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quotidiana,. Tuttavia non bisogna dimenticare gli innumerevoli progressi e sviluppi che
ha avuto la disciplina a riguardo, solo per poter scrivere un saggio che goda della luce di
cui brilla un classico della letteratura cinese quale “L’arte della guerra”.
Analizzerò alcuni passaggi metaforici, mostrando come si è voluto dare una fin troppo
forzata impronta manageriale a un testo, che già ha donato più di uno spunto
interessante su cui riflettere nella sua forma originale di trattato militare, ma che pecca
di eccessiva determinatezza o di considerazioni limitate, nel momento in cui si voglia
applicare interamente i consigli di Sun Tzu in chiave aziendale. Un campo che ha
conosciuto, e ancora conosce, sensibili migliorie e continui aggiornamenti basati
sull’esperienza diretta di persone che si propongono di cercare la via dell’eccellenza
come faceva il maestro cinese duemilatrecento anni fa. Se applicate al campo
manageriale inoltre risultano mancanti e vincolanti a un tipo di struttura che al massimo
può soverchiare il fordismo, poiché muovere passi verso situazioni più complesse
risulta alquanto difficile per un opera costruita in passaggi lapidari.
Confronterò dunque i passaggi preferiti degli autori che si ostinano a mostrare solo i
pregi in chiave manageriale di tale libro, confrontandoli con le teorie moderne e
mostrando infine la netta diversità e totale mancanza di elementi moderni, che solo la
scienza attuale, alla luce delle maggiori e ovvie possibilità, mostra e comprende
appieno.
Questa tesi non vuole assolutamente mettere in discussione l’importanza letteraria del
saggio Sun Tzu; un’opera che come avrò modo di spiegare in seguito, mostra spunti di
riflessione su sé stessi e sull’ambiente circostante, dando all’opera una vita e una
modernità che lo accompagnerà sempre. Un libro la cui importanza si può verificare
tutti i giorni, poiché alcuni suoi principi di base sono diventati consigli utili anche solo
alla semplice realizzazione dei propri obiettivi personali. Ma in quanto a gestione tattica
del personale e di una realtà organizzativa ormai ha fatto il suo tempo.
Tuttavia per l’epoca erano senz’altro straordinarie intuizioni strategiche, applicate al
mondo moderno e alla luce delle recenti teorie di management, conservano solamente in
parte alcuni aspetti, cedendo il passo a teorie più raffinate e logicamente più attuali, che
sanno di non parlare per metafora, come invece succede nei saggi dei moderni manager,
che vogliono dare ulteriore lustro all’opera del maestro cinese.
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CAPITOLO 1
Paragrafo 1.1
Descrizione
L’opera alla base di questa mia discussione, è il più antico trattato cinese di arte
militare, si intitola Sun-tzu Pingfa: “L’arte della guerra del maestro Sun”. L’autore di
quest’opera è stato abbastanza trascurato dagli storici della filosofia cinese; a tal punto
che una corrente di pensiero afferma pure che Sun Tzu in realtà non sia una persona
unica, ma un collettivo di menti brillanti dell’epoca. In realtà era uno stratega del
periodo “primavere e autunni” (722-481 a.C.) e il suo pseudonimo letterario era Ch’ang
Ch’ing. Proveniva dallo stato di Ch’i, e fu assunto da He Lu, sovrano di Hi, il quale
rimase favorevolmente impressionato dalla lettura della sua opera immortale.
He Lu pose Sun al comando della sua armata, e il maestro fu l’artefice del notevole
successo di Wu nella guerra contro Ch’u, uno stato rivale.
Sun fu anche un accanito sostenitore di riforme, e caldeggiò in particolare due iniziative
promosse dai principi dello Stato di Chin: l’incremento dei terreni da assegnare ai
contadini, e un progetto di riduzione delle pene. Altre notizie biografiche non ci sono
note o paiono troppo generiche e poco attendibili.
Fortunatamente è il suo libro a parlare per Sun Tzu. Il titolo dell’opera può essere
tradotta in vari modi. Di fatto, la maggior parte dei traduttori lo rende con “l’arte della
guerra”. Fa significa “modello”, “arte”, “tecnica”; ping, “strategia”, “guerra”, “truppa”
–indicando tanto l’uso della guarnigione, quanto la guarnigione stessa. Anche in questa
sede si è preferito renderlo con “l’arte della guerra”, anche se gli assunti dell’opera non
si limitano alla metodologia del combattimento, bensì risultano validi nell’ambito di
qualsiasi tattica (come vedremo pure nel management). Del resto basterebbe riflettere
sull’assunto centrale del libro, di per sé eloquente: Sun consiglia di dare battaglia solo in
extremis, quanto non se ne può fare a meno; e sottolinea, per altri versi, che il vero
stratega sconfigge il nemico pria ancora di impegnarlo nel combattimento.
