2
comunemente adottate, potrebbero velocizzare e migliorare le procedure di
valutazione della qualità ambientale.
Gli IPA, noti per la loro tossicità a segu ito di un elevato numero di
indicazioni bibliografiche, non sono mai stati studiati nella zona in oggetto. Alla
luce di queste considerazioni, una caratterizzazione approfondita, che consideri
oltre alla determinazione qualitativa e quantitativa anche l’individuazione degli
input, é apparso un obiettivo importante. Inoltre, considerando anche alcune
possibili modificazioni di cui potrebbe essere teatro la Pialassa stessa
(costruzione di nuovi canali e pulizia di quelli già presenti attraverso una
dragatura), potrà risultare molto utile conoscere la situazione attuale per evitare
problemi futuri legati alla risospensione di queste sostanze.
3
2.1 INTRODUZIONE:
Gli idrocarburi policiclici aromatici, IPA, rappresentano una famiglia di
microinquinanti organici, divenuti ormai ubiquitari nell’ambiente, soprattutto a
causa di attività umane.
Chimicamente sono caratterizzati dalla presenza di anelli aromatici fusi (due
anelli si dicono fusi quando condividono una coppia di atomi di carbonio). Il
composto più semplice della classe è quindi il naftalene (due anelli condensati),
mentre all’estremo opposto troviamo virtualmente la grafite (“fogli”
bidimensionali di anelli benzenici). La struttura molecolare in figura 2.1 [1].
Gli IPA sono fra i composti più tossici della classe degli idrocarburi e, a
causa della loro lipoficità, possono facilmente attraversare le membrane
biologiche ed accumularsi negli organismi, dove possono causare danni al
materiale genetico. L’interesse scentifico per questa classe di composti è,
quindi, legato alla loro genotossicità provata o ipotizzata (i primi sospetti di
cancerogenicità di benzo(a)pirene e dibenzo(a,h)antracene, risalgono agli inizi
degli anni trenta). Per questo stesso motivo la United States Environment
Protection Agency (EPA) e la World Health Organization (WHO) hanno
identificato, all’interno di questa classe, 16 composti definiti “inquinanti
prioritari” (fig 2.1) [1,2].
A causa della loro elevata idrofobicità, gli IPA che raggiungono l’acqua si
adsorbono velocemente al particolato, grazie al quale finiscono velocemente nel
sedimento, che diventa così una riserva di inquinanti. Nella maggior parte dei
siti inquinati, non si ritrova un singolo idrocarburo della classe ma,
generalmente miscele di più componenti, diverse a seconda della fonte che li ha
originati. In questo modo cambiamenti di composizione relativa dei diversi
composti, riflettono cambiamenti nella fonte che ha prodotto l’emissione. Il
sedimento si presenta quindi come il comparto da cui trarre le maggiori
1 CIA
2 IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI
4
informazioni riguardo l’andamento temporale dell’inquinamento o dei processi
naturali che hanno originato gli IPA [3,4].
1) NAFTALENE
5) FENANTRENE
9) CRISENE
13) BENZO(a)PIRENE
2)
ACENAFTILENE
6)
ANTRACENE
10)
BENZO(a)ANTRACENE
14)
DIBENZO(a,h)
ANTRACENE
3)
ACENAFTENE
7)
FLUORANTENE
11)
BENZO(b)FLUORANTENE
15)
BENZO(ghi)PERILENE
4)
FLUORENE
8)
PIRENE
12)
BENZO(k)FLUORANTENE
16)
INDENO[1,2,3-cd]PIRENE
Figura 2.1: Struttura molecolare dei 16 IPA definiti dall’US EPA “inquinanti prioritari”.
5
2.2 IPA NELL’AMBIENTE [1]:
Gli IPA sono una classe di contaminanti organici divenuti ormai ubiquitari.
La presenza in atmosfera deriva principalmente dall’uso di combustibili fossili
per la produzione di calore ed energia, nonché per la distruzione termica di
rifiuti. Il benzo(a)pirene viene spesso utilizzato come standard per la misura di
sorgenti inquinanti. Le fonti precedentemente ricordate, contribuiscono a
produrre più del 50 % del benzo(a)pirene totale emesso sulla Terra. Anche lo
scarico da parte dei veicoli è considerato fonte importante, soprattutto nelle aree
urbane di paesi industrializzati. Una stima del contributo apportato dagli
autoveicoli negli Stati Uniti, indica che questi emettono più del 35% degli IPA
atmosferici totali.
