S So om mm ma ar ri io o
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S SO OM MM MA AR RI IO O
“ “S St tu ud di io o m me ed di ia an nt te e A AF FM M d de el ll la a c co on nd du uc ci ib bi il li it tà à e el le et tt tr ri ic ca a l lo oc ca al le e i in n
n na an no os st tr ru ut tt tu ur re e” ”
Prima di tutto occorre evidenziare l’obiettivo della tesi che è quindi la misura della
caratteristica corrente-tensione (I-V) locale in nanostrutture di ossido di titanio prodotte
mediante ossidazione anodica di intensità e durata variabile di una superficie di titanio
tramite il microscopio (utilizzato in modalità I-AFM). Vengono in seguito analizzate le
variazioni di resistenza nella superficie delle nanostrutture al fine di correlare la loro
conducibilità con la morfologia ed i parametri di fabbricazione (altezza, volume, ecc).
Con il microscopio I-AFM si riesce non solo ad ottenere la topografia (tramite le forze di
Wan Der Walls) ma anche un’ immagine relativa alla corrente circolante sul campione. In
questa modalità di funzionamento occorre che la punta ma anche il campione sia entrambi
conduttivi affinché possa scorrere una corrente fra essi in seguito all’applicazione di una
tensione di polarizzazione. Si può quindi ottenere la caratteristica I/V (quindi si può
calcolare anche la conduttanza) relativa alla superficie in esame.
Le misure eseguite hanno riguardato il titanio, il quale ci permette di osservare come
cambia la corrente dopo l’ossidazione in alcune zone. Prima di tutto si e’ cercato in ogni
modo di ottenere una corrente sul titanio non ossidato regolando opportunamente un set di
parametri (quali guadagno, set-point, bias, scan rate, scan size); dopodiché sono state
create sulla superficie del materiale delle nanostrutture attraverso l’ossidazione anodica
locale mediante il microscopio in corrente. Questi punti ossidati (oppure nanostrutture di
dimensioni nanometriche) si presentano come ‘montagnette’ in cui le caratteristiche
elettriche sono diverse rispetto alle zone vicine non ossidate. Quindi nei punti ossidati ci si
aspetta una conduttanza minore in quanto la resistenza in quei punti e’ maggiore.
Successivamente si e’ cercato di capire come potesse variare la velocità di ossidazione in
base alla tensione applicata ed alla sua rapidità di variazione. Ad ogni valore di Bias
(segnale triangolare applicato) corrisponde una certa zona ossidata e questa area cambia se
la tensione varia con una certa rapidità.
S So om mm ma ar ri io o
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L’ultimo punto fondamentale e’ stato quello di vedere come cambia l’immagine della
topografia dopo l’ossidazione locale.
Concludendo quindi si e’riusciti a correlare le immagini di topografia con i grafici della
corrente (quindi anche della conduttanza) nelle singole nanostrutture.
S St tr ru ut tt tu ur ra a d de el ll la a t te es si i
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S ST TR RU UT TT TU UR RA A D DE EL LL LA A T TE ES SI I
Questa tesi è stata organizzata nel seguente modo :
Nella prima parte della tesi è stata fatta una panoramica relativa allo stato dell’arte delle
nanotecnologie in generale e poi sono state descritte più in dettaglio nel capitolo 1 le
nanostrutture in quanto parte fondamentale di studio in questa tesi.
Nel secondo capitolo è stato descritto in generale il processo di ossidazione anodica locale
e più nel dettaglio è stato descritto lo stesso processo mediante il microscopio a forza
atomica in corrente I-AFM.
Nel capitolo tre vengono descritti gli esperimenti effettuati riguardo le analisi locali (o
spettroscopia) e globali su un campione di titanio. Viene riportata una procedura generale
per analizzare il campione di titanio sia dal punto di vista locale che globale.
Nel quarto capitolo invece sono stati riportati i risultati ottenuti e sono stati descritti questi
ultimi facendo dei confronti. Sono state quindi analizzati i risultati delle misure locali
eseguite sulle nanostrutture di ossido di titanio e quindi sono state studiate le caratteristiche
elettriche locali del titanio per capirne il comportamento elettrico su scala nanometrica.
Vengono poste in evidenza le correlazioni fra la tensione e la nanostruttura generata
dall’accrescimento dell’ossido e dunque la relazione tra parametri elettrici e fisici. Si
mettono in evidenza inoltre le caratteristiche della conduttanza rispetto alla topografia
dopo la fase ossidante.
