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Nel primo capitolo si descrive l’anatomia dell’estremo cefalico cercando
di motivare, partendo dalla struttura microscopica, le proprietà meccaniche
macroscopiche dei vari tessuti che costituiscono il sistema.
Il secondo capitolo consiste di una prima parte in cui si presenta una
descrizione dei danni che possono subire il cranio ed il cervello in seguito ad
un trauma da impatto. Nella seconda parte dello stesso capitolo si trattano i vari
metodi globali che vengono attualmente utilizzati per la definizione di soglie di
danno cerebrale partendo dall’analisi dinamica dell’urto. Tra i vari criteri
particolare attenzione si pone all’indice globale HIC (Head Injury Criteria)
che, per ora, è alla base delle varie normative che sono attive in ambito di
sicurezza in quanto sembra oggettivamente il criterio di danno più completo e
preciso. Dell’ HIC e degli altri criteri vengono sottolineate sia le caratteristiche
positive che i limiti più evidenti, come quello di trascurare component i
rotazionali dell’accelerazione.
Il terzo capitolo tratta la teoria dell’iperelasticità. Vengono analizzati i
modelli che meglio descrivono il comportamento elastico non lineare dei
tessuti gelatinosi a cui si possono assimilare i tessuti che costituiscono il
parenchima cerebrale. Le gomme di Mooney-Rivlin e di Blatz-Ko ed il modello
per i tessuti molli di Ogden sono alcuni dei modelli che godono di maggiore
considerazione in letteratura.
Nel quarto capitolo si affronta la descrizione del modello FE realizzato
che ha subito negli ultimi anni alcune modifiche volte a garantire sempre più
l’aderenza alla realtà nei limiti imposti dalla modellazione ad elementi finiti. Si
riporta nei passi fondamentali la procedura utilizzata che ha permesso di
ottenere prima il modello geometrico tridimensionale e poi il modello agli
elementi finiti, partendo da dati forniti da immagini di risonanza magnetica
(MRI).
Nell’ultimo capitolo si propone un nuovo indice di danno (PMI,
Polynomial von Mises Impulse) che tiene conto della distribuzione spaziale
delle tensioni all’interno del sistema cranio - encefalico e che permette di
prevedere la probabilità di danno sia di tipo focale ma soprattutto di tipo
assonale (secondario) in seguito ad urto contro una parete rigida. In particolare
l’analisi dei risultati fa riferimento ad un urto frontale di una testa senza casco
e con casco tradizionale alla velocità di 7 m/s. La simulazione dell’urto è stata
effettuata mediante il codice Ls-Dyna, un software commerciale per
l’integrazione esplicita delle equazioni della dinamica mentre l’analisi della
distribuzione di probabilità di danno è stata effettuata utilizzando il programma
di calcolo Matlab®.
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CAPITOLO 1. Sistema cranio - encefalico
1.1 Struttura anatomica generale
Il sistema cranio - encefalico è un complesso insieme composto da diversi
tessuti. In esso si possono distinguere in prima approssimazione:
Il cranio
L’encefalo
Il fluido cerebro-spinale
Il sistema vascolare
Le membrane
Il cranio è costituito dalla teca cranica, formata da un insieme di ossa
piatte, e dalle ossa del basi-cranio. Insieme formano una solida struttura che
racchiude completamente le parti molli del sistema. Le varie ossa si
interfacciano tra di loro per mezzo di suture che rivestono un’importanza
fondamentale soprattutto nelle fasi dello sviluppo. Permettono infatti la crescita
dell’ intera struttura sotto la spinta dovuta all’ accrescimento del cervello.
Finita la fase dello sviluppo le suture perdono questo tipo di comportamento
elastico, permettendo il legame rigido tra le ossa craniche. Il cranio, nella sua
configurazione finale, assume una forma che asseconda perfettamente la
morfologia del cervello.
