6
accentramento di attività umane, che inevitabilmente influiscono
negativamente sullo stato atmosferico locale. In città sono presenti molti tipi
di sorgenti emissive antropiche: il traffico veicolare, i sistemi di
riscaldamento delle abitazioni, le industrie che possono essere presenti nel
tessuto urbano, ecc. L’impatto ambientale, che tali attività hanno in realtà,
non è limitato solo al rilascio di sostanze inquinanti in atmosfera, ma interessa
altri aspetti, come la qualità delle acque, il livello delle emissioni sonore, ecc.
Le fonti di inquinamento si possono classificare, in base alle loro
caratteristiche in puntuali, che possono essere continue (come le ciminiere) e
discontinue, lineari anch’esse continue (come le grandi autostrade
intensamente trafficate) oppure discontinue ed infine areali, che in genere
sono continue (come le città prese nel loro complesso).
1.1.1 Il problema del traffico in Italia.
I combustibili fossili costituiscono attualmente la fonte energetica primaria
per tutti i sistemi energetici finalizzati alla trasformazione dell’energia in
forma utile. Benché esistano delle fonti energetiche alternative, con le
conoscenze e con il livello tecnologico attuali, essi sono i soli che sembrano
garantire nel breve periodo sia un’elevata concentrazione energetica (ovvero
un alto contenuto di energia per unità di massa), sia una notevole affidabilità,
essendo agevole e versatile il loro utilizzo anche a seconda delle necessità.
Tutte queste qualità fanno sì che la fonte energetica fossile venga usata in
modo quasi incontrastato nel campo della mobilità. E’, inoltre, sempre più
evidente come il ruolo del sistema dei trasporti stia assumendo un’importanza
crescente nelle società moderne, e non mancano i problemi connessi con la
sua diffusione. Infatti la mobilità ha, anche, notevoli ripercussioni sul piano
socio - economico di ogni paese: in particolare la ottimizzazione della
gestione e della efficienza del trasporto, e la riduzione del suo impatto con
l’ambiente circostante, sono tematiche di primo piano nella politica di tutte le
nazioni.
La domanda di mobilità si distingue in: sistematica, in cui il tragitto da
compiere è sempre lo stesso, ed erratica. Quest’ultima sta assumendo, a
livello mondiale, proporzioni crescenti negli anni principalmente a causa di
trasformazioni territoriali e socio - economiche dei paesi stessi (come la
diffusione del benessere, il decentramento delle industrie rispetto alle aree
abitate, ecc.), che hanno favorito l’incremento dei mezzi privati spesso a
scapito dell’uso dei servizi pubblici, che si sono trovati in molte situazioni
incapaci di soddisfare le nuove esigenze di mobilità. Questo fenomeno,
inoltre, si autoalimenta, nel senso che la maggiore diffusione di mezzi privati
favorisce la dispersione delle zone residenziali e la mobilità di tipo erratico.
All’interno del settore dei trasporti si è notato anche uno sviluppo non
uniforme tra le varie modalità e i diversi settori del trasporto stesso, e questa
7
crescita varia inoltre da nazione a nazione. Infatti la mobilità con veicoli
privati ha subìto una crescita maggiore rispetto alle altre forme di trasporto, e
di conseguenza sono cresciuti notevolmente sia il consumo energetico che
l’impatto sull’ambiente circostante del settore veicolistico (figura 1.1) [2].
In particolare, in Italia si è osservata la crescita continua del numero di
veicoli circolanti, a cui però non è corrisposta una sufficiente crescita delle
infrastrutture urbane: se a ciò si aggiunge l’inadeguatezza del servizio del
trasporto pubblico, si comprende facilmente come nelle città italiane il
problema sia particolarmente sentito.
Gli autoveicoli costituiscono delle sorgenti mobili, che si spostano in
maniera quasi ininterrotta lungo le strade, poste a 30 - 50 cm di altezza dal
suolo. L’impatto che essi provocano non si limita solo alle emissioni gassose
e solide (di tipo chimico), poiché non sono trascurabili le emissioni acustiche,
che hanno portato ad un elevato livello il rumore nei centri abitati. Un altro
aspetto che non va ignorato è la stessa presenza fisica di un numero sempre
crescente di veicoli all’interno delle città, con la conseguente occupazione del
suolo.
