4
É questo un aspetto che ritornerà, nel corso di questa trattazione, allo scopo
d’evidenziare uno degli aspetti che il “contastorie“ in questione ha saputo mettere
in risalto, insieme con quello di un momento teatrale per eccellenza qual è il
carnevale.
Un momento carnevalesco che, in un’analisi giocoforza breve, emerge anche da una
lettura di quel fenomeno archiviato col generico nome di “movimento del ’68“; un
movimento destinato a lasciare un segno che la storia futura non sempre
raccoglierà e metterà nella giusta prospettiva, ma anche un movimento di costume
e di nuova coscienza che riguarderà molta parte del mondo, arrivando a
“globalizzarlo” molto prima che questo termine prendesse le connotazioni,
sostanzialmente di carattere economico, di questi ultimi tempi.
Non si pretende di fare la cronistoria di quel movimento, ma si tenterà di metterne
in evidenza alcuni aspetti che ritornano nell’analisi del personaggio che si andrà
trattando, magari come negazione di essi o per una loro differente percezione.
Infatti, quel periodo costituì un vero e proprio spartiacque tra un “prima“ ed un
“dopo“ necessariamente differenti, sia pure ammettendo le difficoltà nelle quali
molti dei “sessantottini“ incapparono, arrivando addirittura ad un’aperta critica nei
confronti di una società e di un modo d’intendere i rapporti tra le persone che si
rivelò molto distante da quel modello che essi avevano cercato di proporre e di
vivere.
Si tenterà piuttosto di offrire, attraverso queste pagine, l’impressione di un viaggio:
un viaggio che toccherà alcune località reali ed altre di fantasia, che si è dipanato
seguendo un certo qual “filo rosso“ il cui inizio è fissato, per così dire, in un luogo
ed in un tempo connotati da un evento straordinario qual è stato il secondo conflitto
mondiale, si è poi spostato verso un altro luogo (per certi versi più riposto) e, dopo
un ritorno nel luogo dal quale era partito si è andato ad immergere in un altro luogo
ancora, dal quale si è andati verso orizzonti sempre più vasti ma non dimenticando
ciò che è stato ed ha rappresentato il luogo di partenza.
Orizzonti non solo e non sempre strettamente geografici, ma composti di libri, da
avvenimenti, da storie e da persone che hanno rappresentato e rappresentano un
universo nel quale si mescolano storia (grande e piccola), popoli con le loro lingue,
le loro vite e le loro capacità e possibilità di raccontarsi nonché di raccontare il
proprio vissuto.
5
Un raccontare che è esplicitato (anche) per mezzo di rappresentazioni “alte” e
“popolari” che si mescolano sin quasi a confondersi, ma senza perdere la loro
specificità e verità storica.
Così, in questo viaggio ideale, si va da un luogo all’altro accompagnati da
un’identità precisa e da un sottofondo culturale che attinge dalla letteratura libresca
e da quella della quotidianità il proprio significato e senso: un significato che tocca
l’essenza della vita umana, con le sue gioie e le sue tristezze, e con uno sguardo
tenero e distaccato, ironico ed auto-ironico.
Un viaggio, per concludere, che si snoda attraverso un ideale poetico, ricercato nel
rileggere e nel far proprio un patrimonio attinto dalla realtà che circonda l’uomo e
dalle suggestioni letterarie che volta per volta vanno ad alimentare un proprio e
personale discorso che, in ragione del “mestiere“ scelto dal personaggio in
questione, si colora di riflessi esistenzialistici e teatrali.
6
1. Pàvana, l’infanzia tra poesia e miseria
Il “contastorie“ in questione, così come preferisce autodefinire se stesso, è
Francesco Guccini, il quale non ha mai negato l’importanza delle radici.
Per Guccini le radici hanno connotazioni precise: sono il mulino dove trascorre i
primi anni della sua vita allorché, a causa della guerra che tra le altre cose ha
costretto il padre Ferruccio a partire per il fronte, è portato lì dalla natia Modena,
dove nasce il 14 giugno 1940.
