ossia quei ragazzi e adolescenti che emigrano in un altro paese, nel nostro caso
l’Italia, seguiti nella maggior parte dei casi dalla famiglia oppure nati
direttamente nella società di accoglienza da famiglie di immigrati o da coppie
miste, dove uno dei due genitori è autoctono, l’altro non lo è.
Ma per approfondire il fenomeno delle “seconde generazioni”, ho voluto
contestualizzarlo all’interno del fenomeno più ampio delle migrazioni.
Nel primo capitolo analizzo il fenomeno migratorio in Italia, le sue
caratteristiche principali e conseguenze socio-culturali, per poi iniziare ad
introdurre il fenomeno delle “seconde generazioni” chiarendo la definizione e
la presenza nel nostro sistema scolastico, per approdare alle diverse strategie
identitarie che gli studenti di seconda generazione mettono in atto.
Nel secondo capitolo si entra nello specifico dell’inserimento scolastico della
seconda generazione, le difficoltà che incontra nell’apprendimento e quindi il
conseguente successo o insuccesso scolastico, proponendo anche una
riflessione attraverso un confronto tra gli esiti scolastici in scuole “con” o
“senza” alunni stranieri.
Ponendo anche un breve sguardo alla situazione del sistema educativo europeo,
affrontando problemi come la discriminazione nei confronti degli studenti
stranieri.
Per i ragazzi di seconda generazione l’ostacolo e il traguardo principale
consiste nell’integrazione all’interno della società ospitante che passa
attraverso varie forme: l’apprendimento della lingua italiana, il successo
scolastico, la capacità di socializzazione, la capacità di progettare il proprio
futuro in Italia.
L’interesse per questa specifica tematica, di cui mi occupo nel terzo capitolo,
nasce dall’esperienza di tirocinio effettuata presso l’Istituto superiore “Pierluigi
Nervi” di Rignano Flaminio.
Qui sono entrata in contatto con studenti, adolescenti stranieri, sono riuscita ad
instaurare un rapporto con loro che mi ha permesso di entrare a contatto con il
loro vissuto personale, per comprendere il loro comportamento e la loro
capacità di integrarsi e di interagire con compagni e docenti.
4
Dall’indagine sono emerse alcune caratteristiche comuni a tutti gli studenti
stranieri: la percezione dell’importanza dello studio, la famiglia come punto di
riferimento e il desiderio di costruire il proprio futuro in Italia. Non ho
riscontrato forme di disagio all’interno della scuola che possano essere
ricondotte ai rapporti con i compagni o con gli insegnanti.
I ragazzi di seconda generazione devono affrontare sfide spesso impreviste in
una fase così delicata come l’adolescenza; se sono giunti in Italia per il
ricongiungimento con i genitori si trovano a subire l’emigrazione in un altro
Paese di cui spesso non conoscono la lingua e in cui devono ricostruire dei
legami sociali. Per i minori che sono nati in Italia o che hanno vissuto parte
della loro socializzazione in Italia, le sfide da affrontare sono più leggere:
vivere l’infanzia e parte della socializzazione nel paese di immigrazione,
significa sviluppare gusti, modi di fare ecc.. simili agli autoctoni.
Questi ragazzi sono il nostro futuro, è importante studiare le loro dinamiche.
La strada che ha intrapreso l’Italia è quella di una scuola che valorizzi le
diverse identità, che promuova il dialogo tra le molte culture e la politica,
attraverso la normativa nazionale e internazionale, deve saper affrontare le
problematiche che si presentano per aiutare lo sviluppo di una “società
multiculturale” basata sul rispetto e la tolleranza verso il prossimo.
5
CAPITOLO PRIMO :
LE SECONDE GENERAZIONI IN ITALIA
6
1.1 La situazione migratoria in Italia
Nell’ultimo decennio anche in Italia, come già era avvenuto nel resto
dell’Europa, si è assistito ad un progressivo aumento di immigrati. Così, da un
paese di emigranti, l’Italia si è trasformata in un Paese di accoglienza per molti
stranieri, che sperano di trovare una possibilità per migliorare la propria qualità
di vita. Fenomeni come la globalizzazione, la circolazione di beni, merci e
prodotti, la riduzione delle barriere spazio-temporali, comportano infatti, uno
spostamento sempre maggiore di persone verso quei Paesi ritenuti
economicamente più stabili e più produttivi, tra cui rientra anche l’Italia.
Secondo il dossier statistico Immigrazione Caritas/Migrantes
1
, l’incidenza
degli immigrati sulla popolazione italiana nel 2008, è persino superiore a quella
della media dell’UE, il numero di immigrati regolarmente presenti,oscilla tra i
3.800.000 e i 4.000.000, su una popolazione di 56.619.290 persone. Stando ai
dati ISTAT
2
, invece, i cittadini stranieri residenti, dopo un aumento annuale di
circa mezzo milione di unità, all’inizio del 2008 sono 3.443.00, inclusi i
comunitari: 62,5% nel Nord, 25,0% nel Centro e 12,5% nel Mezzogiorno.
Anche se possono sembrare in contrasto, questi dati sono solamente differenti,
in quanto il dossier Caritas, tiene conto anche di coloro che non hanno ancora
acquisito la residenza. Sempre secondo questo dossier, la prima collettività
raddoppiata in due anni, è quella romena, poi quella albanese, marocchina,
cinese e ucraina. La società italiana, quindi, è sempre più eterogenea, e
caratterizzata dalla presenza di molteplici etnie, per cui è possibile definirla
multietnica e multiculturale. Tra questi differenti gruppi, è possibile
individuare quelli maggiormente rappresentative, come è stato rilevato dai dati
Caritas, per cui, dall’Europa proviene il 52,0%, dall’Africa il 23,2%, dall’Asia
il 16,1% e infine gli Americani sono l’8,6%.
