3
Introduzione
L‘espressione "Terza Via‖ è stato usata per la prima volta alla fine del diciannovesimo
secolo con riferimento alla dottrina sociale della chiesa proposta nell‘enciclica Rerum
Novarum emanata dal papa Leone XIII nel 1891 che si poneva come alternativa tanto al
socialismo quanto al liberismo. Lo stato, ispirandosi ai principi cristiani, infatti doveva
tutelare la proprietà ma allo stesso tempo garantire per legge il benessere degli operai e
provvedere ai più deboli (le donne e i minori).
Dopo la prima guerra mondiale, che segnò uno spartiacque in quanto la rivoluzione
sovietica si poneva come modello di un socialismo realizzabile a breve termine e suscitò
accese speranze ma anche violentissime reazioni, si posero come ―Terza Via‖ anche il
socialfascismo e il nazionalsocialismo in quanto proponevano il superamento
dell‘internazionalismo proletario a favore di un socialismo fortemente nazionalista.
Un‘altra occasione in cui si usò l‘espressione fu agli inizi degli anni Trenta quando,
dopo la crisi del ‘29, si capì che il mercato non poteva essere lasciato a se stesso e
Roosevelt, sostenuto in qualche modo dall‘economista inglese Keynes, attuò il New
Deal ponendo i presupposti per il welfare state che, per almeno mezzo secolo,
soprattutto nell‘Europa continentale dove aveva assorbito molte delle idee portate avanti
dai partiti socialdemocratici e comunisti, sembrò la terza via tra comunismo e libero
mercato.
Ma anche all‘interno della sinistra, è stata usata l‘espressione ―Terza Via‖ che ha
assunto nel tempo significati diversi.
Dapprima, verso la fine dell‘800, è stato il socialismo democratico o evoluzionista ad
essere considerato la terza via in quanto, a differenza di Marx, non faceva più dipendere
l‘avvento del socialismo dalle lotte rivoluzionarie del partito della classe operaia, ma da
un automatismo storico futuro che avrebbe fatto diventare classe operaia la quasi totalità
della società permettendo l‘avvento del socialismo pacificamente, attraverso la
conquista della maggioranza parlamentare.
Su questa base i partiti socialisti europei, sul modello del Partito Socialdemocratico
Tedesco, facevano il loro ingresso nell‘agone politico rivendicando il suffragio
universale e ponendosi anche la questione dell‘eventuale partecipazione a governi
borghesi al fine di cominciare fin da subito a migliorare nel concreto la qualità della vita
delle classi lavoratrici e a preparare le condizioni dell‘avvento della società socialista.
4
Alla vigilia della prima Guerra mondiale, si affermò come Terza Via la
Socialdemocrazia. Il nuovo programma socialdemocratico rifiutava l‘idea della lotta di
classe, della prospettiva di un crescente sfacelo del capitalismo e della dittatura del
proletariato. Le riforme per la socialdemocrazia non erano più, dunque, come lo erano
state per il socialismo democratico, un mezzo per preparare la lotta per il socialismo, ma
un mezzo per raggiungere gli obiettivi di un regolamento statale dell‘economia di
mercato, di una più equa distribuzione dei redditi, e di maggiori diritti politici.
L‘espressione ―Terza Via‖ fu ripresa solo molti anni dopo, negli anni ‘70, da Enrico
Berlinguer, segretario del Partito Comunista italiano:
Noi consideriamo l‘esperienza storica del movimento socialista,
nel suo complesso, nelle due fasi fondamentali: quella
socialdemocratica e quella dei paesi dove il socalismo è stato
avviato sotto la direzione di partiti comunisti nell‘est
europeo…ma entrambe vanno superate criticamente con nuove
formule, con nuove soluzioni, con quella, cioè, che noi
chiamiamo la terza via
1
.
Nella Terza Via ideata da Enrico Berlinguer e battezzata dal giornalista Barbieri
Eurocomunismo (Giornale Nuovo, 25 giugno 1975) si riconoscevano, oltre al partito
comunista italiano, anche quello francese e spagnolo. La Terza Via eurocomunista fu un
punto di svolta teorico-politico, sia rispetto alle vie tradizionali della socialdemocrazia
sia al modello sovietico, che assumeva, come momenti essenziali di una strategia volta
ad affermare ideali di socialismo, il pluralismo, l‘alternanza al potere, la laicità dello
stato, e tutte le libertà, sia personali che collettive, sia quelle frutto delle grandi
rivoluzioni democratico- borghesi, sia quelle frutto delle grandi lotte popolari.