Sono il fiume (il Limentra) attorno e nel quale trascorre i momenti di gioco, sono i
racconti che sente narrare da parte dei suoi parenti e dalle persone che popolano
quel paesino dell’Appennino tosco-emiliano che si chiama Pàvana Pistoiese, sono i
libri ed i fumetti che legge e rilegge quando non ha null’altro per le mani.
Tra i racconti che ascolta, ci sono quelli di fatti straordinari insieme con quelli delle
storie comuni vissute da persone cui gli stenti e le difficoltà hanno consegnato una
visione delle cose che Guccini porterà con sé, insieme alle ragioni storiche
determinatesi in quegli anni.
Tra queste ragioni c’è anche la seconda guerra mondiale e l’immediato dopoguerra:
Guccini ha appena cinque anni, e fa ritorno a Modena al termine del conflitto.
La guerra ha lasciato il segno, visibile nelle case diroccate ed invisibile (ma non per
questo meno forte) all’interno delle persone, le quali ricominciano da capo a
costruirsi (o a tentare di farlo) una vita, ad assicurarsi i mezzi di sopravvivenza per
se stessi e per i propri familiari, a tentare di garantire un futuro per le nuove
generazioni.
Guccini si ritrova così in una “Piccola città bastardo posto“
1
(come apostrofa Modena
in una delle sue canzoni
che non ha mai amato particolarmente: una città dove
frequenta le scuole elementari, e dove dice tra l’altro “[…] vecchie suore nere con
che fede \ in quelle sere avete dato \ a noi il senso di peccato e di espiazione […]”
2
.
La religiosità di Guccini non ha, però, molto da spartire con l’istituzione; tutto va a
confluire in quell’insieme di fattori che affondano le loro radici (di nuovo) nel suo
vissuto personale, nelle esperienze che ha fatto e nel contatto con una realtà
contadina e montanara la quale gli ha trasmesso, come indelebile DNA, il senso
delle proporzioni e dei limiti.
1
“Piccola città” dall’album “Radici” (1972), in “Francesco Guccini. Stagioni. Tutte le canzoni”, a cura di Valentina
Pattavina, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2000
2
ibidem
7
Tutto questo come s’integra con il carnevale e con la teatralità?
Partendo dal presupposto che il carnevale non è solo l’insieme di manifestazioni cui
ci si è abituati, ossia un’occasione per far sfilare i carri allegorici ed indossare
costumi più o meno gradevoli e pertinenti, ma è invece anche un momento che
affonda la sua ragione d’essere in una ciclicità temporale e in un sistema di ritualità
che arriva da molto più lontano.
Arriva, cioè, anche dai culti bacchici in onore del dio della vegetazione e (in questo
senso preciso) della rinascita, del ritorno alla vita dopo i lunghi mesi invernali
passati come dormendo, quando la terra riposa sotto coltri di neve e si prepara ad
una nuova esplosione di colori e di profumi.
Se è così, allora non si può fare a meno di notare qualcosa che è stato posto in luce
da un’attenta lettrice
3
del “sottotesto“ gucciniano, vale a dire l’alternanza e la
concomitanza di due linee di sviluppo: quella ciclica e quella lineare, dove la prima
si riferisce proprio al continuo alternarsi e rincorrersi delle stagioni e la seconda è
quella propria d’ognuno di noi, a sua volta composta delle esperienze più o meno
significanti.
Facendo riferimento ad alcune delle canzoni di Guccini, la lettrice di cui sopra (cui si
rimanda per una più completa ed esaustiva lettura) ha individuato un sottile “filo
rosso“ che lega tra loro queste due linee, il che pare abbia in qualche modo
sorpreso lo stesso Guccini.
Il quale ha raccontato (così come fanno i “contastorie“ ai quali si sente di
appartenere) ciò che conosce davvero meglio, ossia il vivere quotidiano alla luce dei
ritmi naturali: ritmi che a Pàvana Pistoiese ruotavano attorno al mulino di famiglia
presso cui affluivano persone che raccontavano delle storie, reali o di fantasia, tali
da incuriosire e stimolare un bambino di pochi anni.
