misurare l’adattamento delle antenne. In particolare una prima parte riguarda la
descrizione del pacchetto software LabVIEW, mentre una seconda descrive in
maniera dettagliata i principali Virtual Instruments (VI) impiegati per la
comunicazione con i vari strumenti. Nel quarto capitolo, infine, viene descritto il
VI finale con cui sono state eseguite le misure e a seguire vengono mostrati le
modalità e i risultati ottenuti dai test.
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CAPITOLO 1
L’ABLAZIONE A MICROONDE
Le cellule degli esseri viventi, e specialmente quelle dei mammiferi, sono
particolarmente sensibili al calore. È noto che se riscaldiamo le cellule di tessuti
umani portandole a temperature maggiori di 42.5°C per alcuni minuti, in generale
la loro probabilità di sopravvivenza diminuisce considerevolmente. Questa
probabilità dipende da molti fattori, i principali dei quali sono la durata del
riscaldamento e la temperatura caratteristica del trattamento ipertermico. I
mammiferi sono provvisti di meccanismi di termoregolazione grazie ai quali nel
loro ambiente naturale le cellule nascono, si sviluppano e si moltiplicano a
temperatura pressoché costante. I processi febbrili nell’uomo alterano questa
temperatura, facendola aumentare di alcuni gradi. Questo aumento di temperatura
raramente è maggiore di 4°C e dura solo per un breve periodo di tempo al termine
del quale in generale si ripristina uno stato di normotermia. Oggi possiamo
affermare che il riscaldamento locale, loco-regionale o, in certi casi, dell’intero
organismo, se opportunamente controllato, può avere effetti terapeutici. Le
tecniche di ipertermia e di ablazione consistono nell’aumentare in modo
controllato la temperatura locale, regionale o totale del corpo umano attraverso
processi fisici o chimico-fisici, con lo scopo di eliminare le cause o i sintomi di
una malattia. Queste due tecniche in chirurgia oncologica in particolare, si
prefiggono lo scopo di eliminare le cellule tumorali dei tessuti uccidendole con il
calore ossia provocandone la necrosi coagulativa.
1.1 Risposta termica del tessuto biologico
La fenomenologia associata al riscaldamento delle cellule dei tessuti
viventi è assai complessa. In prima approssimazione, quando cioè l’aumento di
temperatura è modesto (diciamo di 1°C), possiamo osservare un aumento
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dell’attività ematica dovuto alla necessità di smaltire il calore in eccesso, nonché
un aumento della velocità delle reazioni chimiche e quindi dell’efficacia dei
farmaci. Quando la temperatura eccede una certa soglia si ha la necrosi delle
cellule dovuta alla denaturazione delle proteine. Nella tabella 1.1 si riportano le
diverse risposte del tessuto all’aumentare della temperatura.
Tabella 1.1 [E. K. Kho, G. Webster, 2003]
Temperatura [T] Risposta del tessuto
<48 °C Incremento della perfusione sanguigna dovuta
alla vasodilatazione (risposta intrinseca del
tessuto)
48 °C Depolarizzazione cellulare – il calore causa la
formazione di pori sulla membrana cellulare e
un aumento della fluidità cellulare che provoca
un flusso di ioni entrante nella cellula
48<T<50° C Blocco dell’attività da parte delle pompe
ioniche transmembranali ed eventuale morte
cellulare
>50 °C Denaturazione delle proteine, formazione del
coagulo; contrazione del tessuto a causa della
decomposizione delle fibre di collagene e di
altre strutture proteiche molecolari.
Cambiamento di colore del tessuto da rosso a
bianco dovuto alla denaturazione della
mioglobina
I cambiamenti fisici cellulari sono reversibili
>90 °C Evaporazione d’acqua dal tessuto
>300 °C Carbonizzazione del tessuto
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1.2 Brevi cenni sull’ablazione
Con il termine di ablazione si intende una terapia loco-regionale che
prevede l’utilizzo di energia al fine di produrre un innalzamento della temperatura
in una determinata regione del corpo oggetto di interesse. Questo incremento di
temperatura può essere utilizzato nella cura di diversi tipi di patologie, come
tumori, aritmie cardiache, fibromi dell’utero, amenorree mestruali, ipertrofismo
prostatico. I trattamenti di ablazione prevedono un aumento della temperatura
locale oltre i 60°C, a volte si arriva fino a 65-70°C, facendo in modo che le cellule
“riscaldate” muoiano per necrosi coagulativa. Non è necessaria alcuna
asportazione di tessuto. È una metodica generalmente poco invasiva, praticabile
anche in ambito ambulatoriale su pazienti non ospedalizzati, per lo più in
anestesia locale. È poco traumatica per il paziente e consente un notevole
abbattimento dei costi per le aziende sanitarie.
