Sommario
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casi in cui si operi con dislivelli minimi tra le sorgenti di scambio termico, oppure
nei casi in cui le perdite di carico del circuito risultino particolarmente elevate.
In queste specifiche condizioni i circuiti bifase a circolazione non stazionaria del
fluido vettore, quali i pulsating heat pipes oppure i termosifoni a funzionamento
periodico, possono presentare vantaggi di impiego. Infatti essi risultano in grado di
generare la circolazione del fluido vettore senza vincolare la disposizione spaziale
delle sorgenti di scambio termico. Tale circolazione viene garantita anche in
presenza di circuiti con elevate perdite di carico.
La caratterizzazione del funzionamento di pulsating heat pipes di piccola scala è
stata oggetto di analisi da parte di vari gruppi di ricerca. Al contrario, gli studi
condotti sui termosifoni bifase a funzionamento periodico risultano effettuati
esclusivamente su apparati di notevoli dimensioni e con elevati valori delle potenze
termiche smaltite.
Questo lavoro si pone dunque come obiettivo generale quello di verificare la reale
attitudine dei termosifoni bifase a funzionamento periodico (indicati con l’acronimo
PTPT) ad essere impiegati nel controllo termico di apparati di piccola scala.
Il lavoro si compone di due sezioni principali: una a carattere numerico ed una a
carattere sperimentale. Le due sezioni sono precedute da una breve introduzione
(capitolo 1) riguardante i principi di funzionamento del PTPT e sono seguite dalle
considerazioni conclusive sull’attività svolta (capitolo 7).
Nella sezione numerica viene approfondita la conoscenza del comportamento del
PTPT, attraverso la realizzazione di un modello di calcolo per l’interpretazione e la
previsione delle sue prestazioni. Per realizzare tale modello è stata effettuata una
ricerca bibliografica che ha permesso di esaminare e classificare le principali
tecniche di modellizzazione dei dispositivi bifase operanti con pulsazioni stabilizzate
del fluido vettore. I risultati di tale ricerca sono illustrati nel capitolo 2.
Il modello matematico realizzato si fonda sulla scrittura e risoluzione delle equazioni
di bilancio applicate ad opportuni volumi di controllo, esso viene descritto nel
capitolo 3. Il modello in questione è stato validato attraverso il confronto con una
serie di dati sperimentali disponibili presso il Dipartimento di Energetica Lorenzo
Poggi ed ottenuti per un PTPT di grandi dimensioni. Successivamente è stata
condotta un’indagine numerica volta a caratterizzare le prestazioni di un PTPT al
variare dei principali parametri operativi, in particolare: potenza termica dissipata e
temperature delle sorgenti di scambio. Essa è riportata ancora nel capitolo 3.
Nella sezione sperimentale viene invece effettuata una caratterizzazione teorico-
sperimentale di un prototipo di PTPT di piccola scala, progettato e realizzato durante
Sommario
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la presente attività di ricerca. Nel capitolo 4 viene descritto il prototipo di PTPT e
l’apparato completo, utilizzato per i rilievi sperimentali. Nel capitolo 5 viene invece
effettuata la caratterizzazione delle prestazioni del prototipo al variare dei seguenti
parametri operativi: flusso termico specifico dissipato, quota relativa tra le sorgenti
di scambio termico, quantità di fluido vettore circolante. Inoltre è stato svolto un
confronto di prestazioni tra il prototipo di PTPT ed alcuni dispositivi di controllo
termico di impiego commerciale. Un ulteriore confronto prestazionale è stato
condotto tra il PTPT ed altri due prototipi di termosifone bifase, uno a circolazione
stazionaria ed uno a circolazione non stazionaria ottenuta con una differente
tecnica rispetto al prototipo di PTPT oggetto della caratterizzazione.
Infine sono state evidenziate le principali differenze di funzionamento legate alla
forte riduzione di scala, operata sul prototipo, rispetto ai PTPT testati prima del
presente lavoro.
