2
La distribuzione spaziale e temporale di sostanze che possono essere utilizzate come
traccianti ambientali può essere ricavata dall’analisi degli strati nevosi successivi
campionati nelle calotte glaciali attraverso lo scavo di trincee della profondità di
alcuni metri (informazioni ambientali nell’arco degli ultimi 100 anni) o attraverso
carotaggi profondi fino ad oltre 3000 metri, che permettono l’ottenimento di dati
paleoambientali risalenti fino a circa mezzo milione di anni fa.
Le regioni del mondo coperte da ghiacci in modo permanente hanno preservato una
registrazione databile della passata composizione dell’atmosfera terrestre; i ghiacci
polari offrono quindi un’opportunità unica per ricostruire record storici di
inquinamento atmosferico su larga scala. Tali regioni sono lontane dalle maggiori
sorgenti di inquinamento industriale e si prestano quindi allo studio
dell’inquinamento atmosferico su larga scala (se non su scala globale). Due
principali frazioni dell’aerosol atmosferico sono coinvolte: una frazione carbonacea
che consiste soprattutto in carbonio e organici ed una inorganica comprendente un
complesso insieme di elementi in varie forme chimiche. La frazione carbonacea
deriva soprattutto dalla combustione incompleta dei combustibili fossili ma include
anche un largo range di inquinanti organici in tracce che sono resistenti alla
degradazione chimica durante il trasporto atmosferico; la componente inorganica è
dominata invece dalle ceneri e dalle emissioni da parte di molti processi industriali e
di smaltimento. Grande interesse è focalizzato sui metalli tossici e sui metalloidi
(Peel 1989).
Tali studi sono essenziali per:
• identificare le fonti principali e secondarie dell’aerosol atmosferico (spray marino,
biogenico marino, vulcanico, crostale o antropico);
• valutare l’importanza relativa dei diversi contributi in una certa area, cercando di
comprendere i motivi delle loro eventuali variazioni nel tempo;
• comprendere i processi di trasporto di tali sostanze con particolare riguardo agli
scambi di materia e di energia all’interfaccia mare/atmosfera/neve.
• evidenziare particolari eventi capaci di immettere nell’atmosfera rilevanti quantità
di composti che possano costituire marker ambientali o livelli temporali di
riferimento (eruzioni vulcaniche, grandi incendi di foreste o savane, esperimenti o
incidenti nucleari, ecc.).
3
La ricerca svolta in questo Dottorato si inserisce nell’ambito tematico qui illustrato,
individuando e studiando alcuni componenti utilizzabili come indicatori ambientali e
sviluppando dei metodi di analisi che ne permettano la determinazione non solo nei
campioni di neve e firn provenienti dal continente antartico, che presentano
concentrazioni notoriamente molto basse e quindi di elevata criticità, ma anche nelle
altre matrici ambientali variamente inquinate per poter effettuare un’attenta analisi
dell’apporto antropico.
A tale scopo, in questo triennio di studi sono stati sviluppati metodi di analisi in
flusso per la determinazione di traccianti ambientali di prevalente origine
fotochimica e crostale. Sono successivamente stati analizzati campioni di pioggia
relativi alla città di Firenze, di neve appenninica ed alpina, di neve antartica. In
particolare grande rilevanza riveste l’analisi di circa N° campioni relativi a neve
superficiale, trincee (fino a 4 m di profondità), carote di firn (fino a 12 m di
profondità) prelevati in stazioni poste lungo una traiettoria ideale che parte dalla
costa del mare di Ross, dove è situata la base italiana, e si dirige verso le regioni più
interne del continente fino alla stazione italo-francese di Dome Concordia, passando
attraverso la stazione di Talos Dome, che rappresenta, come diremo più avanti, un
sito di transizione dalle aree costiere a quelle interne dell’Antartide. L’elevato
numero e la tipologia dei campioni (concentrazioni degli analiti dell’ordine del µg/l,
rischio di contaminazione, ecc.) hanno reso necessaria un’ottimizzazione delle
tecniche di analisi utilizzate che è illustrata in dettaglio nella sezione dedicata alla
metodologia analitica.
L’attività di ricerca di questo Dottorato è stata svolta nell’ambito del Programma
Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), in collaborazione con i Progetti ITASE
(International Trans-Antarctic Scientific Expedition) ed EPICA (European Program
for Ice Coring in Antarctica). Il lavoro si è avvalso della collaborazione delle
Università di Milano (Dip. Scienze dell’Ambiente e del Territorio), di Venezia (Dip.
