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1 INTRODUZIONE
1.1 Premessa
I contributi di conoscenza che possono apportare le Scienze della Terra non si
limitano più ai settori scientifici di base, o più tradizionali, ma si sono estesi, già da più di un
decennio, ad altre discipline più specifiche a supporto delle grandi questioni planetarie
legate, ad esempio, al cambiamento climatico globale (Coltrinari L., 2002), al reperimento e
alla salvaguardia delle fonti idriche e alla necessità di supportare la gestione delle risorse
all’interno di un processo generale di sviluppo sostenibile (Berger A.R., 2007) . In questa
ottica, è necessario evidenziare come la figura del geologo non sia più solo chiamata ad
interessarsi a situazioni di emergenza, o a fornire un contributo sugli interventi e
all’osservazione scientifica dei fenomeni verificatisi in ambito emergenziale del territorio.
Negli ultimi anni si è infatti progressivamente affermata la pratica di applicare lo stato delle
conoscenze geologiche al monitoraggio ambientale per il recupero dei dati storici, attuali e
puntuali di zone ritenute critiche .
La geologia è la maggiore responsabile della topografia, del chimismo delle acque e
del suolo, della fertilità del suolo, della stabilità dei versanti e della tipologia di flusso delle
acque superficiali e sotterranee. Il monitoraggio geologico può essere quindi utilizzato per
accertare futuribili cambiamenti ambientali, perché produce informazioni previsionali in
merito alle conseguenze ecologiche dovute a quei cambiamenti, aiuta a determinare se le
variazioni osservate impongono la necessità di una diversa gestione dell’area in
osservazione, permette di valutare se il cambiamento ambientale registrato sia all’interno di
una gamma di variazioni normali oppure anomale e repentine. Senza la considerazione di
acqua, suolo, roccia e della componente atmosferica parti critiche dell’ecosistema
verrebbero trascurate, ed in questo senso i parametri chimico-fisici possono essere utilizzati
quali indicatori di cambiamento dell’ecosistema stesso.
Tali cambiamenti possono determinare significativi impatti sociali, clinici ed
economici; le attività antropiche, a loro volta, possono amplificare ed accelerare, secondo
uno schema di retroazione positiva, le condizioni di pressione che possono produrre,
conseguentemente, un aumento degli impatti negativi sugli ecosistemi di riferimento. La
gestione effettiva delle risorse non può quindi prescindere da una comprensione globale
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dell’ecosistema e dalla conoscenza delle interazioni tra le componenti biologiche ed
abiotiche.
1.2 Scopo del lavoro
Considerata l’importanza e la valenza scientifica dell’argomento in discussione, il
lavoro di ricerca in oggetto propone l’approfondimento dello stato delle relative conoscenze,
nonché la progettazione e la realizzazione di una struttura di monitoraggio ambientale di
alcune porzioni del territorio ligure, in grado di soddisfare i criteri e le raccomandazioni
internazionalmente condivisi come quelli elaborate dall’International Union of Geological
Sciences (IUGS). Tali procedure sono basate sull’utilizzo di misure dirette e/o indirette di
parametri geologici significativi, denominati “Geoindicatori”, in grado di fornire un chiaro
segnale di trasformazione ambientale.
Nell’ambito della collaborazione di ricerca esistente tra Università di Genova ed
ARPAL (in particolare tra il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e della Vita
dell’Università di Genova e l’AGENZIA REGIONALE per la PROTEZIONE
dell’AMBIENTE LIGURE) è stato avviato, a tale fine, un progetto ispirato a “IUGS -
Geoindicator” per alcune porzioni limitate del territorio provinciale del Savonese,
caratterizzate da criticità differenziate, con lo scopo di accertare in esse la qualità delle
condizioni esistenti, riscontrare eventuali cambiamenti a breve e medio termine delle
condizioni ambientali ed incrementare, possibilmente, l’efficacia delle relative tutele ed
ottimizzare le procedure di monitoraggio ad oggi in uso.
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2 IL MONITORAGGIO AMBIENTALE ATTRAVERSO GEOINDICATORI
2.1 Che cosa sono i Geoindicatori
La diversità e la resistenza allo stress degli ecosistemi dipende da numerosi fattori.
Oggi c’è una buona consapevolezza delle modalità con le quali le attività antropiche
possono influenzare l’equilibrio dell’ambiente, degli ecosistemi ed il clima nel quale esse
insistono. C’è comunque un minore riconoscimento di come le attività umane possano
influenzare i cambiamenti naturali, che avvengono con periodi di ritorno molto diversificati.
