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CAPITOLO 1
DESCRIZIONE TECNICO SCIENTIFICA DEL PROCESSO DI
DEPURAZIONE ARIA INQUINATA VIA ADSORBIMENTO-
DESORBIMENTO CON COMBUSTIONE CATALITICA
1.0 GENERALITA’
Un modello matematico è stato sviluppato per l’analisi dei processi di adsorbimento e desorbimento
di solventi volatili in un letto fisso di materiale microporoso adsorbente, costituito o da zeolite a
comportamento idrofobico o da carbone attivo, e comunque formulato in particelle sferiche o
cilindretti.
Il modello è dedicato all’analisi del comportamento di un impianto di concentrazione solventi per
depurazioni di elevate portate di aria inquinata provenienti da linee di verniciatura, impianti di
rotocalcografia, impianti in generale con dispersione di solventi in ambiente.
In sintesi la tecnologia di concentrazione dei solventi si basa sui seguenti principi.
• La corrente primaria di aria inquinata, ad elevata portata (40000÷70000 Nm
3
/ora ) e bassa
concentrazione (0.3÷0.8 g/Nm
3
), viene depurata per passaggio attraverso un letto adsorbente
che trattiene gli inquinanti.
• Il letto viene rigenerato con una corrente di aria calda a temperatura normalmente compresa
tra 120÷160°C, a seconda della tipologia della miscela dei solventi adsorbiti e delle
caratteristiche del letto adsorbente.
• La quantità di aria calda di rigenerazione è tipicamente 1/10 della quantità di aria trattata,
così che i solventi vengono rilasciati nella corrente di aria calda di rigenerazione ad una
concentrazione circa 10 volte superiore.
• L’aria calda uscente dal letto adsorbente è convogliata ad un combustore preferibilmente del
tipo catalitico recuperativo, per la ossidazione completa dei solventi concentrati.
• I fumi di combustione vengono utilizzati parzialmente per costituire l’aria calda di
rigenerazione.
Il processo è a basso consumo energetico in quanto la portata di aria inviata al combustore è molto
limitata. In più i solventi presenti, ad elevata concentrazione, forniscono una frazione elevata del
calore di combustione, limitando al minimo l’impiego di combustibile ausiliario.
La tecnologia di concentrazione, seppur attrattiva per i bassi consumi energetici, richiede comunque
conoscenze scientifiche approfondite ed adeguate metodologie di calcolo per essere applicata
correttamente; si basa infatti su di un sofisticato processo separativo, quale l’adsorbimento-
desorbimento, estremamente complesso e caratterizzato da diversi fenomeni ed effetti che
contemporaneamente intervengono a condizionare il processo:
• condizioni di equilibrio tra fase gassosa e fase adsorbente;
• cinetiche di trasferimento delle molecole dalla fase gassosa esterna all’interno della particella
adsorbente, attraverso gli interstizi dei macropori ed i canalicoli della fase microporosa;
• l’adeguata alternanza tra le fasi di adsorbimento e desorbimento del letto;
• il meccanismo di propagazione del fronte di calore in fase rigenerazione dell’adsorbente con
corrente di aria calda.
Tutta l’analisi è poi resa ulteriormente più complessa dalla presenza contemporanea di diverse specie
di solventi che competono tra di loro nei processi di adsorbimento e rilascio ed interferiscono tra loro
nella diffusione all’interno della fase adsorbente.
Va infatti subito chiarito che l’analisi di un sistema ad un solo componente è di per sé poco
significativa se non addirittura forviante, sia perché i possibili casi applicativi sono del tutto
marginali, sia perché ogni possibile estensione, di tipo intuitivo, da un sistema a componente unico a
2
sistemi a più componenti conduce a sottostime vistose. Per quanto la tecnologia di concentrazione
possa sembrare ardua e vincolante da applicare, nelle condizioni di portata di aria inquinata molto
elevata e concentrazione di solventi modeste non sussistono ragionevoli alternative sotto il profilo
tecnico-economico; in tali casi infatti, il ricorso alla tecnologia alternativa più semplice e flessibile,
quale la combustione termica con recupero di calore di tipo rigenerativo, prevede altissimi costi di
investimento e costi energetici spesso insostenibili.