Al XXV° Congresso P.C.U.S. a Mosca, il 27 febbraio 1976, Berlinguer ne definisce i
principi fondamentali che ridefiniscono i rapporti tra partiti comunisti, improntati a
spirito di amicizia e di solidarietà ma anche a un aperto e franco confronto delle diverse
esperienze e posizioni e al riconoscimento e rispetto della piena indipendenza di
ciascuno di essi, in quanto la costruzione di una società socialista deve essere:
―Il momento più alto dello sviluppo di tutte le conquiste democratiche e deve garantire
il rispetto di tutte le libertà individuali e collettive, delle libertà religiose e della libertà
della cultura, delle arti e delle scienze.‖
Oggi l‘espressione ―Terza Via‖ è di nuovo al centro del dibattito politico.
1
(Dalla trascrizione della Tribuna politica andata in onda il 15 dicembre 1981 su Rai Uno)
5
Sono passati più di dieci anni da quando Tony Blair, divenuto il leader del partito
laburista, diede il via al rinnovamento del partito volto a riportarlo al potere dopo sedici
anni di governo conservatore. Da questo rinnovamento, realizzato da Tony Blair e
teorizzato da alcuni intellettuali inglesi, tra cui Anthony Giddens, nascerà la Terza Via,
presentata come frutto di una lunga elaborazione maturata attraverso una storia secolare
di lotte e conquiste del movimento operaio europeo.
La Terza Via si definisce come l'unica via possibile per governare la globalizzazione.
Essa, hanno sempre sostenuto i suoi esponenti, è una necessità perché nè la vecchia
politica socialdemocratica, nè le politiche neoliberiste sono in grado di governare i
processi in corso.
Per far questo occorrono una nuova politica e nuovi valori di riferimento, valori che la
Terza Via individua nella responsabilità individuale, nell'uguaglianza delle opportunità
e nella comunità. Questi valori diventano le fondamenta di una nuova concezione dello
Stato e di una nuova politica volta a dare risposte ai problemi posti dalla nuova era della
globalizzazione. Una globalizzazione considerata dalla Terza Via, che pur ne riconosce
alcuni limiti, come un fenomeno sostanzialmente positivo. Una globalizzazione che
però va saputa governare in modo da renderla più equa e più umana di quanto potrebbe
fare una politica neoliberista e in maniera più efficiente di quanto potrebbe fare una
politica socialdemocratica.
Nel governo della globalizzazione, la Terza Via si propone di coinvolgere lo Stato, le
istituzioni internazionali, le imprese multinazionali e la società civile. Lo Stato viene
considerato ancora il più potente attore sulla scena in grado di bilanciare i poteri persi,
proprio a causa della globalizzazione, mediante le istituzioni internazionali. Le
multinazionali, d'altro canto, avrebbero nel tempo sviluppato una sensibilità che le ha
rese ―socialmente responsabili‖ e in grado di agire in equilibrio tra l'interesse generale e
gli interessi dei propri azionisti. Alla società civile, a sua volta, toccherebbe un ruolo
fondamentale nell'esercitare pressioni sulle imprese affinché osservino le regole di
comportamento stabilite di concerto dalle stesse con gli stati e le istituzioni
internazionali.
La misura della riuscita di questo ambizioso programma dovrebbe essere data, in base
alle stesse dichiarazioni degli esponenti della Terza Via, dal raggiungimento degli
obiettivi di sviluppo del millennio fissati dalle Nazioni Unite.
Nonostante le condizioni politiche favorevoli, in quanto a partire dalla metà degli anni
'90 gran parte dei paesi occidentali, tra i quali gli Stati Uniti di Clinton, l'Inghilterra di
6
Blair, la Germaia di Schroeder, la Francia di Jospin e la stessa Italia, tanto per fare
qualche esempio, erano governati da coalizioni di centro-sinistra che, per la maggior
parte, guardavano al modello di Blair come un esempio da seguire, gli obiettivi di cui
sopra, lungi dall'essere raggiunti, si sono invece allontanati.
