4donne e raccolta delle donne nei campi a cui successivamente sarà dato il nome di rape camps,
ossia campi di stupro, oppure verso altri tipi di bordello, se non direttamente nelle case ed
appartamenti dove, forzate a lavorare come delle schiave per i militari, le donne sono state
continuamente e ripetutamente violentate. Nei rape camps, in maniera ancora più
inquietante, le testimonianze hanno descritto situazioni disastrose, al limite della
sopravvivenza, dove le donne, oltre alla detenzione forzata, hanno subito violenze sessuali
fino a rimanere incinte e costrette a portare avanti la gravidanza per mesi fino a che un
aborto non fosse impossibile. Si tratta di situazioni che le testimoni, sfuggite almeno alla
follia omicida, hanno raccontato durante i processi a carico dei responsabili di tali crimini.
Il genocidio ruandese non può essere considerato come un evento minore in questo senso,
al contrario esso ha mostrato dei caratteri ancora più inquietanti: esso ha dimostrato come
l’istinto e l’odio possano portare a risultati in grado di andare oltre gli schemi e le
macchinazioni. Le vittime degli stupri sono state tra le 250.000 e le 500.000: si è trattato di
donne Tutsi, ‘colpevoli’ di appartenere all’etnia nemica, o addirittura donne Hutu,
colpevoli di aver sposato uomini Tutsi ed essere incinte di bambini (che secondo il
carattere patriarcale della società ruandese avrebbero avuto etnia) Tutsi. Il genocidio
ruandese ha colpito per la violenza che è riuscito a sollevare, per l’ampiezza e la velocità
con cui si è propagato, per il numero di morti che ha provocato, riuscendo in fine a
distruggere – secondo stime degli operatori umanitari – fino al 77% del gruppo etnico
Tutsi. Dove non sono arrivati gli omicidi, sono stati gli stupri delle donne a disgregare e
quindi distruggere il gruppo stesso, o quanto di esso era rimasto.
La gravità dei conflitti, in entrambi i casi, ha indotto la comunità internazionale ad una
reazione precisa, ossia la persecuzione e la punizione dei responsabili per mezzo
dell’istituzione dei due tribunali ad hoc: il Tribunale Internazionale per i Crimini
commessi nel territorio della Ex-Jugoslavia ( I.C.T.Y.), e quello per i crimini commessi in
Rwanda (I.C.T.R.) durante i quasi 100 giorni del genocidio.
5Dalle analisi realizzate dalle commissioni O.N.U. a ciò preposte e dalle conclusioni
tracciate ed esposte nelle sentenze di questi due tribunali sono emersi i caratteri più
violenti di questi conflitti, e soprattutto è risultato con estrema gravità il significato
profondo e terribile degli stupri. Essi hanno rivelato il loro risvolto più drammatico, la loro
capacità di umiliare e degradare le vittime, e così la loro finalità di intima e profonda
distruzione dell’intero gruppo umano a cui esse appartengono.
Questa capacità distruttiva è stata poi sottolineata dall’I.C.T.R. nella sua prima e più
significativa sentenza, ossia quella emessa al termine del processo Akayesu del 1998, in
cui i giudici della I Camera hanno riconosciuto, per la prima volta nella prassi di un
tribunale internazionale, la riconducibilità dello stupro secondo la Convenzione per la
Prevenzione e Repressione del Crimine di Genocidio del 1948. In questa sentenza essi
hanno infatti affermato la capacità dello stupro di distruggere un gruppo umano e quindi la
possibilità che tale fattispecie integri il crimine di genocidio.
La sentenza Akayesu ha avuto un’eco notevole sia nelle successive sentenze dello stesso
tribunale per il Rwanda, sia in quelle dell’I.C.T.Y.
Da questa sentenza prende spunto anche il nostro lavoro, che vuole dimostrare la validità
della tesi che riconosce l’idoneità dello stupro ad integrare il crimine di genocidio,
secondo il dettato dell’art 2 della Convenzione del 1948, ripreso e quindi riaffermato
all’art 6 dello Statuto della Corte Penale Internazionale. Quest’ultima ha un ruolo
estremamente importante nello scenario giuridico internazionale, e per questo riteniamo
doveroso considerare gli sviluppi della prassi anche alla luce delle norme dello Statuto
della Corte Penale Internazionale (I.C.C.), poiché la Commissione di Diritto
Internazionale (I.L.C.) delle Nazioni Unite ha mostrato – durante i lavori preparatori per
questo stesso Statuto – un approccio simile e conforme alle scelte realizzate in sede di
giudizio da parte dei due tribunali ad hoc, ossia l’I.C.T.Y. e l’I.C.T.R.