Le interazioni ed affinità tra solvente ed adsorbente svolgono un ruolo determinante nella efficienza
depurativa di un impianto di concentrazione solventi. Da un lato i solventi emessi dalle lavorazioni
inquinanti, spesso in miscela tra loro, hanno caratteristiche e proprietà chimico fisiche così
ampliamente diversificate tra loro, da interagire in maniera diversa con i vari materiali adsorbenti;
dall’altro in commercio si dispone di diverse tipologie di materiali adsorbenti, differenti per micro e
macro struttura e morfologie di formulazione che, adeguatamente utilizzati, anche in mistura,
possono fornire letti adsorbenti con caratteristiche idonee al mixing di solventi da rimuovere
dall’aria inquinata.
Ne consegue che la progettazione di un impianto di concentrazione richiede anzitutto un accurato
esame e definizione della corrente di aria inquinata che deve essere depurata, tenendo conto dei
programmi di lavorazione dello stabilimento e delle schede tecniche dei prodotti utilizzati. Come
base del progetto dell’impianto di depurazione va quindi ricostruito un quadro significativo della
concentrazione dei singoli inquinanti contenuti nell’aria da trattare, con campi di variabilità
abbastanza ampli da coprire tutte le casistiche prevedibili di lavorazione, ma con limiti ben definiti
per poter operare una scelta concreta dell’adsorbente, o miscela di adsorbenti più idonea al caso.
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2.0 DESCRIZIONE DEL PROCESSO DI DEPURAZIONE
2.1 Modellizzazione del processo
La tipologia di impianto, per cui principalmente è stato concepito il modello matematico in oggetto,
prevede una unità di adsorbimento-desorbimento di tipo modulare, con la maggioranza dei moduli
operanti in parallelo in fase di adsorbimento ed uno o due moduli operanti in fase rigenerazione.
Ogni modulo contiene un numero di 3 ÷ 4 letti adsorbenti orizzontali, sovrapposti ed operanti in
parallelo, connessi a superfici metalliche che mantengono tra loro separati il volume del modulo ove
l’aria inquinata in ingresso si distribuisce ai letti ed il volume del modulo ove l’aria depurata in
uscita dai letti confluisce ed è convogliata all’uscita.
Ogni modulo può disporre di letti adsorbenti con una superficie esposta al flusso di aria di 4 ÷ 6 m
2
,
di spessore 0,12 ÷ 0,20 m e volume di materiale adsorbente compreso tra 0,5 – 1,2 m
3
. Sulla base di
una velocità di attraversamento dell’aria di 0,35 ÷ 0,45 m/s a 20°C, il modulo può essere alimentato
con una portata di aria inquinata a livello 4500 ÷ 9000 Nm
3
/ora; considerando una velocità di
attraversamento dell’aria di 0,5 ÷ 0,6 m/s a 130°C, il modulo può essere rigenerato con una portata
di 4500 ÷ 8000 Nm
3
/ora di aria calda.
Man mano che i moduli operanti in fase adsorbimento vengono saturati, questi passano nella fase di
rigenerazione, cosi ché ciclicamente in ogni modulo si alternano la fase di adsorbimento e la fase di
rigenerazione con tempi diversi e rigorosamente costanti. Nella fase di rigenerazione viene flussata
in controcorrente con il verso dell’aria primaria, prima aria calda depurata per desorbire i solventi,
poi aria fredda per riportare il letto a temperatura ambiente.
Il modello matematico è strutturato in modo da effettuare la verifica funzionale di una unità di
adsorbimento e desorbimento, già dimensionato in via preliminare, ed acquisire elementi per
apportare modifiche al progetto.
L’impiego del modello prevede la seguente procedura.
1) Sulla base della portata di aria, temperatura e concentrazioni dei solventi inquinanti viene
proposto il dimensionamento preliminare dell’impianto che richiede le seguenti definizioni:
• tipologia del letto adsorbente con indicazione dei tipi di adsorbenti previsti, che possono essere
sistemati su due o più strati segregati e sovrapposti; forma e tipologia delle particelle adsorbenti
con indicazione dei diametri equivalenti, densità delle particelle, porosità e dimensione dei
macropori contenuti nella particella, densità e grado di vuoto del letto;
• dimensioni del letto in fase di adsorbimento, in termini di superficie esposta al flusso di aria
inquinata e quindi dimensioni e numero di moduli; spessori degli strati adsorbenti e definizione
quindi della velocità di attraversamento dell’aria in fase adsorbente;
• dimensione del letto in fase di rigenerazione, in termini di superficie esposta al flusso di aria di
rigenerazione, tenendo conto che la superficie deve corrispondere ad un numero intero di
moduli, normalmente uno o due; lo spessore degli strati adsorbenti è stato naturalmente già
definito nella posizione precedente;
• definizione della portata e dei livelli di temperatura della corrente di aria di rigenerazione,
esente da solventi, e definizione quindi della velocità di attraversamento dell’aria.