Le fonti naturali contribuiscono per i rimanenti IPA, ma la loro entità è tale
da permettere di considerare le fonti antropiche come prioritarie.
I livelli riscontrabili nell’atmosfera urbana sono molto variabili e dipendono,
oltre che dal tipo di città e di fonti emittenti, anche dalla temperatura e dalle
condizioni metereologiche locali. I livelli tendono ad essere più alti durante la
stagione invernale, seguendo l’incremento del consumo di combustibili fossili.
Gli IPA rimangono nella fase gassosa se le temperature sono superiori ai 150
°C; gli scarichi emessi, raffreddandosi sotto questa temperatura, permettono
agli IPA di condensare rapidamente e di adsorbirsi alle ceneri volanti. Una
grossa percentuale di idrocarburi si trova, così, associata al particolato con
diametro inferiore ai 5 µm, diventando assimilabili per l’uomo: attraverso le vie
respiratorie giungono nella zona alveolare, dove possono esplicare la loro
azione tossica, aumentando il rischio potenziale per la salute umana.
All’interno dell’atmosfera gli IPA subiscono reazioni chimiche e
fotochimiche degradative. Queste reazioni includono ossidazioni da parte di
ossid di azoto, di zolfo, ossigeno, ozono, radicali ossidrilici e idroperossido.
Sebbene si producano principalmente prodotti biologicamente inerti, esistono
evidenze che mostrano la formazione di idrocarburi policiclici nitro sostituiti,
riconosciuti mutageni e tumorigeni nel topo.
6
Livelli significativi di IPA sono stati trovati nei suoli di tutte le regioni
terrestri. Nelle zone più remote, derivano principalmente da incendi di biomasse
vegetali, o da ricadute di inquinanti presenti in atmosfera. In quelle
maggiormente industrializzate la ricaduta è significativamente superiore. I
livelli riscontrabili possono essere di alcuni ordini di grandezza superiori
rispetto al caso precedente. Zone particolarmente interessate dal problema sono
le miniere di carbone e quelle in prossimità delle fonti precedentemente
ricordate dove la ricaduta è più consistente.
Nell’ambiente acquoso, l’origine principale è data dalla ricaduta di materiale
particolato, trasportato dalle correnti gassose dalla zona di produzione ai fiumi,
laghi e quindi al mare o agli oceani. Il livello medio di IPA riscontrato in acque
per il consumo umano negli USA, è dell’ordine di 0,1-23 ng/l [5]. Trattamenti
di clorazione o di ozonizzazione producono una riduzione di questi livelli.
La quantità di IPA presenti nei sedimenti marini riflette l’industrializzazione
del territorio limitrofo. Questi sedimenti presentano un profilo verticale in cui le
maggiori concentrazioni sono riscontrabili nella zona superficiale o sub-
superficiale. La concentrazione totale diminuisce con la profondità fino ad
arrivare ai livelli minimi, dovuti a fenomeni naturali sempre presenti,
riscontrabili nei sedimenti depositati in periodo pre-industriale. Al contrario, il
profilo di sedimenti incontaminati da fonti antropogeniche, presenta profili
verticali con quantità relativamente costanti di fenantreni alchil-sostituiti, tipici
della fossilizzazione di piante terrestri.
Livelli non trascurabili sono stati trovati in molti cibi comuni, la
contaminazione interessa principalmente piante di cui si consumano le foglie
come ad esempio la lattuga, gli spinaci, il te, il tabacco. Gli idrocarburi ritrovati
derivano quasi sicuramente da una contaminazione atmosferica, grazie alla
ricaduta di particolato sulle foglie che vengono successivamente utilizzate come
cibi.
IPA sono stati trovati in associazione con minerali grezzi di mercurio. Alcuni
esempi sono rappresentati dall’Idrialite, un minerale bituminoso di mercurio
proveniente dall’Idria, Slovenia, e dalla Curtisite, minerale verde-giallo,
fluorescente, ritrovato nella zona di Sonoma County, California. Questi
minerali contengono molti componenti in differenti percentuali. Tra gli IPA più
rappresentati ricordiamo il picene, il dibenzo(a,h)fluorene, 11H-
7
indeno(21,a)fenantrene, indenofluoreni, crisene uniti ai loro omologhi mono e
di-metil sostituiti.