La fantasia del piccolo Guccini viene poi corroborata dalle letture, che iniziano
all’età di cinque anni con Pinocchio e proseguiranno a Modena anche grazie al
contributo dei soldati americani che avevano liberato l’Italia.
Infatti, vi sarà il periodo dei “rari giornaletti”
4
, letti e riletti più volte, attraverso i
quali la fantasia di Guccini dispiegherà le ali per il lungo viaggio che lo porterà verso
la prateria, quella americana e non, e verso l’avventura; intanto, a Pàvana,
3
“Francesco Guccini cantore di vita”, Federica Pegorin, Effatà editrice, Cantalupa (To), 2006
4
“rari giornaletti”, in “Canzone delle situazioni differenti”, in “Francesco Guccini. Stagioni. Tutte le canzoni”, a cura di
valentina Patavina, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2000
8
l’avventura è l'andar per boschi scoprendo alberi, fiori ed animali, oppure quella di
fare il bagno nel Limentra o di fantasticare sulle piccole scoperte quotidiane di un
vivere che, nonostante ci si trovi in periodo bellico, non viene avvertito come
pericoloso.
Scoperte di un quotidiano che è un teatro di bambini a contatto con la natura, al
riparo presso le proprie famiglie che sopportano anche l’assenza (come nel caso di
Guccini) del padre Ferruccio richiamato sul fronte albanese.
Un “teatro“ che ha dei momenti anche feroci: uno di questi è descritto dallo stesso
Guccini in “Croniche epafaniche“
5
e riguarda l’uccisione del maiale.
Per la società contadina della seconda guerra mondiale e del suo immediato
dopoguerra, essa rappresentava l’occasione nella quale si provvedeva al
rifornimento della dispensa per il resto dell’intero anno.
Il maiale, accudito e nutrito per tutto l’anno, al momento della sua uccisione era per
il bambino d’allora anche un momento di distacco, di disaffezione forzata da
qualcosa che lo aveva accompagnato lungo un intero anno: ma era, soprattutto, un
male necessario per la garanzia di sopravvivenza.
Quindi, nel rituale che accompagnava questo momento sacrificale c’erano i
momenti del “lutto“ e della “festa“, il momento della morte e della rinascita (in
questo caso sotto altre forme, ma non meno godibili ed usufruibili).
Vi era un momento lineare, fatto dalla crescita dell’animale e dal suo lievitare in
carne e grasso, ed un momento ciclico dato che ogni anno la storia si ripeteva da
capo.
Due momenti naturali e carnevaleschi, in cui si alternavano dolore e gioia, e due
momenti teatrali per il lavorio e l’affaccendarsi di coloro che partecipavano al rito
(maiale compreso, naturalmente, e suo malgrado).
Uccisione e rinascita: la morte e la resurrezione, se vogliamo, libera da pastoie
spirituali e da loro possibili fraintendimenti.
Quindi, cos’era il carnevale?
Nel calendario liturgico era un periodo di feste precedente la Quaresima: era
collocato, per precisa disposizione ecclesiastica, tra l’Epifania e le Ceneri mentre nel
calendario folklorico la data d’inizio del carnevale (il cui etimo deriva
5
“Croniche epafaniche”, Francesco Guccini, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 1989
9
dall’espressione “carnem levare“, ad indicare l’astensione dalla consumazione della
carne) varia secondo i luoghi, sebbene i festeggiamenti si concentrino nei giorni di
giovedì grasso, domenica, lunedì e martedì prima delle Ceneri, con l’evidente
intento di accordare cicli cerimoniali d’epoche e località diverse.
Il ciclo del carnevale, dal punto di vista etnologico, corrisponde ai periodi di festa e
di licenza presenti in tutte le culture del mondo; nel carnevale italiano e degli altri
paesi neolatini se ne riconoscono antecedenti storici nei Saturnali
6
con il
rovesciamento dell’ordine gerarchico, e vi confluiscono antichi riti agrari di
purificazione e propiziazione all’inizio di un ciclo annuale o stagionale, ispirati al
bisogno di rinnovarsi periodicamente mediante l’espulsione del male accumulatosi
(attraverso malattie e peccati) e la propiziazione di una nuova fase.