Al fine di fornire criteri riguardo all’ottimizzazione delle dimensioni e della forma
dell’evaporatore di un PTPT (organo a diretto contatto con il componente da
raffreddare), nel capitolo 6 sono state analizzate le condizioni di scambio termico
all’interno dell’evaporatore del prototipo testato. Tali condizioni risultano variabili
periodicamente nel tempo, di conseguenza è stata messa a punto una tecnica per la
stima indiretta del coefficiente di scambio termico variabile nel tempo. Le tendenze
osservate per il coefficiente di scambio sono state interpretate e commentate. Per
fornire tale interpretazione si è resa necessaria: una serie di prove sperimentali,
condotte con un apparato opportunamente realizzato per lo studio dell’ebollizione di
massa in pozze liquide di piccolo volume, ed una serie di confronti con le prestazioni
di scambio termico osservate da altri ricercatori per l’ebollizione di massa, in
condizioni stazionarie, in condizioni transitorie ed in presenza di effetti di
confinamento.
Nomenclatura
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Nomenclatura
Di seguito viene riportata la lista dei principali simboli impiegati nel lavoro.
A meno di differente esplicita indicazione, le grandezze che compaiono nella lista si
intendono valutate nel sistema di misura SI.
ACRONIMI
CHF flusso di calore specifico critico
COP coefficiente di effetto utile
CPL capillary pumped loop
HP tubo di calore
LHP loop heat pipe
LTPT termosifone bifase a circuito
chiuso
PHP pulsating heat pipe
PTPT termosifone bifase a
funzionamento periodico
TPT classico termosifone bifase
SIMBOLI
A superficie
C capacità termica
c
p
calore specifico a pressione
costante
c
v
calore specifico a volume
costante
D diametro
d diametro
f coefficiente d’attrito
g accelerazione gravitazionale
H quota
h coefficiente di scambio termico
h
fg
calore latente di evaporazione
i entalpia specifica
L lunghezza
m massa
m’ portata massica
P pressione
Q’ potenza termica
q’ potenza termica specifica
Nomenclatura
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R resistenza termica
rapporto tra costante
universale dei gas e peso
molecolare
S superficie
T temperatura
t tempo
U coefficiente di scambio termico
globale
V velocità
Vol volume
V
T
volume di liquido trasferito
SIMBOLI dell’alfabeto greco
λ conducibilità termica
λ
T
lunghezza libera di Taylor
µ viscosità dinamica
ρ densità
σ tensione superficiale
τ
c
tempo di ciclo
τ
t
tempo di trasporto
τ tempo adimensionalizzato
Φ coefficiente di riempimento
PEDICI
A accumulatore
C condensatore
E evaporatore
env ambiente
f sorgente fredda
l liquido
LC linea di collegamento
m sorgente intermedia
r ritorno
S saturazione
tot totale
v vapore
W parete
NUMERI ADIMENSIONALI
Bi numero di Biot
Bo numero di Bond
Ka numero di Karman
Re numero di Reinolds
Pr numero di Prandtl
Ja numero di Jakob
Ku numero di Kutateladze
Nu numero di Nusselt
Introduzione
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Introduzione
La tematica generale trattata in questo lavoro riguarda l’impiego di circuiti bifase a
circolazione naturale come sistemi di controllo termico per apparati di piccola scala.
L’attività di ricerca svolta si concentra sullo studio di particolari circuiti bifase: i
termosifoni a funzionamento periodico.
L’obiettivo perseguito è quello di verificare la reale attitudine di questi dispositivi ad
essere impiegati nel controllo termico di apparati miniaturizzati.
1.1 Motivazioni del presente lavoro
La tendenza verso la miniaturizzazione dei componenti coinvolge molti settori
tecnologici della società moderna. L’elettronica è senza dubbio un settore per il
quale tale tendenza risulta particolarmente evidente.
Un indice significativo della miniaturizzazione crescente in elettronica può essere
rappresentato dal numero di transistors che costituiscono un singolo processore di
comune impiego. Nella figura 1.1 è possibile notare come questo numero sia
aumentato nel tempo. Tale aumento conferma la tendenza prevista da Moore
all’inizio dei primi anni ’70 [Moore 1975], che ipotizzava il raddoppio del numero di
transistors, costituenti i processori, in ogni intervallo di tempo pari a 18 mesi.