Scienze Ambientali) e di Trieste (Laboratorio Chimica Isotopica) e dei centri di
ricerca dell'ENEA - Casaccia (Roma), del Laboratoire de Glaciologie et Geophysique
de l’Environnement du CNRS (Grenoble, Francia), e dell’Istituto di Geologia Marina
- CNR (Bologna).
4
1.1 AEROSOL ATMOSFERICO
L’atmosfera non è costituita unicamente da una miscela di gas, ma è un sistema
molto più complesso che contiene anche un gran numero di particelle liquide e/o
solide di dimensioni variabili, comunemente conosciute come “aerosol atmosferico”
(fig. 1.1).
Fig. 1.1 – Rappresentazione schematica del sistema “aerosol atmosferico”
L’aerosol atmosferico ha una struttura e una composizione in continua evoluzione.
Esiste infatti un’ampia varietà di reazioni chimiche e processi fisici che
contribuiscono a modificarne incessantemente le caratteristiche chimico-fisiche. Le
particelle disperse nell’aria hanno una profonda influenza sulla qualità dell’ambiente,
5
sulla corrosione e conservazione dei manufatti dell’uomo, sulla visibilità atmosferica
ed infine sul clima terrestre. L’entità dell’impatto ambientale dipende dalle loro
proprietà chimiche e fisiche, nonchè dal loro tempo di vita e dalla loro abbondanza. I
processi di formazione diretti come il rilascio di particelle dalla crosta terrestre
(mineral dust) o da parte della vegetazione (polline) generano particelle abbastanza
grandi (d>10µm) che tendono a sedimentare rapidamente con effetti geograficamente
localizzati. Ciò nonostante non è raro che anche granelli con diametro superiore ai 20
µm vengano sollevati a grandi altezze dai moti di turbolenza e convezione e
trasportati per distanze maggiori. D’altra parte particelle formate indirettamente
attraverso una combustione o in reazioni di conversione gas-particella sono piccole
(d<1µm), hanno tempi di vita lunghi e quindi possono attraversare lunghe distanze.
Le particelle liquide o solide costituenti il complesso sistema degli aerosol
atmosferici possono essere immesse come tali nell’atmosfera (aerosol primario) o
essere originate attraverso processi di trasformazione e/o conversione gas/liquido e
gas/solido di sostanze immesse in fase gassosa (aerosol secondario). Ovviamente tale
distinzione è solo formale, in quanto molte delle sostanze immesse nell'atmosfera da
fonti primarie possono poi interagire tra loro e con gli altri componenti
dell’atmosfera, subendo le complesse reazioni di trasformazione che sono alla base
dei principali cicli biogeochimici del carbonio, dello zolfo e dell’azoto.
Nella tabella 1.1 sono riportati i flussi globali delle maggiori fonti naturali di aerosol
primario e secondario.
6
Tab 1.1 - Fonti di materiale particellato nell’atmosfera e loro flussi globali (valori espressi come
10
12
g/anno).
Gli aerosol formatisi attraverso i processi di emissione, trasformazione e
accrescimento delle particelle o sostanze provenienti dalle fonti primarie e
secondarie sono diffusi nell’atmosfera attraverso processi di trasporto che
differiscono tra di loro in base alle dimensioni e alla reattività delle particelle
costituenti l’aerosol e alle interazioni che esse possono avere da parte dei diversi
ecosistemi che le hanno generate o che esse attraversano durante il loro movimento
nell’atmosfera.
Nelle aree polari dell’emisfero meridionale le interazioni tra i vari ecosistemi che
controllano i processi di produzione e di trasporto dell’aerosol atmosferico possono
essere illustrate dalla figura 1.2.
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Fig. 1.2 - Rappresentazione schematica dei processi di produzione e di trasporto dei vari
componenti dell’aerosol atmosferico nelle aree polari dell’emisfero meridionale.
Nelle regioni circum-antartiche si possono avere interscambi di materia e di energia
attraverso le interfaccia tra i vari ecosistemi:
• Strato limite continentale - interscambio di materia e energia tra le masse
continentali disposte a Nord dell’Antartide (Africa, America Meridionale,
Australia) e la troposfera. L’aerosol di tipo continentale è caratterizzato da
contributi crostali, solfato di ammonio (relativo alla reazione di neutralizzazione
tra H
2
SO
4
e NH
3
), nitrati e componenti di origine antropica.
