2
1 Motivazioni generali:
“La disponibilità di energia condiziona il progresso economico e sociale di una
nazione, ma il modo in cui l’energia viene resa disponibile può condizionare
negativamente l’ecosistema e quindi la qualità della vita.
Se le nazioni industrializzate continueranno a prelevare e consumare le fonti
fossili al ritmo attuale – e le nazioni emergenti tenderanno ad imitarle – il
pericolo maggiore, nel breve e nel medio termine, non sarà tanto quello
dell’esaurimento di tali fonti […], quanto quello di provocare danni irreversibili
all’ambiente” (ENEA, Fonti rinnovabili di energia…, 2000).
Grazie a questa consapevolezza, nazioni e organismi sovranazionali hanno
cercato vie alternative per un progresso continuo ma più rispettoso
dell’ambiente.
L’approvvigionamento energetico è una delle maggiori cause di inquinamento
atmosferico e quindi anche dell’effetto serra; il ricorso ad un maggiore utilizzo
di fonti rinnovabili di energia, garantisce un impatto ambientale minore rispetto
alle fonti convenzionali.
Una delle caratteristiche delle fonti rinnovabili è la loro “natura diffusa” che
consente di coniugare produzione di energia e presidio e gestione del territorio;
ciò può portare ad un incremento della domanda di lavoro diffusa su ampi
territori evitando lo spopolamento delle zone periferiche e quindi il loro
degrado, cioè all’attuazione del principio “pensare globalmente, agire
localmente”.
2 L’energia nel mondo:
(ENEA, L’energia eolica, 2000).
Circa l’80% dell’energia totale prodotta nel mondo, nel 2000, è derivata
dall’utilizzo di combustibili fossili quali petrolio, carbone e metano (tab.1). E’
stato ormai accertato che gli impianti che bruciano tali sostanze sono tra i
maggiori inquinanti ambientali.
Petrolio 38%
Carbone 24%
Gas 20%
Nucleare 6%
Idraulica 2%
Biomassa (legno, ecc.) 8%
Nuove rinnovabili (eolico, solare, ecc.) 2%
Tab.1: Le fonti energetiche nel mondo (ENEA, L’energia eolica, 2000).
Per quanto riguarda l’energia elettrica, nel 1996 le fonti rinnovabili hanno
contribuito per circa il 17% al soddisfacimento del fabbisogno elettrico
mondiale (tab.2); nell’Unione europea il dato scende a circa il 6%, mentre in
Italia, se si includono i grandi impianti idroelettrici è di circa il 20%.
3
Carbone 40%
Petrolio 10%
Gas naturale 15%
Nucleare 18%
Fonti rinnovabili 17%
Tab.2: Il contributo delle diverse fonti alla produzione di energia elettrica nel
mondo (ENEA, L’energia eolica, 2000).
Il fabbisogno energetico nazionale, nel 1999, ammontava a circa 173
Mtep/anno, di cui oltre l’80% soddisfatto con fonti fossili importate. Il
contributo delle fonti rinnovabili (tab.3), se si escludono i grandi impianti
idroelettrici, è del 7,4%, pari a circa 12,8 Mtep, di cui: 9,5 Mtep sono prodotti
dai piccoli impianti idroelettrici, 1 Mtep da impianti geotermici e circa 2,15
Mtep dall’uso domestico delle biomasse per la produzione di calore. Il ricorso
alle altre fonti rinnovabili è ancora trascurabile. (1 tep = 10
7
kcal = 41,8 x 10
6
kJ
= 1,16 x 10
4
kWh).
Grande Idroelettrico 21,6 Mtep
Piccolo Idroelettrico 9,5 Mtep
Geotermia 1 Mtep
Biomasse 2,15 Mtep
Totale 34,25 Mtep
Tab.3: Il contributo delle fonti rinnovabili in Italia (ENEA, L’energia eolica,
2000).
3 Dipendenza energetica in Europa:
La tabella 4 riassume la dipendenza energetica dei paesi dell’Unione Europea
nell’anno 1999, i segni negativi indicano una produzione maggiore dei consumi
e quindi un’esportazione.
Paese Dipendenza energetica %
Austria 75,1
Belgio 78,4
Danimarca -11,8
Finlandia 65,0
Francia 52,7
Germania 60,2
Grecia 69,7
Irlanda 83,7
Italia 83,8
Lussemburgo 99,7
Olanda 32,6
Portogallo 96,7
Regno Unito -22,6
Spagna 78,2
Svezia 43,4
Totale UE15 49,3
Tab.4: Dipendenza energetica in UE15 (Chironi M.T., L’energia e i suoi
numeri, 2001).