L’encefalo è costituito da cervello e cervelletto. Il cervello, suddiviso in
due emisferi interconnessi (destro e sinistro), occupa le fosse craniche anteriore
e medie. Il cervelletto risiede nella zona occipitale della teca, detta fossa
cranica posteriore. In entrambi si possono distinguere zone di sostanza grigia e
zone di sostanza bianca. Il tronco encefalico, che si diparte dai nuclei della
base e fuoriesce dal cranio tramite il foramen magnum per terminare nel
midollo spinale, è formato da sostanza bianca.
Il liquido cerebrospinale risiede in alcuni spazi interni alla struttura
parenchimale, i ventricoli, che comunicano con l’esterno del cervello tramite
un complesso sistema di condotti. Il liquor avvolge il parenchima costituendo
un sottile strato di liquido e fluisce tra le membrane.
Queste membrane, dette anche meningi, rivestono e proteggono il
parenchima dal contatto diretto con il cranio osseo. Si possono distinguere tre
membrane. La più esterna di queste, la dura mater, è aderente alla superficie
interna del cranio. Al di sotto di essa si trova la sottile e fibrosa aracnoide. La
terza, più interna, sottile e molto vascolarizzata, è la pia mater che è
intimamente aderente al parenchima e lo segue nelle sue convoluzioni. Il
6
sistema vascolare, entrando all’interno della teca tramite il foramen magnum ed
i forami carotidei, irrora l’intero sistema.
1.2 Descrizione strutturale dei tessuti biologici
I tessuti biologici sono costituiti da cellule supportate da una rete di fibre
interconnesse immersa in un fluido. Le cellule sono responsabili del nutrimento
delle fibre stesse e della produzione delle sostanze di base che esplicano le
funzioni fisiologiche. Il componente base dei tessuti è la matrice extracellulare
caratterizzata dalle seguenti funzioni: supporto meccanico all’ancoraggio delle
cellule, determinazione dell’orientamento delle cellule e sostegno per
l’ordinato rinnovo dei tessuti. La matrice extracellulare è costituita da grosse
molecole legate a formare un indissolubile composito. Essa è composta da fibre
(collagene ed elastina) e da una matrice interfibrillare amorfa (essenzialmente
proteoglicani, soluti ed acqua). Le cellule specializzano le matrici extracellulari
per una particolare funzione come la resistenza meccanica (tendini e legamenti)
o il filtraggio. Per ottenere ulteriore resistenza meccanica la matrice
extracellulare viene calcificata durante la formazione delle ossa e dei denti. Le
differenti funzioni dei tessuti, dovute al loro specifico ruolo, li rendono
profondamente diversi sia al livello microscopico che a quello macroscopico.
Una generale distinzione dei tessuti può essere fatta considerando il loro
aspetto fisico; si distinguono quindi tessuti soffici e tessuti duri.
1.3 Le ossa: tessuti duri
Il tessuto osseo non è altro che un composito costituito per il 40% da
materiale organico, del quale oltre il 90% è collagene e la restante parte è
minerale. Quest’ultimo è caratterizzato essenzialmente da cristalli microscopici
di apatite di calcio e fosfato. La matrice organica di collagene e i minerali di
fosfato di calcio sono precisamente orientati e organizzati in una struttura
fortemente gerarchica che ha un pesante effetto sulle proprietà meccaniche
delle ossa. Si possono distinguere 4 livelli strutturali:
molecolare: le unità strutturali di base del collagene sono le catene
di tropocollagene che sono raccolti in fasci detti microfibrille. A
livello molecolare il tropocollagene è costituito da tre eliche
levogire di polipeptidi avvolte in una tripla elica destrogira.
ultrastrutturale: il collagene ed i cristalli di apatite sono
intimamente assemblati in un composito fibrillare.
7
microstrutturale: queste fibre possono essere organizzate in
maniera casuale oppure in gruppi lamellari concentrici (osteoni) o
ancora in gruppi lamellari lineari.
macrostrutturale: a questo livello si distinguono ossa compatte e
ossa spugnose.