Va osservato che a questo punto è praticamente fissato il rapporto tra la durata della fase adsorbente
e la durata della fase di rigenerazione.
2) Si simula la prima fase di adsorbimento che inizia dal letto totalmente privo di solventi e viene
protratta fino a che la concentrazione media dei solventi nell’aria trattata non superi il livello
ammesso dalla normativa. Se opportuno, è possibile suddividere la fase adsorbente in periodi
separati ove variano temperature e composizione dell’aria inquinata, per una simulazione più
realistica delle realtà operative.
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Nella simulazione il modello, ad ogni intervallo elementare di tempo, elabora i profili di
concentrazione dei solventi nel letto, sia in fase gassosa che in fase adsorbente, ed i profili di
temperatura, in funzione della coordinata del letto nel verso della velocità dell’aria; per un tempo
definito di fase di adsorbimento vengono presentati i bilanci di materia dei solventi in ingresso nel
letto,in uscita dal letto ed accumulati nel letto; il modello elabora anche i profili di concentrazione
dei solventi residui nella corrente di aria uscente in funzione del tempo. E’ così possibile seguire in
visione cinematica la progressiva saturazione del letto e scegliere adeguatamente il tempo più
opportuno ove interrompere la prima fase di adsorbimento.
3) Si simula la prima fase di rigenerazione con aria in controcorrente, alimentata a temperatura
adeguata, finché la rimozione dei solventi dal letto non risulti soddisfacente; in funzione delle
tipologie dei solventi e delle caratteristiche dell’adsorbente, la frazione di solvente residuo nel letto
costituisce generalmente il 40 ÷ 60% della quantità accumulata alla fine della fase di adsorbimento.
In conformità ai casi concreti, la fase di rigenerazione va suddivisa in più periodi di tempo, a
temperatura crescente di aria alimentata, con l’ultimo periodo dedicato alla immissione di aria a
temperatura ambiente.
Il modello acquisisce il comando di cambio di fase invertendo in simmetria speculare i dati di
concentrazione dei solventi e della temperatura nel letto e la simulazione procede come nella
precedente fase di adsorbimento. E’ così possibile seguire in visione cinematica la progressiva
rigenerazione del letto e scegliere adeguatamente il tempo più opportuno ove interrompere la prima
fase di desorbimento.
4) In corrispondenza della durata della prima fase di rigenerazione, vengono in pratica fissate le
durate delle successive fasi di adsorbimento e di rigenerazione, che devono rimanere in rapporto
costante. Simulando in alternanza le successioni delle fasi per un numero adeguato di cicli, si
verifica infine se le condizioni di funzionamento della unità di adsorbimento - desorbimento tendono
ad una situazione stazionaria soddisfacente che rispetti i limiti di emissione conformi alla normativa.
5) Nel caso in cui l’applicazione del modello conduca a situazioni non soddisfacenti, sia per il
mancato rispetto dei limiti di emissione, sia all’opposto per eccessivi consumi energetici, si
modificano opportunamente i parametri di progetto più sensibili: la portata di aria di rigenerazione,
la superficie totale di letto adsorbente esposto al flusso di aria, il numero di moduli in adsorbimento
e/o rigenerazione, lo spessore dei letti adsorbenti, la temperatura dell’aria di rigenerazione.
2.2 Caratteristiche degli inquinanti
Il modello è impostato per simulare sistemi contenenti fino a 11 componenti inquinanti presenti
nell’aria, più l’acqua sempre presente come umidità relativa. A tale proposito sono disponibili nel
programma di calcolo diversi file di dati, ciascuno contenente i parametri delle correlazioni
analitiche per il calcolo delle proprietà chimico fisiche di interesse per i 12 componenti; sulla base
della miscela di inquinanti contenuti nell’aria da depurare si selezionano i file particolari contenenti i
parametri relativi a tutti i componenti presenti nella miscela.