Il parco circolante italiano presenta, inoltre, una notevole percentuale di
auto con età media superiore a 10 anni ed in stato manutentivo scadente, in
particolare la percentuale dei veicoli con oltre 16 anni è molto maggiore in
Italia di quella media calcolata a scala europea (come è evidente dalla figura
1.2): come ovvio, questa classe di veicoli è caratterizzata dalle maggiori
emissioni e consumi, oltre che dalla minore sicurezza (figura 1.3)
Figura 1.1 (a lato):
Crescita percentuale
delle varie tipologie di
trasporto in Europa negli
ultimi decenni rispetto al
1965 [da: MEET report:
Calculating transport
emissions and energy
consumption, dal sito
internet:
http://eionet.eea.eu.int/a
egb/backgrow/, p. 20]
8
Inoltre, in Italia è mancata negli anni passati una politica che garantisse
concretamente un adeguato processo di revisione e controllo dei veicoli
effettivamente circolanti, mentre nelle principali nazioni europee le attività di
manutenzione e revisione dei veicoli sono sempre state più intense, frequenti
e severe (e tale situazione permane anche attualmente).
Un’altra causa dell’elevato impatto ambientale del traffico in Italia è la
stessa conformazione dei centri urbani, che risente della loro evoluzione
storica: le strade, in genere di piccole dimensioni, sono spesso intasate dal
traffico e questo comporta una percorrenza a velocità basse con frequenti stop
and go, che provocano un maggior rilascio di inquinanti rispetto a condizioni
di traffico scorrevole. Inoltre nelle città si presenta sempre più pressante il
problema del parcheggio dei veicoli: spesso si deve compiere una lunga
ricerca per trovare uno spazio libero adibito al parcheggio, e ciò provoca un
notevole incremento dei consumi e delle emissioni, che si aggiungono a
quelle dovute al traffico vero e proprio [2].
1.2 Struttura e fisica dell’atmosfera.
Per affrontare in maniera sistematica i problemi di inquinamento negli
ambienti urbani è indispensabile avere alcune informazioni sull’atmosfera e
sulla sua evoluzione meteorologica locale.
L’atmosfera è una miscela di gas, costituita prevalentemente da azoto (
2
N )
ed ossigeno molecolari (
2
O ) e tracce di altri gas: tra questi ultimi sono
presenti gas fondamentali per la vita come l’anidride carbonica (
2
CO ), nelle
percentuali volumiche riportate nella tabella 1.1:
Figura 1.2: Confronto delle emissioni parco nuovo e
vecchio [da: A. di Lorenzo: Carburanti, autoveicoli e
ambiente: gli attori e i registi, ENERGIA, 3/94, p.57]
Figura 1.3: Età di alcuni parchi auto circolanti [da:
A. di Lorenzo: Carburanti, autoveicoli e ambiente:
gli attori e i registi, ENERGIA, 3/94, p.57]
9
COMPONENTE
CONCENTRAZIONE
VOLUMETRICA
AZOTO MOLECOLARE
2
N
78.08 %
OSSIGENO MOLECOLARE
2
O
20.95 %
VAPORE ACQUEO OH
2
0.4 %
BIOSSIDO DI CARBONIO
2
CO
325 [ppm]
OZONO
3
O
0 ψ 12 [ppm]
Tabella 1.1: Composizione media dell’atmosfera [da J. H. Wallace e P. V. Hobbs: Atmospheric science:
an introductory survey, Academic press, California, 1977, pag.5].
La composizione dell’atmosfera viene continuamente alterata, sia a livello
locale che, nel tempo, su scala globale, dall’insieme delle sostanze che in essa
sono rilasciate, sia di origine naturale che, in particolare, antropica.
L’atmosfera presenta diversi meccanismi di autodepurazione (come le
precipitazioni, i moti dell’aria, la deposizione dovuta alle forze gravitazionali,
ecc.): la loro efficienza è limitata e, addirittura, spesso si possono creare
situazioni in cui sono inibiti, permettendo il verificarsi di episodi gravi di
inquinamento localizzati.