Molto si è parlato della Terza Via anche in Italia e Blair è stato indicato spesso come un
modello da imitare, non solo per ridare fiato a una sinistra che appariva confusa e
disorientata dopo il venir meno dei punti di riferimento tradizionali costituiti dai partiti
storici travolti, l‘uno dal crollo del comunismo, l‘altro dagli scandali, ma anche perchè
offriva un nuovo orizzonte da perseguire nell‘era della globalizzazione che presentava
problemi del tutto nuovi ai quali le vecchie politiche non sembravano poter offrire più
risposte.
Da questo panorama è nato l‘interesse di andare a studiare più da vicino un fenomeno
che appariva suggestivo e foriero di nuove prospettive, ma anche non privo di
inquietanti contraddizioni.
Nella prima parte del lavoro si è cercata una definizione il più possibile completa della
Terza Via e si sono analizzate e riassunte le sue più autorevoli posizioni teoriche, in
opposizione sia al liberismo che alla socialdemocrazia; successivamente la ricerca si è
soffermata sui valori, sulla concezione dello Stato, sulla concezione della
globalizzazione e sul modo di governarla proposti della terza Via. La prima parte si è
chiusa con l'esplicitazione degli obiettivi. Il lavoro si è poi orientato ad esaminare in
primo luogo i risultati ottenuti dalle politiche della Terza Via e, per questo, fonte
principale sono stati i rapporti di organismi internazionali, come le Nazioni Unite e
varie ONG; la parte finale si è concentrata sulla riconsiderazione dei rapporti tra Stato,
organizzazioni internazionali, imprese multinazionali e società civile, per verificare se
gli assunti sui quali si sono mosse le politiche della Terza Via, relativi al peso degli
attori presenti sulla scena (Stato, organizzazioni internazionali, imprese multinazionali e
società civile) e alle loro reciproche relazioni, corrispondano alla realtà effettiva:
Si è preferito, nel corpo del lavoro, dare il più direttamente possibile, la parola ai
protagonisti, cioè a Giddens, a Blair, agli altri teorici della Terza Via, nonchè ai
dissidenti e ai critici come pure alle figure più rappresentative della politica,
dell‘economia e della società civile, affinchè risultasse, per così dire, oggettivamente,
quale fosse il contesto nel quale si era mossa la ricerca.
Nelle Conclusioni si sono tirate le fila spiegando i motivi delle scelte operate,
ricostruendo lo scheletro argomentativo seguito e mostrando i risultati a cui si è giunti.
7
Capitolo I: Il modello della Terza Via come inevitabilità
La nascita della Terza Via
Gli Inglesi hanno rifiutato di garantire al Labour Party la loro
fiducia... essi ci hanno detto di ripensare e di rivedere, e di
ritornare con un nuovo programma per un nuovo governo... Per
riconquistare la fiducia del popolo inglese, ...noi dobbiamo
cambiare l'orientamento delle idee... il nostro cambiamento è
forgiare una nuova politica radicale per un mondo nuovo e in
cambiamento
2
.
Queste parole appartengono a un discorso tenuto da Tony Blair quando, nel 1994, dopo
la quarta sconfitta elettorale consecutiva del partito laburista alle elezioni generali,
avvenuta nel 1992, diventa il leader del partito. Da lui parte l‘azione di rinnovamento
volta a riportare il partito laburista al potere dopo sedici anni di governo conservatore.
Come fa notare Robert Taylor, nell‘articolo ―The Social democrats come roaring back”,
in New Statesman del 20 dicembre 1999, l‘elettorato vuole più individualismo e meno
collettivismo, più scelta per il consumatore e meno tassazioni. I socialdemocratici hanno
bisogno di rinnovarsi se vogliono arrestare la loro crescente impopolarità.
Da questo rinnovamento realizzato da Tony Blair e teorizzato da alcuni intellettuali
inglesi, tra cui Anthony Giddens, nascerà la Terza Via.
La risposta del Labour Party alle politiche neoliberiste della Thatcher si era fino a quel
momento limitata a riproporre le vecchie concezioni della sinistra, ma da ora in avanti,
secondo Blair, per riacquistare la fiducia degli elettori, il partito laburista deve effettuare
un radicale cambiamento della sua politica.
Simon Buckby e Neal Lawson nel loro articolo ―Third way? No way, Tony-labour party
on socialdemocratic in Uk‖ pubblicato nel numero di New Statesman del 13 marzo
1998, scrivono:
Dopo anni di universali fallimenti elettorali e di dominio della
legge del libero mercato, i nuovi socialdemocratici riconoscono
2
Blair Tony, New Britain, my vision of a young country, Westview press, 2004; mia trad, p. 3:
British have refused to grant the labour party their trust...they have told us to rethink and to review, and
to come back with a new prospectus for a new government...to win the trus of the British people, ...we
must change the tide of ideas... Our challenge is to forge a new and radical politics for a new and
changing world.