Le proprietà chimico fisiche degli inquinanti inserite nei file sono le seguenti:
• peso molecolare (kg/ kmoli) e pressione di vapore saturo in funzione della temperatura (Pa);
• densità molare in fase liquida in funzione della temperatura (kmoli/m
3
);
• calori specifici in fase gassosa ed in fase liquida in funzione della temperatura (Joule/(°K
kmoli));
• temperatura critica (°K) e calore di vaporizzazione in funzione della temperatura
(Joule/kmoli);
• diffusività molecolare nell’aria a 293,15°K (m
2
/s).
I componenti inquinanti presi in esame sono:
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• acetone, metil-etil-chetone, metil-isobutil-chetone;
• etilacetato, n butilacetato;
• stirene, toluene, etilbenzene, isomeri di xilene;
• etanolo, isopropanolo, n-butanolo;
• tetraidrofurano; acqua.
Non sono stati considerati i solventi clorurati, generalmente non utilizzati nei settori della
verniciatura e della rotocalcografia ed altamente incompatibili nei processi di adsorbimento con
carbone attivo.
2.3 Caratteristiche degli adsorbenti
Il modello è impostato in generale per simulare il processo di concentrazione con quattro tipologie
diverse di adsorbenti: zeolite idrofoba del tipo ZSM-5, zeolite idrofoba del tipo Y dealluminata,
carbone attivo di origine minerale derivato da bitume, carbone attivo di origine vegetale derivato da
gusci di cocco.
Nel programma di calcolo sono disponibili diversi file di dati, dedicati alle proprietà chimico fisiche
degli adsorbenti selezionati, alle loro caratteristiche strutturali, alle interazioni di equilibrio
termodinamico e di cinetica con gli inquinanti previsti. I file contengono anche le varianti relative
alle diverse tipologie di adsorbenti in commercio, prodotti da diversi fornitori.
Le proprietà chimico fisiche degli adsorbenti e le caratteristiche strutturali contenute nei file sono le
seguenti:
• densità intrinseca del materiale adsorbente, densità della particella adsorbente (kg/m
3
);
• frazione di vuoto totale della particella, frazione di vuoto dei macropori;
• raggio medio degli aggregati microporosi (m);
• coefficiente di tortuosità dei macropori;
• calore specifico dell’adsorbente (Joule/(K kg )) e conduttività termica (Joule/(K m s)).
Le interazioni di equilibrio e cinetiche tra l’adsorbente e i componenti inquinanti sono definite da
quattro parametri di equilibrio più un parametro di dipendenza dalla temperatura e da due parametri
di cinetica di adsorbimento più un parametro di dipendenza dalla temperatura.
Naturalmente le proprietà e le caratteristiche attinenti il letto adsorbente, quali densità apparente e
raggio equivalente delle particelle, vanno impostate direttamente dalla tastiera nella schermata del
modello che dà inizio al calcolo di verifica.
La presente edizione del modello, oggetto della tesi, concerne in particolare l’estensione del
medesimo agli adsorbenti di tipo carbonioso. Tale estensione ha richiesto approfondimenti teorici e
sperimentali sulle caratteristiche strutturali di tali materiali, sulle proprietà di equilibrio
termodinamico e sui meccanismi di trasferimento di materia all’interno delle particelle, che per
diversi aspetti presentano divergenze dagli adsorbenti zeolitici.
Tale estensione è stata condotta sulla base di una esauriente indagine bibliografica, di informazioni e
dati tecnologici acquisiti dai produttori di carbone attivo, di misure sperimentali in laboratorio e di
test su apparecchiature pilota.
Prima di procedere alla esposizione teorica del modello matematico, è opportuno soffermarsi nei
successivi paragrafi sulle proprietà tecnologiche degli adsorbenti disponibili in commercio e sulla
descrizione qualitativa di fenomeni ed effetti che caratterizzano il processo di concentrazione dei
solventi volatili.
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3.0 PROPRIETA’ TECNOLOGICHE DEGLI ADSORBENTI DISPONIBILI IN
COMMERCIO
3.1 Carboni attivi
I carboni attivi hanno un costo di acquisto di 1.5 ÷ 3 €/kg e richiedono nel processo di
concentrazione solventi una sostituzione o rigenerazione esterna dopo 1 ÷ 2 anni di esercizio.