Più in dettaglio, l’atmosfera è una miscela comprimibile di gas soggetta ad
un campo gravitazionale: supponendo che tali gas siano perfetti (e quindi per
essi valga la legge di stato: TRnvp *** ) e che la stratificazione sia
adiabatica, si può valutare la distribuzione delle grandezze termodinamiche in
funzione della quota (z). In particolare, per della pressione p si ottiene la
seguente espressione (1.1):
≈
≈
…
≡
↔
↔
←
♠
÷
≠
•
♦
♥
♣
≥
Z
Z
A
zT
dz
R
gM
Exppp
0
*
*
*
0
(1.1)
Essendo:
–
0
p : pressione misurata alla quota di riferimento
0
z ;
– T(z): temperatura alla quota z [K].
10
In base alle modalità con cui le caratteristiche chimiche e fisiche dell’aria
variano lungo l’asse verticale z, l’atmosfera può essere suddivisa in più strati
successivi, più precisamente sono state definite:
Æ La troposfera: è lo strato più basso, a contatto con la superficie terrestre
di altezza poco superiore a 10 [km]. Nella troposfera si trovano quasi tutti gli
esseri viventi terrestri, ed è questa è la zona ove hanno luogo i fenomeni di
inquinamento. Inoltre è lo strato maggiormente interessato dai moti dell’aria e
contiene più dell’80% della OH
2
presente complessivamente nell’atmosfera,
sotto varie forme. Il passaggio da questo strato al successivo (la stratosfera) è
marcato da un brusco cambiamento delle concentrazioni dei gas presenti, ed
in particolare da una netta diminuzione del vapore acqueo e da una notevole
crescita del contenuto di ozono.
Æ La stratosfera: è il volume d’aria compreso tra 10 [km] e 50 [km] di
altezza. Insieme alla troposfera contiene il 99.9% della massa aria totale. Tale
strato è caratterizzato da un debole mescolamento verticale dell’aria e da una
bassa pressione, di circa 1 [mbar] (se confrontata con quella sulla superficie
della terra pari a circa 1000 [mbar]).
Æ La mesosfera: è compresa tra i 50 e gli 80 [km] di altezza e, escludendo
i due strati già descritti, contiene la quasi totalità della massa d’aria restante.
Æ La termosfera: è uno strato la cui altezza varia da 80 [km] a centinaia di
[km]. In esso la temperatura è compresa entro un intervallo di variabilità
alquanto vasto (da 500 [K] a 2000 [K]), in quanto tale grandezza, oltre a
dipendere dalla coordinata verticale z, è anche funzione dell’attività solare.
La zona di separazione tra i diversi strati, in realtà, può essere considerata a
se stante, poiché costituisce una zona di transizione (detta pausa) tra strati
successivi. Nell’ordine sono, quindi, definite: la tropopausa, la stratopausa,
la mesopausa e la termopausa [3].
L’atmosfera (principalmente la troposfera, che è lo strato a contatto con la
superficie terrestre) è in continuo movimento: i suoi moti orizzontali e
verticali sono provocati dalla distribuzione disuniforme, nello spazio e nel
tempo, dell’energia radiante assorbita dall’aria e dal suolo. Tale fenomeno,
infatti, determina un andamento estremamente variabile della temperatura
dell’aria, e questo di conseguenza comporta una corrispondente variazione
della massa volumica atmosferica. Ciò innesca, ad esempio, moti verticali
ascensionali (in corrispondenza delle zone calde) e discensionali (in quelle
fredde) nonché orizzontali (dalle zone calde a quelle fredde a bassa quota e
viceversa ad alta quota). E’ opportuno, in questo caso, distinguere tra i venti
che interessano grandi aree (quindi su scala mondiale) e quelli che
11
coinvolgono aree limitate (come le brezze), che invece influenzano lo stato
locale dell’aria.
La velocità del vento V
r
è un fattore determinante, insieme all’intensità
della turbolenza, sui fenomeni fisici e chimici che coinvolgono le masse
d’aria dell’atmosfera. L’aria è un fluido newtoniano, che si muove rispetto ad
una superficie rugosa (il suolo) con velocità relativa nulla nei punti di
contatto, per questo nella troposfera si possono distinguere due zone: quella
più vicina al suolo è lo strato limite planetario, suddiviso a sua volta in strato
superficiale e strato di Eckman. Nel primo, il moto dell’aria è provocato
dall’azione di tre forze: quelle dovute alla pressione, che diminuisce con la
quota z, la forza di Coriolis e le forze legate all’attrito viscoso, la cui entità
decresce con l’allontanarsi dalla superficie. Nella zona di Eckman, invece,
l’aria non risente più dell’effetto del suolo: i venti fuori dallo strato limite
sono detti geostrofici, e vengono determinati dall’azione della forza di
Coriolis e delle forze di pressione.