Di seguito, che cosa s’ intende con il termine teatralità ?
Il teatro popolare profano nasce proprio da elementi rituali che compongono le
grandi feste d’inizio annuale o stagionale (quindi, anche il carnevale) e che
s’ispirano a due principi, per lo più congiunti e mescolati, d’eliminazione del male e
del vecchio e di propiziazione del buon raccolto e della buona sorte.
Esiste quindi un parallelismo, quasi una simbiosi, tra i due termini, entrambi
appartenenti al vissuto popolare ed agricolo: lo stesso mondo, cioè, in cui Guccini
trascorre i primi anni di vita.
Un mondo semplice, del quale però afferra immediatamente lo scandire del tempo
attraverso il ripetersi delle stagioni ed i diversi ritmi che le accompagnano: e dove,
tra l’altro, si svolgono delle operazioni che sono da considerare anch’esse dei “riti“.
I riti che accompagnano l’infanzia gucciniana rimangono quelli che per secoli si sono
reiterati nelle campagne, dove si sono formati anche i rituali di cui si diceva
precedentemente, ossia quelli legati al raccolto ed alla sua propiziazione: rituali che
si accompagnavano alle manifestazioni che si possono definire “bacchiche“ o
“dionisiache“
7
e successivamente, con l’avvento della religione cattolica, sono
divenute la benedizione dei campi e degli armenti.
Insomma, la storia dimostra che i riti ed i miti si rincorrono: cambiano nome e
valenza magari, ma alla resa dei conti altro non sono che un reiterarsi di antiche
forme di paganesimo e di superstizione.
6
Saturnali, festa di carattere orgiastico che si celebrava in Roma antica in onore del dio Saturno dal 17 al 20 dicembre
7
si rimanda a “Introduzione al teatro greco”, Guidorizzi Giulio (a cura di),Mondadori Università,Città di Castello
(Pg),2004
10
Ma sono anche qualcosa che va a costituire una certa qual cultura “popolare“, con i
canti per il raccolto, con le adunanze nelle stalle dove si creano e si tramandano i
racconti, spesso conditi da immagini fantastiche per impressionare i bambini e con
le occasioni delle adunanze umane dove si perpetua il senso della comunità e della
condivisione dei frutti della terra, risultato di lavoro e di perseveranza.
Guccini vive questa situazione, e la possiamo ritrovare in molta della sua
produzione: dal punto di vista libresco, senz’altro in “Croniche epafaniche”
8
mentre
in quello delle canzoni è nell’album “Radici”
9
che emerge alla luce in modo più
completo ed esaustivo.
Fatte queste premesse si consideri ciò che è stato, nel vissuto gucciniano, quel
momento particolare della storia della società italiana: quando nel 1948 era
terminata la prima fase della ricostruzione post bellica e, in coincidenza con un
nuovo ciclo espansionistico dell’economia europea, era iniziato il decollo industriale
che all’inizio degli anni ’60 si sarebbe trasformato nel cosiddetto “boom economico“.
Al governo in quell’anno (il 1948) vi era Alcide De Gasperi
10
,
il leader della
Democrazia Cristiana
11
,
il quale per quanto riguardava la politica estera dell’Italia,
operò la scelta di aderire al Patto Atlantico
12
insieme alla stretta collaborazione con
gli Stati Uniti d’America, oltre alle varie iniziative tendenti all’unificazione politica ed
economica dell’Europa Occidentale.
Questo spettro d‘iniziative si tradusse, nel campo della politica interna, nella
resistenza da parte di De Gasperi alle pressioni provenienti dagli Stati Uniti e dal
Vaticano affinché egli facesse proprio della Democrazia Cristiana, l’allora partito di
maggioranza, il perno di un “blocco d’ordine“ ed affinché fossero messi fuori legge i
partiti dell’estrema sinistra.
Non si arrivò a tanto, sebbene i governi di De Gasperi fossero improntati ad un
anticomunismo molto rigido, assumendo spesso toni antisindacali ed antipopolari;
8
“Croniche epafaniche”, op. cit.