Alcuni IPA sono stati ritrovati anche in meteoriti e evidenze spettroscopiche
indicano una loro possibile presenza anche nello spazio intrastellare: sono state
individuate radiazioni infrarosse tipiche della lunghezza d’onda vibrazionale
degli IPA molto pesanti (15-20 anelli fusi).
2.3 PROPRIETA’ CHIMICO FISICHE [6]
Le proprità chimico-fisiche di una classe di composti danno indicazioni
inerenti la distribuzione e la reattività di una specie chimica nell’ambiente. Ad
esempio, la reattività di un composto (biologica, fotochimica, ecc.)
nell’ambiente acquoso cambia se esso è presente nella fase disciolta o adsorbito
sul materiale particellato. Per composti non polari, la distribuzione tra fase
acquosa e solida è governata dalla solubilità del composto in acqua, C°w.
2.3.1 Solubilità in acqua:
Gli IPA sono un gruppo di sostanze idrofobiche, come è dimostrato dalla
loro bassa solubilità in acqua (C°w < 10-3 mmol/l, vedi tabella 2.1). La solubilità
diminuisce passando dai composti a basso peso molecolare a quelli più pesanti,
in quanto per le sostanze idrofobiche la solubilità in acqua dipende dall’area
molecolare. Infatti, il fenantrene è più solubile dell’antracene, pur avendo lo
stesso peso molecolare [7]. La solubilità diminuisce ulteriormente se all’interno
dell’acqua sono presenti soluti ionici; l’effetto viene chiamato “salting out”, e si
misura attraverso la costante Ks, avente la seguente formula:
Ks = {log[C°w/C°w,sal]} / [sali]T,
in cui C°w rappresenta la concentrazione nell’acqua pura, C°w,sal rappresenta la
concentrazione nell’acqua contenente i soluti ionici e [sali]T rappresenta la
concentrazione totale degli ioni.
8
Questo effetto è molto importante per sistemi in cui cambia la salinità, come
ad esempio negli estuari. Tanto maggiore è il valore della costante, tanto più
una sostanza organica risulterà “idrofoba” al contatto con l’acqua marina. Per
alcuni IPA (più il benzene) il valore della costante è presente in tabella 2.2; si
nota come il valore sia sempre maggiore di zero e mediamente attorno a 0,2 -
0,3, valori che producono un abbassamento relativo di solubilità dell’ordine del
10-50%.
Composto C°w (mmol/l) Log Kow Log Kom
Fenantrene 7,2 × 10 -3 4,57 2,73
Antracene 3,7 × 10 -4 4,57 2,73
Fluorantene 1,3 × 10 –3 5,17 3,42
Pirene 7,2 × 10 –4 5,17 3,42
Benz(a)antracene 4,8 × 10 –5 5,84 4,19
Crisene 1,3 × 10 –5 5,84 4,19
Benzo(b)fluorantene 6 × 10 –6 6,44 4,88
Benzo(k)fluorantene 3 × 10 –6 6,44 4,88
Benzo(a)pirene 1,5 × 10 –5 6,44 4,88
Indeno(1,2,3-cd)pirene 6,9 × 10 –7 7,04 5,57
Benzo(ghi)perilene 2 × 10 –5 7,04 5,57
Dibenzo(a,h)antracene 1,8 × 10 –5 7,11 5,65
Tabella 2.1: Proprietà chimico-fisiche di alcuni IPA: C°w solubilità in acqua; Kow
coefficiente di ripartizione acqua ottanolo; Kom coefficiente di ripartizione acqua sostanza
organica, calcolato attraverso l’equazione Kom = 1,15 log Kow – 2,53. Da Baumard ed altri
1998 [7], modificata.
Nome IPA Ks (l/mol)
Benzene
0,19
Naftalene
0,25
Fenantrene
0,25
Antracene
0,26
Pirene
0,31
Crisene
0,34
9
Tabella 2.2: Valori di Ks per alcuni composti appartenenti alla classe degli IPA, da
Environmental Organic Chemistry , 1993 [6].