Introduzione
__ 10 __
Figura 1.1- Numero di transistors costituenti comuni processori elettronici
All’aumentare del numero di transistors è corrisposta una generale diminuzione
delle dimensioni complessive del processore ed un aumento delle sue frequenze
operative.
Dal punto di vista del controllo termico l’aumento delle prestazioni dei componenti
elettronici, congiuntamente alla riduzione delle loro dimensioni, si è tradotto in un
notevole incremento delle potenze termiche e dei flussi termici specifici che debbono
essere rimossi dal componente stesso [Khandekar 2004], come è possibile notare
rispettivamente dalle figure 1.2 e 1.3.
Figura 1.2- Potenza termica prodotta da comuni processori elettronici
Introduzione
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Figura 1.3- Flusso termico specifico prodotto da comuni processori elettronici
In questo scenario, i sistemi di controllo termico debbono essere in grado di
soddisfare specifiche molto severe, dato che la temperatura operativa influenza in
maniera importante la vita del componente, specialmente in termini di:
- funzionalità, dato che la maggior parte delle proprietà elettriche dei materiali
dipendono dalla temperatura;
- sicurezza, dato che tutti i componenti elettronici lavorano in sistemi con
elevato grado di integrazione e quindi debbono rispettare requisiti di sicurezza
standard fissati da opportune normative;
- durata, dato che tale parametro, come indicato in [Kraus e Bar-Cohen 1983],
è funzione della temperatura operativa media.
Attualmente le caratteristiche richieste per un moderno dispositivo di controllo
termico, impiegato in applicazioni di piccola scala, sono del tipo di quelle riportate
di seguito:
- essere in grado di dissipare potenze termiche variabili da 5 a 250 W,
dipendenti della specifica applicazione;
- essere in grado di dissipare flussi specifici variabili da 1 a 40 W/cm
2
, ancora
dipendenti dalla specifica applicazione;
- operare con resistenze termiche globali dell’ordine di 1 K/W, ottenute con
ingombri contenuti (specialmente in prossimità del componente da raffreddare);
- possedere elevata affidabilità e costi realizzativi contenuti.
Introduzione
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Queste specifiche sono tali da essere difficilmente soddisfatte dai tradizionali sistemi
di controllo termico a convezione forzata di aria. In essi infatti, il componente viene
lambito da un flusso d’aria a temperatura ambiente, che ha il compito di rimuovere
tutto il calore prodotto dal componente stesso.
Considerando dunque i coefficienti di scambio termico tipici della convezione forzata
di aria riportati in figura 1.4, è possibile notare come la rimozione dei flussi specifici
sopra indicati, su superfici di dimensioni tipiche dei componenti di piccola scala (da
1 a 10 cm
2
), non possa essere effettuata con surriscaldamenti del componente
stesso accettabili.
Figura 1.4- Coefficienti di scambio termico ottenibili con le principali tecniche di
raffreddamento
Una soluzione provvisoria (adottata soprattutto a livello commerciale per ragioni di
semplicità e basso costo produttivi), che permette di continuare ad utilizzare i
sistemi appena descritti, è quella di interporre tra il componente ed il flusso d’aria
una massa di materiale ad elevata conducibilità termica, generalmente materiale
metallico. La presenza della massa metallica, dotata di superficie aletta sul lato aria,
consente di aumentare la superficie di scambio e dunque di rimuovere lo stesso
flusso di calore con surriscaldamenti del componente più contenuti.
Tale soluzione produce elevati ingombri in prossimità del componente da
raffreddare, di conseguenza possiede scarsa attitudine ad essere impiegata in
applicazioni miniaturizzate o con elevato grado di compattamento.
Introduzione
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La soluzione in questione ha carattere provvisorio poiché la problematica
dell’ingombro e dell’efficienza delle superfici alettate tenderà ad accentuarsi con
l’aumento delle prestazioni e dunque dei flussi specifici dissipati dai componenti.
Per questi motivi la ricerca si è orientata verso la messa a punto di sistemi di
controllo termico che impieghino un fluido vettore in cambiamento di fase.