Di seguito viene riportata una breve esposizione dello stato dell’arte
relativo all’ablazione a microonde con particolare riferimento alle applicazioni di
interesse, da cui si può evincere l’attualità e l’importanza di nuovi progetti.
1.2.1 Ablazione cardiaca
Le aritmie cardiache sono per la maggior parte dovute alla presenza di
cammini spuri per il segnale elettrico che comanda il battito cardiaco, o alla
mancanza di sincronismo nella sorgente del segnale di contrazione. Tali aritmie,
pertanto, vengono usualmente trattate distruggendo il sub-strato di tessuto dove è
localizzata l’anomalia elettrica. Tale trattamento è stato effettuato dapprima
attraverso interventi chirurgici, e successivamente provocando uno shock elettrico
fornendo una elevata tensione attraverso un defibrillatore [I. D. McRury, D. E.
Haines 1996].
Tuttavia, correnti e tensioni elevate associate allo shock elettrico
provocavano danni al cuore difficilmente controllabili, con severe complicazioni.
Successivamente, è stato proposto l’utilizzo di energia a radiofrequenza (RF) per
riscaldare e conseguentemente distruggere il tessuto malato (fig. 1.1), mentre solo
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recentemente sono stati dimostrati gli ulteriori vantaggi dell’energia a microonde
[J. C. Lin 1999].
Fig. 1.1: Alcuni esempi di introduzione di applicatori per effettuare la terapia di
ablazione
1.2.2 Ablazione endometriale
La cura mediante ablazione a microonde dei disordini dell’endometrio
(fibromi, disordini mestruali) è di recente introduzione.
I primi studi, tuttavia,
hanno già mostrato un maggiore successo dei trattamenti a microonde rispetto a
quelli tradizionalmente usati, quali, in particolare l’intervento chirurgico di
rimozione dell’utero [K. G. Cooper, C. Bain, D. E. Parkin 1999]. Rispetto
all’intervento, infatti, l’ablazione a microonde non necessita di anestesia totale e
pertanto non richiede una degenza in ospedale, essa inoltre, pur non assicurando la
completa amenorrea, ha meno effetti collaterali dell’intervento.
1.2.3 Altri possibili impieghi
Altri possibili impieghi dell’ablazione a microonde riguardano anche
patologie della prostata, sia con riferimento a patologie tumorali che all’ipertrofia
della stessa, patologie del rene e tumori del cervello.
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1.3 Tipologie di ablazione
L’aumento della temperatura avviene attraverso la somministrazione di
energia in modo controllato e circoscritto, mediante un applicatore collegato ad
un’opportuna sorgente.
Più in generale l’energia può essere somministrata in forma meccanica,
chimica, termica o elettromagnetica (EM). È possibile quindi effettuare
l’ablazione con tutte le tipologie di energia dette in precedenza. Tuttavia i primi
tre tipi di terapia che prevedono rispettivamente l’utilizzo di ultrasuoni, etanolo e
la circolazione di fluidi caldi a contatto con tessuti (crioablazione) sono ormai
scarsamente utilizzati rispetto all’ultima tipologia che appare il miglior
compromesso tra istanze di controllo della figura di necrosi indotta, praticità d’uso
ed economicità.
Se consideriamo infatti la crioablazione, essa produce lesioni
perfettamente visibili sotto guida ecografica, ma necessita di applicatori costosi e
non pratici (raffreddamento mediante specie liquide o gassose non facilmente
disponibili e di non agevole stoccaggio). Tra modalità che prevedono la
somministrazione dell’energia in forma elettromagnetica ci sono le radiofrequenze
(RF) e il laser. La prima modalità permette di ottenere riscaldamenti profondi e
localizzati mediante l’impiego di uno o più elettrodi all’interno del target, ed
applicando tra questi elettrodi, o tra uno di essi ed un elettrodo di riferimento
posto in contatto con il corpo all’esterno, una tensione alternata a RF, tipicamente
a 500 kHz. Il principio fisico di questa tecnica è quello di generare correnti
ioniche a RF fluenti tra gli elettrodi ed in grado di produrre un riscaldamento
localizzato per effetto Joule. Recentemente però si è sviluppata un’ulteriore
tecnica che effettua la terapia ablativa con le microonde (energia EM). I vantaggi
principali sono una riduzione della mortalità, un abbattimento dei costi, una
possibile sinergia con altri trattamenti per la cura dei tumori, ma soprattutto una
ripetibilità ed il riuscire ad ottenere lesioni di dimensioni maggiori [Wright AS et
al, 2005].