2.3.2 Distribuzione acqua/materiale solido, Kp:
Nell’ambiente acquoso gli IPA sono fortemente adsorbiti alle particelle
solide (sedimento e particolato). L’entità del fenomeno è descritta dal
coefficiente di distribuzione Kp:
Kp = Cs / Cw ,
dove Cs, rappresenta la concentrazione nella fase solida, mentre Cw nella fase
acquosa.
Il coefficiente dipende da numerosi fattori tra cui temperatura,
concentrazione e tipo di soluti ionici presenti, caratteristiche del materiale
solido e contenuto di sostanza organica.
Kom, coefficiente di distribuzione tra la sostanza organica e l’acqua,
rappresenta un Kp normalizzato rispetto al quantitativo di sostanza organica
presente. Questo coefficiente viene introdotto in quanto si è visto che la
tendenza a ripartirsi tra acqua e solidi, dipende soprattutto dalla quantità totale
di carbonio organico (TOC). Kom, è quindi, il coefficiente di distribuzione fra la
fase acquosa e la fase organica associata al materiale solido. Il Kp può essere
calcolato attraverso la determinazione di Kom e del TOC:
Kp = Kom * TOC.
Poichè Kom, è difficile da ricavare sperimentalmente, viene stimato
indirettamente dal valore del coefficente di ripartizione fra acqua e n-ottanolo,
Kow:
Kow = C°o/C°w,
dove C°o rappresenta la solubilità del composto in n-ottanolo e C°w quella in
acqua. Infatti, si è visto che il n-ottanolo è il solvente organico che più si
avvicina al comportamento della sostanza organica presente nell’ambiente, e
10
attraverso una semplice relazione empirica, conoscendo il valore della costante
Kow, si può risalire al valore della costante Kom
Kom = A log Kow + B,
dove A, B sono costanti e Kom, Kow coefficenti di ripartizione.
La ripartizione acqua/sostanze solide, vero obiettivo dello studio chimico-
fisico, dipenderà dalla solubilità in acqua (C°w) e in ottanolo (C°o), e dal
quantitativo di sostanza organica presente nell’ambiente studiato (TOC). Infatti,
sostituendo le equazioni precedentemente descritte ritroviamo che:
Kp = (A log C°o/C°w + B) * TOC;
dove il percorso seguito prevede i seguenti passaggi:
C°w → Kow → Kom → Kp.
I valori di Kow e Kom sono presentati nella tabella 2.1. La tendenza dei singoli
IPA ad essere catturati dal materiale particellato aumenta all’aumentare del
peso molecolare.
2.4 BIODISPONIBILITÀ:
La nocività di una sostanza pericolosa all’interno di un comparto ambientale,
non dipende tanto dalla quantità totale presente, quanto dalla quantità di
inquinante che può essere effettivamente disponibile per l’assorbimento.
Riprendendo quanto detto a proposito delle caratteristiche chimico-fisiche,
possiamo dire che la tossicità degli IPA è legata alla capacità di ogni composto
di ripartirsi nelle diverse fasi: acquosa e solida. Fino a quando gli IPA
rimangono adsorbiti nella fase solida, sono meno disponibili e quindi meno
pericolosi. Come dimostrato da Wei-Chun Ma ed altri (1998), anche organismi
che vivono a stretto contatto con il suolo, nutrendosi con esso (nel caso
11
specifico si analizza il comportamento di adulti di Lumbricus rubellus,
lombrico di terra che soggiorna normalmente nei primi 20 cm), assorbono gli
IPA principalmente attraverso l’acqua interstiziale [8].
Il fattore che maggiormente influisce sulla biodisponibilità è la quantità di
sostanza organica presente dato che, come indicato dalla formula
Kp = Kom * TOC,
una massiccia presenza di sostanza organica permette una ripartizione maggiore
(Kp elevato) verso il materiale solido.
Si è visto nel precedente paragrafo che gli IPA a basso peso molecolare,
sono maggiormente solubili in acqua ed hanno un coefficiente di distribuzione
Kp inferiore rispetto ai composti più pesanti. Per questo motivo, a parità di
concentrazione e di sostanza organica presente, i membri più piccoli sono più
concentrati nella fase acquosa e potenzialmente più assimilabili.