9
(P) 1972 Emi Music Italy S.p.A. © 1972 Emi Music Publishing Italia S.r.l.
10
Alcide De Gasperi, (Pieve di Tesino,Trento,1881-Sella di Valsugana,Trento,1954); fu tra i fondatori del partito
Popolare e, durante la seconda guerra mondiale, partecipò alla riorganizzazione politica dei cattolici e alla costituzione
della Democrazia Cristiana, che schierò su posizioni di centro moderato facendone un punto di riferimento per le forze
anticomuniste. Venne eletto Presidente del Consiglio nel 1945, carica che ricoprì sino al 1953, e diresse la ricostruzione
politica ed economica dell’Italia
11
nome di un partito politico che prende le mosse dalle indicazioni contenute nell’enciclica “Rerum novarum” redatta
da papa Leone XIII nel 1891, nella quale si intendeva l’azione politica come volta al raggiungimento di una maggiore
giustizia sociale mediante l’applicazione dei principi della fede cristiana
12
intesa politica internazionale siglata il 4 aprile 1949 da 12 Paesi sulla quale si fonda la NATO, il cui fine principale
sarà quello di creare un coordinamento e una mutua assistenza, tra gli Stati firmatari, in materia di difesa
11
le agitazioni operaie e contadine della fine degli anni ’40 e dei primi anni ’50 furono
fronteggiate con mano dura dall’allora ministro dell‘Interno, Mario Scelba
13
mentre
dal canto suo la magistratura applicò con durezza gli articoli di un codice penale che
era ancora quello emanato dal periodo del ventennio fascista.
Il giudizio politico sull’operato dei governi di De Gasperi fu caratterizzato dalla
mancanza di fedeltà alla propria ideologia, ossia la capacità di svolgere un’effettiva
funzione di mediazione e di sintesi tra le forze economiche, sociali e politiche che si
trovavano in contrasto, ed in questo incontrò delle forti resistenze ogni qual volta
tentò di dare alla società italiana un assetto più equo ed equilibrato.
Tra queste resistenze vi erano quelle dello stesso mondo cattolico, ossia il
retroterra fondamentale della politica di De Gasperi nonché l’arbitro delle sue
fortune elettorali: uno dei fatti più indicativi che può dare un’idea dell’atmosfera di
quegli anni (e, tra l’altro, il meno difendibile politicamente) fu la “crociata“ politico-
moralizzatrice di Luigi Gedda
14
,
l’allora presidente dell’Azione Cattolica
15
,
affinché la
Democrazia Cristiana arrivasse a stringere un’alleanza con il partito monarchico e
con i neofascisti che portò, nel 1949, alla scomunica contro i comunisti ed i seguaci
della dottrina marxista.
I cattolici, all’indomani della vittoria elettorale e della salita al potere, avevano tra
l’altro attivato una sorta di “politica d’occupazione“ nei vari settori
dell’amministrazione pubblica, rivendicando il diritto di far valere in tutti i settori
della vita pubblica la visione della vita e la concezione dello Stato di cui erano
portatori; ciò sfociò in una loro straripante presenza nella burocrazia, nella scuola,
nei consigli d’amministrazione degli istituti finanziari e degli altri enti pubblici, il che
creò una capillare rete di potere (il cosiddetto “sottogoverno“) destinato da una
parte a rendere problematica la separazione tra Stato, governo e partiti e dall’altra
a realizzare ad una realtà istituzionale impossibile da codificare.
Questa situazione complessiva, in quell’Italia appena uscita dal secondo conflitto
mondiale, non ha che qualche riflesso appena nella vita di Guccini il quale, al riparo
dai pericoli del conflitto presso il mulino di famiglia a Pàvana Pistoiese, può
13
Mario Scelba (Caltagirone,1901-Roma,1991); ministro degli Interni dal 1947 al 1953, riorganizzò militarmente le
forze di polizia nel periodo più duro delle lotte sociali e sindacali
14
Luigi Gedda (Venezia,1902-Roma,2000); fu fondatore dei Comitati Civici, avversi ai partiti di sinistra e protagonisti
nella battaglia elettorale anticomunista dell’aprile 1948
15
organizzazione che coordina le attività delle associazioni laiche presenti all’interno del movimento cattolico,
armonizzandole con le direttive delle gerarchie ecclesiastiche
12
dedicarsi liberamente alle occupazioni da bambino ed esplorare la realtà circostante
con la curiosità implicita di chi si affaccia sul mondo.
