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Il consumo mondiale di piastrelle ceramiche è notevolmente cresciuto negli
ultimi anni attestandosi per ora sui 3,5 miliardi di metri quadrati. I paesi della
Comunità Europea (in particolare Italia e Spagna) continuano ad essere leader per
quanto riguarda la qualità della produzione, mentre i paesi asiatici, specialmente la
Cina, sono più proiettati verso la quantità del prodotto. [Ceramic World Review Year
9, N°30, Gen/Feb 1999]
Alla fine del 1998 la produzione italiana di piastrelle ceramiche ha registrato
un incremento nei volumi compreso tra il 2,5% ed il 3%, in linea con la crescita
della domanda sui mercati aperti alla concorrenza internazionale che si attesta sul
6,5% nel 1998, coprendo 1,5 miliardi di metri quadrati.
Un altro dato importante è la maggiore attrattiva del prodotto piastrella di
ceramica rispetto ad altri materiali edili, attrattiva testimoniata dal fatto che il
consumo mondiale di piastrelle aumenta ad un ritmo superiore a quello del PIL
mondiale, come mostrato in Figura 1.
Si prevede che il mercato a più forte crescita per il prossimo biennio sarà
quello dell’Europa centro orientale (+55 milioni di metri quadrati), in particolare la
Polonia, mentre l’Europa occidentale e gli Stati Uniti d’America presenteranno una
crescita molto più limitata (rispettivamente +7 e +15 milioni di metri quadrati); i
restanti mercati mondiali (estremo oriente, Africa, America centro meridionale)
subiranno un forte calo a causa delle peggiorate condizioni economiche.
Dall’analisi comparata della produzione di piastrelle italiana e spagnola,
risulta che i mercati cui si rivolgono sono sostanzialmente diversi per tipologia e
destinazioni d’uso del prodotto. In particolare l’Italia ha una prevalente produzione
per pavimenti ed in pasta bianca destinata ad edilizia non residenziale, mentre la
Figura 1 – Confronto tra l’andamento del PIL e del consumo di piastrelle
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Spagna ha una maggiore concentrazione verso gli usi tradizionali ed i rivestimenti
per interni. E’ importante notare che nei mercati oggi in difficoltà è maggiore la
presenza di produttori spagnoli che non italiani.
In questo clima mondiale di sovraproduzione, i fattori chiave su cui i
produttori europei di piastrelle ceramiche baseranno la loro competitività per il
futuro saranno la qualità, la varietà proposta ed il prezzo. Quindi l’automazione del
processo industriale, insieme con tecniche di controllo basate su sensori ed
appropriate tecniche di gestione dell’impianto serviranno a mantenere il loro primato
in questo settore. [IMPACT]
I principali limiti tecnologici nel controllo della produzione delle piastrelle
ceramiche sono:
ξ Molto spesso il controllo di qualità è effettuato a danno avvenuto per un
intero lotto di produzione. I controlli si fanno fuori linea, ad intervalli di
tempo piuttosto ampi. I modelli di controllo sono semplici ed ogni sotto-
processo viene controllato isolatamente.
ξ Gli impianti sono progettati con grandi sistemi di stoccaggio per separare
bene le fasi della produzione e del controllo di qualità.
ξ Gli impianti sono sprovvisti di reti informatiche in grado di convogliare e
gestire le informazioni necessarie ad un controllo in linea.
ξ C’è mancanza di sensori capaci di lavorare in linea e quindi manca un
controllo accurato dei parametri di processo. Senza questo controllo
accurato, la relazioni tra i parametri dei vari sotto-processi sono di solito di
tipo euristico e spesso incomplete.
ξ Le macchine per la produzione sono tutte progettate per lavorare da sole,
senza alcuna interfaccia per il controllo esterno o per il dialogo con un
sensore.