• Strato limite oceanico - interscambio tra le masse oceaniche ad elevate (circolo
polare antartico) e medie latitudini e la troposfera. Questo ecosistema è fortemente
dominato dai processi dell’attività fitoplanctonica, il cui prodotto più consistente è
il dimetilsolfuro (DMS). Il DMS viene ossidato nell’atmosfera prevalentemente a
SO
2
(e in seguito ad H
2
SO
4
) e acido metansolfonico (MSA) e tali componenti
sono quindi caratteristici di tale tipo di aerosol (aerosol marino secondario). La
fonte biogenica presenta, naturalmente, un forte carattere stagionale, esaltato dal
fatto che nell’inverno polare è praticamente assente la luce solare mentre l’estate è
interessata da un irraggiamento solare continuo.
8
• Strato limite marino locale: produzione di aerosol con particelle relativamente
grandi e capaci, pertanto, di essere trasportate a distanze e quote non troppo
elevate. L’aerosol di tale provenienza è fondamentalmente costituito dallo spray
marino ma anche altri costituenti possono, talvolta, divenire importanti: apporti
crostali dalle zone costiere deglaciate, prodotti del metabolismo degli animali
superiori (es. NH
3
) che vivono lungo le coste, emissioni di contaminanti antropici
(basi antartiche e circolazione di navi ed aerei).
• Stratosfera: costituisce una potenziale fonte di nitrati, fluoruri, solfati di origine
biogenica e vulcanica attraverso meccanismi di scambio con la troposfera.
Il trasporto dei vari componenti dalle “riserve” atmosferiche alle coste dell’Antartide
copre un vasto campo di distanze e può operare con efficienza dipendente
dall’intensità dei fenomeni atmosferici e dalla stagionalità.
Misure effettuate su
85
Kr e SF
6
(Wagenbach, 1996) hanno mostrato che lo scambio
atmosferico tra i due diversi emisferi avviene con tempi dell’ordine di un anno. Tale
tempo è circa un ordine di grandezza superiore al tempo di vita media della maggior
parte dei componenti dell’aerosol nell’atmosfera. L’interscambio con l’emisfero nord
può essere quindi considerato trascurabile ai fini del suo impatto sulla composizione
dell’aerosol antartico. Solo grandi eventi capaci di immettere nell’atmosfera a grandi
altezze un elevato numero di particelle (eruzioni vulcaniche di tipo esplosivo, grandi
incendi di foreste e savane, esplosioni nucleari), possono lasciare tracce rivelabili nel
manto nevoso dell’Antartide. A questo proposito, di particolare importanza è il fatto
che vengano immesse nell’alta troposfera o addirittura, nella stratosfera, particelle di
piccole dimensioni, caratterizzate da tempi di residenza notevolmente elevati. Il
tempo di residenza nell’atmosfera è un fattore determinante per la capacità di
dispersione omogenea delle sostanze emesse nell’atmosfera e per l’efficienza dei
loro processi di trasporto. In figura 1.3 (Brimblecombe, 1996) sono riportati i tempi
di residenza di un certo numero di sostanze di importanza ambientale immesse
nell’atmosfera attraverso processi naturali o attività antropica.
9
Radius r (µm)
Fig. 1.3 - Tempi di residenza delle particelle nella troposfera.
Elevati tempi di residenza sono caratteristici di sostanze dotate di scarsa reattività
emesse in fase gassosa o in fase dispersa con particelle estremamente fini, oppure di
particelle emesse negli strati più alti della troposfera o anche nella stratosfera. Le
sostanze caratterizzate da elevati tempi di residenza inoltre, sono distribuite più
uniformemente e possono essere trasportate a livello globale. Brevi tempi di
permanenza sono indicatori di efficaci processi di dilavamento atmosferico cosicché
si hanno deposizioni in aree relativamente vicine alla sorgente. Ne risulta, a livello
globale, una grande variabilità nella presenza di queste sostanze nell’aerosol
atmosferico.
Le aree glaciali delle regioni costiere dell’Antartide rappresentano una linea di
confine tra le vaste aree glaciali situate ad alta quota nel plateau antartico e
l’ecosistema costituito dagli oceani polari meridionali.