Ad esempio, studiando l’assunzione di IPA da parte di Pontoreia hoyi, un
anfipode che si nutre tramite filtrazione, si osserva che la concentrazione e la
distribuzione relativa di IPA all’interno dell’organismo, può essere molto
differente rispetto quella trovata nel sedimento. Il rapporto fenantrene/antracene
all’interno dei tessuti analizzati è sempre molto superiore rispetto quello trovato
nei sedimenti. Ciò è stato spiegato considerando che il fenantrene è più solubile
dell’antracene (tabella 2.1, caratteristiche chimico-fisiche), per cui molto più
concentrato nelle acque che filtra Pontoreia hoyi [7].
Bisogna anche tener presente che una maggiore disponibilità può favorire la
maggiore detossificazione del sedimento, in quanto le molecole sono più
facilmente attaccabili dai microorganismi implicati nella biodegradazione. Per
questo motivo, col passare del tempo la concentrazione dei composti a basso
peso molecolare (meno adsorbiti alle particelle solide) diminuisce, mentre la
concentrazione degli idrocarburi policiclici più pesanti rimane circa costante.
La minor disponibilità dei membri più pesanti della classe, comporta una
riduzione della loro tossicità nel breve periodo che, però, si protrarrà per un
periodo di tempo superiore [9].
12
2.5 BIOACCUMULO E BIOAMPLIFICAZIONE:
Per bioaccumulo si intende l’arricchimento di una sostanza negli organismi
viventi; mentre per bioamplificazione si intende invece l’accumulo che può
avvenire all’interno della catena trofica a causa dell’arricchimento di una certa
sostanza dovuto all’ingestione di organismi che avevano precedentemente
accumulato la medesima sostanza.
I pochi dati di letteratura evidenziano che, pur con ampie differenze
interspecifiche, in tutti i casi in cui è stata dimostrata l’assimilazione degli
inquinanti ingeriti, si è notato anche il rapido metabolismo ed escrezione degli
IPA stessi. Quindi né il bioaccumulo né la bioamplificazione degli IPA
sembrano essere rilevanti in quanto il materiale dovrebbe essere rapidamente
assorbito ma dovrebbe essere anche relativamente resistente all’escrezione ed al
metabolismo [10].
2.6 TOSSICITA’
Gli IPA sono composti lipofili e si accumulano nei tessuti degli organismi
esposti; la loro eliminazione dipende dalla capacità dell’organismo stesso di
trasformarli in metaboliti idrosolubili, eliminabili attraverso l’escrezione.
L’effetto tossico si manifesta principalmente attraverso due tipi di interazione
con le strutture cellulari:
• formazione di legami reversibili con siti lipofici che possono impedire i
normali processi della cellula (tossicità acuta);
• formazione di metaboliti idrofilici, reattivi ed elettrofili, che si legano alle
strutture cellulari, provocando danni a lungo termine (tossicità cronica).
2.6.1 Tossicità acuta:
Per tossicità acuta si intende l’insorgenza dell’effetto, dopo l’esposizione
dell’organismo, in un breve lasso di tempo. Gli studi più approfonditi sono stati
eseguiti sul naftalene, tossico per molti Invertebrati marini a concentrazioni di
1-5 mg/l. La tossicità aumenta con il numero di alchilazioni presenti [11].
13
Il valore acuto più importante è rappresentato dalla tossicità fotoindotta,
instaurata dall’assorbimento delle radiazioni UV della luce solare, da parte delle
molecole di IPA. Le molecole eccitate, reagendo con l’ossigeno, possono
produrre ossigeno singoletto (1O2) o altre specie ossidanti, pericolose per i
tessuti biologici. Il meccanismo viene definito di Energy-transfer.
RADICALI
SUBSTRATI
IPA
IPA
IPA
hn
O2
1
O2
3
*
Figura 2.2: Meccanismo attraverso il quale si può esplicare la tossicità acuta fotoindotta
delle molecole di IPA.
Le molecole di IPA fotoattivate potrebbero interagire con i substrati organici
generando radicali liberi altamente reattivi. Questi stress producono la
conseguente tossicità sull’organismo. La figura 2.2, indica il comportamento
delle molecole in grado di fotoattivarsi e di scaricare la propria energia sui
tessuti biologici.