I carboni attivi potenzialmente mostrano proprietà adsorbenti, nei confronti dei solventi organici,
sotto molti aspetti superiori a quelle delle zeoliti: hanno una superficie specifica dei micropori attivi
di adsorbimento generalmente estesa nel campo di 800 ÷ 1200 m
2
/g e porosità dei micropori a livello
di 0,3÷0,4 cm
3
/g; questo ultimo parametro esprime in particolare il massimo volume liquido di
solvente che il materiale può adsorbire, in caso di elevata concentrazione di solvente nell’aria,
prossima alla condensazione.
I carboni attivi sono materiali porosi con una struttura quasi amorfa, con macropori che si ramificano
fittamente entro una matrice contenete i micropori attivi di dimensioni che variano, con distribuzione
quasi gaussiana, in un campo piuttosto esteso: 0,2 ÷ 1,6 nm per i carboni attivi di origine vegetale e
0,5 ÷ 2,0 nm per i carboni attivi di origine minerale.
I carboni attivi possono essere suddivisi principalmente in due categorie: carboni attivi di origine
vegetale, derivati ad esempio dalla carbonizzazione dei gusci di cocco, carboni attivi di origine
minerale, derivati ad esempio dalla carbonizzazione dei bitumi.
I carboni attivi di origine vegetale, che nelle loro caratteristiche strutturali conservano memoria dei
tessuti biologici, hanno in generale una superficie specifica dei micropori più elevata, una maggiore
porosità e sopratutto una distribuzione dei micropori attivi particolarmente estesa verso le
dimensioni inferiori.
Questa ultima caratteristica consente ai carboni vegetali l’adsorbimento di una vasta varietà di
solventi e componenti organici, a partire dai più volatili, come acetone e metanolo, fino ai meno
volatili come per esempio gli aromatici pesanti.
Tuttavia, in presenza di una miscela di solventi, l’adsorbimento dei componenti più pesanti è
nettamente favorito a scapito dei più leggeri che tendono ad essere scacciati dalla matrice
microporosa. La distribuzione estesa di micropori attivi è anche causa di fenomeni di irreversibilità
nell’adsorbimento, in quanto i micropori di dimensione più ridotta tendono a trattenere le molecole
di solvente adsorbito anche in condizioni di rigenerazione piuttosto spinta ed il fenomeno è tanto più
vistoso quanto più è elevato il peso molecolare delle molecole trattenute.
I carboni attivi di origine minerale hanno un capacita di adsorbimento inferiore, sono scarsamente
attivi nei confronti dei componenti volatili quali acetone e metanolo, ma sono considerati ideali per i
processi di adsorbimento e desorbimento, ove è richiesta una elevata rigenerabilità dell’adsorbente. I
carboni attivi minerali trovano tuttavia applicazione prevalentemente nel recupero solvente o in
sistemi ad unico componente, mentre l’impiego nella depurazione dell’aria è di fatto compromesso
dalle possibili reazioni pericolose con i componenti chetonici.
I carboni attivi, rispetto le zeoliti, sono caratterizzati da proprietà cinetiche di adsorbimento e
desorbimento concettualmente più elevate in quanto la migrazione delle molecole di solvente
adsorbite, dalla superficie della particella fino ai micropori più interni, e viceversa, si verifica tramite
due meccanismi che concorrono in parallelo:
• diffusione delle molecole attraverso la fase gassosa presente nei macropori che si diramano
entro la matrice microporosa;
• diffusione delle molecole attraverso la stessa matrice microporosa che si comporta come una
fase continua senza barriere.
Risulta invece del tutto trascurabile la resistenza finale alla diffusione, presente nella matrice
microporosa che circonda i canalicoli dei macropori.
Il meccanismo di diffusione nella matrice microporosa è noto in letteratura come “diffusione
superficiale”, poiché si presenta come una diffusione lungo la superficie dei canalicoli dei
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macropori; tale meccanismo fornisce un contributo determinante nel processo di trasferimento di
materia e permette l’impiego di particelle adsorbenti di diametro fino a 2 ÷ 4 mm, con prestazioni di
processo più che accettabili.
Nel complesso le caratteristiche del carbone attivo risulterebbero senz’altro favorevoli ad un loro
impiego frequente e preferenziale nei processi di concentrazione solventi, se non intervenissero due
aspetti sfavorevoli che condizionano le prestazioni del carbone attivo in questa applicazione.