8
la fragilità dell'opposizione della sinistra e il bisogno di graduali
riforme che portano il sostegno del pubblico
3
.
A leggere attentamente ―New Britain, my vision of a young country” di Tony Blair
emerge il sospetto che la Terza Via non sia altro che una strategia politica costruita a
tavolino con l'intento principale di riportare il New Labour al potere e la sua
teorizzazione da parte di Giddens e di altri intellettuali inglesi appare come il tentativo
di dare una giustificazione teorica alla nuova strategia politica.
Giddens nel suo libro La Terza Via sembra avvalorare questa tesi:
Nel Regno Unito attualmente, come in molti altri paesi, la teoria
arranca dietro alla pratica. Orfani delle vecchie certezze, i
governi che sostengono di rappresentare la sinistra creano
politiche all'impronta. C'è bisogno di mettere carne teorica sullo
scheletro delle politiche che elaborano [i governi che sostengono
di rappresentare la sinistra] -non solo per appoggiare quello che
fanno, ma per fornire alla politica un maggior senso di direzione
e scopo
4
.
La Terza Via nasce quindi dall'esigenza di alcuni pensatori blairisti di dare un corpo
teorico alle strategie politiche del New Labour volte a recuperare consensi dopo i
rovesci elettorali.
In questo contesto prende forma il pensiero di Giddens relativo all‘inadeguatezza delle
categorie destra-sinistra e alla crisi della classe lavoratrice, un tempo base elettorale del
partito laburista.
Nel libro citato Giddens afferma ancora:
I partiti socialdemocratici non hanno più una base di classe
coerente su cui fare affidamento. Dal momento che non possono
più dipendere dalle loro identità precedenti, devono crearsene di
nuove in un ambiente che è socialmente e culturalmente più
diversificato
5
.
Nel suo libro l'autore cita un sondaggio di John Blundell e Brian Gosschalk che divide
gli atteggiamenti sociali e politici in quattro raggruppamenti: conservatore, libertario,
socialista, autoritario.
3
Buckby Simon and Lawson Neal, Third way? No way, Tony-labour party on socialdemocratic in Uk,
―New Statesman‖, 13/03/1998; mia trad:
After years of worldwide electoral failure and the dominance of the free-market right, new social
democrats recognise the fragility of the left's position and the need for gradual reforms that carry the
support of the public.
4
Giddens Anthony, La Terza Via, Milano, il Saggiatore, 1999, p. 20.
5
Ivi, p. 37.
9
In base ai dati dell'indagine, nel Regno Unito, circa un terzo della
popolazione è conservatore, poco meno del 20% è libertario, il
18% è socialista, il 13% autoritario e il residuo è del 15%
6
.
Il partito laburista non avrebbe potuto vincere le elezioni contando solo sul gruppo
socialista; il partito conservatore, invece, poteva contare sull'appoggio del gruppo
conservatore e di una parte del gruppo libertario. Occorreva quindi guadagnare il
consenso della maggioranza degli autoritari, dei libertari e dei non schierati.
Il consigliere elettorale di Blair, Philip Gould, afferma:
Se la sinistra vuole costruire una coalizione che può essere
sostenuta al potere... essa deve cominciare con la classe media
7
.
Questo imperativo di ricatturare i voti della classe media significa che il partito laburista
dovrebbe perdere la sua reputazione di partito interventista, tassa e spendi, dovuta alla
forte pressione che subisce dai sindacati e dall'estrema sinistra.
Non a caso Tony Blair in ―New Britain‖ intitola un paragrafo Labour: the party of
majority; in questo paragrafo Blair afferma che il nuovo partito laburista deve essere
“oltre la nazione, oltre la classe, oltre i confini politici”
8
e che quindi non deve
rappresentare solo la classe lavoratrice, ma anche i piccoli commercianti e i ceti medi.
E, infatti, Blair si rivolge ai genitori, agli studenti, ai cittadini che si vedono svaligiata la
propria casa, ai piccoli commercianti e ai ceti a basso reddito, affermando che i
conservatori non erano stati in grado di tutelare i loro interessi. Ora solo il partito
laburista, liberatosi da quelle che Blair definisce ―le catene‖ del suo passato, può
tutelarli. Ecco, infatti, Blair riprendere alcuni valori e problematiche cari alla classe
media, come la sicurezza, la famiglia, i diritti subordinati ai doveri, l'abbattimento delle
tasse, l‘uguaglianza delle opportunità.
