STUDIO GEOLOGICO-AMBIENTALE DEL SETTORE DELLA PROVINCIA DI
TORINO COMPRESO TRA IL FIUME DORA RIPARIA E I TORRENTI
CERONDA E CASTERNONE
RIASSUNTO
Il seguente lavoro ha preso in esame le caratteristiche geologico-ambientali del settore di
pianura Torinese posto tra l’Anfiteatro Morenico di Rivoli-Avigliana e l’area
metropolitana e compreso tra il Fiume Dora Riparia a sud e i torrenti Ceronda e Casternone
a nord. In particolare ci si è concentrati sullo stato ambientale delle risorse idriche
dell’area. Il lavoro di ricerca ha previsto una fase preliminare di raccolta dei dati
disponibili, seguita da campagne di rilievo piezometrico e di campionamento delle acque
superficiali e sotterranee. Sono state realizzate otto sezioni litostratigrafiche, elaborate le
analisi idrochimiche delle acque campionate e realizzate cartografie relative alla
piezometria della falda idrica superficiale nonchè alla base e allo spessore dell’acquifero
superficiale. Dalle ricostruzioni effettuate, emerge una configurazione del sottosuolo
caratterizzata dalla presenza di un acquifero superficiale non confinato con spessori
variabili tra 8 e 65 metri sovrapposto ad un acquifero multifalda posto a profondità
variabili tra 18 e 78 metri e con spessori anche superiori a 150 m.
A scala regionale le acque sotterranee fluiscono da ovest verso est, ma, localmente, le linee
di flusso della falda possono seguire percorsi più complessi. Il chimismo delle acque è
condizionato dalla litologia dei bacini di ricarica: in parte dalle rocce del Complesso
Ultrabasico di Lanzo e in parte dai litotipi affioranti in Valle di Susa. Dal punto di vista
qualitativo le acque sotterranee mostrano la presenza di un certo impatto antropico, ciò
nonostante le concentrazioni dei principali parametri chimico fisici rientrano entro i limiti
indicati nella normativa vigente per le acque destinate al consumo umano.
Inquadramento dell’area di studio
3
2 - INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO
2.1 - Inquadramento geografico
L’area di studio è ubicata in Piemonte nella provincia di Torino e comprende i territori
comunali di Caselette, San Gillio, Alpignano, Pianezza e parte dei territori di Givoletto,
Val della Torre, Druento, Venaria Reale e Collegno, estendendosi tra il Fiume Dora
Riparia a sud e i torrenti Ceronda e Casternone a nord (Figura 2.1). Questo settore è
delimitato a est dalla città di Torino e a ovest dal Musinè, il quale si eleva fino ad una
quota di 1146 m s.l.m e rappresenta la terminazione sudorientale della cresta spartiacque
che separa lo sbocco della Valle di Susa dalla valle del Torrente Casternone. Secondo la
Suddivisione Orografica Internazionale Unificata del Sistema Alpino (MARAZZI, 2005), il
Musinè fa parte delle Alpi Graie, identificate come sezione delle Alpi nordoccidentali ed in
particolare alla Catena Rocciamelone-Charbonnel.
Figura 2.1 - Ubicazione geografica dell'area di studio. Stralcio del Foglio IGM n. 56 Torino alla
scala 1:100.000, modificato.