I movimenti atmosferici permettono la diffusione, la diluizione e il
trasporto delle sostanze inquinanti che vi possono essere presenti: essi fanno
quindi parte dei meccanismi naturali atmosferici di rimozione e depurazione.
Il vento e i moti turbolenti determinano la direzione di propagazione, la sua
entità e la distanza raggiunta a partire dalla fonte emissiva. Poiché maggiore è
la velocità del vento maggiore risulterà il livello della turbolenza meccanica
atmosferica, situazioni di quiete e di vento debole causano fenomeni di
ristagno delle sostanze presenti e quindi di inquinamento locale. Non vanno
poi sottovalutati i sistemi di ricircolo localizzato dell’aria, come le brezze
marine, che impediscono la depurazione dell’aria contribuendo ad innalzarne
il livello dell’inquinamento.
1.2.1 Gli inquinanti atmosferici e i loro effetti.
Le varie sostanze inquinanti che possono essere emesse dagli impianti
motori termici si possono comportare in varia maniera ed agire a diversi
livelli. Per studiare, come si è visto, l’impatto sull’ambiente di una sostanza
presente nell’atmosfera è importante conoscerne la persistenza nell’aria, oltre
alle condizioni meteorologiche (ciò a causa dell’elevata mobilità che
caratterizza questo comparto). In particolare alcune di esse (soprattutto quelle
chimicamente più stabili) possono interessare luoghi lontani dal punto di
emissione, per cui un’azione di intervento deve spesso tradursi in una
collaborazione ed in un impegno tra nazioni o continenti. Sostanze poco
reattive (che sono molto stabili) riescono, infatti, a rimanere in aria per lungo
tempo e possono pertanto originare fenomeni di accumulo e raggiungere
luoghi lontani dal punto di immissione. Per analizzare l’impatto sull’ambiente
degli inquinanti emessi, quindi si deve tenere conto del loro tempo medio di
persistenza nell’atmosfera (tabella 1.2):
12
GAS
TEMPO MEDIO DI
RESIDENZA
CICLO DI
APPARTENENZA
4
CH
7 anni Biogenico e chimico
2
CO
15 anni Antropogenico e biogenico
CO 65 giorni Antropogenico e chimico
2
SO
40 giorni Antropogenico e chimico
NO +
2
NO
1 giorno
Antropogenico, biogenico e
naturale
3
O
? Chimico
3
HNO
1 giorno Chimico
3
NH
20 giorni
Biogenico, antropogenico e
naturale
Tabella 1.2: Tempo medio di residenza e ciclo di appartenenza per alcuni gas presenti comunemente in
atmosfera [da J. H. Seinfeld, S. N. Pandis: Atmospheric chemistry and phisics, Wiley Interscience, Canada,
1998, pag. 22]
A partire dalla fonte di emissione, una sostanza in atmosfera subisce,
quindi, numerosi processi prima di colpire un bersaglio: può essere oggetto di
fenomeni di trasporto, di diffusione e di diluizione, può essere interessata da
trasformazioni chimiche, reagendo con altre sostanze presenti in aria e dando
così origine a inquinanti secondari, oppure può accumularsi nell’ambiente e
nella catena alimentare. Il suo destino in atmosfera è strettamente legato
all’importanza relativa che hanno i singoli processi elementari prima elencati
all’interno del comparto [4].
L’azione nociva di una sostanza sugli organismi viventi, ovvero sui
manufatti esposti all’atmosfera, e più in grande sull’ambiente, è strettamente
connessa con i tempi di esposizione, che è funzione della concentrazione e del
tempo di contatto. Essenzialmente si possono osservare due tipi di
esposizione: acuta (a concentrazioni alquanto elevate per un tempo breve) e
cronica (a concentrazioni anche relativamente basse ma per lunghi periodi
temporali). Il caso dei grandi centri urbani e delle zone industriali appartiene a
questa seconda categoria. Inoltre, gli effetti dannosi esplicati dagli inquinanti
dipendono anche dalle caratteristiche fisiche dell’individuo colpito (per cui si
individuano i cosiddetti gruppi a rischio, per poter realizzare una loro
specifica protezione) e dalle proprietà del bersaglio ove si esplica l’azione
nociva (che può essere un tessuto, un organo interno, ecc.). Numerose, inoltre,
sono le possibili vie di contatto tra organismo e inquinante. In più, in genere,
non si ha la presenza isolata di singoli composti inquinanti, ma di miscele
degli stessi, all’interno delle quali le sostanze possono interagire in varia
maniera tra loro e con il bersaglio [5].
