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Analizzati i risultati ottenuti da ciascuna simulazione terminata con successo, si è cercato di
evidenziare le differenze tra il ciclo produttivo proposto e quello attuale, mettendone in luce, di
volta in volta e per ciascun articolo, vantaggi e svantaggi.
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CAPITOLO 1: SHEET METAL HYDRO-FORMING
1.1 Introduzione
In un momento in cui il contrasto tra esigenze ambientali ed esigenze di carattere più
spiccatamente tecnologico-economico assume caratteristiche di maggior complessità, si
riscontra una tendenza ad ottimizzare i sistemi di produzione già esistenti e consolidati.
Tuttavia, per cercare di soddisfare le più importanti richieste della progettazione attuale, quali:
o efficienza economica delle soluzioni tecnologiche;
o attento utilizzo delle risorse energetiche e dei materiali grezzi;
o ottimizzazione delle proprietà del semilavorato;
vengono sviluppati, accanto alle soluzioni più convenzionali, processi ed approcci innovativi.
Notevole importanza risiede anche nella considerazione che l’aumento delle richieste
tecnologiche riguardanti le funzionalità del prodotto, per esempio dei componenti strutturali di
autovetture, delle attrezzature medico-sanitarie o degli articoli casalinghi, comportano
inevitabilmente difficoltà maggiori nella produzione di pezzi geometricamente più complessi [1].
Inoltre bisogna considerare che il comportamento dei consumatori è mutato: la tendenza attuale
si concretizza in un sempre maggior scostamento dall’uniformità e omogeneità caratteristica
degli articoli di produzione di massa, per avvicinarsi maggiormente alla realizzazione di prodotti
“custom-made”. In passato, infatti, la produzione a basso costo di articoli di produzione di
massa era l’obiettivo principale dell’industria, attualmente invece sono in corso di sviluppo nuovi
processi produttivi che rendono possibile la produzione a piccoli lotti di articoli a misura del
consumatore [2].
I processi convenzionali di formatura delle lamiere non sono in grado di rispondere
positivamente a tante e tali richieste e l’idroformatura, servendosi di fluidi a sostituzione o
supporto delle attrezzature rigide, si rivela molto più flessibile ed efficiente: permette la
realizzazione di componenti con forme decisamente più complesse, caratterizzati da elevata
finitura superficiale e proprietà strutturali ottimizzate [1].
Sebbene i primi sviluppi dell’idea di deformare plasticamente la lamiera mediante l’ausilio di un
fluido risalgano all’inizio del secolo scorso, tale principio non è mai stato accolto favorevolmente
dall’industria manifatturiera e solo recentemente, grazie alla disponibilità sul mercato di
componenti idraulici, realizzati con processi informatizzati e strettamente controllati, se ne è
avuta una certa diffusione nella produzione industriale.
Tutti i metodi basati sull’azione di un fluido, possono essere classificati secondo diversi criteri:
o in base al tipo di contatto tra fluido di lavoro e lamiera (diretto o indiretto);
o in base al ruolo svolto dal fluido (punzone o matrice);
o in base alla presenza o meno del premilamiera.
E’ chiaro quindi che combinando tutte le possibilità elencate, il numero di varianti potenziali del
processo risulta molto elevato ed effettivamente, sia consultando la letteratura tecnico-
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scientifica, sia studiando il mercato dei produttori di presse, ne emerge uno spettro molto ampio
di soluzioni diverse.
1.2 Imbutitura Idromeccanica
L’imbutitura idromeccanica a matrice fluida, con regolazione della forza agente sul
premilamiera, è un processo molto controllabile e la qualità dei prodotti ottenibili è piuttosto
elevata.
Se durante un’imbutitura tradizionale, alla lamiera in deformazione viene applicata una
retropressione, che la spinge contro il punzone, essa tende ad aderirvi maggiormente; tale
retropressione viene generata “passivamente” durante il movimento discendente dello stesso
punzone, che genera una compressione del fluido di lavoro. Di conseguenza (fig. 1.1), la spinta
che il fluido esercita sul punzone e quindi la forza F richiesta alla pressa, è semplicemente
espressa dal prodotto tra la pressione P del fluido e l’area A, determinata dalla proiezione della
superficie del punzone su un piano orizzontale:
F = P
c
· A
p
(1.1)
La pressione P che è necessario mantenere nella cella, è funzione in primo luogo del tipo di
materiale ed è tanto più elevata quanto maggiore è la resistenza meccanica dell’acciaio o
dell’alluminio in lavorazione.
