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CAPITOLO PRIMO:
SISTEMI DI MISURA OTTICI
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1. Introduzione
La categoria dei sensori elettro – ottici è caratterizzata dal fatto di
combinare entrambe i vantaggi dei dispositivi di misura ottici ed
elettronici. Infatti, i primi hanno il vantaggio di non interferire in
alcun modo con l’oggetto della misura e quindi di non applicare forze
sullo stesso. Inoltre, siccome non hanno alcun legame fisico con
l’oggetto, consentono di effettuare le misure anche quando questo è in
movimento. Ovviamente, l’integrazione con l’elettronica ha permesso
a questi dispositivi di raggiungere un’elevata sensibilità, unita ad una
buona ampiezza del campo di misura. È per questi motivi, che i
sensori elettro-ottici hanno trovato un’immediata e diffusa
applicazione, in particolar modo nella misura in tempo reale delle
caratteristiche geometriche dei pezzi prodotti. Il fatto di non richiedere
un contatto diretto con l’oggetto, permette di eseguire delle misure
precise senza interrompere il flusso dei materiali in una linea di
produzione, a vantaggio di un minore tempo complessivo di
produzione.
2. Principi generali
Luce è il termine generale con cui indichiamo, all’interno dello spettro
elettromagnetico, le radiazioni ultraviolette (U.V.), visibili ed
infrarosse (I.R.). Gli intervalli di lunghezza d’onda che definiscono
queste radiazioni sono: da 0,01 μm a 0,4 μm per le ultraviolette, da 0,4
μm a 0,7 μm per le visibili ed infine da 0,7 μm a 100 μm per le
infrarosse. Molti dei sistemi di misura che andremo ad analizzare in
questo capitolo utilizzano radiazioni con lunghezze d’onda comprese
tra 0,3 e 100 μm, ovvero nel campo visibile ed infrarosso. Le figure 1
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e 2 mostrano due tipi generali di sistemi di misura ottici. Entrambi i
tipi sono formati da un sistema ottico di base, che comprende una
sorgente, un mezzo di trasmissione ed un ricevitore. La funzione S(λ)
descrive come varia la potenza radiante emessa della sorgente al
variare della lunghezza d’onda λ. T(λ) descrive come l’efficienza del
mezzo di trasmissione varia in funzione di λ. Il ricevitore converte la
potenza radiante che lo incide, in un segnale elettrico. La sensibilità
DK del ricevitore è la variazione del segnale in uscita (resistenza
elettrica, tensione, etc.) per una variazione unitaria della potenza
incidente. D(λ) descrive come la risposta del ricevitore varia con la
lunghezza d’onda λ. È importante che le tre sopra menzionate funzioni
S(λ), T(λ) e D(λ) siano compatibili tra loro. Questo significa che i
valori delle tre funzioni devono coprire un campo sufficientemente
ampio, oltre le lunghezze d’onda d’interesse, altrimenti vi è il rischio
che queste radiazioni non siano trasmesse. Entrambe i sistemi riportati
nelle figure 1 e 2, includono gli elementi di regolazione, elaborazione
e rappresentazione dei dati.
Figura 1: Sistema a sorgente fissa e mezzo di trasmissione variabile
Sorgente Accoppiamento
mezzo/sorgente
T(λ,I)
I
KSM
KDD(λ) KMD
WOM
WD V
O
WIM S(λ)
Ricevitore
Regolazione, elaborazione e
presentazione dati
Variabile misurata
Accoppiamento
ricevitore/mezzo
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Figura 2: Sistema a sorgente variabile e mezzo di trasmissione fisso
Sorgente fissa e mezzo di trasmissione variabile.
Il sistema mostrato in figura 1 ha una sorgente fissa, quindi una
potenza complessiva costante; sorgenti tipiche sono lampade al
tungsteno, diodi ad emissione di luce (L.E.D.) o laser.
Conseguentemente, la caratteristica T del mezzo di trasmissione non è
fissata ma può variare a seconda del valore della variabile misurata.