Come conseguenza della sua struttura, il tessuto osseo è un materiale
eterogeneo, anisotropo, non lineare, viscoelastico e termoreologicamenete
complesso. Manifesta effetti elettromeccanici e, in alcune condizioni, proprietà
piezoelettriche. Anche se le ossa variano in dimensione e forma, sono simili
nella struttura e nello sviluppo e possono essere classificate in poche tipologie
base: ossa lunghe, ossa corte, ossa piatte (cranio) e ossa irregolari. Le
differenze strutturali che caratterizzano al livello macroscopico i diversi tipi di
ossa sono strettamente funzionali alla risposta ai carichi a cui sono
principalmente sottoposti. Sia l’evoluzione che l’accrescimento delle ossa sono
influenzati dalle forze a cui sono soggette durante la loro attività. Un esempio
di questo straordinario adattamento sono le ossa lunghe che presentano una
struttura quasi cilindrica allungata, detta diafisi, compresa tra due
rigonfiamenti estremali che vanno sotto il nome di epifisi (figura 1). La diafisi
presenta un comportamento trasversalmente isotropo nella direzione assiale,
quella maggiormente sollecitata, ed è una struttura tubolare di ossa compatte
atta a massimizzare la resistenza a flessione a parità di massa. Le epifisi sono
invece costituite essenzialmente da ossa spugnose caratterizzate da un insieme
complesso di piccole fibre ossee, le trabecole. Essendo la epifisi soggette
prevalentemente a forze di contatto trasmesse dalle ossa adiacent i
nell’articolazione, le trabecole sottostanti la superficie delle epifisi si
dispongono in direzione ortogonale ad esse per massimizzare la resistenza a
sforzi normali.
Fig. 1-struttura di un osso lungo
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1.3.1 Le ossa del cranio
Le ossa che costituiscono la teca cranica appartengono al gruppo delle
ossa piatte, di origine membranosa, mentre le ossa del basi-cranio sono di
origine cartilaginea ed hanno una forma più complessa e robusta. Le ossa della
teca sono caratterizzate da osso spugnoso che separa due strati di osso
compatto. L’ osso spugnoso ha lo scopo di irrigidire la struttura e di tenere
separati i due strati di osso compatto ed anche di resistere a sforzi di taglio.
Conseguentemente non c’è una disposizione preferenziale delle trabecole che
per questo sono orientate in modo disordinato ed omogeneo nello spazio.
L’osso compatto rinforza anche le zone adiacenti alle suture. Lo spessore delle
ossa del cranio varia tra i 6 ed i 15 millimetri. La base del cranio è una
superficie ossea caratterizzata da depressioni e sporgenze dal foramen magnum.
oltre che da piccoli fori per il passaggio di arterie, vene e nervi.
La figura 2 evidenzia l’organizzazione delle ossa del cranio. Si può
distinguere, in arancione, lo sfenoide al quale si collegano tutte le altre ossa
della teca, per cui riveste un ruolo geometrico e strutturale fondamentale nell’
assorbimento degli sforzi trasmessi, ad esempio, durante un urto. Tuttavia esso
subisce raramente lesioni importanti grazie alla sua robustezza. In azzurro è
riportato l’osso frontale che ospita la parte anteriore del telencefalo. In questa
zona si raggiungono i massimi spessori dell’intera struttura cranica. L’osso
parietale e l’osso temporale, rispettivamente in verde ed in rosso, costituiscono
Fig. 2- ossa del cranio
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la parte laterale del cranio ed ospitano i lobi temporali del cervello. Infine in
grigio è riportato l’etmoide mentre in viola, si distingue l’osso occipitale. Esso
ospita i lobi occipitali del cervello ed il cervelletto inoltre sulla sua base si apre
il foramen magnum. Presenta notevoli variazioni di spessore caratterizzate in
particolare da un progressivo assottigliamento dal basso verso l’alto.