(a)
PREMILAMIERA
FLUIDO
VALVOLA di
SCARICO
VASCA di
CONTROPRESSIONE
INTENSIFICATORE
LAMIERA
ANELLO di
TENUTA
F
S
A-A
PUNZONE
A
A
Spigolo
concavo
(b)
Figura 1.1: schema di imbutitura idromeccanica.
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Quando il punzone ha terminato la sua corsa e si trova al punto morto inferiore, è possibile che
la lamiera non sia ancora perfettamente ad esso aderita, specie in corrispondenza delle zone
concave del punzone con piccolo raggio di curvatura; la pressione massima per calibrare il
pezzo, cioè per far aderire la lamiera anche agli spigoli concavi, è tanto più grande quanto
maggiore è lo spessore t della lamiera e quanto minore è il raggio di curvatura R dello spigolo:
P
max
= f (R
min
, σ , t) (1.2)
Per tale motivo, in alcuni casi è necessario elevare la pressione idraulica all’interno della vasca
fino a valori massimi di circa 250 MPa (2500 bar), utilizzando un intensificatore di pressione [3].
Il draw-in del materiale è controllato attraverso l’azione del premilamiera, mentre la tenuta è
garantita da un o-ring, spesso in uretano.
Quando il premilamiera non è presente, non è possibile controllare efficacemente il draw-in
della lamiera all’interno della zona di deformazione ed in tal caso, l’azione generalmente
assegnata al premilamiera viene espletata dal fluido medesimo. Evidentemente ciò comporta
che la forza con cui la lamiera è vincolata nello scorrimento sul suo piano orizzontale sia
proporzionale alla pressione del fluido; ciò significa che, per valori elevati di P, il processo che si
ottiene è essenzialmente una stiratura idromeccanica (Hydromechanical Stretch Forming),
caratterizzata da sforzi di trazione lungo entrambe le direzioni principali del piano della lamiera,
piuttosto che da sforzi di trazione lungo una delle direzioni principali del suddetto piano e di
compressione lungo l’altra.
Se si confronta tale processo con un imbutitura tradizionale, ne risultano evidenti i diversi
vantaggi tecnologici: il principale consiste nella maggiore aderenza del materiale al punzone già
durante le prime fasi della deformazione e tale comportamento esercita una decisa azione
inibitoria nei confronti degli assottigliamenti localizzati, specie in corrispondenza degli spigoli
convessi del punzone.
La maggiore uniformità di spessore dei pezzi imbutiti con idroformatura garantisce il
raggiungimento di rapporti di imbutitura β fino al 50 % superiori a quelli tipici dell’imbutitura
convenzionale, che permettono la realizzazione di parti, per le quali sarebbero necessari più
passaggi successivi e diverse operazioni intermedie, con un’unica operazione di idroformatura.
Ricordiamo che il rapporto di imbutitura β è un parametro che indica la severità della
lavorazione ed è espresso come il rapporto tra il diametro iniziale della lamiera ed il diametro
del punzone [4].
Inoltre, non bisogna trascurare l’economicità del processo, derivante dalla maggior semplicità
costruttiva degli stampi, che si estrinseca nella presenza di una sola parte, matrice o punzone,
secondo i casi.
Per contro, il costo delle presse commerciali da idroformatura è piuttosto elevato a causa, non
solo di una certa scarsità dell’offerta, ma soprattutto delle elevate forze di chiusura necessarie a
garantire la tenuta idraulica del sistema.
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In un’imbutitura idromeccanica, la forza agente sul punzone è data da
F
p
= P
c
· A
p
+ F
F bl/bh
+ F
F bl/dr
+ F
id
(1.3)
in cui
P
c
: contropressione
A
p
: area della sezione trasversale del punzone
F
F bl/bh
: forza richiesta per vincere l’attrito tra lamiera e premilamiera
F
F bl/dr
: forza richiesta per vincere l’attrito tra lamiera ed anello di tenuta
F
id
: forza ideale richiesta per deformare la lamiera.