Ancora Gould sostiene che:
La vera agenda politica era una combinazione di destra e sinistra.
Essa era orientata a destra sul crimine, welfare, immigrazione,
disciplina, tasse e individualismo, ma orientata a sinistra riguardo
6
Ivi, p. 36.
7
Gould Philip, The Unfinished Revolution : How the Modernisers Saved the Labour Party, Little Brown
and Company, London, 1998; mia trad, p. 174:
If the left wants to build a coalition which can be sustained in power, …it must begin with the middle
class.
8
Blair Tony, New Britain… op.cit., p. 35:
across the nation, across the class, across the political boundaries.
10
al sistema sanitario nazionale, gli investimenti, l‘integrazione
sociale, l‘opposizione alla privatizzazione e alla disoccupazione
9
.
La strategia di Blair per riportare il partito laburista al governo si trova sintetizzata
sempre nel suo libro ―New Britain, my vision of a young country‖:
Un errore di cui numerosi partiti del centro sinistra hanno
sofferto è cercare di dividere la società in un coacervo di vari
gruppi di interessi e dare a ciascuno di loro una politica; riunitelo
insieme, amalgamatelo e -ecco fatto- voi avete una maggioranza
per il governo...Voi avete bisogno di un tema economico
unificante, che penso si debba basare sul concetto di azione della
comunità per offrire e potenziare le opportunità dei singoli
individui e questo è qualcosa che si può applicare a tutti i gruppi
della società
10
.
Prima però di ogni dichiarazione programmatica, la Terza Via deve provare la sua
inevitabilità dimostrando che le altre due vie, il socialismo keynesiano e il
conservatorismo neoliberista, hanno fallito.
Will Leggett, nell‘interpretare la teoria della Terza Via, mette in luce proprio l‘aspetto
dell‘inevitabilità affermata dai suoi sostenitori. Egli sostiene che l‘inevitabilità
scaturirebbe dalla crisi della dicotomia tra destra e sinistra, derivata dalla
detradizionalizzazione e dalla individualizzazione, mentre la necessità della Terza Via,
intesa come modernizzazione delle politiche del partito laburista, sarebbe imposta dai
cambiamenti avvenuti nella base elettorale e dalla globalizzazione.
Secondo altri teorici della Terza Via, però, il fenomeno della globalizzazione
comprende entrambi i due processi di inevitabilità e di necessità; di conseguenza il
concetto di necessità non è separato, ma è inserito nel più ampio concetto di inevitabilità
a sua volta inseparabilmente connesso alla globalizzazione.
Infatti, nei fautori della Terza Via, la necessità di una nuova politica, di una nuova base
sociale e di un radicale cambiamento ideologico è giustificata dai cambiamenti in atto
nella società dovuti alla globalizzazione e alla vittoria del capitalismo. È quindi
9
Gould Philip, The Unfinished Revolution..., op.cit., p. 211:
the real political agenda was a combination of the right and the left. It was right-wing on crime, welfare,
immigration, discipline, tax and individualism, but left-wing on the NHS, investment, social integration,
opposition to privatisation and unemployment.
10
Blair Tony, New Britain..., op.cit., p. 39:
A mistake that several left- of -centre parties have suffered from is to try and divide society up into a set
of different interest groups, give them each a policy, put it together, amalgamate it, and then-hey presto –
you‘ve got a majority for government…you require a unifying economic theme, which I think is based
around the notion of community action to provide and enhance individual opportunity, and that is
something that will be applied to all groups in society.
11
l‘inevitabilità della globalizzazione a creare la necessità di un rinnovamento politico,
ideologico e culturale della sinistra.
Come dice Joel Krieger:
La comprensione del New labour della globalizzazione [è] il
motivo chiave legittimante per il suo orientamento istituzionale,
per il suo approccio politico e la sua visione dell‘azione
politica
11
.
Il punto è, afferma Paul Cammak:
creare un‘ideologia che rafforzi l‘azione politica del New
Labour, in circostanze in cui la vecchia sinistra
(socialdemocrazia classica) e la nuova destra (neo liberalismo)
hanno fallito
12
.