Infine il capitolo cinque illustra le conclusioni finali e gli sviluppi futuri nonché le
applicazioni attuali sui dispositivi elettronici .
I In nt tr ro od du uz zi io on ne e
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I IN NT TR RO OD DU UZ ZI IO ON NE E G GE EN NE ER RA AL LE E
Uno dei più grandi fisici del Novecento, Richard Feynman, in uno straordinario discorso
tenuto nel 1959, aveva delineato le incredibili prospettive del progressivo processo di
miniaturizzazione in atto nella tecnologia e aveva ipotizzato che fosse possibile arrivare a
costruire dispositivi di varia natura utilizzando individualmente persino gli stessi atomi.
All'epoca nella quale Feynman esponeva le sue idee l'industria dei semiconduttori
muoveva i primi passi. Le dimensioni dei transistor erano ancora dell'ordine di frazioni di
centimetro. I transistor avevano appena iniziato a sostituire le valvole termoioniche nella
costruzione dei computer.
Ma già alla fine degli anni '60 Gordon Moore enunciava l'ipotesi (in seguito denominata
legge di Moore) che il numero dei transistor in un chip sarebbe raddoppiato circa ogni 18
mesi per molti anni a venire. Se questo fosse vero almeno fino al 2020 le dimensioni
lineari dei diversi componenti di un circuito integrato (per esempio la sezione trasversale di
un transistor) dovrebbero ridursi alle dimensioni del nanometro, che sono le dimensioni
dello spazio occupato da alcuni atomi affiancati l'uno all'altro.
La microelettronica diventerebbe così nanoelettronica, e almeno in questo settore la
profezia di Feynman si sarebbe completamente avverata. Recentemente, tuttavia, si va
facendo più concreta la possibilità che la legge di Moore possa non essere più vera in un
futuro più o meno prossimo.
Le difficoltà maggiori sono essenzialmente tre: drogare correttamente il silicio, fenomeni
quantistici incontrollabili e fluttuazioni statistiche negli atomi droganti.
Le dimensioni di quest'ultimo sono infatti diventate così piccole che il numero degli atomi
droganti che determinano le caratteristiche elettriche del dispositivo è ormai dell'ordine
delle centinaia. Una piccola variazione in questo numero può causare significative
modifiche nel comportamento del transistor. D'altro canto la natura stessa, attraverso il
comportamento degli enzimi, vere e proprie macchine molecolari, ci indica ulteriori
possibilità di miniaturizzazione degli odierni computer. Esaminiamo allora quali possano
essere le più promettenti alternative all'utilizzo del silicio.
I nanotubi sono enormi molecole di carbonio molto robuste, termicamente stabili e, dal
punto di vista del comportamento elettrico, hanno l’incredibile possibilità di poter
I In nt tr ro od du uz zi io on ne e
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funzionare da metalli o semiconduttori (peculiarità derivante dal fatto di essere dei
semimetalli).
I nanotubi possono svolgere, nell'ambito della nanoelettronica, un ruolo simile a quello
svolto, nella microelettronica, dal silicio.
I nanotubi con comportamento metallico possono risolvere due fondamentali problemi
nell'attuale miniaturizzazione dei circuiti. Essi possono essere utilizzati per costruire
interconnessioni circuitali molto più piccole rispetto a quelle degli attuali microprocessori
e, in secondo luogo, poiché i legami atomici del carbonio di un nanotubo sono molto più
forti di quelli di un metallo, possono trasportare una grande quantità di corrente senza
vaporizzare il filo stesso.
I nanotubi con comportamento semiconduttore possono invece diventare parte integrante di
un transistore e dare origine a dispositivi ibridi carbonio-silicio compatibili con le attuali
tecnologie microelettroniche.
Le prospettive sono quindi quelle di poter costruire transistor e interconnessioni (come è
stato recentemente dimostrato) ben più piccole di quelle presenti nei più evoluti
microprocessori attuali. I nanotubi al carbonio sembrano oggi la tecnologia più idonea per
sostituire il silicio nella costruzione dei dispositivi nanoelettronici.
Sono già molteplici le applicazioni per le quali sono utilizzati o che vengono studiate per
implementarli nelle tecnologie del prossimo futuro.
Grazie alle sue peculiari proprietà elettriche e fisiche può essere considerato il prototipo
dei fili quantistici monodimensionali, e grazie all’incredibile resistenza possono essere
applicati per rinforzare o indurire polimeri, fibre o altri materiali. Altri possibili utilizzi
sono attualmente in fase di studio come ad esempio memorie RAM, pinze nanoscopiche,
sensori di varia natura, batterie di grosse capacità e punte per microscopi ad alta
risoluzione. Di sicuro, una volta che si sarà imparato a sfruttarne pienamente le
caratteristiche uniche, l’elenco si allungherà a dismisura.