1.4 Il tessuto cerebrale
A livello microscopico il sistema nervoso centrale è principalmente una
rete di neuroni e tessuto di supporto funzionalmente organizzate in una zona di
colore grigio (sostanza grigia) ed una di colore bianco (sostanza bianca). La
sostanza grigia costituisce la corteccia cerebrale, che disegna numerose
convoluzioni spaziali per aumentare la superficie disponibile, e alcune regioni
concentrate in zone interne del parenchima, nuclei della base. Essa è composta
principalmente dai nuclei delle cellule nervose. I nuclei dei neuroni sono
distribuiti uniformemente nello spazio all’ interno della sostanza grigia,
presentano numerosissime interconnessioni reciproche e sono di forma
sferoidale. Queste caratteristiche conferiscono alla sostanza grigia un
comportamento omogeneo ed isotropo. I neuroni sono dotati di lunghe
connessioni, gli assoni, che si dipartono dai nuclei e sono responsabili del
trasferimento di informazioni dal sistema centrale verso la periferia. Gli assoni
sono immersi in una matrice di supporto essenzialmente fluida insieme alla
quale costituiscono la sostanza bianca. Gli assoni si sviluppano principalmente
lungo direzioni radiali, dipartendosi dalla corteccia cerebrale verso la zona
centrale del sistema. Tale distribuzione spaziale conferisce alla sostanza bianca
caratteristiche fortemente anisotrope. In particolare essa può essere descritta
localmente come trasversalmente isotropa.
Sia la sostanza grigia che quella bianca sono costituite per oltre l’80% da
acqua per cui il loro comportamento meccanico è incomprimibile con ottima
approssimazione. Il fluido permea per diffusione il tessuto fluendo
parallelamente alla direzione locale degli assoni. Proprio questo flusso
diffusivo ha permesso recentemente di individuare con precisione
l’organizzazione spaziale degli assoni. Il materiale cerebrale presenta un
comportamento fortemente non lineare. Sia la sostanza grigia che la bianca,
testate uniassialmente, manifestano un rapido irrigidimento a compressione
dovuto all’ andamento asintotico verticale per il tendere a zero dello
stiramento. La sostanza grigia sottoposta a trazione uniassiale presenta una fase
iniziale in cui a grandi deformazioni corrispondono piccoli sforzi. A questa
fase segue un graduale aumento della rigidezza che prosegue fino alla rottura
del materiale. La sostanza bianca testata in direzione ortogonale alla fibre
presenta un comportamento molto simile alla grigia. I test in direzione parallela
alle fibre mostrano un sensibile aumento di rigidezza unicamente a trazione.
Questo evidenzia come le fibre costituite dagli assoni lavorino unicamente se
sottoposte a trazione. Tale particolarità può essere giustificata dal fatto che il
substrato fluido in cui sono immersi gli assoni permette a questi ultimi di
10
piegarsi liberamente, se sottoposti a compressione, come se si trattasse di una
fune.
1.5 La struttura del sistema nervoso centrale
I due emisferi del cervello presentano nella regione mediana una struttura
chiamata corpo calloso. Questa struttura, costituita da una forte concentrazione
di assoni disposti a formare un ponte tra i due emisferi, permette la
trasmissione di informazioni tra i due emisferi. Esso presenta quindi una forte
anisotropia trasversale nella direzione ortogonale al piano sagittale. Gli assoni
che giungono al corpo calloso provengono dalla corteccia cerebrale e,
attraversando la corona radiata, stabiliscono importanti collegamenti tra diverse
zone dei due emisferi, fondamentali per il coordinamento delle attività.
Numerosi fasci di assoni collegano zone diverse dello stesso emisfero e ognuno
di questi con il cervelletto. Altri proseguono verso i nuclei della base e, da
questi, continuano verso il sistema periferico. Questa complessa rete di
collegamenti rende le proprietà di anisotropia più complesse rispetto ad un
semplice orientamento radiale. In particolare, in alcune zone, sono presenti più
di una sola famiglia di fibre e questo aspetto è riproducibile meccanicamente
adottando modelli di materiale che si discostino dall’assunzione di isotropia
trasversale. L’utilizzo di modelli di materiale iperelastici permette
l’introduzione di un numero qualsiasi di direzioni preferenziali ma il modello
di isotropia trasversale con una sola famiglia di fibre resta la scelta più
opportuna in termini di impegno di calcolo ed accuratezza. Resta il problema
della descrizione del campo vettoriale dell’orientamento delle fibre nello
spazio.