La caduta del comunismo
Giddens deve di conseguenza demolire il socialismo e la socialdemocrazia come
dottrine, non solo sul piano economico ma anche etico-ideologico.
Il punto di partenza di Giddens è che i socialisti portavano avanti l‘idea che il
capitalismo potesse essere umanizzato grazie a una gestione economica socialista.
Infatti Giddens nel suo libro La Terza Via afferma che, sebbene il socialismo sia stato
innanzitutto all‘origine un impulso filosofico ed etico,
...già molto prima di Marx ha cominciato ad assumere le spoglie
di una dottrina economica. È stato però Marx a fornire al
socialismo una complessa teoria economica e a portare il
socialismo nel contesto di una narrazione storica
onnicomprensiva Le concezioni marxiane di base hanno poi
finito per essere condivise da tutti i socialisti
13
.
La dottrina economica fornita da Marx è definita da Giddens, nel suo libro La Terza
Via, pianificazione socialista e viene identificata con il modello cibernetico:
11
Krieger Joel, What Political Space is Left in Tony Blair‟s Britain?, in Wake Forest University
<http://www.wfu.edu/%7Ecaron/ssrs/krieger.doc>; mia trad:
New labour‘s understanding of globalization, [is] the key legitimating motif for its institutional
orientation, policy approach, and view of political agency.
12
Cammack Paul, Giddens „Third Way‟ as Semantic Engineering – Selling Neoliberalism as Social
Democracy, perThe Third Way and Beyond, University of Sussex, 2/11/2000; mia trad:
…to create an ideology to underpin the political agenda of New Labour, in circumstances where those of
the old left (classical social democracy) and the new right (neoliberalism) have faltered.
13
Giddens Anthony, La Terza..., op.cit., p. 21.
12
Il socialismo era basato su quello che potremmo chiamare un
modello cibernetico nella vita sociale... secondo il modello
cibernetico, un sistema (nel caso del socialismo, l'economia) può
essere organizzato nel modo migliore se lo si assoggetta ad
un'intelligenza direttiva
14
.
Giddens identifica nella pianificazione socialista sia il welfare state socialdemocratico
sia, in forma più radicale, la società di tipo sovietico:
[La] pianificazione economica, ...deve essere centralizzata. Nella
teoria socialista, tale progetto prende la forma di un <<modello
cibernetico>> dell'organizzazione economica. L'economia
socialista (non lo Stato, che<<si dissolve>>) è governata da
<<un'intelligenza di ordine superiore>>-il cervello economico-
che controlla gli input e gli output economici di <<livello
inferiore>>. Alcuni identificano questi cervelli economici con
<<...commissari locali, regionali o nazionali>> che organizzano
tutta la vita economica secondo le esigenze della comunità che
essi consapevolmente rappresentano o guidano
15
.
All'inizio degli anni Novanta, con la caduta dell'Unione Sovietica, cade in discredito
anche il comunismo di Marx.
Robert Taylor scrive nel suo articolo già citato “The social democrats come roaring
back Europe”:
All‘inizio degli anni Novanta, non era solo il modello comunista
dell‘Unione Sovietica a sembrare screditato, ma anche la
socialdemocrazia, suo nemico giurato dal 1917
16
.
Ha detto David Marquand il rettore del Mansfield College di Oxford nel suo articolo ―A
philosophy that would not die - social democracy”:
Il comunismo è morto, il socialismo di sinistra fondamentalista è
screditato
17
.
È chiaro per Giddens che la caduta dell'Unione Sovietica, causa a sua volta della crisi
del socialismo, è causata dalla crisi economica del modello cibernetico-socialista:
14
Giddens Anthony, Oltre la destra e la sinistra, Il Mulino, Bologna, 1997, p. 15.
15
Ivi, p. 75.
16
Taylor Robert, The social democrats come roaring back.(Europe), in ―New Statesman‖, 20/12/1999;
mia trad:
the beginning of the 1990s, it was not just the Soviet model of communism that seemed discredited, but
also social democracy, its sworn enemy since 1917.
17
Marquand David, A philosophy that would not die, in ―The New Statesman Essay‖, 26/02/1999:
Communism is dead, fundamentalist left socialism discredited.
13
Col senno di poi, possiamo ormai spiegare abbastanza
chiaramente perché l‘Unione Sovietica... sia rimasta
drammaticamente indietro, e perché mai le socialdemocrazie
siano andate incontro ad una crisi. La teoria economica del
socialismo è sempre stata inadeguata
18
.