L’interesse di tutte le nazioni della Comunità Europea verso queste tematiche
e la necessità di rimanere competitivi hanno spinto la CEE a finanziare il progetto
Integrated Manufacturing and Production Automation for the Ceramic Tile industry
(IMPACT) cioè Manifattura Integrata ed Automazione della Produzione per
l’industria di Piastrelle Ceramiche che ha un obbiettivo molto ambizioso:
sviluppare metodi e procedure per implementare un impianto completamente
automatico.
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L’impianto pensato dal progetto IMPACT si compone di tre strutture
essenziali:
ξ Un sistema capace di controllare in linea le macchine, i processi, i servizi e
capace di diagnosticare la manutenzione preventiva delle macchine. E’
stato stimato che i tempi di fermo macchina possono ridursi dell’80%, le
perdite di processo del 25%, il consumo di energia del 15% e che si può
riuscire a riciclare il 90% del materiale di processo e dell’acqua di
lavorazione.
ξ Sensori in grado di lavorare in linea anche nelle fasi critiche della
lavorazione
ξ Una rete informatica costituita da un sistema esperto modulare ed a più
variabili in grado di effettuare il controllo del processo in tempo reale. La
modularità del sistema si richiede per ottenere una “intelligenza
distribuita” nell’impianto, che consente una maggiore flessibilità.
In particolare, il controllo della granulometria è un passaggio fondamentale
nella produzione di piastrelle ceramiche e la distribuzione granulometrica deve
rimanere entro stretti limiti per garantire un prodotto dalle caratteristiche elevate ed
uniformi. Una polvere dalla granulometria diversa dalle specifiche di produzione
può portare a difetti più o meno gravi nella piastrella ma sempre indesiderabili
nell’ottica di primato qualitativo già esposta.
Obiettivo della tesi è sviluppare un sistema di misura adatto ad essere posto in
linea in grado di misurare, in tempi brevi ed a costi contenuti, la distribuzione di
granulometria della polvere, affrontando il problema dall’estrazione del campione
dal flusso produttivo fino alla presentazione appropriata dei risultati della misura.
In questo studio si è partiti da un esame di massima del processo di produzione
ceramica, passando poi ad un tratteggio dei principi alla base delle principali
tecniche oggi disponibili per la misura della granulometria, per finire con la
presentazione della tecnica di elaborazione digitale dell’immagine.
L’esame del processo di produzione è importante per capire più a fondo le
problematiche industriali connesse con la misura granulometria, a partire dal suo
posizionamento all’interno del processo di lavorazione, fino alla rassegna dei difetti
che un’errata granulometria genera sul prodotto.
Dopo questo punto si presentano le principali tecniche oggi disponibili per
affrontare questa misura. Di ciascuna si espone il principio di misura, il range
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dimensionale entro cui viene utilizzata di solito e principali vantaggi o svantaggi
rispetto alle altre tecniche.
Infine si propone la tecnica di misura della granulometria mediante
elaborazione digitale delle immagini, che viene dettagliatamente studiata in questo
lavoro.
L’implementazione pratica di questa tecnica è sfociata nello sviluppo di un
software in ambiente LabVIEW
©
che si occupa della misura dalla fase di
acquisizione dell’immagine in poi.
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1 La misura della granulometria
1.1 Caratterizzazione di una polvere
In linea di massima, si può dire che la caratteristica più comune fra tutte le
polveri è l’elemento statistico: una caratteristica di una polvere non si può
riassumere con un numero, ma con una distribuzione statistica e questo vale per
qualsiasi aspetto della polvere. [Arai 1996]
Generalmente una polvere consiste di particelle che differiscono in dimensioni
e forma, per cui per caratterizzare la polvere è necessario conoscere quanto più
precisamente possibile le dimensioni e la forma di ogni particella, insieme con la
frequenza relativa all’insieme.
Potrebbe essere impossibile misurare queste caratteristiche per tutte le
particelle della polvere, ma proprio da queste caratteristiche dipende in buona parte
il prodotto finale e quindi si richiedono metodi per esprimere la forma, le dimensioni
e la distribuzione della dimensione delle particelle.