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1.3.1 Analisi dei principali applicatori
I trattamenti terapeutici che utilizzano come fonte di energia un campo
elettromagnetico possono essere effettuati con due tipologie di antenne: invasive e
non invasive.
La prima tipologia (figura 1.2 a) prevede il contatto diretto dell’antenna
che irradia il campo EM con la cute. È tuttavia scarsamente utilizzata in
trattamenti di ablazione, mentre è maggiormente utilizzata per trattamenti di
ipertermia che prevedono sempre un incremento di temperatura, ma non oltre i
43°C, in modo da far perdere alla cellula la capacità di riprodursi.
La seconda tipologia (figura 1.2 b)) al contrario prevede l’inserimento
dell’antenna all’interno del corpo, ciò può essere realizzato mediante un accesso
percutaneo con un ago da biopsia o per via intra-cavitaria, attraverso orifizi
naturali o vene, o in altri casi in ambito intraoperatorio. Nel caso di accesso intra-
cavitario l’antenna è solitamente posta all’interno di un catetere di plastica
semiflessibile che viene condotto fino al punto di interesse.
a) b)
Figura 1.2: a) Antenne non invasive; b) antenne invasive
Le principali tipologie di antenne invasive utilizzate in trattamenti di ablazione
sono:
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1. antenne a monopolo, in cui il conduttore centrale di un cavo coassiale
sporge con o senza il dielettrico per una data lunghezza e funge da
elemento radiante [Strohbehn et al., 1982; Turner 1986; Wong et al.,
1986];
2. antenne cosiddette a dipolo asimmetrico, che risulta essere di gran lunga la
tipologia più diffusa, costruita a partire da un cavo coassiale (semi-rigido
per applicatori interstiziali e conformabile per applicatori endocavitari) il
cui conduttore centrale (di solito in rame, eventualmente dorato o
argentato, in forma di tubo oppure intrecciato) e il cui dielettrico di
riempimento (tipicamente P.T.F.E., solido o microporoso) sporgono
alquanto rispetto alla sezione terminale del conduttore esterno (quasi
sempre dello stesso materiale del conduttore centrale), a costituire la
porzione radiante del dispositivo, comunemente denominata tip (figura
1.3). L’antenna è inserita in un catetere, o ago metallico, o altro
appropriato mezzo per l’introduzione nel corpo del paziente. Tuttavia gli
applicatori coassiali ordinari (abbinati ad opportuni cateteri o aghi
metallici per l’introduzione nel corpo del paziente) esibiscono un tipo di
problema: la quota parte di potenza somministrata ai tessuti e da questi
non assorbita, che si propaga a ritroso rischiando di estendere
longitudinalmente la figura di necrosi senza alcun controllo (EFFETTO
COMETA) (figura 1.3).
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Figura 1.3: Antenna coassiale a dipolo asimmetrico, in vista laterale (a sinistra) e
in sezione longitudinale (a destra). La figura di riscaldamento prodotta nel
proprio intorno dalla porzione radiante dell’antenna (tip) è visualizzata da una
scala cromatica di intensità luminosa decrescente al diminuire della temperatura.
[Terapie Termoablative – CNR Pisa]
Si può ovviare a questo inconveniente con l’applicazione intorno
all’antenna coassiale di un trasformatore d’impedenza a quarto d’onda
terminato in cortocircuito, denominato solitamente choke (figura 1.4).
Il choke consiste in un tronco di linea coassiale il cui conduttore interno è
fornito dal conduttore esterno dell’antenna stessa e il cui conduttore esterno
è costituito da un manicotto metallico fissato all’antenna – dunque, in
cortocircuito elettrico con essa – al di sopra del tip: si può facilmente
dimostrare (attraverso la teoria delle linee di trasmissione) che, qualora la
lunghezza elettrica equivalente del choke (calcolata come prodotto della
sua lunghezza fisica per l’indice di rifrazione del dielettrico che riempie lo
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