Per esempio, se il mezzo di trasmissione è un tubo contenente del gas,
cambiando la composizione dello stesso, varia la frazione della
potenza della radiazione infrarossa che attraversa il tubo. Sistemi di
questo tipo utilizzano normalmente una ristretta banda di lunghezze
d’onda. La costante KSM descrive l’efficienza dell’accoppiamento
geometrico tra la sorgente ed il mezzo di trasmissione, mentre la
costante KMD l’accoppiamento tra il mezzo di trasmissione ed il
ricevitore. Per un sistema di questo tipo, la potenza totale raccolta dal
ricevitore vale:
T(λ)
KFF(λ) KDD(λ)
Mezzo di trasmissione
Sistema di messa a fuoco
Ricevitore
Regolazione, elaborazione
e presentazione dati
S(λ,I)=WIM
Sorgente
I
WOM
V WD
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DSMMD
0
P(I)=KKS(λ)T(λ,I)D(λ)dλ
∞
∫ (2.1)
mentre, il segnale in uscita dal ricevitore vale:
DDV(I)=KP. (2.2)
Sistemi di misura ottici di questo tipo presentano i seguenti vantaggi:
• sicurezza nei casi in cui si lavori in presenza di atmosfere
esplosive; infatti, ponendo la sorgente, il ricevitore ed i
rispettivi generatori elettrici in un’area sicura, solo le fibre di
trasmissione sono collocate nella zona pericolosa. In questo
modo, non vi è la possibilità che scintille possano causare
esplosioni.
• buona compatibilità con i sistemi di comunicazione ottici;
• assenza di interferenze elettriche.
Sorgente variabile e mezzo di trasmissione fisso
Il sistema mostrato in figura 2, presenta una sorgente la cui potenza S
varia in funzione del valore della variabile da misurare I. Un esempio
tipico di questo sistema è quello per la misura della temperatura, dove,
la quantità di potenza radiante emessa da un corpo caldo è
direttamente collegabile alla sua temperatura. Nell’esempio
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precedente, il mezzo di trasmissione e l’aria atmosferica, con
particolari caratteristiche T(λ). Poiché l’emissione di potenza di un
corpo caldo avviene in un ampio range di lunghezze d’onda, questi
sistemi di misura devono essere normalmente ad ampio spettro.
Diversamente da quello che accade per le fibre ottiche, in atmosfera
non è possibile evitare che un segnale luminoso diverga, quindi è
necessario disporre di un sistema di messa a fuoco per accoppiare la
sorgente al ricevitore. La costante KF è allora la caratteristica di
quest’ultimo accoppiamento, mentre F(λ) è la caratteristica del sistema
di messa a fuoco. Per un sistema di questo tipo, la potenza totale
raccolta dal ricevitore vale:
DF
0
P(I)=KS(λ,I)T(λ)F(λ)D(λ)dλ
∞
∫ (1.3).
mentre, il segnale in uscita dal ricevitore vale:
DDV(I)=KP (1.4).
In sistemi di misura di temperature di questo tipo, il ricevitore delle
radiazioni può essere posto lontano dal corpo stesso e non in contatto.
Gli evidenti vantaggi sono:
• possibilità di misurare alte temperature, alle quali i normali
sensori subirebbero danni;
• misura su corpi in movimento;
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• ottenimento di una caratterizzazione termica dettagliata della
superficie del corpo.
3. Sorgenti
3.1 Principi
Tutte le sorgenti utilizzate nei dispositivi di misura ottici contengono
uno spettro continuo di lunghezze d’onda. L’intensità della sorgente è
specificata attraverso la funzione S(λ) densità di potenza spettrale
(PSD), definita come segue: la quantità di energia per secondo emessa
da 1 cm2 della sorgente, in un’unità di angolo solido, tra lunghezza
d’onda λ e λ+Δ λ.
3.2 Sorgente a corpo caldo
Ogni corpo dotato di una temperatura superiore allo zero Kelvin
emette radiazioni. La sorgente ideale è definita Corpo Nero: dalla
legge di Planck la densità di potenza spettrale delle radiazioni emesse
da un Corpo Nero alla temperatura T (Kelvin) è:
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BB 1
C
5 λT
CW(λ,T)=
λ e-1
-2-1W cm sr
(3.2.1)
dove: λ= lunghezza d’onda in μm, C1=37413 W μm4 cm-2, C2=14388
μm K.