La forma delle particelle è strettamente legata alla misura delle dimensioni. Se
si potessero fare delle ipotesi sulla forma (ad esempio sferica o cubica) allora il
parametro da intendersi per “dimensione caratteristica” sarebbe immediatamente
identificato (ad esempio il diametro della sfera od il lato del cubo) e si chiamerebbe
diametro rappresentativo. In generale la particella è un corpo solido tridimensionale
di forma non riconducibile ad un solido euclideo, ma la necessità di misurare ha
spinto molti ricercatori all’individuazione di un parametro dimensionale adeguato a
ciascuna esigenza. La tecnica che si adotta è utilizzare quante più informazioni si
hanno per calcolare la dimensione della particella con riferimento ad una forma
ideale, ottenendo quello che si chiama un diametro equivalente.
Ad esempio un possibile diametro equivalente per la particella della Figura 2-
1-a è il lato del cubo avente lo stesso volume del parallelepipedo ad essa circoscritto.
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f = area proiettata.
V = volume
Anche i tre parametri b, l ed h potrebbero essere usati insieme per descrivere le
dimensioni della particella, si richiederebbe allora una procedura standard per la
costruzione del parallelepipedo e l’assegnazione dei lati. Una tale procedura è stata
definita da Heywood: con riferimento alla Figura 2-1-b, prima si misura b, poi si
determina l in una direzione ortogonale rispetto a b ed infine si trova h ortogonale
alle prime due.
Per poter esprimere il diametro equivalente di una particella di forma
irregolare a partire dalla conoscenza di l, b ed h si possono utilizzare diverse
definizioni, di cui viene dato un breve compendio, (Tabella 2-1). Vi sono sia
diametri medi di vario tipo che diametri equivalenti calcolati dall’area proiettata o
dal volume della particella, che sono molto più fermamente usati e diffusi degli altri.
Tabella 1-1 – Alcuni diametri equivalenti
Diametro calcolato Definizione
Medio di due assi ( l + b ) / 2
Medio di tre assi ( l + b + h ) / 3
Medio-armonico di tre assi 3 / ( 1 / l + 1 / b + 1 / h )
Rettangolo circoscritto ( b l )
1 / 2
Quadrato equivalente f
1 / 2
Cerchio equivalente
( f / Σ )
1 / 2
Parallelepipedo equivalente ( l b h )
1 / 3
Cilindro equivalente ( f h )
1 / 3
Cubo equivalente V
1 / 3
Sfera equivalente
( 6 V / Σ )
1 / 3
Questi diametri non definiscono in maniera estremamente rigorosa la
dimensione della particella: due particelle, una più grande dell’altra, potrebbero
Figura 1-1 – Parallelepipedo circoscritto ad una particella
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scambiarsi di posto al cambiare del diametro equivalente considerato. Tuttavia si è
visto che aumentando molto il numero delle particelle misurate questi diametri
offrono distribuzioni ripetibili, cioè prendendo da un’unica popolazione campioni
diversi si ottengono distribuzioni simili.
Ciò è dovuto al fatto che in effetti una particella si potrebbe misurare secondo
una infinità di criteri ed ognuno potrebbe evidenziare più un aspetto morfologico che
un altro, scambiando così l’ordine di alcune particelle. Innalzandone il numero,
queste particolarità morfologiche spariscono rispetto alla totalità delle altre
particelle, divenendo un “rumore di fondo” della misura trascurabile.
Per sottolineare il fatto che questi diametri offrono risultati significativi solo su
un elevato numero di particelle, si chiamano anche diametri statistici. [Allen 1997]
I diametri statistici maggiormente utilizzati sono il diametro di Feret, di
Martin, di Krumbein e di Heywood, Figura 2-2, che non si esprimono tramite b, l ed
h ma come segue: [Arai 1996]
ξ Feret è la distanza tra due tangenti alla particella lungo una fissata
direzione.