Il primo aspetto è costituito dal comportamento tendenzialmente idrofilo del carbone attivo che, in
fase di adsorbimento e depurazione dell’aria, provoca un adsorbimento non trascurabile di vapore
acqueo a sfavore della cattura dei componenti organici più volatili: metanolo ed acetone
principalmente. In fase di rigenerazione l’acqua adsorbita richiede poi tempo ed energia aggiuntiva
per il rilascio. Le proprietà dell’equilibrio termodinamico acqua - carbone attivo sono strettamente
connesse al comportamento idrofilo dell’adsorbente, che aumenta quasi con andamento esponenziale
in funzione della umidità relativa.
L’adsorbimento di acqua è piuttosto contenuto in presenza di aria con umidità relativa inferiore al
50%, nel senso che in tali condizioni la competitività nell’adsorbimento dei solventi volatili si
mantiene elevata, ma gli effetti penalizzanti in fase rigenerazione tendono a rimanere. Per limitare al
minimo tali effetti è consigliabile riscaldare di 5 ÷ 10°C l’alimentazione dell’aria inquinata, fino ad
una temperatura di 35 ÷ 40°C, ciò da un lato non penalizza sensibilmente l’adsorbimento dei solventi
organici nel carbone attivo, mentre dall’altro è sufficiente a determinare una drastica riduzione
dell’adsorbimento di acqua.
Il preriscaldamento dell’aria inquinata non è particolarmente oneroso, in quanto il processo di
concentrazione solventi comunque scarica dal combustore un flusso significativo di aria depurata, a
temperatura intorno ai 250°C, che per mescolamento diretto può essere adoperato allo scopo.
Nel modello la descrizione degli effetti connessi con l’adsorbimento del vapore d’acqua è ancora in
fase di perfezionamento, in quanto sia gli equilibri che le cinetiche richiedono teoria ed algoritmi
particolari diversi dagli altri solventi. Ai fini pratici attualmente può essere simulata la situazione di
ingresso di aria inquinata portata a temperatura vicino a 40°C con U.R. < 50%, quando cioè le
interferenze del vapore di acqua sono praticamente trascurabili.
Il secondo aspetto è costituito dalle interazioni pericolose del carbone stesso con i componenti
chetonici adsorbiti che, per effetto catalitico si ossidano parzialmente, con elevato rilascio di calore.
Il fenomeno, che indubbiamente è connesso con la tipologia e contenuto di ceneri nell’adsorbente,
per i carboni di origine minerale è così rilevante e sistematico da causare frequentemente anche
eventi di incendio.
L’acetone non sembra poter creare problemi, ma il rischio di autoaccensione del carbone è concreto
con il metiletilchetone in particolare ed aumenta con i componenti chetonici a più alto peso
molecolare.
Con adeguate precauzioni è stato comunque utilizzato, da ormai diversi anni ed in diversi impianti,
un carbone attivo ricavato da gusci di cocco e trattato acido per la rimozioni di ceneri, che si è
mostrato pressoché refrattario ai fenomeni di autoaccensione.
Tra le condizioni operative più efficaci e determinanti contro il rischio di incendio vi è il tenore di
chetoni da mantenere al disotto del 20% della miscela di solventi e la temperatura dell’aria di
rigenerazione limitata a 140°C massimo.
Questo ultimo punto costituisce una limitazione gravosa per il processo di concentrazione solventi,
specie se questo viene realizzato con carbone di cocco, che per le sue caratteristiche strutturali va
considerato un adsorbente poco rigenerabile. Ma l’importanza applicativa di questo studio consiste
proprio nel verificare che sussistono adeguati margini operativi per cui il processo di concentrazione
può essere applicato con il carbone di cocco impiegando aria di rigenerazione a temperatura
massima di 120 ÷ 130°C.
In pratica i solventi a media ed alta volatilità, quali acetone ed etilacetato, presenti nell’aria a
concentrazione 0.3÷0,6 g/Nm
3
e temperatura ambiente, vengono adsorbiti nel carbone attivo da
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gusci di cocco in concentrazioni dell’ordine del 10 ÷ 15 % in peso di carbone secco e in fase di
rigenerazione con aria a 120°C vengono rilasciati per il 50 ÷ 60% circa del tenore iniziale.