13
1.3 I combustibili.
Esistono numerosi fattori che influenzano le emissioni di un veicolo. Un
aspetto di fondamentale importanza riguarda le caratteristiche del
combustibile utilizzato, che, come già accennato, nel settore del trasporto è
principalmente quello fossile. La sua origine è di tipo organico, provenendo
da una lentissima trasformazione di resti di sostanze vegetali ed animali
intrappolate nel sottosuolo. I combustibili fossili contengono prevalentemente
carbonio (C) e idrogeno (H), a cui si aggiungono in minori quantità ossigeno
(O), zolfo (S), azoto (N), sostanze solide incombustibili, dette anche ceneri, ed
una certa percentuale di umidità.
Per utilizzare il contenuto energetico (di tipo chimico) di tali combustibili è
indispensabile convertirlo in una forma facilmente utilizzabile: ciò è oggi
possibile prevalentemente attraverso la loro combustione. Tale processo,
fortemente esotermico, di natura chimico - fisica, richiede un combustibile e
un comburente: il comburente, o ossidante, utilizzato è in genere l’ossigeno
contenuto nell’aria e deve essere miscelato con il combustibile. Quest’ultimo,
per poter essere utilizzato, deve essere opportunamente trattato in funzione
delle necessità e dei requisiti che deve soddisfare. In base allo stato di
aggregazione i combustibili si distinguono in solidi (come il carbone), liquidi
(come la benzina, il gasolio, ecc.) e gassosi (come il metano, ecc.) [6]. Tra
essi, i combustibili più pratici da trasportare e da utilizzare sono quelli liquidi,
in particolare nel campo dell’autotrazione (anche se in questo ambito si
stanno diffondendo i combustibili di natura gassosa).
Per un ottimale sfruttamento delle risorse energetiche di origine fossile si
deve tenere conto di alcune loro proprietà generali, determinanti per una
buona conduzione dei processi di combustione. Tra esse è opportuno
ricordare:
¾ Limiti di infiammabilità: è l’intervallo di valori in cui la miscela può
accendersi del rapporto:
∆ = aria/combustibile.
Al di fuori di tale intervallo la combustione non può avvenire. Il valore
minimo è il limite delle miscele ricche, il massimo è il limite delle miscele
povere. Essi dipendono in modo molto stretto dalla composizione del
combustibile, alcuni intervalli sono riportati nella tabella 1.3:
14
LIMITI DI ACCENSIONE
(% IN VOLUME)
SOSTANZA
INFERIORE SUPERIORE
BENZINA | 0.6 | 8
GASOLIO | 0.6 | 6.5
GPL 1.5 15
METANO 5 15
PROPANO 1.9 9.5
BUTANO 1.5 8.5
Tabella 1.3: Limiti di accensione di alcuni tipici combustibili [da: G. Cornetti: Macchine termiche II, Il
Capitello, Torino, 1996].