Confrontando i termini dell’equazione 1.3 con quelli caratteristici di un’imbutitura tradizionale, si
può notare che le forze d’attrito F
F bl/dr
e F
F bl/bh
sono approssimativamente uguali a quelle tipiche
dell’imbutitura tradizionale, che la forza necessaria a piegare la lamiera per invitarla nella zona
di deformazione non viene considerata perché in questo caso, sotto l’azione della
contropressione, si forma un rigonfiamento localizzato; allo stesso modo, viene trascurata la
forza di attrito che in una normale imbutitura si genererebbe nella zona di contatto tra la lamiera
ed il raggio di curvatura dell’anello di tenuta, perché qui non c’è contatto. Infine, il termine che
indica la forza idealmente necessaria a deformare la lamiera è uguale nei due casi. E’ evidente
quindi che la forza sul punzone deve essere tale da contrastare la reazione esercitata dal fluido
su di esso, e che il suo valore pesa così tanto nel bilancio dell’equazione 1.2, che generalmente
le presse vengono dimensionate tenendo conto solo del primo termine [3].
I principali svantaggi del processo sono legati, oltre al costo notevole dei sistemi (presse,
intensificatori di pressione ecc.) e alla relativa lentezza, soprattutto ad alcuni limiti tecnologici
insiti nel processo stesso. Di particolare criticità sono la formazione di grinze (wrinkling), che, se
non adeguatamente controllate, possono risultare permanenti e quindi sfavorevoli ad
un’accurata finitura superficiale e dimensionale e la formazione di un rigonfiamento localizzato
(bulging) del materiale nello spazio tra le pareti della vasca ed il punzone, in prossimità del
piano del premilamiera (fig. 1.2).
PUNZONE
PREMILAMIERA
VASCA di
CONTROPRESSIONE
LAMIERA
ANELLO di
TENUTA
P
Figura 1.2: rigonfiamento localizzato (bulging).
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Figura 1.3: camera di supporto superiore per evitare il bulge.
Il primo caso si verifica quando la forza che agisce sul premilamiera non è sufficientemente
elevata da evitarne il sollevamento dal proprio piano d’appoggio; quando ciò accade, lo
scorrimento del materiale all’interno della zona di deformazione non è più controllato e si va
incontro a wrinkling.
Al contrario, e ciò accade maggiormente nei pezzi di forma tendenzialmente conica, quando la
contropressione nella vasca è troppo elevata, si può avere una frattura (bursting) prematura del
materiale proprio in corrispondenza del bulge. È evidente, quindi, che la pressione alla quale si
ha bursting si pone a limite oltre il quale la contropressione nella vasca non può andare. Per
ridurre tale irregolarità ed evitare la frattura, è possibile prevedere la presenza di una camera di
supporto in pressione nella parte sovrastante il rigonfiamento (fig. 1.3). La camera di pressione
superiore si realizza interponendo degli elementi di tenuta tra le pareti del punzone e del
pemilamiera e tra la lamiera stessa ed il pemilamiera [4].
Una variante del processo sopra descritto, è costituita dalla combinazione di un’operazione di
stiratura idromeccanica con una di imbutitura idromeccanica, meglio nota con il nome di Active
Hydromec o Prebulging.
Come mostrato in figura 1.4, la deformazione iniziale è ottenuta con un’operazione di stiratura
idromeccanica, attraverso l’azione di un fluido in pressione che preme sulla parte inferiore della
lamiera e ne provoca un rigonfiamento con lo scopo di generare una sorta di incrudimento nella
zona centrale.
Questa volta la pressione nel fluido viene innalzata ricorrendo ad una fonte esterna, un
intensificatore di pressione che agisca “attivamente” sul fluido.
Quando la deformazione nella zona centrale del disco di lamiera raggiunge un valori pari a circa
il 2% della deformazione principale, ha inizio la fase dell’imbutitura, accompagnata dalla
discesa del punzone in direzione contraria a quella di rigonfiamento della lamiera.
Ora la pressione nel fluido è generata “passivamente” dalla penetrazione del punzone che
esercita un’azione di compressione sul fluido.
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Figura 1.4: fasi del processo di Active Hydro-Mec.
Proprio per la peculiarità di riuscire a conferire alla parte deformata una certa rigidità ed una
maggiore resistenza meccanica, il processo appena descritto risulta adatto a rispondere alle
esigenze dell’industria automotoristica, riducendo l’inserzione di eventuali elementi che
fungano da rinforzo per la struttura, aumentandone la resistenza a flessione e torsione e
migliorandone le prestazioni in caso di impatto. Dati i vantaggi, è lecito attendersi il suo impiego
su ampia scala anche in altri settori industriali, per esempio nell’aerospaziale, in campo medico-
sanitario o in architettura e design [3].