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L’opera si presenta, innanzitutto, come un trattato d’arte militare. Ciò va precisato,
nonostante il fatto che certi consigli risultino validi anche in altri contesti. Se fosse
altrimenti, non si spiegherebbe l’interesse dei più grandi strateghi della storia nei suoi
confronti, a partire da napoleone - si hanno notizie di una versione francese del gesuita
Amiot, redatta nel 1772, di cui egli avrebbe avuto conoscenza. Anche Mao Tse-tung
mostrò di interessarsi ai principi del Ping-fa, applicandoli nella Lunga Marcia che lo
avrebbe portato al potere.
Sun cerca di evitare – come già osservato –che si arrivi alla battaglia. Egli mira alla
vittoria, certamente, e prenderebbe le distanze da alcune esaltazioni della sconfitta, che
attecchirono in Giappone; tuttavia ritiene che il trionfo possa, e debba essenzialmente,
essere ottenuto senza combattere. Una volta che il piano d’attacco venga perfezionato,
la battaglia è già vinta nel quartier generale: muovere le pedine, cioè i soldati, risulta un
gioco da ragazzi.
Inoltre, tutto dev’essere compiuto in fretta: la strategia vincente è rapida, e si sbarazza
del nemico senza neppure dargli il tempo di capire che sarà sconfitto. Sun Tzu d’altro
canto ammonisce severamente coloro che si vantano delle facili vittorie, evidenti anche
al nemico. Il vero stratega non sfrutta la forza bensì quella dell’avversario, questo
concetto che sta anche alla base del judo, è integrato dalla frase del maestro Sun:
“colpiscilo negli affetti”, mostrandoci come bisogni sottrarre al nemico i viveri, i
territori e quanto ha di più caro.
Un forte cinismo pervade l’opera. In effetti Sun adotta sempre un atteggiamento
pragmatico, assolutamente concreto. Per questo avrà molti detrattori; d’altra parte, egli
vuole soltanto insegnarci a perseguire l’utile, con un forte anticipo sul nostro
Machiavelli.
Il comandante ideale non ha cedimenti: è sicuro di sé e dei suoi uomini. Sembra soltanto
un’osservazione pragmatica, una delle tante di cui è impregnato il libro. Si valutino in
quest’ottica, certe affermazioni:
“conoscere l'altro e se stessi - cento battaglie, senza rischi”
“non conoscere l'altro, e conoscere se stessi - a volte, vittoria; a volte, sconfitta”
“non conoscere l'altro, né se stessi - ogni battaglia è un rischio certo”
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Sun cita queste parole come un “detto di altri”, ma non abbiamo motivo di dubitare che
siano invece parte delle sue convinzioni più profonde. Di fatti lo stratega ideale ha
sodato in profondità il suo cuore, imparando a conoscerne i difetti. Solo un fine
psicologo e osservatore sarà in grado di disorientare il nemico, spacciando l’illusione
per realtà. Questa tematica viene tratta nel sesto capitolo de “L’arte della guerra”, dal
titolo “Il vuoto e il sostanziale”, di per sé molto eloquente.
Ingannare il nemico, questo è il principio della tattica. “Apparire”, piuttosto che
“essere” o meglio: al fine di “essere”. D’altronde, cito:
“la strategia si fonda sull’astuzia; è messa in moto dalla prospettiva di un guadagno;
è analitica o sintetica, a seconda delle trasformazioni [del nemico].”
dovremo dunque evitare di rivelare la locazione del terreno di battaglia, cosicché il
nemico impegni altrove le sue forze. E se decidesse di impegnarle su tutti i territori?
L’abile stratega non si farebbe impressionare, tutt’altro. In tal caso risulterebbe inerme,
poiché l’uomo in stato d’allerta su tutti i fronti risulta impreparato ovunque. È un altro
insegnamento del maestro, la cui portata travalica l’ambito della strategia militare.
Si richiede, soprattutto, una certa flessibilità. Dovremo essere in grado di cambiare
strategia, se il nemico mostra di averne intuito le basi; o se invece, più semplicemente,
essa non produce i frutti che vorremmo.
In altri termini, Sun insegna ciò che, teoricamente, non si può imparare! Stimola
l’attenzione dell’uditorio, solo per comunicare che ciascuno deve affidarsi a se stesso, e
alle proprie risorse. Impartisce la tattica all’interno del discepolo, a tal punto che questa
si debba manifestare in lui nel momento di maggiore necessità, in modo totalmente
naturale.
Lo scopo del maestro Sun è quello di diventare invincibili: questa è la vera strategia.
Quando poi si è costretti a incontrare un nemico sul campo di battaglia, bisogna cercare
di stanarlo e sconfiggerlo con il massimo della cautela, la maggiore fiducia in sé stessi,
la totale sicurezza dettata dai giusti indirizzi del maestro Sun per poi andare in contro a
una natura che non permetterà mai di avere una regola precisa in materia di rischio e
probabilità di fallimento.