Morfologicamente l’area di studio è suddivisibile in tre settori: i rilievi alpini che
delimitano l’area ad ovest e due settori antistanti ad essi, uno prevalentemente collinare e
l’altro pianeggiante. L’area collinare si estende dall’imbocco della Valle di Susa fino alla
Inquadramento dell’area di studio
8
Figura 2.4 - Stralcio del Foglio n.1 del Modello Strutturale dell’Italia alla scala 1:500.000 (CNR,
1990), modificato. Sono indicate le principali strutture deformative e le isobate indicanti la base
dei sedimenti pliocenici marini (linee continue che delimitano le aree con tematismo in gradazione
di verde.). Legenda: 0)Lineamento Periadriatico; 1-3)Contatto tettonico; 2)Retroscorrimento; 4)
Sovrascorrimenti e faglie inverse (superficie (a), sottosuolo (b)); 5)Principali thrust post-
Tortoniani; 6)Asse di anticlinale; 7)Asse di Sinclinale; 12a-b)Micascisti Eclogitici della Zona
Sesia-Lanzo; 33c-34a-b-c) Meta-basalti, lherzoliti mantelliche, serpentiniti antigoriche, gabbri
(Unità Oceaniche ofiolitiche della Zona Piemontese); 35d)Antigoriti e Serpentiniti (Calcescisti a
collocazione incerta); 39a-41a)Micascisti e Metagranitoidi del Massicio Dora Maira;
114)Arenarie e Calcari Miocenici (Gruppo Bismantova-Termina e Gruppo Sant’Agata-Serravalle
Auct.); 115)Arenarie, Siltiti, Argilliti e Conglomerati Eo-Miocenici (Gruppo Loiano-Ranzano e
Cessole-Savignone Auct.); 119)Complesso Caotico (Argille Scagliose Auct.).
Questa successione è costituita da depositi di origine fluvio-lacustre, caratterizzati da
alternanze di depositi grossolani (sabbie e ghiaie) e depositi granulometricamente più fini
(limi e argille), depositatesi in un lasso temporale compreso tra il Pliocene medio e
dubitativamente il Pleistocene inferiore (FORNO et al., 2008). Gli stessi autori riportano che
i depositi della “successione villafranchiana” sono distribuiti su tutta l’area di studio, in
relazione alle caratteristiche strutturali così come per i sedimenti marini pliocenici, con
spessore crescente man mano che ci si allontana dal bordo alpino o dalla Collina di Torino,
affiorando unicamente lungo le incisioni del conoide dello Stura. La potenza, e di
conseguenza la posizione del tetto della successione (profondità variabile tra 30 e 70 m)
cambia a seconda dell’area investigata (BALESTRO et al., 2009a). Al di sopra della
A
A’
Inquadramento dell’area di studio
9
“successione villafranchiana” poggiano in discontinuità i depositi quaternari pleistocenici
(Figura 2.5).
Figura 2.5 - Sezione geologica schematica tra il bordo alpino e la Collina di Torino indicante
l'andamento della base del Pliocene marino desumibile dalla carta di fig. 2.4 e i rapporti
stratigrafici tra i sedimenti pliocenici, il “Villafranchiano” e i depositi quaternari.
L’evoluzione quaternaria si è protratta in ambito continentale ed è stata guidata dalle
dinamiche deposizionali dei corsi d’acqua alpini e dall’azione delle masse glaciali. In
relazione agli eventi di espansione e ritiro, quest’ultime hanno intensamente influenzato il
territorio sotto diversi aspetti, sia dal punto di vista geologico-morfologico, sia da quello
geologico-strutturale. Il peso delle grandi masse glaciali quaternarie ha infatti influito
sull’evoluzione neotettonica
1
della catena alpina e della pianura ad essa antistante,
provocando un rallentamento del sollevamento generale isostatico, tutt’ora in atto, prodotto
in risposta ai fenomeni erosivi nella catena di neo-formazione (PROVINCIA DI TORINO,
2010). Dal punto di vista geomorfologico, l’alternarsi di periodi glaciali e interglaciali ha
condizionato gli eventi di erosione-deposizione che hanno accompagnato il modellamento
della superficie topografica. La conseguenza è stata l’incisione delle vallate alpine,
l’edificazione delle colline moreniche, la deposizione di sedimenti ad opera delle acque di
fusione e la progressiva modifica di assetto e azione modellante del reticolato idrografico
superficiale. In merito a questi aspetti, nell’area di studio, ci si riferisce all’evoluzione
pleistocenica del ghiacciaio della Valle di Susa, che ha portato all’edificazione
dell’Anfiteatro Morenico di Rivoli-Avigliana e all’evoluzione dei bacini idrografici del F.
Dora Riparia, del Torrente Ceronda e subordinatamente del Torrente Casternone. I
1
Neotettonica: Lo studio dell’evoluzione geodinamica recente esteso ad un intervallo di tempo sufficiente
per inquadrare correttamente la tettonica in atto e permettere valutazioni sugli attuali tassi di deformazione
crostale (VITA-FINZI, 1986).