La figura 3 riporta alcuni fasci di neuroni evidenziando anche la posizione
dei nuclei della base. Tali zone rivestono una certa importanza dal punto di
vista meccanico in quanto i loro confini rappresentano della superfici di
discontinuità tra materiali con diverse proprietà di isotropia.
11
Il cervelletto è costituito soprattutto da sostanza grigia e quindi il suo
comportamento è essenzialmente isotropo.
1.6 Il sistema idraulico: il fluido cerebro - spinale e il sistema
vascolare
Il fluido cerebro - spinale è costituito prevalentemente da acqua e
possiede le sue stesse proprietà meccaniche. Esso è prodotto principalmente dal
plesso coroideo, situato all’interno dei ventricoli laterali, in una quantità pari a
450 cl al giorno. I ventricoli laterali sono collegati, grazie a piccoli canali
trasversali ad un bacino centrale. Tale terzo ventricolo comunica con un quarto
serbatoio di dimensioni più ridotte e situato in prossimità del cervelletto. Da
qui il fluido fuoriesce attraverso il foramen di Magendie per fluire intorno al
parenchima. Il fluido è assorbito dalle granulazioni aracnoidee distribuite sotto
la volta cranica. Oltre al flusso principale descritto il fluido diffonde dai
ventricoli verso la periferia attraversando il parenchima. Il flusso periferico si
sviluppa nello spazio intermembranale, principalmente tra l’aracnoide e la pia
mater.
Fig. 3- fasci di fibre assonali e nuclei della base
12
Lo spazio subaracnoideo è caratterizzato da una fitta rete di filament i
fibrosi, le trabecolazioni aracnoidee, che oppongono resistenza al flusso. L’
effetto lubrificante del fluido ed il sistema di trabecole costituiscono il sistema
di sospensione tra parenchima e cranio. Il flusso, data la ridotta velocità e il
sottile spessore dello spazio che attraversa, è caratterizzato da un basso numero
di Reynolds e può essere caratterizzato come un flusso di Stokes.
Il parenchima è fortemente vascolarizzato. Il sangue entra all’interno della
teca cranica attraverso l’arteria vertebrale (che passa per il foramen magnum) e
le arterie carotidee dopo di che si dirama in una fitta rete di arteriole e
capillari.
Il complesso sistema di bacini, il flusso del fluido cerebro-spinale e il
sistema vascolare sono responsabili del mantenimento di un delicato equilibrio
di pressioni. I ventricoli possono, variando il loro volume, attuare una precisa
compensazione delle pressioni in un ampio intervallo di condizioni esterne
quali la variazione di pressione arteriosa dovuta al battito cardiaco, alle
oscillazioni giornaliere ed alle diverse posture. In campo medico l’effetto di
compensazione è riassunto dalla semplice relazione di Monro-Kellie che,
considerando la teca cranica rigida, afferma l’invarianza della somma dei
volumi del parenchima, del sangue e del fluido:
0 LEP VVVd
La dinamica dell’impatto è caratterizzata da tempi molto inferiori a quelli
caratteristici della ridistribuzione dei volumi. Tuttavia durante un urto i
figura 3- Il flusso del fluido cerebro-spinale
13
volumi, pur non cambiando, possono variare la loro posizione relativa
all’interno della teca cranica.
1.7 Le membrane
Il tessuto cerebrale ha una consistenza paragonabile a quella di una
sostanza gelatinosa. E’ la parte più delicata dell’intero corpo umano. Per
proteggerla dal diretto contatto con il cranio e da colpi esterni anche di piccola
entità è rivestita, come già detto, da un sistema di tre membrane: la dura mater,
l’aracnoide e la pia mater. Tra la dura mater, che è aderente al cranio, e la
sottostante aracnoide c’è un sottile spazio detto subdurale riempito di una
piccola quantità di fluido che evita l’adesione tra le due membrane. Uno spazio
relativamente più largo detto subaracnoideo separa l’ aracnoide dalla dura
mater ed è anch’esso riempito di fluido cerebro spinale.