Certamente, la lontananza del padre Ferruccio comporta una diversa prospettiva
nella quotidianità del piccolo Guccini, ed il ritorno a casa del genitore significherà la
perdita di un rapporto privilegiato con la madre Ester Prandi, ma anche questo
contribuisce a formare ed a caratterizzare il futuro “contastorie” il quale, tornato a
Modena, porterà per sempre con sé i ricordi, le emozioni, i profumi e le scoperte di
quel (quasi) “natio borgo selvaggio”, per parafrasare Giacomo Leopardi
16
che di
selvaggio in senso deteriore, dopotutto, non ha granché, se si tiene a mente ciò che
lo stesso Guccini affermerà in una delle sue canzoni “[…] Io, figlio di una casalinga
e di un impiegato, \ cresciuto tra i saggi ignoranti di montagna \ che sapevano
Dante
17
a memoria e improvvisavano di poesia, \ io, tirato su a castagne ed erba
spagna
18
\ io, sempre un momento fa campagnolo inurbato, \ due soldi d’elementari
e uno di università \ ma sempre il pensiero a quel paese mai scordato \ dove
ritrovo anche oggi quattro soldi di civiltà […]“ (“Addio”
19
).
16
poeta italiano (Recanati,1798-Napoli,1837); nella sua poetica si alternano due concezioni diverse e in un certo senso
opposte, ossia la conoscenza della verità dolorosa e la difesa delle illusioni. L. intende la poesia come la facoltà di
illudere e di illudersi, come l’immaginazione beata del primitivo e del fanciullo, o anche come un’agitazione viva e
intensa capace di liberare dalla “noia”; altre volte viene definita come l’espressione della triste condizione umana, il
canto patetico del cuore dolente per la caduta delle illusioni
17
si tratta naturalmente di Dante Alighieri, poeta italiano (Firenze,1265-Ravenna,1321); autore di diverse opere, la più
famosa delle quali è senz’altro la “Commedia”, a cui fu aggiunto solo successivamente l’aggettivo “Divina”
18
altrimenti detta erba medica
19
“Addio”, (P) 2000 Emi Music Italy S.p.A. © 2000 Emi Music Publishing Italia S.r.l., in “Stagioni” (2000)
13
2. Modena, la piccola città
Durante gli anni in cui l’economia italiana iniziò il proprio decollo, in cui la gente si
preoccupava soprattutto di lavorare e di produrre, cercando di godersi anche i
vantaggi di un certo benessere, la classe dirigente del Paese si limitava ad
assecondare lo sviluppo; lo faceva senza preoccuparsi veramente di guidarlo e di
correggerne le storture più stridenti, giacché confidava nel fatto che il progresso
economico sarebbe servito, da una parte, ad attenuare le tensioni sociali e,
dall’altro, a rafforzare la borghesia ed i ceti medi alla cui proverbiale fragilità la
cultura politica italiana faceva da sempre risalire la maggiore responsabilità dei guai
del Paese.
Dal canto loro, i lavoratori sopportavano senza particolari proteste i sacrifici di
questa fase d‘accumulazione capitalistica, che portò ad una forte compressione dei
salari e dei consumi, e non si opposero al meccanismo dello sviluppo; gli stessi
sindacati della sinistra appoggiarono una linea sostanzialmente moderata e
l’opinione pubblica, dopo le tensioni morali e politiche del dopoguerra, si trovava in
un periodo di generale stanchezza e di disimpegno.
Si era nella fase, insomma, in cui si andava mutando la scala dei valori, e gli Italiani
iniziavano ad intravedere la possibilità di distaccarsi dall’antica società della penuria
e delle privazioni per approdare ad una certa condizione di benessere cui valeva la
pena dedicare speranze ed energie.