Questa tesi ha come scopo lo studio e la caratterizzazione di matrici di transistor a effetto
di campo il cui canale è costituito da nanotubi, realizzando di fatto transistor ibridi (CN-
FET). Essa rappresenta la prosecuzione di un’attività svolta nei laboratori di
Nanotecnologie ad Elettronica Molecolare presso il Dipartimento di Biofisica ed
Elettronica (DIBE) e di Micromachining e Microsensori Fotonici presso il Dipartimento di
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Fisica (DIFI) dell’Università di Genova, grazie alla quale si è giunti alla realizzazione dei
prototipi dei CN-FET.
In particolare, l’attività svolta, include le problematiche dovute alla deposizione via
dielettroforesi dei CNT sugli elettrodi (Drain-Source) e lo studio delle caratteristiche di
funzionamento dei diversi CN-FET così prodotti. Data la particolare costruzione in due
fasi: prima la matrice e poi la deposizione dei nanotubi, per semplicità e velocità viene
utilizzata la struttura back-gate.
Nel primo capitolo viene presentata un’introduzione sulle nanostrutture dove si affrontano
tematiche relative alla loro scoperta, struttura ed eccezionali proprietà. Nel secondo
capitolo vengono brevemente introdotti l’ossidazione anodica locale e l’I-AFM.
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C CA AP PI IT TO OL LO O 1 1 : :N NA AN NO OS ST TR RU UT TT TU UR RE E
I IN NT TR RO OD DU UZ ZI IO ON NE E
Il controllo preciso e la manipolazione dei singoli atomi hanno recentemente reso possibile
la fabbricazione di strutture artificiali di dimensioni nanometriche con nuove proprietà
estremamente interessanti. Queste strutture sono denominate spesso ‘nanostrutture’ e
rappresentano la frontiera del progresso della tecnologia dei materiali. Una nanostruttura è
costituita da un insieme di atomi le cui dimensioni, in una, due o tre direzioni, sono
dell’ordine di grandezza del nanometro (1nm=10
-9
m). Si tenga presente che un atomo di
idrogeno ha un raggio di 0,05 nm mentre le distanze interatomiche nei solidi sono
dell’ordine di 0,3 nm.
Quindi una nanostruttura a due dimensioni di 3 nm è composta da circa 10 strati di atomi.
Nel caso particolare in cui la struttura è limitata in tutte e tre le direzioni spaziali, la
chiameremo ‘punto quantico’, piccolo agglomerato costituito quindi da un insieme di
10
3
÷10
5
atomi. Generalmente, con il temine ‘nanotecnologia’ si intende la fabbricazione e
il controllo delle nanostrutture. In effetti è fondamentale ottenere non soltanto oggetti
piccoli ma oggetti di cui si controllino le dimensioni nanometriche con un processo di
costruzione atomo per atomo al fine di ottenere proprietà particolari e importanti. Le
nanostrutture possono essere generalmente costruite con due metodi differenti. Il primo
rappresenta un approccio top-down, nel senso che la fabbricazione della nanostruttura parte
da aggregati macroscopici e procede verso il basso con riduzione delle dimensioni e
riordinamenti successivi. Questo metodo è un’estensione delle microtecnologie che, su
scala microscopica (1 μm=10
-6
m) hanno determinato il successo della microelettronica e
della fabbricazione dei circuiti integrati. Il secondo metodo rappresenta invece un
approccio bottom-up, nel quale si costruisce un nanooggetto da zero, atomo dopo atomo,
come nei giochi di costruzioni per bambini, dove i mattoncini sono sostituiti dai singoli
atomi. Chiaramente, entrambi i metodi richiedono tecnologie estremamente sofisticate. I
metodi del tipo top-down sono generalmente basati su litografie dove uno schema
macroscopico precedentemente disegnato viene notevolmente rimpicciolito e riportato su
di una matrice.