I solventi pesanti, quali butilacetato, toluene, isomeri dello xilene, presenti nell’aria a concentrazione
0.3÷0,6 g/Nm
3
e temperatura ambiente, vengono adsorbiti nel carbone attivo da gusci di cocco in
concentrazione dell’ordine del 25 ÷ 35 % in peso di carbone secco e in fase di rigenerazione con aria
120°C vengono rilasciati per il 15 ÷ 30% circa del tenore iniziale. In media per le miscele tipiche di
solventi contenuti nell’aria proveniente da linee di verniciatura il carbone attivo da gusci di cocco in
fase di adsorbimento si carica intorno al 15% del proprio peso secco ed in fase rigenerazione rilascia
il 40% almeno dei solventi inizialmente trattenuti, con una capacità adsorbente operativa quindi del
6% del proprio peso secco.
3.2 Zeoliti idrofobiche
Le zeoliti idrofobiche hanno un costo di acquisto compreso tra 10 ÷ 15 €/kg e prevedono nel
processo di concentrazione solventi una sostituzione o rigenerazione esterna generalmente dopo 4 ÷
6 anni di impiego.
Le zeoliti idrofobiche sono adsorbenti sintetici di tipo inorganico, a base di silice, la cui matrice
cristallina contiene una fitta rete ordinata di microcanali e micropori di intersezione, le cui
dimensioni, normalmente comprese tra 0,5 ÷ 1,5 nm, sono costanti in quanto parte della struttura
ordinata dei cristalli.
Una particella di zeolite, a sferetta o cilindretto di dimensioni 1,6 ÷ 3,2 mm, è costituita da singoli
cristalli o aggregati di cristalli, di dimensioni 1 ÷ 3 μm, uniti ed assemblati tra loro da un legante
argilloso che, con forma di sottili filamenti, si estende sulla superficie dei cristalli come una rete di
contenimento. Gli interstizi tra i cristalli costituiscono una fase continua che avvolge i cristalli
formando macrocavità di dimensioni 0,2 ÷ 0,5 μm.
Si può quindi affermare che mentre una particella di zeolite è costituita da una fase microporosa
finemente dispersa in una fase continua di macrocavità, una particella di carbone attivo è più
assimilabile ad una fase microporosa amorfa e continua entro cui si estende e si dirama una fase
dispersa di macrocavità.
Le caratteristiche strutturali delle zeoliti sono alla base delle loro proprietà adsorbenti e cinetiche,
che differiscono per diversi aspetti da quelli dei carboni attivi.
le proprietà cinetiche delle zeoliti in particolare sono concettualmente inferiori a quelle dei carboni
attivi, in quanto la diffusione delle molecole nella matrice microporosa è limitata praticamente a
livello del singolo cristallo e per di più è piuttosto bassa come valore intrinseco di coefficiente
diffusivo. Pertanto la migrazione delle molecole di solvente dalla superficie della particella al cuore
dei cristalli più interni avviene attraverso due meccanismi disposti in serie:
• diffusione attraverso la fase gassosa presente nei macropori di interstizio tra i cristalli, seguita
da:
• diffusione nel singolo reticolo cristallino , attraverso i micropori.
Per compensare tali aspetti strutturali e per disporre di particelle adsorbenti con proprietà cinetiche
accettabili, le zeoliti vengono formulate in polvere di cristalli di diametro massimo di 3 μm e
granulati od estrusi prevalentemente in particelle di dimensioni intorno a 1,6 mm.
Le zeoliti hanno generalmente una superficie specifica e una porosità dei micropori sensibilmente
inferiori rispetto il carbone attivo e quindi posseggono una più modesta capacità di adsorbimento.
Sono tuttavia esenti da interazioni pericolose con i chetoni e la loro natura inorganica li preserva del
tutto da rischi di incendio. Le zeoliti possono pertanto essere rigenerate con aria calda fino a 170 ÷
180°C, con elevato rilascio dei solventi adsorbiti, fino al 50 ÷ 60%, compensando così rispetto i
carboni attivi la loro inferiore capacità di adsorbimento.
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3.2.1. Zeolite tipoZSM-5
La zeolite ZSM-5 possiede micropori di adsorbimento di diametro medio di circa 0.6 nm, per una
superficie specifica pari a 400 m
2
/g ed una porosità complessiva di 0,14 cm
3
/g adsorbente.