Quindi solo Danimarca e Regno Unito sono in attivo con la bilancia energetica,
mentre paesi come il Portogallo e il Lussemburgo sono quasi totalmente
dipendenti da fonti estere (fig. 1). L’Italia è il terzo paese per dipendenza
dall’estero di energia con l’83,8%.
Fig.1: La dipendenza energetica in UE15 (Chironi M.T., L’energia e i suoi
numeri, 2001).
4 La bolletta energetica italiana
Nella tabella 5 sono riportati i dati della bolletta energetica del nostro paese in
milioni di euro, cioè le spese per approvvigionamento di energia.
1971 1980 1990 1998 1999 2000
Import 860 12.234 14.182 15.444 18.120 34.222
Export 271 2.051 2.380 2.954 3.123 6.006
Saldo -589 -10.183 -11.802 -12.490 -14.997 -28.216
Tab.5: Bolletta energetica italiana in milioni di ¤ (modificato da Chironi M.T.,
L’energia e i suoi numeri, 2001).
4
La bolletta energetica è cresciuta, dal 1999 al 2000, dell’88% (grafico 1).
L’aggravio è dovuto prevalentemente alle importazioni di petrolio, il cui prezzo
è salito soprattutto per il rapporto di cambio con il dollaro.
Graf.1: La bolletta energetica italiana (modificato da Chironi M.T., L’energia e
i suoi numeri, 2001).
Per diminuire l’importo della bolletta energetica italiana, si deve incrementare il
ricorso alle fonti nazionali (idroelettrico, eolico, solare, biomasse, rifiuti,
geotermia e convenzionali); agendo in questa direzione si acquisisce, peraltro,
una diversificazione del mix di approvvigionamento, che è un altro degli
elementi necessari a diminuire la vulnerabilità del sistema energetico nazionale
– e quindi del sistema economico e sociale – a fronte di situazioni di crisi o, in
prospettiva, della diminuzione della disponibilità di combustibili convenzionali
(si vedano gli aumenti di spesa dal ’99 al 2000 per l’aumento del valore del
dollaro).
5 Il ruolo della montagna:
I territori montani italiani possono assumere una grande rilevanza nell’aumento
dell’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia. Le vaste superfici boscate
possono fornire grandi quantità di biomasse per produrre sia calore sia energia
elettrica; le acque dei torrenti e dei fiumi possono essere incanalate per produrre
energia elettrica senza emissioni; i crinali, soprattutto appenninici, al di sopra
dei 500 m s.l.m. sono i luoghi ideali per lo sfruttamento dei venti; in montagna il
rapporto estate / inverno dell’insolazione, è più favorevole che in pianura e,
5
6
soprattutto, in città, dove la nebbia e la cappa di smog impediscono un adeguato
sfruttamento della risorsa nei mesi invernali, cioè quando c’è più consumo. Oltre
alle buone capacità produttive, si deve anche valutare la creazione di posti di
lavoro in aree economicamente depresse, soggette allo spopolamento e
all’abbandono, nonché una presenza più diffusa sul territorio che viene ad essere
perciò soggetto ad un maggiore controllo.
Capitolo 1
Analisi territoriale.
8
1.1 Inquadramento Geografico:
(Paniceri E., Piano Regolatore Geologico, 1996).
Il territorio del comune di Albareto si estende su una superficie di 10935 ha, pari
a circa 100 Km
2
, nell’alta Val Taro, nella parte sud-ovest della provincia di
Parma. Confina a nord con i comuni di Compiano e Borgo Val di Taro, a sud
con la Provincia di Massa Carrara, ad ovest con la provincia di La Spezia e col
comune di Tornolo. Topograficamente è compreso nel foglio n°84 “Pontremoli”
della Carta d’Italia in scala 1:100.000 dell’IGM (tavolette: Compiano, Borgo
Val di Taro, Zeri, Novi Ligure).
1.2 Popolazione:
Negli ultimi anni la popolazione comunale si è mantenuta pressoché costante
grazie al flusso migratorio. Nel 2001 si sono registrati 32 decessi contro le 15
nascite, ma grazie all’arrivo di 65 nuovi residenti (7 dall’estero e 58 dall’Italia)
la popolazione è passata da 2.142 abitanti (al 31/12/2000) a 2.160 (al
31/12/2001) divisa in 1.017 nuclei famigliari, che denotano la diminuzione dei
componenti del singolo nucleo.