Come mostrato in figura 1.5, le presse sviluppate per l’Active Hydro-Mec sono concepite come
presse a doppio effetto provviste di intensificatore di pressione e caratterizzate da un sistema di
cambio stampo molto efficiente.
La forza massima esplicata da una pressa di questo tipo è di circa 50.000 kN, viene applicata
dal basso attraverso l’azione di otto cilindri alloggiati nella base inferiore della pressa.
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Figura1.5: pressa per Active Hidro-Mec.
Sei cilindri di bloccaggio, posizionati lungo il perimetro della pressa, esercitano una pressione di
bloccaggio massima di 16.000 kN durante la prima fase di pre-stretching.
L’equipaggiamento a corredo della pressa consiste principalmente di un intensificatore di
pressione in grado di pressurizzare al massimo fino a 600 bar, con una portata volumetrica
massima di 20l/s e di un serbatoio per il fluido.
Il sistema di rapida sostituzione dello stampo è costituito da elementi di bloccaggio ad azione
rapida, che agiscono sul pemilamiera, sui cilindri inferiori e sul semistampo inferiore, e di un
sistema di espulsione che allontana dalla pressa la base con tutto lo stampo.
Ovviamente le possibili varianti dell’imbutitura idromeccanica non si esauriscono qui, ma è
possibile dar luogo a combinazioni, oltre che con lo stretch forming, anche con imbutitura
tradizionale o con Idroformatura di lamiere contrapposte.
1.3 Flexforming
La tendenza attuale nel campo delle lavorazioni di deformazione plastica della lamiera sembra
volgere verso la realizzazione di una gran varietà di modelli, facendo uso però di un numero
limitato di matrici e piattaforme, ricorrendo a cicli di programmazione e sviluppo più brevi e ad
una produzione a piccoli lotti. Allo stesso tempo, la richiesta crescente di qualità ed affidabilità
nei prodotti conduce alla lievitazione dei costi necessari allo sviluppo e alla realizzazione di
prototipi. Tali tendenze si riflettono in una crescente attenzione, da parte delle aziende, verso
metodologie e tecniche di deformazione caratterizzate da investimenti minori e lead time ridotti.
Il primo metodo di formatura con semistampo flessibile ad apparire su scala industriale è stato il
cosiddetto processo Guerin, in cui il semistampo flessibile era costituito da un cuscino di
gomma piuttosto spesso, contro il quale veniva spinta la tavola porta pezzo della pressa con il
semistampo inferiore rigido e la lamiera su di esso adagiata. In questo modo, sfruttando la
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reazione esplicata dal blocchetto di gomma compresso, veniva generata la pressione
necessaria alla deformazione (fig. 1.6a).
L’inconveniente principale di questo metodo è stata proprio la non uniforme distribuzione della
pressione, che ha portato a limitazioni nella massima altezza di imbutitura raggiungibile e nella
possibilità di realizzare geometrie più complesse.
Il problema della disuniformità nella distribuzione della pressione è stato affrontato e risolto
sostituendo il cuscino di gomma con una membrana flessibile al di sopra della quale agisce un
fluido messo in pressione da un sistema esterno di intensificazione; in questo modo è possibile
realizzare pezzi di forma complessa, con profondità anche elevate e tolleranze geometriche
strette (fig. 1.6b).
Il processo del Flexforming può essere implementato sia su presse con base circolare che
rettangolare ed il semistampo può essere impiegato come matrice o come punzone, con la
presenza o meno del premilamiera.
Per la realizzazione di pezzi di forma complessa e con profondità maggiori, generalmente viene
impiegato un punzone mobile, che, agendo sulla membrana flessibile del semistampo
superiore, comprime il fluido sovrastante la membrana e ne aumenta la pressione come in una
sorta di imbutitura idromeccanica (fig. 1.6c).
Il più semplice tra i metodi proposti è sicuramente il secondo, in cui la lamiera viene posizionata
sulla metà inferiore dello stampo, unica parte rigida dell’attrezzatura di stampaggio, a sua volta
adagiato sulla tavola porta pezzo di una pressa.
Figura 1.6: (a) schematizzazione del processo Guerin, (b) flexforming attuale, (c) imbutitura idromeccanica con
membrana flessibile.
(a)
(b)
(c)
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La tavola viene movimentata fino ad arrivare in corrispondenza dell’area in cui è alloggiata la
parte superiore dello stampo: una membrana flessibile che delimita una camera contenente
olio. Nel momento in cui l’olio sovrastante la membrana viene pressurizzato, la membrana
agisce sulla lamiera, portandola ad aderire allo stampo inferiore (fig. 1.7).