?
?
? ?
?
Inquadramento dell’area di studio
11
depositi immediatamente precedenti, in particolare, le alluvioni antiche risultano separate
da scarpate di 5-6 metri dai soprastanti terrazzi riferibili al fluvioglaciale würmiano,
mentre le alluvioni medio-recenti costiuiscono i terrazzi in posizione altimetrica più bassa.
Figura 2.6 - Stralcio del foglio n.56 Torino della Carta geologica d'Italia alla scala 1:100.000
(BONSIGNORE et al., 1969a). Legenda: mg) Lherzoliti più o meno serpentinizzate (Massiccio
Ultrabasico di Lanzo); mR) Morenico Riss; fgR) Fluvioglaciale Riss; Mm) MorenicoMindel; fgM)
Fluvioglaciale Mindel; flM) Fluviale Mindel; fgW) Fluvioglaciale Wurm; a1-a2-a3) Depositi
Olocenici.
Come evidenziato nello schema di Figura 2.7, i depositi quaternari presentano in vari punti
copertura di loess, costituito da depositi eolici omogenei e privi di stratificazione. Il loess si
è originato per trasporto dei materiali fini del morenico, durante le fasi di ritiro, in un
periodo riconducibile prevalentemente alla fase Cataglaciale Riss (BONSIGNORE et al.,
1969a).
Nel corso degli ultimi decenni, il precedente metodo di suddivisione cronologica dei
depositi quaternari è stato progressivamente abbandonato, in virtù dell’evidenza
dell’importanza delle condizioni locali, e non solo delle condizioni climatiche a scala
regionale, nell’evoluzione dei ghiacciai alpini (BAGGIO et al., 2003).
Inquadramento dell’area di studio
12
Figura 2.7 - Sezione schematica III, tra il F. Dora Riparia nei pressi di Alpignano e il T.Ceronda
(cfr. Figura 2.66 per l’ubicazione). Scala delle altezze 1:10.000, lunghezza non in scala. Legenda:
a) Depositi Olocenici (alluvioni medio-recenti); cR) CataglacialeRiss; fgR) Fluvioglaciale Riss;
mR) MorenicoRiss; fgM) Fluvioglaciale Mindel; mM) Morenico Mindel; iGM) Interglaciale
Mindel-Gunz. Tratto dal foglio n.56 Torino della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:100.000
(BONSIGNORE et al., 1969b), ridisegnato.
Le nuove interpretazioni sono quindi derivate da un approccio differente, prettamente più
geologico e meno paleoclimatico, basato sui principi dell’Allostratigrafia, ovvero su di una
suddivisione dei corpi geologici caratterizzata dall’individuazione e dall’organizzazione di
discontinuità rappresentative. Le discontinuità possono corrispondere a discordanze
angolari, a disconformità, a superfici di interruzione di sedimentazione, a superfici di
erosione e alla superficie topografica se rappresenta il tetto di un corpo sedimentario
affiorante (BINI, 2009). Sono inoltre considerati rappresentativi limiti costituiti dalla
presenza di un suolo sepolto, da brusche variazioni di facies, o da cambiamenti nella
composizione mineralogico-petrografica dei sedimenti (BALESTRO et al., 2009a). Nella
recente cartografia geologica i depositi quaternari continentali sono stati quindi suddivisi,
cartografati e descritti seguendo questi nuovi criteri, indicati anche nelle linee guida
dell’ISPRA (GERMANI et al., 2003), utilizzando le UBSU (Unconformity Bounded
Stratigraphic Unit) la cui unità di base è rappresentata dai Sintemi: corpi geologici
delimitati alla base ed al tetto da discontinuità significative riconoscibili e dimostrabili
preferibilmente estendibili a scala regionale o interregionale (ISSC, 1994). I Sintemi
4
sono
stati a loro volta suddivisi in Subsintemi
5
e dove possibile, attribuiti al bacino idrografico
di provenienza, mentre per le restanti unità è stato utilizzato il termine di ubiquitarie
6
(BALESTRO et al., 2009a). Nella nuova cartografia l’area di studio ricade all’interno del
foglio n. 155 Torino Ovest (BALESTRO et al., 2009b), riportato parzialmente in allegato in
Tavola 1, nel quale la nuova base di approccio interpretativo ha consentito un maggior
4
Intesi come delimitati da discontinuità estendibili almeno alla scala di bacino idrografico.