Questi anni, in Italia, sono caratterizzati così da uno sforzo produttivo straordinario,
con una crescita dei consumi che si va facendo sempre più larga; s’inizia, sia pure
con cautela, a lasciarsi alle spalle la guerra e le sue conseguenze e s’inizia a
progettare un futuro meno nebuloso.
L’intervento americano in Italia non si limita solo allo sbarco ad Anzio
20
e alla
liberazione del Paese, o al supporto economico al fine di consentire all’Italia di
risorgere economicamente; gli Stati Uniti portarono nella penisola anche una serie
di novità, alcune delle quali vanno ad interessare direttamente l’universo di Guccini,
dapprima sotto forma di fumetti e giornaletti e successivamente come dischi e
musica alla radio.
20
comune del Lazio sul mar Tirreno in provincia di Roma, subì gravi danni durante la seconda guerra mondiale in
seguito allo sbarco alleato del gennaio 1944, deciso con l’intento di aggirare i tedeschi saldamente attestati a Cassino, e
alla dura resistenza tedesca
14
Guccini, frattanto, è ritornato a Modena; il suo rientro comporta, da parte degli altri
ragazzi che se lo vedono attorno da un giorno all’altro, un certo periodo di studio
reciproco e di circospezione prima di arrivare all’accettazione nel gruppo.
Periodo di studio che durerà relativamente poco, dato che il gioco e la scuola
contribuirono a saldare le amicizie, che nei pomeriggi trascorsi per strada a giocare
coi “coperchini“ (i tappi delle bottiglie) e ad esplorare la città si alimentano ed
aumentano.
La Modena di quegli anni è una cittadina che va ricostituendo e rinsaldando la sua
socialità e nella quale il lavoro, così come avviene in molte altre parti nella penisola
italiana, viene visto non solo come una necessità ma (quasi) come l’espressione del
bisogno di lasciarsi alle spalle i periodi bui della guerra.
Si lavora nelle campagne, nelle fabbriche e in tutte quelle attività commerciali e di
piccola o grande imprenditoria che faranno dell’Emilia una delle regioni
maggiormente trainanti dell’economia nel Nord Italia.
La realtà italiana di quegli anni ’50 è fatta di un grande, e non omogeneo, recupero
di produttività e di fiducia nel futuro; s’inizia anche a realizzare qualche piccolo,
modesto sogno, legato sostanzialmente al raggiungimento di una qualche forma di
stabilità economica e di possibilità di utilizzare parte del ricavato del lavoro per
spese non strettamente necessarie (le potremmo definire voluttuarie).
Le condizioni di vita degli anni ’50 in Italia prendono le mosse anche da ciò che
accadde, dal punto di vista politico, in seguito all’impennata dell’inflazione avvenuta
nei primi mesi del 1947, unitamente alla richiesta di aumenti salariali (che venne
respinta dal governo, nuovamente presieduto da De Gasperi).
Il 20 e 21 aprile dello stesso anno, in Sicilia, si tennero le elezioni regionali che
furono vinte dalla sinistra e che videro la contemporanea perdita di circa il 13% da
parte della Democrazia Cristiana, mentre la destra riuscì, sia pure attraverso liste
diverse, ad accaparrarsi oltre il 20% dei consensi.
Il 1° maggio, a Portella della Ginestra
21
gli uomini della banda di Salvatore
Giuliano
22
, probabilmente per ordine della mafia siciliana e dei politici ad essa
21
località presso la Piana degli Albanesi, in Sicilia,, dove la banda di Salvatore Giuliano compì un duro attacco nei
confronti di una folla di lavoratori riunitisi per la festa del 1° maggio 1947
22
bracciante siciliano (Montelepre,Palermo,1922-Castelvetrano,Trapani,1950) ; organizzò una banda brigantesca che
estese l’attività nella Sicilia occidentale contando su una vasta rete di omertà. In contatto con il Movimento per
l’indipendenza della Sicilia (MIS), diede alle proprie imprese una copertura politica d’ispirazione separatistica operando