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I metodi bottom-up si basano su reazioni chimiche e manipolazioni atomiche. Una grossa
rivoluzione nella nanoscienza si è avuta nel 1981 ai laboratori dell’IBM di Zurigo con
l’invenzione del microscopio a scansione a effetto tunnel (STM, scanning tunneling
microscope), capace di visualizzare i singoli atomi (lavoro di Gerd Binnig e Heinrich
Rohrer, premi Nobel per la fisica nel 1986). Questo strumento si basa su una punta
acuminata che viene fatta scorrere su una superficie. Una debole corrente elettrica passa
dalla punta metallica verso il primo atomo della superficie; l’intensità della corrente
aumenta esponenzialmente al diminuire della distanza tra la punta e la superficie. Il
passaggio di corrente è permesso dall’effetto tunnel, un fenomeno previsto dalla meccanica
quantistica, per il quale una particella (in questo caso un elettrone) ha una certa probabilità
di attraversare una regione classicamente ‘proibita’ (che qui è costituita dal vuoto
compreso tra la punta e l’atomo della superficie); questa probabilità dipende
esponenzialmente dall’estensione della regione non permessa. Nel mondo macroscopico
l’effetto tunnel non è osservabile perché le distanze sono troppo grandi e quindi la
probabilità di attraversamento è trascurabile. Al contrario, nel nanomondo, nel quale le
dimensioni in gioco sono dell’ordine del nanometro, l’effetto tunnel diventa osservabile e
produce conseguenze misurabili (come un flusso di corrente). Nello STM l’intensità della
corrente dovuta all’effetto tunnel permette di identificare esattamente la posizione occupata
dall’atomo sulla superficie.
Visualizzare gli atomi è molto importante nella nanoscienza; d’altro canto manipolare e
spostare gli atomi per costruire nuove strutture è ugualmente di fondamentale importanza.
Effettivamente sia lo STM sia il microscopio a forza atomica (AFM, atomic force
microscope – una differente versione di sonda a scansione che usa, per la visualizzazione
degli atomi, forze atomiche al posto delle correnti di effetto tunnel) hanno mostrato di
essere capaci di estrarre e spostare singoli atomi, vale a dire di alterare la struttura a livello
atomico.
Progressi recenti in nanotecnologia hanno aperto la strada alla fabbricazione di un’ampia
varietà di sistemi di dimensioni ridotte, con i materiali più diversi. Anche le applicazioni,
che spaziano in campi diversi come le telecomunicazioni o la medicina, sono molteplici e
importanti. Pur non essendo possibile descrivere in maniera esaustiva e concisa una
disciplina così ampia e soprattutto in rapida evoluzione, nel seguito saranno riportati gli
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aspetti più importanti e le applicazioni riguardanti nanostrutture a semiconduttore e
nanotubi.
1 1. .1 1 N NA AN NO OS ST TR RU UT TT TU UR RE E A A S SE EM MI IC CO ON ND DU UT TT TO OR RE E
I livelli energetici nei solidi cristallini si distribuiscono in bande di energia, cioè insiemi di
valori separati da intervalli di energia proibita o gap. Nei semiconduttori (per es., il silicio)
agli effetti della conducibilità elettrica è opportuno considerare soltanto le bande di energia
degli elettroni più esterni degli atomi e responsabili del legame chimico, cioè la banda di
conduzione (dove possono collocarsi gli elettroni responsabili della conduzione elettrica) e
la banda di valenza (sede appunto degli elettroni di valenza). L’ampiezza in energia
dell’intervallo proibito tra banda di valenza e di conduzione è nei semiconduttori pari a 1
eV circa. La conduzione è prodotta sia da elettroni nella banda di conduzione sia da stati
vuoti (lacune) nella banda di valenza. In realtà, la conduzione elettrica nella banda di
valenza è prodotta da un moto congiunto di tutti gli elettroni presenti nella banda stessa;
comunque l’effetto finale può essere ugualmente descritto in termini di spostamento di
poche particelle a carica positiva posizionate in corrispondenza degli stati vuoti. È quindi
più semplice (e convenzionalmente accettato) identificare la conduzione, dovuta agli
elettroni la cui energia corrisponde alla banda di valenza, con le lacune positive.
Alla temperatura dello zero assoluto un semiconduttore ha la banda di valenza interamente
occupata (assenza di lacune) e la banda di conduzione vuota e si comporta quindi come un
isolante. Non appena la temperatura comincia ad aumentare alcuni elettroni saltano nella
banda di conduzione (creando delle lacune nella banda di valenza) dando quindi luogo a
fenomeni di conduzione in presenza di un campo elettrico. La probabilità di salto e quindi
la concentrazione dei portatori di carica aumenta esponenzialmente con la temperatura.
