi di pendolarismo e i
movimenti migratori della popolazione. Un esempio di questo genere di
classificazione sono i “Sistemi Locali del Lavoro”, che l’ISTAT ha identificato a
livello nazionale, considerando gli spostamenti giornalieri per motivi di lavoro
(ISTAT, 1997).
L’INSOR, a sua volta, ha proposto una sua classificazione che identifica il
rurale come un’area caratterizzata dalla preponderanza della “superficie a verde”
su quella edificata (INSOR, 1992). L’idea è quella di includere, nella
delimitazione dello spazio rurale, oltre ai fattori socio-demografici anche aspetti
relativi al territorio.
Nonostante i numerosi tentativi di individuare dei criteri univoci per
classificare le aree rurali la nozione di ruralità è rimasta sostanzialmente indefinita
a causa dell’esistenza di una pluralità di fattori che concorrono a qualificare uno
spazio come rurale, cui si ricollegano altrettanti modi di interrogarsi
sull’eterogeneità dello spazio (Blanc, 1997).
A tal proposito è possibile identificare tre diversi approcci all’analisi delle
aree rurali:
l’approccio spaziale (von Thunen, Christaller e Losch, Fujita, Krugman e il
filone di ricerca della cosiddetta New Economic Geography);
l’approccio territoriale (Becattini, Jayet, Blanc);
l’approccio territoriale costruttivista (Bodiguel; Mougenot e Mormont;
Marsden et al.).
Si tratta di modi differenti di interrogarsi sul rurale, che colgono aspetti
diversi della realtà che potrebbero completarsi a vicenda.
L’approccio spaziale considera lo spazio come un insieme di punti e il
rurale come il risultato dell’interazione sul territorio di forze di agglomerazione e
dispersione che conducono ad un’organizzazione territoriale delle attività
produttive e residenziali basata su di un sistema di centri e periferie. Le principali
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variabili esplicative di questi modelli sono le economie di scala, i costi di
trasporto e la concorrenza fondiaria. Lo spazio rurale sarebbe il risultato
dell’esistenza, in certe aree, di un freno all’esercizio delle forze di
agglomerazione. In questi modelli, che propongono, in molti casi, una visione
gerarchica dello spazio, il rurale può risultare, di volta in volta, integrato
all’urbano e da esso dipendente.
Elemento centrale del secondo approccio è il territorio, inteso come spazio
dotato di una forte strutturazione interna, cui i diversi autori si riferiscono
utilizzando termini quali sistema locale di produzione, distretto industriale,
milieux innovateurs. La definizione più esemplificativa della nozione di territorio
caratterizzante questo approccio è quella di Becattini a proposito del distretto
industriale: “un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva,
in un’area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente
determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese
industriali. Nel distretto […] la comunità e le imprese tendono, per così dire ad
interpenetrarsi a vicenda” (Becattini, 1989).
L’approccio costruttivista considera lo spazio come il risultato delle azioni,
in un luogo determinato, dei gruppi sociali che vi interagiscono. Lo spazio non è
un’entità indipendente dagli attori che vi agiscono, ed è in funzione della loro
rappresentazione del rurale che gli attori trasformano gli spazi che essi
considerano rurali. In questa ottica, è la struttura sociale che determina le
categorie spaziali e dunque la nozione stessa di rurale. L’evoluzione delle zone
rurali, dunque, è in gran parte il frutto della diversità della loro struttura sociale
(Storti, 2004).
In definitiva, oggi è sicuramente anacronistico identificare lo spazio rurale
con quello agricolo ed è innegabile l’importante ruolo delle popolazioni e delle
attività non agricole nei processi evolutivi che hanno caratterizzato lo spazio
rurale europeo negli ultimi decenni. Pertanto non è soddisfacente delimitare le
aree rurali con riferimento ad alcuni semplici indicatori (peso del settore agricolo,
densità abitativa, ecc.), ma è necessaria una pluralità di indicatori per cogliere la
complessità e la diversità delle aree e delle comunità rurali (Arzeni et al., 2003). È
necessario, pertanto, condurre indagini ad hoc per caratterizzare la ruralità (stato e
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dinamiche in atto) di un territorio, definendo uno schema di indicatori capaci di
cogliere le peculiarità sul piano socio-economico ed ambientale.
Per quanto riguarda il concetto di sviluppo rurale, esso è definito da Hodge
come:
“un complessivo incremento del benessere dei residenti delle aree rurali e, più in
generale, nel contributo che le risorse rurali danno al benessere dell’intera
popolazione” (Hodge, 1986).
Questa definizione riconosce un interesse generale per lo sviluppo delle
aree rurali, in quanto capace di incidere sul benessere, tanto delle popolazioni
locali quanto di quelle non residenti. Tuttavia il significato da attribuire allo
sviluppo rurale va declinato nel tempo, in quanto strettamente legato
all’evoluzione del più generale concetto di sviluppo, che a sua volta dipende dai
profondi mutamenti nei bisogni della collettività. Se in passato lo sviluppo era
identificato con la sola crescita economica, perciò l’obiettivo era quello di
accrescere il reddito, senza prestare attenzione a tutta una serie di elementi che
concorrono a definire la qualità della vita, adesso la gravità di alcuni costi sociali,
l’eccessiva utilizzazione delle risorse naturali e la generalizzata diffusione di
fenomeni di inquinamento hanno portato a una ridefinizione delle preferenze e
delle esigenze della collettività. Ne deriva l’emergere di una nozione di sviluppo
sempre più complessa, che travalica i confini della sfera economica e richiede
l’adozione di approcci multidisciplinari sul piano sia della misurazione del grado
di sviluppo di un paese, di una regione o di aree sub-regionali, che delle politiche
volte alla sua incentivazione.
Il significato attuale da assegnare allo sviluppo rurale deve, quindi, tener
conto dei mutamenti nel ruolo dell’agricoltura nell’economia di un paese o di
singole aree e del cambiamento dei modelli di consumo. Da un lato vi è la
necessità di rivitalizzare le zone rurali più marginali o di ridurre la pressione
esercitata sull’ambiente a causa dell’utilizzazione di tecniche produttive troppo
intensive; dall’altro di rispondere alle esigenze della domanda, sempre più
orientata verso le produzioni di qualità e la fruizione di servizi ambientali
soprattutto a scopi ricreativi. In altre parole, è riconosciuto all’agricoltura un ruolo
multifunzionale, per cui alla produzione di beni, alimentari e non, si affianca la
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