6La finalità di questo lavoro è pertanto quella di accertare la fondatezza della tesi secondo
cui lo stupro sarebbe una fattispecie di genocidio e, conseguentemente, le modalità con cui
il crimine deve essere perpetrato per rientrare tra le fattispecie coperte da tale tesi.
Lo stupro rappresenta un caso particolare che – per poterne dimostrare la capacità
distruttiva – deve essere inserito nel contesto della fattispecie generale, e quindi nel caso in
esame, nel contesto del crimine di genocidio.
Una simile analisi deve pertanto iniziare dalla definizione delle caratteristiche generali del
crimine di genocidio: il primo capitolo di questo lavoro sarà pertanto interamente dedicato
alla descrizione delle fattispecie di genocidio, prima di tutto secondo i lavori preparatori
che hanno condotto alla redazione del testo di tale articolo. Non trascureremo, tuttavia, che
questa Convenzione risale al 1948, e quindi necessita di un adeguamento alla realtà
attuale; pertanto, in questa analisi, rivestirà un ruolo molto importante l’evoluzione
giurisprudenziale, e quindi verranno considerati con particolare attenzione gli sviluppi che
la prassi dell’I.C.T.R. e dell’I.C.T.Y. hanno portato nell’interpretazione e conseguente
applicazione di questo testo.
Dopo aver definito i caratteri di questo crimine, l’attenzione verrà posta sul reato dello
stupro, considerando per prima cosa il suo riconoscimento e la sua definizione nell’ambito
del diritto internazionale. Il successivo passaggio – il più significativo dell’intera analisi –
consisterà nell’individuazione delle singole fattispecie che, secondo la lettera dell’art 2
della Convenzione sul genocidio, possono venire integrate dal reato in esame: lo stupro.
Tra le fattispecie individuate dall’art 2 soltanto alcune meritano di essere considerate
nell’ambito di questa analisi: lo stupro non può infatti considerarsi come fattispecie
genocidaria secondo la lettera (a), ossia “l’uccisione dei membri del gruppo”, poiché la
violenza sessuale non può definirsi come uno strumento di morte. Diversamente può
affermarsi per la successiva ipotesi, sub (b), in base alla quale è commesso genocidio per
mezzo di atti tesi a produrre gravi danni fisici o psichici sulle vittime: lo stupro è da
7riconoscersi, come vedremo, come un vero e proprio strumento di tortura, ed in quanto tale
capace di causare delle simili lesioni.
Un’altra ipotesi da approfondire è quella prevista alla lettera (c) dell’art 2: in essa si
prevedono infatti quelle misure finalizzate alla distruzione fisica del gruppo umano; tra
queste misure si inseriscono la mancanza di servizi medici essenziali o quella di cibo,
oppure l’allontanamento forzato dalle proprie case. Quest’ultima ipotesi appare di
particolare interesse in base agli eventi che si sono verificati in Bosnia, dove le violenze
sessuali di massa hanno avuto l’intento di spargere terrore tra la popolazione ed indurla ad
abbandonare le case: una pratica che è stata definita “pulizia etnica” e che, come
mostreremo, altro non sarebbe se non un eufemismo di genocidio.
Un’altra interessante ipotesi è individuata dal paragrafo (d) poiché la violenza sessuale
può considerarsi una misura “tesa a prevenire nascite all’interno del gruppo”. Questa
ipotesi ha un particolare valore soprattutto nel contesto di quelle comunità in cui il valore
della donna è misurato dalle sua qualità di moglie e di madre: una donna non più vergine
perde il proprio valore come madre, ed è quindi rifiutata da chiunque come moglie. A
nostro avviso lo stupro diventa uno strumento di divisione ed allontanamento degli uomini
dalle donne e quindi, conseguentemente, il venir meno di matrimoni, di gravidanze e di
nascite all’interno del gruppo. Anche l’ipotesi sub (d) assume pertanto un rilievo
importante, meritevole di ulteriori approfondimenti nel corso della successiva analisi.
L’ultimo capitolo sarà infine dedicato all’analisi di alcune sentenze dell’I.C.T.Y. e
dell’I.C.T.R. particolarmente significative per i fini del presente lavoro: poiché molte
sentenze di entrambi i tribunali verranno trattate durante tutto l’iter della nostra analisi, le
ultime trattazioni avranno lo scopo di evidenziare soprattutto le testimonianze rese durante
i processi e quindi sottolineare e definire lo svolgimento dei fatti da cui sono state ricavate
le stesse sentenze.
8Lo scopo finale dell’intero lavoro sarà pertanto, come abbiano affermato, quello di
dimostrare la possibile finalità genocidaria degli stupri di massa, e soprattutto individuare
le fattispecie secondo le quali sia possibile effettuare una simile dimostrazione.