Secondo Giddens, infatti, il fallimento della politica economica socialista è dovuta non
solo al fatto che l'idea socialdemocratica sull'inefficienza del capitalismo era
profondamente sbagliata in quanto
sottovalutava la capacità del capitalismo di innovare, adattarsi e
di generare produttività crescente. Il socialismo non è riuscito
inoltre a comprendere l'importanza dei mercati come meccanismi
formativi che forniscono dati essenziali per compratori e
venditori
19
.
ma anche al fatto che il modello cibernetico basato sulla pianificazione centrale non può
più sopravvivere:
[il modello cibernetico] è stato uno strumento relativamente
efficace, almeno nelle condizioni della modernizzazione
semplice. Il problema è che la modernizzazione riflessiva,
associata alla globalizzazione, introduce condizioni sociali ed
economiche del tutto differenti
20
.
Giddens spiega:
Un'economia moderna può sopravvivere, o persino prosperare,
in un sistema organizzato sulla pianificazione centrale solo
finchè valgono certe condizioni; finché l'economia in questione è
essenzialmente nazionale, la vita sociale è segmentata (anzichè
estesamente penetrata dalle influenze globalizzanti), e il livello di
riflessività istituzionale ancora modesto. Quando queste
circostanze vengono meno, il keynesismo vacilla e le economie
di tipo sovietico ristagnano
21
.
In quest'ultimo passaggio, come si vede, Giddens mette insieme il keynesismo con le
economie di tipo sovietico.
A questo punto Giddens fa un ulteriore passaggio, identificando il fallimento della
pianificazione sovietica non solo con il fallimento della teoria economica socialista, ma
anche con il fallimento del socialismo tout court.
Giddens, infatti, liquida così l'impulso filosofico ed etico del socialismo:
18
Giddens Anthony, La Terza..., op.cit., p. 22.
19
Ibidem.
20
Giddens Anthony, Oltre la destra..., op.cit., p. 84.
21
Ivi, p. 86.
14
Le speranze dei radicali di realizzare una società in cui, come
disse Marx, gli esseri umani potessero essere ―veramente liberi‖
sono risultate, a quanto pare, non più che vuote fantasticherie
22
.
Riprendendo poi ironicamente la nota frase del Manifesto del partito comunista, scrive:
Lo spettro che turbava il sonno della borghesia e che per più di
settant'anni si è aggirato per l'Europa è ormai tornato
nell'oltretomba
23
.
Giddens passa poi a liquidare anche le altre possibili alternative di sinistra all‘ormai
defunto socialismo.
Infatti, afferma che ―suona piuttosto trita”
24
la tesi secondo la quale il vero socialismo
non è mai stato applicato e che il comunismo dell'est non è stato altro che un dogma
autoritario prodotto da una rivoluzione tradita.
C'è chi continua ad affermare che la via socialista non è mai
stata tentata, e che la scomparsa dei regimi comunisti è una
fortuna più che un disastro. Secondo questo modo di vedere, il
comunismo è una forma di dogmatismo autoritario prodotto da
una rivoluzione tradita, mentre il socialismo riformista realizzato
in alcuni paesi dell'Europa occidentale sarebbe stato sviato dai
tentativi di far posto al capitalismo, anziché di superarlo.
Tuttavia, tale tesi suona piuttosto trita
25
.
Giddens liquida infine anche il marxismo occidentale critico verso l'unione sovietica:
Il Marxismo occidentale è riuscito per un certo periodo di tempo
ad eleggere a modelli della società socialista alcuni paesi in via
di sviluppo, la Cina di Mao, la Cuba di Castro e alcuni altri paesi
rivoluzionari del terzo mondo
26
.
Ma anche questi modelli si sono rivelati fallimentari: tra questi paesi, afferma Giddens,
alcuni come quelli africani sono clamorosamente falliti, mentre hanno avuto una
consistente crescita economica solo quelli che hanno adottato il sistema capitalista:
Gli stati socialisti africani sono andati a picco, e lo stesso è
accaduto in altri continenti... ma la cosa forse su tutte la più
importante è che il veloce sviluppo delle tigri asiatiche
dimostrava che paesi del terzo mondo potevano avviare una
22
Ivi, p. 7.
23
Ibidem.
24
Giddens non approfondisce la critica a questa tesi spiegando che cosa intende per ―piuttosto trita‖.
25
Giddens Anthony, Oltre la destra..., op.cit., p. 84.