¾ Potere calorifico (PC): è il calore per unità di massa che viene prodotto
ossidando, in modo completo, un combustibile. Nel caso di combustibili
contenenti idrogeno (come i prodotti petroliferi) tra i prodotti della
combustione compare l’acqua: in questo caso si distingue tra potere calorifico
inferiore (PCI) e superiore (PCS) a seconda che questa sia allo stato di vapore
o, invece, in fase liquida. I due valori differiscono di una quantità costante,
che è il calore latente di vaporizzazione dell’acqua. Alcuni tipici valori del
PCI sono mostrati nella tabella 1.4 seguente:
COMBUSTIBILE POTERE CALORIFICO INFERIORE [mj/kg]
BENZINA
380 ψ 500
GASOLIO
| 250
GPL 46.1
METANO 50
PROPANO 46.3
BUTANO 45.6
Tabella 1.4: Poteri calorifici inferiori di alcuni tipici combustibili [da: G. Cornetti: Macchine termiche II,
Il Capitello, Torino, 1996]
¾ Temperatura di autoaccensione: è il valore minimo della temperatura alla
quale una miscela combustibile – comburente inizia spontaneamente la
combustione che interessa simultaneamente tutta la massa. Alcuni valori,
relativi agli idrocarburi volatili, sono riportati in tabella 1.5:
15
COMBUSTIBILE
TEMPERATURA DI
AUTOCOMBUSTIONE
BENZENE 580 [°C]
M-BUTANO 480 [°C]
MONOSSIDO DI
CARBONIO
651 [°C]
METANO 537 [°C]
PROPANO 466 [°C]
TOLUENE 552 [°C]
ETANO 515 [°C]
Tabella 1.5. Temperature di autoaccensione di alcuni idrocarburi volatili [da G. Cornetti: Macchine
termiche II, Il Capitello, Torino, 1996]
Per quanto riguarda i combustibili per autotrazione, le loro caratteristiche
sono state sempre più perfezionate e migliorate grazie a nuove tecnologie, in
risposta ad esigenze che man mano si sono fatte sempre più pressanti, dettate
dall’evoluzione dei motori ed in genere dei sistemi di trasformazione. Esse
sono, inoltre, legate ad aspetti economici di efficienza ed ambientali, poiché le
emissioni derivanti dal processo di combustione finiscono per alterare l’aria
degradandone le qualità.
La maggior coscienza degli aspetti ambientali, che con la crescente
richiesta di mobilità stanno assumendo proporzioni sempre maggiori, ha
portato negli ultimi decenni alla definizione di standards di qualità dei
combustibili tradizionali, da sottoporre periodicamente a revisione. Ciò mira a
garantire la qualità del combustibile in vendita sul mercato, sotto tutti gli
aspetti che lo riguardano.
Nella definizione di standards di qualità sono inclusi sia i valori massimo e
minimo dei parametri di riferimento, che la metodologia unificata con la quale
effettuarne le misure.
La stragrande maggioranza dei veicoli circolanti in Italia è alimentata a
benzina e a gasolio, mentre gli altri combustibili, detti alternativi, quali il gas
naturale, il GPL e il BioDiesel, di recente nascita, hanno ancora una limitata
diffusione (sebbene in crescita).
Per lo sviluppo dello studio può risultare utile richiamare le principali
caratteristiche dei combustibili per autotrazione, in quanto determinanti sulla
qualità e sulle prestazioni degli stessi.
16
1.3.1 La benzina.
La benzina è una miscela di idrocarburi, cioè di composti costituiti
prevalentemente da carbonio ed idrogeno. In base alla sua origine si può
distinguere tra: benzine naturali (se sono ottenute dalle frazioni liquide
associate ai giacimenti di gas naturali), da distillazione (se ricavate dalla
distillazione della frazione degli olii leggeri del petrolio) e speciali (se
ottenute con processi di cracking, reforming, alchilazione, ecc.). La effettiva
composizione delle benzine in commercio è alquanto articolata, anche perché
esse sono addizionate con numerose sostanze (tra cui si possono citare:
antidetonanti, tensioattivi, prodotti anticorrosione, demulsificanti, ecc.), che
garantiscono l'ottimale funzionamento dei veicoli [7].
Le proprietà regolamentate della benzina sono determinanti sulla qualità
delle emissioni, sulla combustione, sui fenomeni evaporativi, sulle prestazioni
del veicolo, sulla durata e sul funzionamento dei sistemi di abbattimento degli
inquinanti che possono essere presenti a bordo del veicolo stesso (sistemi
catalitici). Tra esse è opportuno ricordare le seguenti [8]:
a) La volatilità.
Tale caratteristica fisica misura la tendenza di un liquido a passare allo
stato gassoso e può essere descritta o indicando la tensione di vapore Reid
(TVR, valore ottenuto sotto condizioni standard date da: T | 38 [°C] e
proporzione tra aria e combustibile liquido di 4:1) o con punti specifici della
curva di distillazione della benzina. In particolare, in questo ultimo caso, il
valore può essere espresso come massa di fluido evaporata ad una certa
temperatura (ad esempio con E100 si indica la massa di fluido evaporata a
100 [°C]) ovvero come temperatura alla quale si ha l’evaporazione di una data
quantità di combustibile (ad esempio con T90 si intende la temperatura
corrispondente alla evaporazione del 90% della massa di liquido).