Complessivamente si può individuare una tossicità acuta non eccessivamente
alta, che viene amplificata dalla presenza di luce che potenzia gli effetti tossici
di queste sostanze.
2.6.2 Tossicità cronica:
14
Per tossicità cronica si intende l’insorgenza di effetti negativi su organismi
esposti a dosi basse per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Per effetti
negativi si intende la capacità di indurre un fenomeno tumorale
(cancerogenicità), di indurre una mutazione (mutagenicità) o di provocare
effetti sul feto (teratogenicità).
Molti IPA sono in grado di produrre gli effetti sopra indicati. Tra i più noti
troviamo il benzo(a)pirene, il quale viene spesso utilizzato come riferimento per
l’indicazione della potenza oncogena relativa delle altre molecole appartenenti a
questa classe (vedi tabella 2.3). L’eccesso di tumori (rischio incrementale) è
valutato nell’ordine di 1 su 100 000 per una popolazione esposta continuamente
tutta la vita (stimata 70 anni) ad 1 ng/m3 di Benzo(a)pirene. Non tutti gli IPA
sono però cancerogeni per i mammiferi, quelli a 4, 5, 6 anelli sono considerati i
più pericolosi. A causa della probabile pericolosità dell’esposizione agli IPA,
numerosi studi sono stati condotti per determinarne l’effettiva pericolosità.
L’IARC (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha pubblicato un
elenco contenente le sostanze, sulle quali sono stati studiati gli effetti
cancerogeni ad esse collegabili. Le sostanze sono classificate in 5 gruppi:
• 1. → Cancerogeno accertato per l’uomo;
• 2A. → Probabile cancerogeno;
• 2B. → Possibile cancerogeno;
• 3. → Non classificabile (le prove non sono sufficienti né per ritenere la
sostanza cancerogena né per escluderla);
• 4. → Probabilmente non cancerogeno.
Pur non essendo presenti prove in grado di dimostrare la cancerogenicità, per
l’uomo, di nessuno degli IPA, molti di essi sono considerati possibili iniziatori
del fenomeno tumorale [2].
In tabella 2.3, sono riportate le cancerogenicità di alcuni IPA, sia in base alla
definizione della IARC che come cancerogenicità relativa di una sostanza
rispetto al Benzo(a)pirene.
L’interazione di una sostanza chimica con il DNA, rappresenta l’evento
iniziale della cancerogenesi chimica. In questa interazione sono agevolati dalla
loro planarità, che permette di inserirsi comodamente all’interno della doppia
elica. Contemporaneamente, l’inserimento rende possibile reazioni chimiche tra
gli IPA e le basi del DNA con le quali si trova a stretto contatto, formando i
cosiddetti addotti del DNA. Tale inserimento, quindi, viene ad interferire con il
15
normale svolgimento della duplicazione, creando la possibilità di far insorgere
mutazioni, punto di partenza per trasformazioni cellulari e tumori [13]. Un
esempio è presentato in figura 2.3.
Nome Cancerogenicità
(secondo IARC)
Cancerogenicità relativa
rispetto al benzo(a)pirene
Naftalene 3 0
Acenaftene 3 0
Acenaftilene 3 0
Fluorene 3 0
Fenantrene 3 0
Antracene 3 0
Fluorantene 3 0
Pirene 3 0
Benzo(a)antracene 2A 0.006
Crisene 3 0
Benzo(b)fluorantene 2B 0.11
Benzo(k)fluorantene 2B 0.03
Benzo(a)pirene 2A 1
Dibenzo(a,h)antracene 2A 0.6
Benzo(g,h,i)perilene 3 0
Indeno(1,2,3-c,d)pirene 2B 0.08
Tabella 2.3: Cancerogenicità di alcuni IPA, 1 = cancerogeno per l’uomo; 2A = probabile
cancerogeno; 2B = possibi le cancerogeno; 3 = non classificabile; 4 = probabilmente non
cancerogeno. Secondo IARC 1999 [12]. I valori della terza colonna si riferiscono alla
potenza cancerogena relativa dei composti indicati, rispetto al valore 1 assegnato al
benzo(a)pirene (rischio incrementale 1/100 000, se tutta la vita si è esposti ad una
atmosfera la cui concentrazione è di 1 ng/m3.