Con questa tecnica, il calore può essere rimosso dal componente con scambi termici
più efficienti, con coefficienti di scambio che possono risultare fino a 100 volte
superiori rispetto a quelli relativi alla convezione forzata di aria [Mudawar 2001].
Ciò permette anche l’eliminazione, in prossimità del componente, delle ingombranti
masse metalliche necessarie per aumentare la superficie di scambio termico.
Il calore rimosso dal componente verrà ceduto all’aria ambiente con la
condensazione del fluido vettore che avviene in posizione remota.
Il vantaggio della condensazione remota del fluido vettore si concretizza nella
possibilità di ottenere lo scambio termico con l’aria senza vincoli di ingombro.
In questo caso, operando anche con coefficienti di scambio tipici della convezione
forzata di aria o addirittura di quella naturale, è possibile ottenere la condensazione
del fluido vettore, trasferendo all’aria tutto il calore rimosso dal componente,
dimensionando correttamente le superfici di scambio.
Tra i dispositivi di controllo termico che impiegano tecniche bifase, molto studiati
risultano essere i circuiti bifase con circolazione naturale del fluido vettore [Groll
1998]. In essi il trasferimento di massa dalla zona evaporante (posta a contatto con
il componente da raffreddare) alla zona condensante, ed il trasferimento inverso,
avvengono senza alcuna introduzione di lavoro dall’esterno. Per questa ragione i
circuiti bifase a circolazione naturale vengono talvolta definiti come sistemi di
controllo termico passivi.
Nella letteratura scientifica dedicata è possibile rintracciare numerose realizzazioni
di circuiti bifase a circolazione naturale, ottenute con configurazioni anche molto
diverse tra loro.
Una possibile classificazione dei principali circuiti realizzati e testati viene proposta
in questo lavoro nello schema di figura 1.5. In essa i dispositivi vengono raggruppati
in base alle forze responsabili della circolazione del fluido vettore ed in base al
regime di funzionamento dell’apparato.
I circuiti senza dubbio più indagati in letteratura, soprattutto per applicazioni
miniaturizzate, risultano essere i dispositivi dotati di matrici porose. In essi la
circolazione del fluido avviene grazie alla prevalenza capillare generata appunto
dalla presenza della matrice porosa.
Introduzione
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Figura 1.5- Genealogia dei principali circuiti bifase impiegati come sistemi di controllo
termico
I circuiti dotati di matrice porosa derivano tutti dal tradizionale tubo di calore, e
sono stati ottenuti operando modifiche alla struttura di questo dispositivo in modo
da aumentarne le prestazioni. Essi sono in grado di lavorare anche in controgravità,
cioè con l’evaporatore posizionato a quote superiori rispetto al condensatore.
Numerose informazioni sul funzionamento e sulle applicazioni dei dispositivi dotati
di matrice porosa sono presenti nei seguenti testi: [Faghri 1995], [Peterson 1994],
[Dunn e Reay 1982], [Ivanovskii et al. 1982].
Nonostante le buone prestazioni termiche, il principale vincolo alla diffusione dei
sistemi a matrice porosa è rappresentato dal costo. Rispetto ad un sistema a
Introduzione
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convezione forzata d’aria, il costo di un apparato di questo tipo, anche in caso di
industrializzazione del prodotto, può essere da 5 a 100 volte superiore.
L’altra grande categoria rintracciabile in letteratura è quella dei dispositivi privi di
matrice porosa, per i quali la circolazione del fluido vettore viene generata da
differenze di densità e/o pressione tra varie parti del dispositivo stesso. Tali
differenze sono comunque prodotte dall’introduzione e dalla cessione di calore che
avviene in specifiche regioni dell’apparato (rispettivamente evaporatore e
condensatore).
I circuiti bifase privi di matrice porosa e funzionanti in regime stazionario, noti
anche con il generico nome di termosifoni bifase, manifestano prestazioni analoghe
a quelle del tubo di calore e dei circuiti da essi derivati, ma hanno il vantaggio di
essere notevolmente più economici e più semplici da realizzare [Khodabandeh
2004], [Khrustalev 2002], [Garner e Patel 2001], [Rossi e Polasek 1999].