Effetti di quantizzazione nelle nanostrutture a semiconduttore sono stati mostrati negli anni
Settanta nei pozzi quantici; queste strutture sono costituite da un sottile spessore di un
semiconduttore con un gap di energia relativamente piccolo (per es., GaAs, E
g
=1,42 eV)
inserito tra due strati epitassiali di un semiconduttore con un gap più grande (per es.,
Al
0
,
3
Ga
0
,
7
As, E
g
=2 eV). Le differenze di livello delle bande di conduzione e delle bande di
valenza rappresentano barriere di potenziale rispettivamente per gli elettroni e per le
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lacune, una struttura simile a una buca di potenziale. Il semiconduttore con il gap minore
rappresenta il fondo della buca quantistica mentre il materiale con il gap maggiore
costituisce la barriera di potenziale. Se lo spessore del materiale con gap minore è
sufficientemente sottile (cioè confrontabile con la lunghezza d’onda di de Broglie per
elettroni e lacune), si avrà la quantizzazione dei livelli energetici (Fig 1. 1) dei portatori di
carica, che sono quindi confinati lungo una dimensione dalle barriere di potenziale.
Risolvendo l’equazione di Schrödinger si ottengono i livelli di quantizzazione dell’energia,
dati da:
[1] En=h
2
n
2
/ 8mL
2
dove n è un numero intero di quantizzazione, L è la larghezza della buca di potenziale, h la
costante di Planck e m la massa efficace dei portatori di carica. Per valori grandi della
dimensione L, l’energia nello stato fondamentale (n=1) è molto piccola a causa del valore
della costante di Planck (6,6*10
-34
Js). Quando invece L assume un valore di qualche
nanometro, le energie corrispondenti raggiungono valori pari a diverse centinaia di meV.
Questi valori sono molto maggiori dell’energia di agitazione termica a temperatura
ambiente (26 meV) e sono inoltre confrontabili con la stessa ampiezza del gap. Quindi gli
effetti di quantizzazione diventano particolarmente evidenti.
Fig 1. 1- Gli effetti della quantizzazione nei pozzi quantici in un semiconduttore
Come risultato del confinamento, sia nella banda di conduzione sia in quella di valenza, si
forma uno spettro discreto di livelli energetici.
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Possono in generale essere definiti tre regimi quantistici, a seconda del numero di
dimensioni (una, due o tre) di sconfinamento ei portatori di carica. Il confinamento in una
direzione crea strutture bidimensionali (2D) chiamate buche quantiche (o pozzi quantici). Il
confinamento dei portatori di carica in due direzioni genera strutture 1D denominate fili
quantici, mentre le strutture 0D sono punti quantici chiamati anche nanocristalli o scatole
quantiche.
Il numero di dimensioni del confinamento condiziona molti aspetti della quantizzazione.
La Fig 1. 2 mostra le conseguenze sulla densità di stati, cioè sul numero di stati disponibili
per unità di energia per i portatori (elettroni e lacune).
Fig 1. 2 Densità degli stati elettronici per sistemi a tre, due (pozzi quantici), una (fili quantici), zero
(punti quantici) dimensioni
Dal momento che sia gli elettroni sia le lacune sono dei fermioni, essi sono sottoposti al
principio di esclusione di Pauli, per il quale ogni stato può essere occupato da un solo
portatore.
La densità di stati di un sistema fisico rappresenta una proprietà cruciale del sistema perché
determina la distribuzione in energia dei portatori. Vale la pena notare che la densità di
stati è fortemente modificata dal confinamento. Mentre generalmente per elettroni e lacune
vale una legge che segue la radice quadrata dell’energia, in un pozzo quantico (2D) la
densità di stati è costante e salta bruscamente di valore ogni volta che subentra un nuovo
numero quantico. Nei fili quantici (1D) le singolarità sono seguite da andamenti
decrescenti con l’inverso della radice quadrata dell’energia. Infine, nei punti quantici (0D)
la densità di stati si riduce a picchi di energia ben definiti. Questo spettro discreto di
energia, simile a quello degli elettroni più esterni degli atomi, ha fatto attribuire ai punti
quantici anche il nome di ‘atomi artificiali’.
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1 1. .2 2 FABBRICAZIONE DELLE
NANOSTRUTTURE
FABBRICAZIONE DELLE
NANOSTRUTTURE
I pozzi quantici sono generalmente prodotti mediante crescita di strati epitassiali di alta
qualità composti da semiconduttori differenti. Le metodologie di crescita sono l’epitassia
da fasci molecolari MBE (molecular beam epitaxy) o la deposizione chimica da fase
vapore di composti metallorganici MOCVD (metallorganic chemical vapour deposition).