1.3 Morfologia:
(Paniceri E., Piano Regolatore Geologico, 1996).
Considerando il territorio da nord verso sud, dalla valle del fiume Taro allo
spartiacque confine di Provincia, si passa da una morfologia di tipo collinare
abbastanza dolce con ampie zone di ripiani alluvionali (Valle del torrente Gotra)
ad un tipo di morfologia montuosa a versanti ripidi e cime elevate. Le quote
inferiori si trovano infatti al limite nord del comune con valori medi compresi
fra i 400 e i 500 m s.l.m., mentre a sud le quote superano il valore medio di 900
– 1000 m s.l.m., con cime superiori ai 1500 m (ad esempio: Monte Gottero 1639
m, Monte Teccio 1533 m, Monte Focetto 1536 m), tutti sulla cresta di
spartiacque col versante tirrenico.
Vedere cartina n°1 in appendice.
1.4 Destinazione dei suoli:
(Paniceri E., Piano Regolatore Geologico, 1996).
Le parti collinari meno acclivi ed i pianori di fondovalle (vedere cartina dell’uso
suolo, in Fig. 1 ed in appendice per maggiori dettagli) sono destinati a prativo ed
a pascolo, la grande percentuale montuosa del territorio (con acclività maggiore
del 38%) è ricoperta da boschi ed è pertanto idonea alla forestazione. Anche
nella parte meno acclive molte sono le aree interessate da affioramenti di
formazioni geologiche prevalentemente argillose una volta coltivate e che ora,
per l’incuria e l’abbandono, necessitano di bonifica idraulica e rimboschimento.
Fig.1: carta dell’uso del suolo (modificata dalla Carta Regionale dell’uso suolo).
LEGENDA DELLA CARTA DELL’USO DEL SUOLO
SCALA 1:25.000
I Zone urbanizzate
Zi Zone industriali
Zf Reti ferroviarie e stradali
Za Aeroporti
Zn Aree portuali
9
Zc Zone estrattive e discariche
Iv Zone verdi urbane e impianti sportivi
S Seminativi
R Risaie
Cv Vigneti
Ct Frutteti
U Uliveti
C Colture specializzate miste (frutteti e vigneti)
O Orti, vivai, colture sotto tunnel
Cp Colture da legno specializzate (pioppeti, ecc.)
Cf Castagneti da frutto
Pp Prati stabili
Pc Praterie e brughiere cacuminali
Ze Aree agricole eterogenee
B Formazioni boschive a prevalenza di latifoglie
Ba Formazioni di conifere adulte
Bm Boschi misti di conifere e latifoglie
Br Rimboschimenti recenti
Zs Cespuglieti
Zp Zone umide
Vs Valli salmastre
Sa Saline
Sp Spiagge costiere
Zr Zone a prevalente affioramento litoide
Zm Zone non fotointerpretabili
Al Corsi d'acqua
L Corpi d'acqua (laghi, bacini)
Ma Mare
1.5 Idrografia:
(Paniceri E., Piano Regolatore Geologico, 1996).
Il territorio comunale si estende nelle valli dei Torrenti Lubiana, Gotra e
Uccellecchia e in parte della valle del Torrente Ingegna; tutti affluenti del Fiume
Taro: i primi tre di destra, l’ultimo di sinistra (vedere cartina n°1 in appendice).
Il principale è il Torrente Gotra che nasce dalle pendici settentrionali del Monte
Gottero ed attraversa interamente il territorio con andamento sud-nord; presenta
un andamento pressoché ortogonale alla valle principale del Fiume Taro ed è
caratterizzato da una notevole pendenza nel suo corso superiore, che si attenua
10
11
progressivamente scendendo verso valle (valori che passano dal 40% al 18%);
corrispondentemente l’alveo si presenta profondamente inciso nella parte a
monte, per la fase erosiva giovanile, mentre tende ad allargarsi verso valle
formando ripiani alluvionali. Il Torrente Gotra possiede una fitta rete di
affluenti, rii e torrentelli, tutti in fase giovanile fortemente erosiva, caratterizzati
da forti piene stagionali (autunno e primavera) e da notevole magra estiva. I
principali affluenti di destra del Torrente Gotra sono il Torrente Barbigareccio, il
Torrente Rio, il Torrente Lecora, il Torrente Gotrino; in sinistra il corso d’acqua
più importante è il Torrente Arcina, il cui bacino imbrifero ha origine nella zona
di spartiacque al Passo Cento Croci.