26
Ivi, p. 83.
15
rapida consistente crescita economica contando esclusivamente
sulle loro stesse forze- all'interno di un sistema capitalistico
27
.
L‘esempio più eclatante, Giddens afferma, è quello della Cina che ha potuto avviare
un periodo di rapido sviluppo solo mettendo da parte Marx:
Messo da parte il Marxismo, la Cina ha cominciato a introdurre
forme di iniziativa economica capitalista, avviando un periodo di
rapido sviluppo
28
.
Nemmeno il successo di Cuba, incalza Giddens, può illudere i socialisti occidentali
perchè il successo era dovuto esclusivamente agli aiuti di Mosca:
Divenne presto chiaro che le riforme sociali introdotte avevano
avuto successo solo perché massicciamente sostenute dagli aiuti
economici sovietici
29
.
Per Giddens il fallimento del socialismo come strumento per avviare lo sviluppo dei
paesi poveri è stato un duro colpo per il marxismo occidentale visto che uno dei suoi
pilastri era
la teoria dell'imperialismo capitalista e della dipendenza del
terzo mondo
30
.
All'interno di questa teoria la rivoluzione socialista era presentata:
come la sola strada attraverso cui i paesi poveri avrebbero potuto
sottrarsi alla posizione di subordinazione imposta loro dall'ordine
globale capitalistica
31
.
Per concludere che la storia del socialismo come teoria politica dell'avanguardia è
giunta al termine a Giddens non resta che affermare che il socialismo di mercato (che
lui definisce un infelice compromesso tra la pianificazione centrale socialista e le
istituzioni chiave del capitalismo di mercato), sostenuto da molti dei dissidenti
dell'Europa orientale e dalla socialdemocrazia scandinava, non è un'opzione realistica:
a mio avviso, vi sono buone ragioni per sostenere che il
socialismo di mercato non è un'opzione realistica
32
.
27
Ibidem.
28
Ibidem.
29
Ivi, p. 87.
30
Ivi, p. 83.
31
Ibidem.
16
Dopo aver spiegato in che cosa consiste, per lui, il socialismo di mercato:
una proposta avanzata nel corso del dibattito svedese sul piano
Meidner prevedeva che i lavoratori potessero accumulare fondi
nei settori commerciale e aziendale fino al punto di estromettere
gli azionisti privati. I lavoratori avrebbero posseduto le azioni
delle loro stesse cooperative e avocato a sè il diritto di eleggere i
manager, ma, a differenza dei normali azionisti, non avrebbero
potuto vendere o acquistare le proprie quote sui mercati aperti
33
.
chiarisce perchè questa soluzione non è per nulla convincente:
se l'efficienza richiede la determinazione dei prezzi di mercato
di tutti i beni, compresa la forza lavoro, non si vede perché
(esclude) il capitale; dunque, le difficoltà dell'economia a
pianificazione centrale riappariranno, in particolare perché
nessun criterio o regola di mercato guiderà la mobilizzazione
efficiente del capitale di investimento accumulato
34
.
Per Giddens però questo non è l'unico problema, infatti:
Il capitale accumulato dalle imprese tenderà a rivelarsi avverso
al rischio, con la conseguenza che le aziende ristagneranno,
proprio come è accaduto in Unione Sovietica. Poiché ogni nuovo
ingresso riduce la partecipazione azionaria di ciascuno, le
cooperative dei lavoratori già costituite tenderanno a non
accogliere altri membri; quanto ai vecchi, non potendo
conservare, uscendo, le proprie azioni, preferiranno in genere
non dimettersi
35
.
Quindi Giddens afferma, citando John Gray, ―Beyond the new right”, che il socialismo
di mercato sarà in sostanza caratterizzato da:
una disoccupazione strutturale massiccia, stagnazione
tecnologica, un'asta politica caotica del capitale, e ricorrenti
episodi di intervento autoritario da parte del governo centrale per
prevenire o correggere gli abusi delle cooperative dei
lavoratori[...] Il socialismo di mercato è un infelice compromesso
tra la pianificazione centrale socialista e le istituzioni chiave del
capitalismo di mercato
36
.
Eliminate quindi le ultime tracce del socialismo, Giddens passa alle altre direzioni cui i
radicali di sinistra possono riferirsi:
32
Ivi, p. 87.
33
Ibidem.
34
Ivi, p. 88.
35
Ibidem.
36
Ibidem.