5
Intesi come delimitati da discontinuità di significato locale .
6
Con questo termine ci si riferisce, in BALESTRO et. al. (2009b) a: “unità deposizionali non vincolate per
genesi ed evoluzione alla storia di un singolo bacino o prodotte da eventi a carattere locale (es. distacco di
una frana o deposizioni di coltri di loess)”.
Stato delle conoscenze
30
3 - STATO DELLE CONOSCENZE
In questo capitolo si vuole fornire un quadro generale sulle conoscenze attuali inerenti le
risorse idriche dell’area di studio e sulla normativa europea, nazionale e regionale in
materia di qualità delle acque, tutela delle risorse idriche e di bonifica dei siti inquinati.
3.1 - Assetto Idrogeologico
L’area di studio ha caratteristiche idrogeologiche strettamente correlate, oltre che con la
natura dei litotipi costituenti il sottosuolo, con la sua posizione geografica (Fig. 3.1).
Figura 3.1 - Schema geologico semplificato della Regione Piemonte. In evidenza la distribuzione
dei bacini della Pianura Padana Piemontese. Il quadrato indica l’ubicazione dell’area di studio.
Tratto da IRACE et al. (2009), modificato.
Il serbatoio delle acque sotterranee si sviluppa nella fascia compresa tra il bordo alpino e la
Collina di Torino, elementi che, rispettivamente a ovest e ad est, lo delimitano fungendo da
barriera impermeabile e condizionandone i deflussi (BORTOLAMI et al., 2002). L’area
antistante il bordo alpino, compresa tra il settore laterale sinistro dell’Anfiteatro Morenico
Stato delle conoscenze
36
Figura 3.5 – Sezione litostratigrafica tra il F. Dora Riparia e il T. Ceronda indicante i rapporti
stratigrafici tra il primo complesso (depositi continentali quaternari) e il secondo (depositi
“villafranchiani”). Tratto da BORTOLAMI et al. (2002), modificato.
Figura 3.6 - Sezione litostratigrafica tra San Gillio e il T. Ceronda presso Venaria Reale indicante
i rapporti stratigrafici tra il primo complesso (depositi continentali quaternari) e il secondo
(depositi “villafranchiani”). Tratto da BORTOLAMI et al. (2002), modificato.
A
A’
B
B’
Stato delle conoscenze
37
Figura 3.7 - Sezione litostratigrafica tra il F. Dora Riparia e il F. Po indicante i rapporti
stratigrafici tra il primo complesso (depositi continentali quaternari) e il secondo (depositi
“villafranchiani”). Tratto da BORTOLAMI et al. (2002), modificato.
Tutti gli acquiferi presenti nel sottosuolo sono permeati esclusivamente da acque dolci,
intese come acque con contenuto di solidi disciolti inferiore a 1 g/l, eccezion fatta per
l’acquifero molto profondo, permeato anche da acque salmastre e salate, rispettivamente
con contenuto di solidi disciolti compreso tra 1 e 10 g/l e >10 g/l (IRACE et al., 2009). Gli
autori riportano inoltre che l’andamento generale delle falde idriche è conseguenza di un
deflusso che va dai rilievi e dalle zone pedemontane verso zone di drenaggio, costituite nel
caso in esame dal Fiume Po, che rappresenta il livello di base della Pianura Padana. La
fascia prossima ai rilievi alpini costituisce l’area principale di ricarica delle falde idriche
superficiali e profonde presenti. In particolare quest’ultime vi traggono esclusivamente i
loro apporti: la posizione più prossima alla superficie topografica, data dal minor spessore
dell’acquifero, e l’aumento delle percentuali delle frazioni grossolane dei depositi,
favoriscono l’alimentazione dagli acquiferi localmente comunicanti e l’infiltrazione delle
acque di precipitazione atmosferica. Le aree di ricarica, specialmente quelle degli acquiferi
profondi, sono un’importante risorsa da tutelare, per evitare la contaminazione e garantire
la qualità delle acque delle falde profonde, ampiamente sfruttate per uso idropotabile.