In pratica la maggior parte dei solventi a volatilità alta o media, presenti nell’aria in concentrazioni
di 0.3÷1 g/Nm
3
e temperatura ambiente, viene adsorbita nella zeolite in oggetto in concentrazioni
dell’ordine di 4.5÷8 % in peso, ove mediamente l’11.5% peso costituisce la massima concentrazione
ottenibile in condizione di condensazione del solvente.
Per la dimensione ristretta dei pori, la zeolite ZSM-5 è attiva anche nei confronti dei solventi a basso
peso molecolare e molto volatili, come acetone e metanolo; inoltre mostra una capacità adsorbente
particolarmente elevata per i componenti a peso molecolare medio, o comunque con struttura
molecolare lineare, quali metiletilchetone, metilisobutilchetone, butilacetato, anche se presenti nell’
aria in bassa concentrazione.
Per contro, ad eccezione del benzene, la zeolite ZSM-5 ha difficoltà ad adsorbire i componenti
aromatici ramificati a più elevato peso molecolare, per l’eccessivo ingombro molecolare di tali
composti. In particolare, la zeolite ZSM-5 può considerarsi ancora attiva nel caso del toluene,
generalmente adsorbito a livello di 4÷5 % peso; nel caso degli isomeri dello xilene le sue prestazioni
adsorbenti risultano drasticamente ridotte: mentre gli isomeri meta e para possono essere ancora
adsorbiti a livello 2÷3 % peso, l’orto xilene, per la sua struttura ramificata quasi non riesce a
penetrare nel reticolo cristallino della zeolite. Per altro, le poche molecole dell’isomero orto che con
difficoltà riescono ad introdursi nei microcanali della zeolite, tendono ad incastrarsi o ad interagire
chimicamente con i siti attivi causando fenomeni di bloccaggio per le altre molecole di solventi di
ingombro molecolare inferiore, eventualmente adsorbite contemporaneamente.
Ai fini pratici per una corrente di aria inquinata contenente in totale 0.6÷0.8 g/Nm
3
di solventi e un
tenore del 5% di Xileni nella miscela solventi, può ancora essere adottato un letto adsorbente di sola
zeolite ZSM-5.
Per una concentrazione di Xileni superiore al 7% è opportuno, se non necessario, adottare un letto
zeolitico adsorbente a doppio strato , di cui il primo, costituito da zeolite Y dealluminata, è adibito
alla rimozione degli Xileni ed è a protezione dello strato successivo di zeolite ZSM-5.
A causa dei pori ristretti, per il rilascio dei solventi adsorbiti, la zeolite ZSM-5 va flussata con aria
calda a temperatura compresa tra 150 ÷ 180 C, ove le temperature più alte si rendono necessarie in
presenza di tipologie di solventi poco volatili e ad elevata affinità, quali ad esempio
metilisobutilchetone, butilacetato.
Per la elevata densità apparente, intorno a 760 kg/m
3
, la zeolite ZSM-5 può essere utilizzata in letti
adsorbenti di spessore contenuto: 200÷300 mm nel caso di cilindretti di 3mm di diametro
equivalente e velocità dell’aria di 0.5 m/s; 100÷150 mm nel caso di sferette di 1.6 mm di diametro e
velocità dell’aria di 0.5m/s.
3.2.2. Zeolite tipo Y dealluminata
La zeolite Y dealluminata ha micropori di dimensioni intorno a 0.8 nm per una superficie specifica
pari a 800 m
2
/g ed una porosità complessiva di 0,24 cm
3
/g adsorbente; concettualmente ha quindi
una capacità di adsorbimento quasi doppia rispetto la zeolite ZSM-5.
Per le dimensioni più elevate dei micropori la zeolite Y cattura agevolmente gli isomeri dello Xilene,
che vengono adsorbiti in maniera preferenziale rispetto altri solventi più volatili.
Per contro la zeolite Y ha difficoltà ad adsorbire solventi molto volatili o a volatilità intermedia, se
presenti in aria a basse concentrazioni: la zeolite Y è praticamente inattiva nei confronti dell’acetone,
inoltre anche solventi meno volatili, quali metiletilchetone ed etilacetato, vengono adsorbiti
modestamente se a concentrazione inferiore a 1 g/Nm
3
; lo stesso toluene viene adsorbito in modo
significativo solo per concentrazioni superiori a 0.3 g/ Nm
3
.