Se la volatilità è troppo bassa, si possono avere difficoltà durante
l’accensione a freddo, mentre se è eccessiva si ha un peggioramento delle
prestazioni del motore. Essa risente della temperatura ambientale circostante:
se questa cresce, aumenta la massa di fluido che evapora, con conseguenze
notevoli sull’entità delle emissioni evaporative del veicolo [9]. Per questo
motivo in Europa sono in distribuzione combustibili con otto diverse classi di
volatilità in base alle differenze climatiche.
b) Il numero di ottano.
Tale grandezza esprime la resistenza alla detonazione di un carburante. La
detonazione è un fenomeno di combustione anomala che provoca l’insorgere
di onde di pressione anomale all’interno del cilindro e che si riflettono contro
17
le pareti: esso è dovuto, in particolare, a specifici fenomeni indesiderati di
autoaccensione della miscela aria – combustibile. Per evitarlo nei motori ad
accensione comandata è necessario che la miscela non raggiunga condizioni
di temperatura e di pressione che ne possono provocare l’insorgere: a tale
scopo in questi motori occorre limitare opportunamente (in genere al di sotto
di 10) il rapporto volumetrico di compressione Υ definito come (1.2):
PMSPMS
PMS
PMS
PMI
V
V
V
VV
V
V
1 Υ (1.2)
ove con
PMS
V e
PMI
V si intendono il volume della camera di combustione
quando il pistone è rispettivamente al punto morto superiore ovvero inferiore,
mentre V è la cilindrata. Inoltre, deve essere regolato opportunamente anche
l’angolo di anticipo all’accensione
c
−, ed adottare benzine con un numero di
ottano sufficientemente elevato. Il numero di ottano indica la percentuale in
volume di iso - ottano (per il quale si assume un numero di ottano pari a 100)
presente in una miscela contenente iso - ottano e normal - eptano (che,
convenzionalmente, ha numero di ottano pari a 0) aventi le stesse
caratteristiche di resistenza alla detonazione della benzina in esame. In
generale, più la molecola di un idrocarburo risulta compatta e raccolta,
maggiore sarà la sua resistenza alla detonazione.
c) Gli idrocarburi aromatici (IA).
Gli idrocarburi aromatici sono dei composti costituiti da atomi di idrogeno
e di carbonio organizzati in molecole con una o più strutture cicliche chiuse.
Gli aromatici presenti nelle attuali benzine possiedono un elevato potere
antidetonante e un’alta densità energetica, ma nello stesso tempo sono causa
della formazione di depositi indesiderati in camera di combustione e
soprattutto dell’emissione in atmosfera di sostanze cancerogene quale il
benzene. E’ auspicabile, quindi, dal punto di vista dell’impatto ambientale
una loro riduzione (compatibilmente con le altre esigenze): ciò porterebbe
notevoli benefici, come il calo drastico del rilascio di sostanze estremamente
dannose e la riduzione sensibile delle emissioni evaporative in genere.
d) Le olefine.
Le olefine o alcheni sono composti costituiti da carbonio ed idrogeno:
rispetto agli altri idrocarburi, presentano legami carbonio - carbonio doppi,
per cui sono facilmente ossidabili. Queste sostanze rientrano nella
composizione delle benzine: sono termicamente estremamente instabili e
molto reattive. La loro presenza in quantità elevate può causare molti
problemi: originano depositi indesiderati nella camera di combustione, si
possono trasformare con la combustione in altre sostanze nocive ed infine
possono venire rilasciati nell’atmosfera, per evaporazione.
18
e) Lo zolfo.
Lo zolfo è presente nelle benzine sotto forma di composti organici
solforati: questo elemento è determinante per le prestazioni dei catalizzatori,
poiché se è presente in quantità superiori ad un limite ben definito può
abbatterne l’efficienza, provocando di conseguenza un rapido aumento delle
emissioni inquinanti rilasciate dal veicolo; inoltre induce un aumento della
temperatura di attivazione. La tendenza attuale è quella di mettere in
commercio benzine con basso tenore di zolfo o trattate in modo da privarle
del tutto di tale sostanza.
f) I composti ossigenati.