La dura mater (figura 5) forma una complessa e sottile estroflessione che
separa i due emisferi del cervello (falx cerebri) e quest’ultimo dal cervelletto
(tentorium cerebelli). Essa si presenta come una pellicola resistente e fibrosa
con evidenti proprietà direzionali. Tuttavia le indagini sperimentali hanno
dimostrato che gli effetti della velocità di deformazione e la variabilità
biologica rendono trascurabili le caratteristiche di anisotropia.
Fig. 4- membrane
14
Fig. 5- dura mater
15
CAPITOLO 2. Danni cerebrali: modalità e criteri di calcolo
2.1 Tipi di danni cerebrali
Il trauma cranio - encefalico è la conseguenza delle variazioni spazio
temporali delle tensioni che si realizzano all’interno della massa cerebrale nel
corso di un evento traumatico. La distribuzione spaziale del campo delle
tensioni è responsabile della localizzazione delle lesioni cerebrali e dei
conseguenti segni neurologici. In seguito ad un urto si possono distinguere
principalmente due t ipi di danno cerebrale:
Danno cerebrale primario
Danno cerebrale secondario
Il danno primario è l’effetto immediato della dissipazione di energia
fornita dall’impatto nell’ambito della sostanza cerebrale.
Esso è direttamente dipendente dal meccanismo traumatico ossia dalle
velocità d’impatto, dalle proprietà meccaniche del corpo impattante ed in
generale dalle caratteristiche dinamiche dell’urto. Per quanto riguarda il danno
primario possiamo dire che è:
Auto-limitato
Irreversibile
Fig. 1- MRI di ematoma epidurale classificabile come danno
16
cioè è focalizzato in zone limitate e prossime al punto d’impatto ed i suoi
effetti, anche se non reversibili, non si propagano alle regioni circostanti.
La morfologia dell’interfaccia cranio-cervello è approssimativamente
sferica. I movimenti relativi tra cranio e cervello, causati da fenomeni inerziali
e dalle vibrazioni craniche, generano onde elastiche secondarie che mostrano
un fronte d’onda che possiamo immaginare sferico. Poiché il tessuto cerebrale
è quasi isotropo su superfici concentriche, la velocità di propagazione
dell’onda verso le strutture cerebrali profonde è spazialmente omogenea anche
se variabile con la profondità. Con il procedere della propagazione verso il
centro geometrico del sistema il raggio del fronte d’onda e la sua superficie
diminuiscono progressivamente. In accordo con la legge di conservazione
dell’energia consegue che l’intensità dell’onda elastica cresce
progressivamente e quindi essa sarà massima in prossimità delle zone profonde.
Gli effetti di concentrazione sono, tra l’altro, accentuati dalla presenza dei
nuclei della base e dei ventricoli, i cui confini costituiscono delle superfici di
discontinuità. A tali fenomeni sono legati i danni secondari, spesso poco
evidenti e i cui effetti si possono manifestare anche dopo molto tempo dal
trauma. Essi interessano aree diffuse del cervello.
Fanno parte dei danni focalizzati gli ematomi epidurali (EDH), ematomi
subdurali (SDH) ematomi intracerebrali (ICH), e contusioni (colpo e
contraccolpo). Quelli diffusi comprendono commozioni e danni assonali
diffusi.
SDH: Il più comune meccanismo di ematoma subdurale è la lacerazione
delle vene che attraversano la zona subdurale partendo dalla superficie del
cervello verso la dura mater. Il tasso di mortalità negli studi è maggiore del
30%.
EDH: Questo tipo di danno incorre abbastanza raramente in seguito a
traumi alla testa (tra 0.2 a 6%). È risultato di traumi al cranio ed ai vasi che si
trovano nelle meningi.
Fig. 2- MRI di danno secondario diffuso