ξ Martin è la lunghezza del segmento in una direzione prefissata che
equipartisce l’area della particella.
ξ Krumbein è la lunghezza del segmento più lungo che si può disegnare in
una direzione fissata.
ξ Heywood è il diametro del cerchio che ha la stessa area della particella.
Potrebbe sembrare un criterio fuorviante, ma è l’unico che tiene in
considerazione due dimensioni (l’area) anziché una sola.
Figura 1-2 – I diametri statistici più usati
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Solitamente si ha Feret > Heywood > Martin > Krumbein.
Per caratterizzare la morfologia della particella si utilizzano degli indici di
forma dalle espressioni ormai consolidate:
ξ Il rapporto superficie/volume S
v
della particella è di fondamentale
importanza perché ci dice come e quanto essa interagisce con le sue vicine.
ξ L’allungamento inteso come rapporto tra l’asse maggiore e minore del
parallelepipedo di Figura 2-1 (cioè l/b).
ξ L’appiattimento come rapporto tra l’asse minore e lo spessore, cioè b/h
con riferimento ai simboli di Figura 2-1.
ξ L’indice Zingg, dato dal rapporto tra l’allungamento e l’appiattimento.
La necessità di più di un indice di forma è posta in evidenza dalla Figura 2-3,
che mostra l’effetto del cambiamento del numero di lati e dell’allungamento per
diverse forme: si può notare come per un allungamento superiore a 5, la particella è
sempre aghiforme a prescindere dal numero di lati.
Come già detto, l’aspetto statistico è il terreno comune di tutte le polveri, nel
senso che solo una distribuzione (e non un numero) può descrivere in modo
soddisfacente una sua caratteristica.
Si discuterà spesso di distribuzioni in frequenza del diametro equivalente, per
cui è meglio esaminare alcune loro caratteristiche, peraltro comuni a qualsiasi
distribuzione.
Figura 1-3 – Mutua influenza di allungamento e numero di lati
10
Innanzi tutto ci si chiede cosa significhi “distribuzione in frequenza del
diametro equivalente”. Insieme con la distribuzione cumulativa, è uno strumento ben
noto per la rappresentazione della distribuzione dimensionale di una polvere.
In Figura 2-4 si ha un primo esempio di distribuzione in frequenza del
diametro equivalente: in ascisse ci sono i valori del diametro ed in ordinate la
percentuale corrispondente a quel valore del diametro. Si vedrà in seguito che “la
percentuale” non è univoca, ma ora interessa studiare la distribuzione senza
chiedersi come sia stata ottenuta.
La Figura 2-4 è solitamente detta monodispersione ed è la conseguenza di una
polvere dalle particelle di dimensioni relativamente omogenee; particelle eterogenee
producono invece una distribuzione come quella di Figura 2-5, detta polidispersione,
ed il caso più comune è avere una distribuzione spostata verso i valori più piccoli del
diametro.
Figura 1-4 – Distribuzione in frequenza del diametro
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In Figura 2-6 si ha un esempio di distribuzione cumulativa del diametro
equivalente: la curva sotto-misura indica, per un dato valore delle ascisse, qual’è la
percentuale di particelle al di sotto del valore dato; la curva sopra-misura indica la
percentuale al di sopra. Ovviamente la loro somma è sempre il 100%.
La Figura 2-5 insieme con la 2-6 servono per capire come vengono definiti tre
parametri importanti di una distribuzione:
ξ Valore modale: è quel valore delle ascisse corrispondente al massimo delle
ordinate.
ξ Valore mediano: è quel valore delle ascisse corrispondente al 50% della
Figura 1-5 – Distribuzione in frequenza del diametro
Figura 1-6 – Distribuzioni cumulative del diametro
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distribuzione cumulativa. Si noti che il valore è lo stesso sia per sopra- che
sotto-misura.