Figura 1.7: schema del processo di flexforming con punzone fluido
La pressione di deformazione è elevata e piuttosto uniforme, e ciò garantisce non solo la
possibilità di realizzare tolleranze geometriche molto strette e di risolvere sottosquadri, ma
anche di effettuare contestualmente operazioni di taglio.
Dopo la formatura, la pressione del fluido viene riportata a valori normali in modo che la
membrana possa tornare nella sua posizione iniziale e che lo stampo possa essere aperto per
estrarre il pezzo deformato dal semistampo inferiore.
In questo caso, non è presente il pemilamiera e la tenuta è garantita dalla membrana stessa e
dalla compattezza costruttiva della camera fluida.
Oltre alla membrana, mossa dal fluido in pressione, nessun componente del sistema viene
movimentato durante l’operazione di stampaggio e la forza di chiusura sarà pari sempre al
prodotto P·A, dove A è ora pari all’area della parete superiore della cella fluida. La forza di
chiusura F può assumere valori molto elevati ma la resistenza richiesta è di tipo statico ed è
semplicemente ottenibile con strutture molto rigide e robuste.
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Le forze in gioco nel flexforming a punzone fluido sono quindi molto elevate ma le pressioni
massime raggiungibili comunque modeste; tali caratteristiche rendono il processo
particolarmente adatto all’impiego nello stampaggio di pezzi di grandi dimensioni ma con
rapporto di imbutitura piccolo.
La versione del processo a matrice fluida trova invece applicazione nella realizzazione di parti
di piccola dimensione.
Nel flexforming, non si fa generalmente ricorso all’uso di premilamiera, poiché la lamiera è
tenuta in posizione grazie alla pressione ricevuta dalla membrana elastica, essendo quest’
ultima a sua volta compressa dal fluido. Il flusso plastico del materiale è quindi determinato
esclusivamente dal valore della pressione e ne risulta pertanto un processo poco controllabile
che richiede la progettazione accurata della forma degli stampi/punzoni e la scelta oculata delle
dimensioni iniziali della lamiera.
Al contrario, per quei pezzi che richiedono un certo grado di assottigliamento, viene
preventivata la presenza del pemilamiera ed in tal caso una parte dalla lamiera entra in contatto
con esso e dà luogo ad una sorta di stiratura. Il grado di stiratura è funzione dell’ampiezza della
superficie della lamiera a contatto con il pemilamiera, della pressione durante la deformazione e
del coefficiente di attrito.
Anche in questo caso, il minimo raggio di curvatura concavo ottenibile è funzione dello
spessore t, della massima pressione raggiungibile P e del tipo di materiale. Oltre che dalla forza
di chiusura disponibile, il minimo valore ottenibile del raggio di curvatura R agli spigoli concavi
dello stampo/punzone è limitato anche dalla presenza della membrana elastica.
La membrana in gomma, per resistere alle elevate pressioni deve possedere uno spessore non
trascurabile, spesso maggiore di quello della lamiera. Pertanto, la membrana difficilmente può
penetrare all’interno di cavità e spigoli concavi di piccole dimensioni.
Nonostante l’idroformatura a membrana presenti qualche limite tecnologico in più rispetto alla
imbutitura idromeccanica, essa è una tecnologia più matura e consolidata e ne è dimostrazione
concreta la ampia disponibilità sul mercato delle presse ed il loro grado di versatilità, che le
rende capaci di rispondere alle diverse esigenze delle varianti del processo.
Il principale vantaggio del flexforming, anche rispetto alle altre varianti di idroformatura di
lamiera, è l’estrema semplicità ed il costo contenuto delle attrezzature necessarie alla messa in
produzione di un nuovo componente.
Oltre all’aspetto più marcatamente economico, anche la possibilità di integrare un’operazione di
tranciatura contestualmente all’operazione di formatura con membrana elastica gioca a favore
di tale processo; infatti, quando il materiale comincia a lacerarsi durante la tranciatura, la
membrana continua ed esercitare un’azione di tenuta nei confronti del fluido in pressione e fa in
modo che all’interno del fluido possa essere mantenuta una pressione tanto elevata da
completare la tranciatura senza che vi siano cadute di pressione con conseguente mancato
completamento dell’operazione.
Concludendo, si può affermare che la possibilità di effettuare formatura e tranciatura con
un'unica attrezzatura e spesso in un’unica operazione, rende il Flexforming la scelta preferita