Il Torrente Lubiana nasce poco sotto l’abitato di Tarsogno, scorre in direzione
SO-NE fino a sfociare nel Fiume Taro presso l’abitato di Pieve di Campi.
Il Torrente Uccellecchia ha sorgenti presso il Monte Pero, decorre dapprima in
direzione SE-NO per poi ruotare in direzione SO-NE; all’altezza dell’abitato di
Gotra sfocia nel Fiume Taro.
Una limitata porzione del territorio comunale di Albareto, situata nell’estremo
nord in sinistra del Fiume Taro è interessata dal corso inferiore dei torrenti
Ingegna e Rizzone.
1.6 Vie di comunicazione:
(Paniceri E., Piano Regolatore Geologico, 1996).
La via di comunicazione di maggiore importanza è la Strada Statale che, tramite
il Passo Cento Croci, collega la Provincia di Parma con la riviera ligure. Altro
asse viario di notevole importanza è la Strada Provinciale, che, con andamento
nord-sud quasi rettilineo e a modesta pendenza, risale in sponda destra la vallata
del Torrente Gotra fino all’abitato di Montegroppo.
La viabilità minore è costituita da una “ragnatela” di strade Comunali asfaltate
che collegano le frazioni al capoluogo e alla viabilità principale.
Sono presenti, inoltre, numerose strade sterrate che raggiungono il crinale dei
monti, che segnano il confine della Provincia, e portano ai paesi del
pontremolese.
Vedere cartina n°1 in appendice.
1.7 Le Comunalie:
(www.comunalie.com)
Le comunalie assumono una grande importanza, soprattutto per quanto riguarda
lo sfruttamento delle biomasse, in quanto gestiscono, in nome delle collettività
che rappresentano, lo sfruttamento delle risorse di bosco e sottobosco.
Le comunalie appartengono alla categoria delle proprietà collettive. La
comunalia è caratterizzata dall’interesse comune che è esercitato sul bene;
pertanto si stabiliscono norme per il corretto utilizzo del bene, a favore delle
generazioni presenti e future, e per mantenere il potere della comunità sul
singolo. La comunità, definita territorialmente dal nucleo rurale o dalla frazione
di appartenenza, esercita sulla proprietà il proprio diritto di godimento (uso
12
civico). La legge vigente attribuisce alle comunalie la definizione di
“organizzazioni montane” (legge n°97/94: Legge quadro della montagna). I beni
della proprietà collettiva sono inalienabili ed indivisibili: ciò comporta la
trasmissione del diritto di compartecipazione ai discendenti degli abitanti
originari. Le comunalie sono amministrate direttamente da rappresentanti della
popolazione locale, che sono eletti con apposite votazioni a scadenza
quadriennale indette dalla Comunità Montana delle Valli del Taro e del Ceno,
competente per il territorio. Le comunalie sono regolate da appositi Statuti o
Regolamenti, così come previsto dalla Legge 97/94, che ha voluto
regolamentare consuetudini trasmesse oralmente da secoli, delle quali, fino ad
allora, non esisteva alcuna traccia scritta. Tra gli articoli maggiormente
importanti previsti in questi statuti, si segnalano quelli relativi agli esercizi di
uso civico, di esclusivo diritto delle famiglie (“fuochi”) residenti nella frazione; i
diritti normalmente esercitati sono quelli di “legnatico” (vedere nota a fondo
paragrafo) e di “fungatico”, mentre quello di “pascolatico” ha perso importanza
in questi ultimi anni a causa delle mutate condizioni socio-economiche delle
popolazioni. Nel passato, le comunalie hanno svolto un ruolo importante e
positivo a sostegno e ad integrazione dell’economia delle singole frazioni, sia
assolvendo ai propri compiti istituzionali, con l’assicurare agli utenti l’esercizio
del diritto di legnatico e di pascolo, sia attuando opere pubbliche a servizio della
collettività (acquedotti, elettrodotti, strade, scuole elementari, edifici per il culto,
ecc.).
(Legnatico, fungatico e pascolatico sono i diritti concessi per lo sfruttamento di risorse
(rispettivamente di legname, funghi e pascoli) in terreni altrui, in questo caso comuni).