Nella tecnica MBE un flusso di atomi viene fatto evaporare da celle di effusione a intensità
estremamente basse e depositare sopra un substrato monocristallino. Ciò permette di
controllare la deposizione a livello del singolo strato atomico. Nella camera di crescita, il
vuoto è mantenuto a valori molto elevati (10
-11
Torr) allo scopo di evitare eventuali
contaminazioni dall’ambiente. Variazioni nelle specie atomiche depositate rendono
possibile la produzione di multistrati con interfacce fra uno strato e il successivo definite a
livello del singolo piano atomico. Inoltre la crescita di questi strati può avvenire con gli
atomi orientati seguendo strutture cristalline ben definite (epitassia). I fili e i punti quantici
possono essere prodotti in molti modi diversi.
Per esempio i nanocristalli possono essere formati mediante chimica colloidale. Questo
metodo è generalmente usato nella produzione di punti quantici di semiconduttori
composti (cioè semiconduttori formati da elementi del II e VI o del III e V gruppo della
tavola periodica). La tecnica di composizione dei colloidi a monodispersione è antica e la
si può far risalire alla sintesi dei colloidi d’oro effettuata da Michael Faraday nel 1857. Il
suo uso nella nanofabbricazione è invece assai recente. Un metodo generale per la
formazione di punti quantici colloidali di semiconduttori II-VI sfrutta l’inserimento rapido
di una soluzione di reagenti chimici contenenti specie del II e del VI gruppo della tavola
periodica in un solvente ad alta temperatura in grado di coordinarsi con gli atomi della
superficie delle particelle precipitate. Di conseguenza, in una prima fase, si forma un gran
numero di centri di nucleazione per particelle di semiconduttore. I legami di coordinazione
con il solvente caldo impediscono o limitano poi la crescita delle particelle (che
tipicamente avviene tramite il cosiddetto processo di ‘Ostwald ripening’, consistente nella
crescita delle particelle più grandi a spese delle più piccole per minimizzare l’energia
libera superficiale più alta associata con le particelle minori). Un successivo restringimento
nella distribuzione delle dimensioni è ottenuto tramite induzione di precipitazioni selettive
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di particelle più grandi. Questo metodo consente il controllo delle dimensioni dei punti
quantici al livello di qualche percento del diametro medio.
I punti quantici di silicio sono prodotti con metodi diversi. Un modo generale consiste
nella formazione di uno strato di SiO2 arricchito in silicio, cui si attribuisce la formula
stechiometrica SiO
x
con x<2. Ciò avviene sia mediante deposizione chimica da fase vapore
sia mediante impiantazione ionica di silicio in strati di SiO2. Nel primo caso un flusso di
gas di SiH4 e di N2O è introdotto in un reattore dove avviene la deposizione. Il rapporto
tra Si e O depositati può essere modificato e controllato agendo sul rapporto dei flussi dei
due gas. Nel secondo caso si produce, in un acceleratore, un fascio energetico di ioni
silicio, il quale viene indirizzato contro un bersaglio di SiO2 stechiometrico.
Questo metodo è denominato impiantazione ionica perché gli ioni energetici sono
‘impiantati’ nel bersaglio mediante penetrazione in esso. Il numero di ioni impiantati può
essere facilmente controllato misurando, durante il processo, la corrente di ioni sul
bersaglio che rappresenta l’eccesso di Si in soluzione con SiO2. In entrambi i casi un
trattamento termico ad alta temperatura (maggiore di 1000 °C) di questa soluzione solida
sovrasatura causa una separazione di fase tra SiO2 isolante e Si semiconduttore. Quando
iniziano a formarsi nuclei di silicio, questi tendono ad aggregare altri atomi di Si creando
piccoli nanocristalli di silicio all’interno del SiO2. In questo metodo l’‘Ostwald ripening’
gioca un ruolo importante e la distribuzione finale delle dimensioni delle nanoparticelle è
più larga di quella ottenuta con metodi colloidali. A titolo di esempio per questo metodo, di
grandezza diversa in un semiconduttore (Si). La Fig 1. 3 mostra un’immagine ad alta
risoluzione ottenuta con il microscopio elettronico a trasmissione TEM (transmission
electron microscope) di nanocristalli di silicio immersi in SiO2 formatisi mediante
deposizione e successiva aggregazione.
Fig 1. 3 Immagine di nanocristalli di silicio immersi in una matrice di biossido di silicio, ottenuta con
un microscopio elettronico a trasmissione.