ξ Valore medio: è il centro di massa della distribuzione, cioè deriva dalla
media pesata di ogni dx infinitesimo delle ascisse.
In una distribuzione come quella di Figura 2-4
questi tre valori coincidono.
Le distribuzioni che si ottengono dalla polvere
ceramica atomizzata sono simili a quella di Figura 2-
5, con un diametro modale di circa 350 Πm in un
intervallo che copre dai 90 Πm ai 1000 Πm. Le
particelle non hanno una forma precisa, ma sono dei
toroidi più o meno allungati, come mostra la Figura
2-7.
1.2 Tecniche di campionamento [Allen 1997]
L’oggetto del campionamento è acquisire conoscenza delle caratteristiche di
una popolazione attraverso misure impraticabili sull’intera popolazione.
Caratterizzare un intero flusso produttivo non è solitamente fattibile o neppure
necessario, perciò il campionamento viene utilizzato per ottenere sottoinsiemi che
siano rappresentativi del flusso per la caratteristica sotto esame. Per quanto riguarda
le polveri, un tipico campione di misura può essere di qualche grammo per un totale
di qualche tonnellata, per cui le possibilità che il campione non sia rappresentativo
sono ben concrete. La scelta del campione si rivela quindi decisiva per la buona
riuscita della misura altrimenti si rischia di misurare, magari con elevata precisione,
una falsa caratteristica.
Si preleva un campione da un una popolazione per stimarne una particolare
caratteristica, e per stabilire degli intervalli di confidenza per quella caratteristica.
Deve essere sempre ricordato che il valore della stima dipende dalla tecnica di
campionamento adottata. La selezione del campione avviene per passi successivi, a
partire dal flusso produttivo primario:
Flusso di
processo
Campione
grossolano
Campione di
laboratorio
Campione per
il test
Campione della
misura
10
n
kg >kg <kg g mg
Figura 1-7 – Particelle
di polvere ceramica
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Il campione grossolano è il risultato di una serie di prelievi localizzati
necessari per tenere conto della variabilità spaziale e/o temporale del flusso di
processo. Molto spesso il campione grossolano è troppo grande per poter essere
inviato direttamente in laboratorio e deve quindi essere ridotto.
Il campione di laboratorio può dover servire a numerose prove, pertanto
spesso deve essere suddiviso in altri campioni per i vari test.
Il campione per il test può essere usato interamente o ulteriormente suddiviso
in vari campioni di misura.
Se la polvere grezza è omogenea o può essere miscelata prima del
campionamento così da renderla omogenea, allora la misura non sarà affetta da
problemi a causa del campionamento. Se si ha omogeneità, allora un singolo
campione è rappresentativo del flusso di processo.
L’omogeneità va però definita perché è impensabile, anche se la polvere fosse
omogenea, che due campioni diversi siano identici fra loro: vi sarà in ogni caso una
certa variabilità, soltanto che sarà molto bassa. E’ questo limite che va definito
rigorosamente, e che di riflesso definisce anche cosa si intende per omogeneità.
Se si maneggiano polveri non coesive, come nel caso di questo studio, si può
andare incontro alla segregazione dimensionale: le particelle si disporranno non a
caso, ma secondo certi criteri legati alla loro dimensione, rendendo più difficile il
campionamento. Se non si considerasse con attenzione questo problema nel
campionamento, si avrebbero distribuzioni dipendenti dalla storia della polvere. Ad
esempio è stato sperimentalmente riscontrato che una polvere che cada liberamente a
formare un mucchio, mostra una tendenza delle
particelle più fini ad infiltrarsi tra le più grandi le
quali, di contro, tendono a rotolare sulle fini. Ciò
porta ad un eccesso di particelle fini al centro del
mucchio, e di grandi sui bordi.
Il processo di infiltrazione, per polveri poste in
vibrazione, fa scendere le particelle più fini e
pertanto porta in superficie le più grandi, come in
Figura 2-8.
Figura 1-8 - Infiltrazione