1
Cfr. CARITAS DI ROMA, Immigrazione – Dossier statistico 2008, Nuova Anterem, Roma
2008, p. 1.
2
Ibid.
7
Nonostante, questi dati possano variare di anno in anno, ciò che davvero è
cambiato rispetto agli anni passati è il radicamento dell’immigrato, ossia la sua
stabilizzazione. Lo “straniero” infatti, non è più di passaggio, non si ferma solo
per un breve periodo di tempo, ma desidera trovare un lavoro, una casa ecc.. Il
problema, dunque, non è più di integrazione, cioè di assimilazione, ma di
inserimento nel tessuto sociale, non solo nelle grandi città, ma anche nei piccoli
centri. Questo comporta maggiori difficoltà, soprattutto nelle zone periferiche,
dove non sono abituati a confrontarsi con le diversità. Se da un lato, infatti, per
gli immigrati sorgono problemi come quelli della ricerca di un lavoro, di una
abitazione, di una scuola per i figli, dell’interazione con le altre culture, per gli
autoctoni, la sempre maggiore presenza degli stranieri, fa crescere la paura e
l’allarmismo che possono sfociare nella chiusura o peggio nell’avversione
verso lo straniero.
In realtà, questo fenomeno dell’immigrazione, in Italia, ha portato almeno due
aspetti positivi: il primo è che la popolazione italiana, in questi anni sarebbe
diminuita se non ci fossero stati gli immigrati a tenere alto il numero dei figli.
Le donne straniere, hanno una maggiore propensione alla maternità rispetto
alle donne italiane. Il secondo aspetto positivo, riguarda proprio il contributo
lavorativo. La presenza di forza lavoro immigrata, ha permesso nell’ultimo
decennio la rivitalizzazione di interi settori produttivi in decadenza. Questo è
possibile perché i lavoratori stranieri accettano quei lavori che gli italiani non
sono più disposti a svolgere.
Secondo il Dossier Immigrazione 2008, la massima concentrazione di
lavoratori immigrati, pari ai due terzi del totale, si rileva nel nord. Solo in
Lombardia i nuovi assunti sono quasi per la metà (45,69%) nati all’estero; nel
Veneto, all’inizio del 2000 erano 20.000 le aziende che ricorrevano ai
lavoratori stranieri, oggi sono 40.000. Nel Lazio vi è solo un decimo di questi
lavoratori, ma sono tanti quanti nell’intero Mezzogiorno, dove in alcuni settori
come l’agricoltura, l’edilizia e l’assistenza alle famiglie, il loro apporto è
divenuto indispensabile. La conseguenza diretta di questo fenomeno di
stabilizzazione, è il ricongiungimento delle famiglie, con il familiare che si è
spostato per primo dal proprio Paese d’origine. Tra gli indicatori che mostrano
8
la propensione all’insediamento stabile possiamo individuare
3
, proprio il
numero di soggetti coniugati residenti presenti sul territorio nazionale per i
ricongiungimenti familiari, la presenza di donne, dei minori emigrati con i
genitori o nati in Italia, il numero di carte di soggiorno e il numero di
matrimoni misti. La tendenza alla stabilizzazione, ha fatto si che nelle scuole
italiane, aumentasse il numero di studenti stranieri arrivati in Italia per effetto
del ricongiungimento familiare, nati in Italia da genitori stranieri o da
matrimoni misti.
3
Paola D’Ignazi, Ragazzi immigrati. L’esperienza scolastica degli adolescenti attraverso
l’intervista biografica, Franco Angeli, Milano 2008, p.17-18
9
1.2 Seconde generazioni: definizione e presenza nel sistema
scolastico
Con l’aumentare della popolazione straniera, sono aumentati anche gli studenti
stranieri nelle scuole, quei bambini o ragazzi che appartengono alla cosiddetta
seconda generazione. Gli studi su questo fenomeno sono piuttosto recenti,
almeno in Italia, dove il fenomeno migratorio non è così antico come in altre
parti dell’Europa. In realtà, definire le seconde generazioni, non è semplice.
Come afferma anche Maurizio Ambrosini
4
, in questa categoria, rientrano
differenti casi, che vanno dai bambini nati e cresciuti nel Paese che li accoglie,
agli adolescenti ricongiunti ai genitori in un secondo momento. A complicare il
quadro ci sono alcune situazioni, come quelle dei figli di coppia mista e dei
piccoli nomadi, che nel sistema scolastico vengono equiparati ai minori di
origine straniera, in quanto classificati come portatori di eterogeneità culturale.
Rumbaut, per semplificare la definizione di “seconda generazione”, ha
introdotto una visione decimale tramite il concetto di “generazione 1,5” di cui
fanno parte i ragazzi che hanno iniziato la scuola nel Paese di origine e hanno
completato il percorso scolastico nel Paese di arrivo, a loro si aggiungono la
“generazione 1,75”, ossia la generazione che si trasferisce nel Paese di arrivo in
età prescolare, dagli 0 ai 5 anni, e la “generazione 1,25” cioè i ragazzi che
emigrano tra i 13 e i 17 anni. Le situazioni socio-economiche e le
problematiche educative sono sicuramente diverse tra il soggetto nato nel Paese
di accoglienza da genitori stranieri e quello che arriva intorno alla maggiore
età, dopo aver ricevuto la prima socializzazione nel Paese di origine
5
.
4
Cfr. Maurizio Ambrosini, Stefano Molina (a cura di), Seconde generazioni. Un’introduzione
al futuro dell’immigrazione in Italia, Edizioni Fondazione Gianni Agnelli, Torino 2004, p. 5-6
5
Ivi, p. 6
10