I termosifoni bifase per poter funzionare correttamente hanno tuttavia il vincolo di
dover operare con una rigida disposizione fra le sorgenti di scambio termico: infatti
la circolazione del fluido vettore può avvenire soltanto con la zona evaporante
posizionata a quote inferiori rispetto a quella condensante.
Al contrario tale disposizione non risulta vincolante nei circuiti bifase privi di
matrice porosa e funzionanti in regime periodico o pulsato, i quali sono in grado di
generare una circolazione di fluido stabilizzata anche in controgravità.
I circuiti bifase privi di matrice porosa funzionanti in regime periodico o pulsato
derivano direttamente dal termosifone bifase a circuito chiuso e sono
principalmente di due tipi: i pulsating heat pipes ed i termosifoni a funzionamento
periodico.
Nel pulsating heat pipe (PHP) e nel termosifone a funzionamento periodico (PTPT) la
circolazione del fluido è generata per effetto delle oscillazioni di pressione ottenute
in specifiche zone dell’apparato.
Il PHP è costituito da un circuito realizzato con un tubo a serpentina di piccolo
diametro, come mostrato nella figura 1.5. Il diametro deve essere sufficientemente
piccolo in modo tale da rendere possibile l’instaurarsi un moto di tipo a “slug”
[Wallis 1969], ovvero una serie di tratti alternativamente occupati dal liquido e dal
vapore, in moto all’interno del tubo. Secondo quanto indicato in letteratura
[Khandekar e Groll 2004] tale condizione si verifica per valori del numero di Bond
minori di 2, con Bo=D*(g(ρ
l
-ρ
v
)/σ)
0.5
.
In questa tipologia di dispositivi l’introduzione e la cessione di calore, che si
alternano all’estremità di ogni tratto della serpentina, generano squilibri locali della
Introduzione
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pressione. Gli squilibri in questione assumono carattere di pulsazioni autoindotte e
possono produrre una circolazione stabilizzata del fluido vettore. Durante la
circolazione del fluido vettore si verificano periodici accumuli di massa in ognuna
delle zone liquide comprese fra due bolle di vapore.
Le masse accumulate risultano molto modeste e le frequenze di funzionamento
risultano dell’ordine dei 10 Hz. I sistemi a PHP risultano essere a basso costo,
tuttavia essi hanno il limite di trasportare poche decine di watts e flussi specifici da
1 a 10 W/cm
2
.
Il funzionamento del PHP ed alcuni esempi applicativi vengono riportati in (Akachi e
Polasek 1995], [Khandekar 2004], [Khandekar e Groll 2004].
Il PTPT, i cui principi operativi verranno dettagliatamente chiariti nel paragrafo
successivo, opera anch’esso con pulsazioni stabilizzate generate da squilibri di
pressione. In questo caso però il fluido vettore viene trasferito tra due serbatoi
principali: l’evaporatore, posto a contatto con il componente da raffreddare e
l’accumulatore, dove la massa liquida, precedentemente condensata, viene
accumulata.
Le pulsazioni che caratterizzano il PTPT si ripetono molto più regolarmente rispetto
a quelle del PHP e con frequenze assai più basse (10
-3
÷10
-2
Hz) per questo le
variazioni dei parametri operativi della macchina assumono caratteristiche di
periodicità.
L’interesse verso i termosifoni a funzionamento periodico nasce intorno agli anni
settanta del secolo scorso, nell’ambito dello sviluppo di tecniche passive per lo
sfruttamento dell’energia solare.
I dispositivi a PTPT fino ad oggi studiati hanno però dimensioni notevoli e le masse
di liquido accumulate per ogni periodo risultano generalmente molto grandi, se
paragonate a quelle accumulate nel PHP.
In questo contesto si inserisce il presente lavoro di ricerca, il cui scopo principale è
quello di ottenere una drastica riduzione di scala degli apparati a PTPT finora
studiati, per poi valutarne comportamento termico e potenzialità di raffreddamento
quando applicati a componenti miniaturizzati.