I composti ossigenati sono delle sostanze che vengono immesse nelle
benzine con l’obiettivo di innalzarne le capacità antidetonanti e quindi il
numero di ottano, tra esse fondamentalmente si ritrovano: il metil – ter – butil
– etere (MTBE) e l’etil – ter – butil - etere (ETBE). La quantità introdotta deve
essere opportunamente valutata, poiché queste sostanze possono dar luogo a
incompatibilità con i materiali usati nella realizzazione delle componenti
tecnologiche del motore. D’altra parte i composti ossigenati determinano
ovviamente un incremento del tenore di ossigeno contenuto nella benzina e
quindi anche nei gas di scarico in uscita dal motore (ciò permette una
sensibile riduzione della CO e degli idrocarburi incombusti, tra cui il benzene)
effettivamente liberati in atmosfera. Per contro queste sostanze favoriscono
l’emissione di inquinanti come le aldeidi, che possono avere effetti
cancerogeni [8].
g) Il piombo.
Il piombo non è presente in quantità apprezzabili nella composizione
originaria delle benzine, però vi è stato immesso in passato con l’obiettivo di
innalzarne la resistenza alla detonazione. Oggigiorno il contenuto di questa
sostanza è limitato fortemente dalle normative, e nel prossimo futuro verrà
eliminato del tutto e sostituito con altri antidetonanti, meno pericolosi per
l’ambiente.
1.3.2 Il gasolio.
Il gasolio è una miscela di idrocarburi in cui sono presenti in particolare
paraffine (a catena lineare ramificata), nafteni, idrocarburi aromatici e tracce
di IPA (idrocarburi policiclici aromatici). Un obiettivo primario nella
raffinazione del gasolio è quello di minimizzarne il contenuto di zolfo, di
alcheni e di composti aromatici, per ridurre i problemi di corrosione e di
funzionamento che si potrebbero altrimenti riscontrare.
19
Nel caso di propulsori a gasolio l’interdipendenza tra le proprietà del
combustibile, le emissioni e le prestazioni dei veicoli risulta dipendere da
numerosi fattori, rendendo più difficile individuare una composizione
ottimale [10]. Nello studio delle emissioni di autovetture con motore Diesel si
deve tenere conto anche della tecnologia impiegata: in particolare si distingue
tra motori ad iniezione indiretta (IID) ed a iniezione diretta (ID). In generale
le caratteristiche determinanti la qualità dei gasolii sono le seguenti:
a) Il numero di cetano.
E’ un parametro che indica la facilità con cui il gasolio spruzzato in camera
di combustione si autoaccende: tale grandezza influenza direttamente il
ritardo all’accensione, e quindi l’avviamento a freddo del motore e le
emissioni inquinanti allo scarico. Un suo aumento comporta conseguenze
positive, anche per quanto riguarda le emissioni, poiché riduce la fase di
combustione premiscelata e quindi la produzione di sostanze inquinanti quali
specialmente gli ossidi di azoto. Il numero di cetano deve essere compreso
nell’intervallo: 40 ψ 60.
b) Il contenuto di idrocarburi aromatici (IA).
Gli IA sono composti presenti in rilevanti quantità nella composizione dei
gasolii. A differenza delle benzine, queste sostanze sono in stretta
connessione con le proprietà dei gasolii, principalmente con il numero di
cetano e la massa volumica. Per poterne valutare l’influenza sulle emissioni
veicolari in modo indipendente dalle altre proprietà, quindi, occorre procedere
con analisi sperimentali specifiche, che possono anche riguardare
l’introduzione di opportuni additivi. Sperimentalmente si è così visto che la
riduzione di idrocarburi aromatici permette la riduzione della temperatura di
fiamma nella camera di combustione, e di conseguenza si osserva una netta
diminuzione della formazione degli ossidi di azoto. Nello stesso tempo si
ottiene una riduzione degli idrocarburi policiclici aromatici e del particolato
nei gas di scarico, essendo diminuito l’apporto delle specie aromatiche, che,
per la complessità della loro struttura molecolare, contribuiscono
maggiormente alla loro formazione [8].
c) Lo zolfo.
Lo zolfo è presente sotto forma di composti organici che, dopo la
combustione, causano l’emissione di
2
SO e di
3
SO . La riduzione del
contenuto di zolfo nei gasolii risulta alquanto benefica per quanto riguarda
l’atmosfera: oltre alla diminuzione delle sostanze già dette si osserva anche
una riduzione in massa del particolato totale emesso. Inoltre la presenza dello
zolfo riduce drasticamente le prestazioni e la durata dei sistemi catalitici.