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Il Corpo Nero è ovviamente un’astrazione teorica che non è
completamente riscontrabile e riproducibile nella realtà. Un corpo
reale, alla temperatura T, emette una quantità minore di radiazione di
un Corpo Nero alla stessa temperatura. Il fattore di correzione che
viene introdotto per questo motivo, è l’emissività ε(λ,T) del corpo
definita come:
Radiazione emessa dal corpo reale
Emissività=
Radiazione emessa dal Corpo Nero
.
L’emissività dipende in generale dalla lunghezza d’onda e dalla
temperatura, anche se la dipendenza da quest’ultima variabile è
debole. La figura 3 mostra gli andamenti delle emissività di diversi
materiali.
Figura 3: Emissività di diversi materiali
È da notare che un Corpo Nero ha, per definizione, ε=1. L’emissività
di un corpo reale deve essere misurata sperimentalmente mettendo a
confronto le potenze radiante emesse dal corpo con quelle emesse da
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un Corpo Nero “standard” (ε=0,99). Riassumendo, una sorgente a
corpo caldo è caratterizzata da una densità di potenza spettrale S(λ,T)
ad ampia banda data da:
BB1S(λ,T)= ε(λ,T)W(λ,T)
2π
[W μm cm-2 sr-1] (3.2.2)
incertezze riguardo al valore dell’emissività del corpo caldo sono la
principale fonte di errore in questo tipo di sistemi di misura.
3.3 Sorgente a diodo emettitore di luce (L.E.D.)
Il diodo emettitore di luce è una giunzione PN formata da
semiconduttori di tipo P ed N, il quale emette una radiazione visibile
ampiamente usata nella costruzione dei display.
Commercialmente, ne esistono al fosforo – arsenio – gallio che
emettono una luce rossa con λ 0,655 μm≈ ed al fosforo-gallio, che
emettono una luce verde con λ 0,560 μm≈ . Diodi ad infrarossi sono
spesso preferiti ai precedenti, quando sono accoppiati a fibre ottiche,
in quanto, le loro caratteristiche di lunghezza d’onda S(λ) sono
compatibili con la caratteristiche di trasmissione delle fibre T(λ).
Le radiazioni emesse da questi tipi di sorgente sono distribuite in un
ristretto spettro di lunghezze d’onda; la figura 4 mostra un tipico
andamento della densità di potenza spettrale di un diodo emettitore.
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Figura 4: Tipico andamento della densità di potenza spettrale di un diodo
3.4 Sorgente Laser
Esistono diversi tipi di laser a seconda del tipo di materiale da cui esso
viene generato; esistono quindi laser generati da gas, liquidi, cristalli
solidi o semiconduttori. Tutti i tipi di laser, evidentemente si rifanno
allo stesso principio di funzionamento, che può essere introdotto
attraverso i livelli di energia mostrati nella figura 5.
Figura 5: Emissione spontanea e stimolata
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Il livello iniziale del materiale possiede energia E1, mentre quello del
livello eccitato è E2. Un passaggio da un livello all’altro comporta
un’emissione o un assorbimento di energia (sottoforma di fotone) pari
a 21hf=E-E , dove h è la costante di Planck ed f la frequenza della
radiazione. Se il materiale è in equilibrio termico, la maggior parte
degli elettroni occupa il livello energetico 1E , e solo una quantità
ristretta possiede una sufficiente energia per occupare il livello 2E . Se
ora il materiale assorbe dell’energia da una sorgente esterna, vi è una
migrazione di elettroni al livello superiore di energia 2E , mentre pochi
resteranno al livello iniziale 1E . Quando poi, un elettrone eccitato
ritornerà al suo livello energetico iniziale (spontaneamente), vi sarà
una cessione di energia (sottoforma di un fotone) hf; questo processo è
detto emissione spontanea. Se ora si invia un secondo fotone uguale
al primo, tale secondo fotone può forzare l’elettrone eccitato a
riscendere sul livelli inferiore, prima che esso lo faccia
spontaneamente. In questo caso, tanto il primo quanto il secondo
fotone vengono reirradiati contemporaneamente; questo processo è
detto emissione stimolata. I due fotoni possono ora generare quattro
fotoni, e così via (figura 5); il processo è enfatizzato da una apposita
cavità di risonanza. La radiazione così emessa ha la caratteristica di
essere monocromatica e coerente, ovvero di avere una sola lunghezza
d’onda e, in un qualsiasi punto del raggio, di avere lo stesso
sfasamento.