Introduzione
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1.2 I termosifoni bifase a funzionamento periodico
La messa a punto di circuiti bifase in grado di operare senza la presenza di matrici
porose, ottenendo la circolazione del fluido vettore anche in controgravità (o in
assenza di campo gravitazionale), è stata oggetto di molte attività di ricerca.
In letteratura sono presenti numerosi esempi di apparati realizzati con la tipica
configurazione indicata con la sigla PTPT nella figura 1.5.
Gli impieghi di questi apparati risultano molto vari. In accordo a quanto riportato in
[Filippeschi 2006], essi infatti possono essere utilizzati:
- come trasferitori molari di calore, per il riscaldamento ed il raffrescamento
ottenuti con energia solare oppure per lo sfruttamento di sorgenti termiche a basso
contributo entalpico, quali le sorgenti geotermiche;
- come dispositivi di controllo termico per applicazioni terrestri o spaziali;
- come sistemi di sollevamento di liquido senza spesa di lavoro meccanico.
Anche la denominazione data a questi dispositivi risulta piuttosto varia: “down-
pumping heat pipe” [Bienert e Pravda], “reverse thermosyphon” [Nasonov e
Bondarenko], “Antigravitational Heat Transmitting Loop” [Buz e Afanasiev],
risultano essere alcuni esempi. Tuttavia la denominazione che pare più atta a
contraddistinguere tutta la vasta categoria comprendente questi dispositivi pare
essere “periodic two-phase thermosyphon” [Filippeschi 2006], ovvero termosifoni
bifase a funzionamento periodico (PTPT).
Questa denominazione infatti include una caratteristica comune per tutti i
dispositivi facenti parte della categoria, ovvero quella di non operare in regime
stazionario ma periodico stabilizzato, con oscillazioni dei principali parametri
operativi che si ripetono regolarmente nel tempo, con periodi variabili da dispositivo
a dispositivo.
Sarebbe infatti impossibile ottenere una circolazione stazionaria di fluido vettore,
all’interno di un circuito chiuso, con l’introduzione di calore effettuata a quote
superiori rispetto alla cessione di calore [Latrofa 1994].
Lo schema realizzativo generale di un PTPT è riportato in figura 1.6. Esso risulta
costituito da tre organi principali: un evaporatore (indicato nello schema con la
lettera E), un condensatore (C), un accumulatore (A). Il condensatore può essere
ubicato indifferentemente a quote superiori o inferiori rispetto all’evaporatore.
I tre organi sono collegati da tre linee realizzate con tubi: una linea percorsa dal
vapore (VL) che si sposta dall’evaporatore al condensatore, una linea percorsa dal
liquido (LL) che si sposta dal condensatore all’accumulatore, ed una che consente il
ritorno del liquido accumulato verso l’evaporatore (RL).
Introduzione
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Due valvole sono generalmente inserite nella linea del liquido (CV1) e nella linea del
ritorno (CV2).
Il ciclo operativo a regime periodico del PTPT può essere scomposto in due fasi, una
fase detta di trasporto all’interno della quale si ha il passaggio di fluido
dall’evaporatore all’accumulatore, ed una fase detta di ritorno nella quale avviene il
passaggio contrario.
Figura 1.6- Schema generale di un apparato a PTPT
Il principio di funzionamento del PTPT, per un generico ciclo, è il seguente: la
potenza termica ceduta dall’esterno all’evaporatore produce il passaggio di stato di
parte del fluido vettore contenuto nel serbatoio. Nonostante la variazione di densità,
dovuta al passaggio dal liquido al vapore, l’espansione del fluido nell’evaporatore è
impedita dalla presenza della colonna di liquido a valle del condensatore (nella linea
LL) e dalla valvola CV2. La pressione all’interno del serbatoio tende dunque ad
aumentare.
Tale aumento si protrae fino al raggiungimento del valore di PE, espresso dalla
condizione (1.1), sufficiente a vincere le perdite di carico ed a spingere il battente di
liquido verso l’accumulatore
∫∫
⋅ρ+⋅ρ=⋅⋅ρ−+⋅⋅ρ−−
LL
aC,la
VL
E,v1E,v21C,lAE
dldl]Hg)HH(g[)PP( (1.1)