3.1.1 - Acquifero superficiale
L’acquifero superficiale nell’area di studio è costituito dai depositi continentali quaternari
post “villafranchiani” distribuiti nella fascia antistante l’orogene (Fig. 3.8). E’
caratterizzato da una prevalenza di depositi grossolani più permeabili nella fascia
perialpina, che via via divengono intercalati a depositi impermeabili limoso-argillosi man
C
C’
Stato delle conoscenze
50
Figura 3.15 - Carta della distribuzione dell'interfaccia acqua dolce - acqua salata/salmastra in
Piemonte. Il rettangolo blu indica l’area di studio. Tratto da IRACE et al. (2009), modificato.
Gli autori riportano inoltre lo spessore di acquifero molto profondo permeato
esclusivamente da acque dolci, il cui valore massimo nell’area di studio è di circa 200
metri, in corrispondenza delle “aree depocentrali” (Pianezza-Venaria). Tale valore è
relativamente esiguo rispetto agli spessori dell’acquifero profondo interamente permeato
da acque dolci e, considerando anche l’ulteriore risalita dell’interfaccia che si avrebbe in
caso di pompaggio, rappresenta un’ulteriore limitazione all’eventuale sfruttamento.
3.1.3.1 - Aree di ricarica e sistemi di flusso
La ricarica degli acquiferi molto profondi è quantitativamente più limitata rispetto agli
acquiferi soprastanti sia per le caratteristiche di permeabilità dei depositi sia per l’influenza
dell’interfaccia acqua dolce-acqua salmastra/salata che condiziona i deflussi, tendendo a
far migrare le acque dolci di ricarica nuovamente verso gli acquiferi soprastanti (IRACE et
al., 2009). Come per gli acquiferi profondi la ricarica avviene prevalentemente nelle aree
pedemontane e, nell’area di studio, dato che i depositi pliocenici non affiorano,
esclusivamente per infiltrazione dall’acquifero soprastante (IRACE et al., 2009). I circuiti
sono brevi e caratterizzati da movimenti di flusso prevalentemente verticali, verso il basso
nelle aree pedemontane di ricarica e verso l’alto ove sono presenti anche acque
salmastre/salate (IRACE et al., 2009).
Sperimentazione
63
rappresentativa deriva dalla difficoltà di distinzione tra questi due complessi
esclusivamente sulle stratigrafie disponibili, unitamente all’obiettivo delle sezioni stesse,
realizzate per fornire una ricostruzione dell’assetto del sottosuolo dal punto di vista
idrogeologico, senza entrare nei meriti delle distinzioni “formazionali”. Le stratigrafie
hanno inoltre consentito di individuare in numerosi punti la base del complesso dei
depositi superficiali e conseguentemente lo spessore dell’acquifero. Per l’individuazione si
è tenuto conto esclusivamente delle caratteristiche litostratigrafiche, effettuando, per
integrazione e verifica una consultazione della carta della base dell’acquifero superficiale
del settore di pianura della provincia di Torino (BORTOLAMI et al., 2002), necessaria anche
per non incorrere in errori interpretativi nei punti caratterizzati da depositi grossolani
indifferenziati con spessori superiori a 50 – 60 metri. Il criterio stratigrafico adottato
consiste nell’individuare la base dell’acquifero superficiale in corrispondenza della
presenza di depositi fini limoso-argillosi o argillosi, di significativo spessore e continuità
areale, che possano determinare un’effettiva separazione tra l’acquifero superficiale e
quello sottostante. In particolare si è scelto di adottare i medesimi criteri indicati in
BORTOLAMI et al. (2002), ovvero:
- in presenza di un livello a bassa o nulla permeabilità (argilloso, limoso-argilloso)
con spessore superiore a otto metri e continuità laterale superiore ad un chilometro,
il limite è stato posto al tetto del sopracitato livello;
- in presenza di una serie di livelli a bassa o nulla permeabilità (argillosi o limoso
argillosi) complessivamente con spessore superiore a otto metri e continuità laterale
superiore ad un chilometro, il limite è stato posto al tetto dell’ultimo livello della
serie (Fig.4.1)
Con l’ausilio delle sezioni si è verificata la continuità areale dei depositi è stato
individuato il limite, calcolato lo spessore dei depositi e successivamente ricavata, per
Figura 4.1 – Schema non in scala rappresentativo di una serie di livelli impermeabili con
spessore complessivo superiore a otto metri e continuità laterale superiore ad un chilometro. In
rosso è indicata l’ubicazione della base del complesso superficiale.