1.8 Storia delle comunalie:
(www.comunalie.com)
Le comunalie sono domini collettivi la cui origine si fa risalire alle popolazioni
“liguri”, dedite alla caccia e alla pastorizia, che abitavano le alte Valli del Taro e
del Ceno e che fruivano in comune del bene terra, essendo popolazioni
seminomadi. Con la colonizzazione romana, assertrice della proprietà
individuale, le popolazioni liguri, che si opposero a lungo alla conquista romana,
si stabilirono in nuclei abitati e, mentre i terreni siti nelle adiacenze di tali nuclei
divennero proprietà dei singoli, le terre più lontane, in particolare i boschi ed i
pascoli, vennero goduti collettivamente dall’insieme della popolazione. Ciò
sembra trovare conferme in due importanti ritrovamenti epigrafici del periodo
romano: il primo, avvenuto in Val Polcevara presso Genova, risale al 117 a.C. e
riguarda una sentenza di giudici romani in merito ad una vertenza sui confini
sorta tra due tribù liguri; il secondo si riferisce alla famosa Tavola Alimentaria o
Traiana rinvenuta a Velleia nel 1747, che riporta, fra gli altri, due decreti
riguardanti anche l’alta Val Taro in cui vengono spesso citati dei vasti territori
definiti come “comuniones”.
Le invasioni che seguirono la caduta dell’Impero Romano si presume non
abbiano modificato gli usi preesistenti, anzi, con l’arrivo dei Longobardi
13
nell’anno 568 d.C., è assai probabile che il principio della collettività fondiaria
si sia ulteriormente consolidato, trovando rispondenza favorevole in quelle che
erano le abitudini e le tradizioni dei popoli germanici.
Nel primo Medioevo, la necessità di lavorare i terreni spinse gli insediamenti
sempre più verso località poste ad altitudini maggiori, anche se il paesaggio
rimaneva sempre dominato dai boschi, mentre si formavano i primi nuclei rurali
abitati.
Le prime testimonianze che riguardano la presenza della famiglia Landi nel
territorio della Val Ceno risalgono al 1216, con l’acquisto di alcune terre. Poco
più tardi, nel quinquennio 1252-57, i Landi entrano in possesso di più vasti
territori, cominciando in tal modo a imporre una certa egemonia territoriale
concretizzata con il Conte Ubertino Landi tramite l’acquisto dalla città di
Piacenza, in data 19 marzo 1257, delle terre e dei privilegi appartenuti fino al
1188 ai Signori Morello ed Alberto Malaspina. Con tale atto di cessione i Landi
entrano in possesso di una vasta area comprendente le vallate del Taro e del
Ceno e le fortezze situate negli abitati attuali di Valdena, Borgo Vla di Taro,
Bardi e Compiano. L’egemonia dei Landi nei territori delle montagne parmensi
durò sino al 1679, con la morte di Polissena Maria Landi Doria, ultima
discendente diretta dei Landi di Bardi e Compiano. Di questo periodo di
governo, dal 1257 al 1679, sono conservati numerosi atti che citano luoghi e
proprietà comuni che si possono riferire alle attuali Comunalie.
Dopo la morte della Principessa Polissena Maria Landi Doria, il regime del
feudo rimase fino al 1682 presso i figli Doria, dopodiché fu venduto al Duca
Ranuccio II Farnese in data 8-9 giugno 1682. In alcuni registri contabili del
periodo, le Comunalie, pur non comparendo come soggetto o ente proprietario,
figurano spesso come confinanti delle proprietà private oppure vengono
attribuite in comunione ed indiviso ad ogni possessore di beni abitante nella
frazione ove esiste la Comunalia.
Durante l’epoca napoleonica, dal 1796 al 1814, non si hanno importanti notizie
riguardo le proprietà collettive. Si segnala tuttavia, il serio tentativo di porre fine
all’esistenza stessa delle comunalie del comprensorio, che si trovava allora a far
parte integrante dell’Impero Francese, cercando di assegnare tutta la fascia
boschiva compresa tra il Monte Molinatico e il Passo di Cento Croci al demanio
imperiale francese. Dopo il crollo del regime napoleonico, seguì, nel 1814,
l’avvento di Maria Luigia. Durante questo periodo, il conseguente mutamento
delle leggi sembrò favorire, per alcuni anni, la mancata osservanza delle antiche
consuetudini e del rispetto dovuto alle proprietà collettive.
Le traversie di questa epoca sfociarono, dopo molti tentativi di legislazione, con
l’approvazione, con il formarsi del Regno d’Italia, della legge n°397 del 4
agosto 1894, che ordinava i domini collettivi nelle province dell’ex Stato
Pontificio e dell’Emilia; in seguito venne precisato, con una sentenza della Corte
di Cassazione di Torino (27 dicembre 1906), che questa Legge era applicabile
anche a queste forme di godimento collettivo.