Sperimentazione
65
4.2.3 - Soggiacenza e piezometria della falda idrica superficiale
In concomitanza con la misura dei livelli idrici è stato possibile misurare la soggiacenza
della falda idrica superficiale nei punti d’acqua individuati, ovvero la distanza in metri tra
il piano campagna e la superficie libera della falda idrica. La misura è stata effettuata nei
piezometri di monitoraggio delle discariche presenti nell’area di studio, in quattro pozzi
privati individuati direttamente sul campo (TAV. 3) e nei piezometri di monitoraggio di un
sito in bonifica (Tab. 4.3).
Tabella 4.3 – Soggiacenze misurate durante la campagna di indagini 19-27 aprile 2012.
L'ubicazione dei punti è indicata in Tavola 3.
Sigla
Punto
Tipo Sito Comune
Soggiacenza
(m da p.c.)
MW22 Piezometro Bonifica FMO Alpignano 20,89
MW4 Piezometro Bonifica FMO Alpignano 17,89
MW23 Piezometro Bonifica FMO Alpignano 19,85
MW20 Piezometro Bonifica FMO Alpignano 17,62
pp02 Pozzo Via Bonino Alpignano 10
Monache Pozzo Cascina Monache San Gillio 9,75
Ghiona Pozzo Cascina Ghiona Pianezza 20,1
PD1 Pozzo Cascina Bertolotta Druento 10,83
s2 Piezometro Disc. Cascina Gay Collegno 29,43
PV3 Piezometro Disc. Cascina Gay Collegno 28,94
PV4 Piezometro Disc. Cascina Gay Collegno 29,78
PV5 Piezometro Disc. Cascina Gay Collegno 29,87
PV1 Piezometro Disc. Cascina Gay Collegno 29,27
PV6 Piezometro Disc. Cascina Gay Collegno 29,87
PV2 Piezometro Disc. Cascina Gay Collegno 29,52
S5 Piezometro Disc. Cassagna Pianezza 26,1
S2 Piezometro Disc. Cassagna Pianezza 26,46
S8 Piezometro Disc. Cassagna Pianezza 27,93
S9 Piezometro Disc. Cassagna Pianezza 27,66
S3 Piezometro Disc. Cassagna Pianezza 28,03
S13 Piezometro Disc. Cassagna Pianezza 29,16
S14 Piezometro Disc. Cassagna Pianezza 29,96
S15 Piezometro Disc. Cassagna Pianezza 28,26
A2 Piezometro Punto ambiente Pianezza 25,32
A3 Piezometro Punto ambiente Pianezza 26,78
A1 Piezometro Punto ambiente Pianezza 31,9
A4 Piezometro Punto ambiente Pianezza 27,94
A5 Piezometro Punto ambiente Pianezza 33,35
Sperimentazione
83
Figura 4.8 – Relazione tra conducibilità e concentrazione dei principali anioni in soluzione. In
viola si evidenziano i campioni che mostrano
Un analisi più approfondita del grafico di Figura 4.8 mette in evidenza come sia possibile
identificare due gruppi di acque, nei quali le influenze degli anioni all’aumento della
conducibilità sono differenti. Nel primo gruppo, che racchiude la maggior parte dei
campioni, il contributo principale all’aumento di tale parametro è fornito dallo ione
bicarbonato, mentre i contributi di solfati e cloruri sono decisamente inferiori. Nel secondo
gruppo invece, si nota una certa influenza anche dello ione solfato, mentre il contributo
dello ione cloruro rimane piuttosto basso ed in linea con la tendenza dei campioni del
primo gruppo.
I campioni appartenenti al gruppo 2 sono:
- Alp2, Br e Mor: i primi due relativi alle acque del Fiume Dora Riparia e l’ultimo
relativo alle acque di falda superficiale prelevate in un pozzo situato all’incirca a
metà tra Collegno e Venaria Reale, al limite occidentale dell’area di studio;
- I punti relativi alle acque di falda superficiale derivanti dal monitoraggio delle
acque sotterranee delle discariche di Cascina Cassagna e Cascina Gay.
I differenti contributi identificati forniscono una prima indicazione sulla possibile presenza
di tipologie di acque con diverso chimismo.
0,00
50,00
100,00
150,00
200,00
250,00
300,00
350,00
0 200 400 600 800
mg/l
Conducibilità [µS/cm]
Cl-
HCO3-
SO4-
Linear (Cl-)
Linear (HCO3-)
Linear (SO4-)
GRUPPO 2
Conclusioni
108
5 - CONCLUSIONI
Il lavoro effettuato ha consentito di raggiungere gli obiettivi preposti, migliorando le
conoscenze esistenti sull’area in esame dal punto di vista geologico, idrogeologico ed
ambientale.
Da quanto emerge dalle sezioni, nel sottosuolo dell’area di studio sono identificabili
idrogeologicamente due complessi sovrapposti, uno più superficiale prevalentemente
ghiaioso-sabbioso ed uno più profondo, caratterizzato da alternanze di litotipi permeabili e
impermeabili. Questa distinzione, come emerge da lavori precedenti, non è invece
identificabile nella fascia prossima al bordo alpino, dove i due complessi risultano essere
indifferenziati. Questo assetto del sottosuolo, precedentemente identificato da vari autori
sulla base di lavori a scala più vasta, ha trovato quindi ulteriore conferma. Dal punto di
vista idrogeologico, il complesso superficiale ha caratteristiche variabili a seconda
dell’area considerata. Benchè rappresenti per la maggior parte un mezzo acquifero
ospitante una falda idrica a superficie libera, in corrispondenza delle aree interne e
immediatamente esterne all’anfiteatro, indicativamente nella parte sudoccidentale dell’area
di studio tra Caselette e Alpignano, può assumere localmente le caratteristiche di
acquitardo, a causa della scarsa permeabilità dei depositi glaciali o dell’abbondante
presenza di matrice fine nei depositi fluvioglaciali prossimi alle dorsali moreniche. In
questi settori, la falda idrica superficiale può non essere presente, essere presente ma avere
limitata estensione oppure mostrare locali variazioni di flusso rispetto all’andamento
regionale. Nel complesso superficiale numerose aree della zona non satura presentano nei
primi metri di profondità coltri di alterazione o coperture poco permeabili di alcuni metri di
spessore, che possono offrire una discreta protezione dall’inquinamento della falda nei
confronti di sostanze veicolate per infiltrazione dalla superficie. Contrariamente, nelle aree
circostanti i corsi d’acqua, l’elevata permeabilità dei depositi alluvionali, la ridotta
alterazione e l’assenza di coperture di superficie, possono aumentare la vulnerabilità
all’inquinamento delle acque sotterranee.
Dal punto di vista della gestione del territorio, risulta quindi opportuno che le attività
potenzialmente dannose per la risorsa idrica sotterranea vengano ubicate in corrispondenza
dei settori interni all’anfiteatro oppure nei settori esterni caratterizzati geologicamente dai
depositi quaternari più antichi, in modo tale da limitare al minimo le probabilità di
contaminazione anche per la falda superficiale, sfruttando le condizioni di protezione
naturale che queste aree offrono. Lo spessore della zona satura varia a seconda delle aree
considerate da circa 8 metri a più di 60 metri e in generale risulta minore verso ovest in