In aggiunta agli eventi climatici estremi ed ai disastri naturali (come ad esempio terremoti,
eruzioni, eventi franosi di grosse proporzioni) sono da considerarsi all’interno della
categoria dei cambiamenti anche quelli relativi al chimismo delle rocce, del suolo e delle
acque, ai tassi di erosione e rideposizione dei sedimenti (IUGS Geoindicators, 2010).
Nello studio delle condizioni degli ecosistemi e dell’ambiente, in relazione alle
attività umane che possono influenzarli, è necessario quindi prendere in considerazione i
cambiamenti naturali dei loro fattori biologici e non biologici.
Esiste una comune concezione (erronea) che tutti i cambiamenti di natura geologica
siano così lenti da essere irrilevanti per il monitoraggio dei cambiamenti ambientali. Mentre
questa condizione è verificata per molti dei processi geologici, ciò è lontano dalla verità per
altri tipi di processi (sempre geologici) che possono interessare l’ambiente con periodi di
ritorno di tipo giornaliero, stagionale, decennale .
Su questi presupposti tutti quei fenomeni di natura geologica che possono presentare
delle variazioni con periodi minori di 100 anni, e che interessano una porzione significativa
dell’ambiente in studio, possono essere riuniti in una categoria, di grandezze misurabili,
definita come “Geoindicatori” (IUGS Geoindicators, 2010).
I Geoindicatori sono quindi misure di parametri in grado di rappresentare l’effetto di
“risultante” del processo geologico che si intende studiare. Ad esempio, la glaciazione è il
processo tramite il quale si provoca l’accumulo di ghiaccio e regola il suo flusso ed
eventuali sue recessioni, modellando la superficie sopra la quale il ghiacciaio si muove. Le
fluttuazioni di un ghiacciaio, sotto il punto di vista dei Geoindicatori, rappresentano i
cambiamenti della posizione e del bilancio di massa del ghiaccio. Pertanto le fluttuazioni
sono importanti per comprendere e prevedere i mutamenti dell’ecosistema montano
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(criosfera) e del sistema fluviale che prende origine dallo stesso. Allo stesso modo il
vulcanismo è il processo con cui il magma giunge alla superficie ed eruttando modella il
paesaggio sottostante ( ed i paesaggi più distali attraverso ricadute di ceneri e di polveri).
L’agitazione vulcanica è il Geoindicatore che tiene in considerazione tutte le varie tipologie
di cambiamento (geofisiche, geochimiche e neotettoniche) che si verifica prima che avvenga
una eruzione. I processi dinamici costali causano cambiamenti nel livello del mare,
nell’erosione costale e deposizione dei sedimenti derivanti, nella tipologia di onde, nel
clima. La posizione della linea di costa è il Geoindicatore che aiuta a valutare l’effetto
cumulativo globale di questi processi (IUGS Geoindicators, 2010).
Secondo le linee guida dell’International Union of Geological Sciences (IUGS) tali
misurazioni possono essere costituite, ad esempio, dalla determinazione di frequenze,
tendenze evolutive, intensità, tassi, gradienti ed, più in generale, da tutte quelle tipologie di
misurazioni che sono in grado di mettere in evidenza il comportamento di un parametro
(fisico o chimico) nel tempo di sua osservazione .
I Geoindicatori sono quindi utili alla misurazione sia di eventi catastrofici sia di
eventi decisamente più graduali, ma evidenti all’interno dell’arco di vita media di un uomo,
permettendo così lo studio delle variazioni caratteristiche dei cambiamenti geologici
cosiddetti “rapidi” .
Generalmente gli indicatori ambientali non sono indipendenti gli uni dagli altri. In
questa ottica anche i Geoindicatori sono correlabili tra loro e possono essere d’aiuto per
supportare il tradizionale monitoraggio e per analizzare scenari di eventuale variazione delle
condizioni degli habitat, stabilendo le loro condizioni di base e le loro tendenze evolutive.
Ad esempio, monitorando le aree umide è ovviamente importante accertare le loro
condizioni e le diverse specie di organismi che ivi vivono o vi sono transitate. Ma per
definire delle strategie di conservazione è anche necessario analizzare i cambiamenti fisici
intervenuti e che stanno operando nell’area umida in studio (si sta espandendo? si sta
contraendo?), nonché valutare la qualità chimico-fisica delle sue acque superficiali e
sotterranee. Allo stesso modo, i ghiacciai rispondono abbastanza velocemente ai
cambiamenti climatici, e le fluttuazioni delle loro masse e delle loro estensioni possono
determinare effetti notevoli sulla ricarica idrica regionale, sulla generazione di energia
idroelettrica, sulle popolazioni ittiche dei fiumi locali e sulle attività dell’uomo esercitate
nelle aree influenzate direttamente o indirettamente. Cambiamenti del tasso di erosione nei
bacini idrografici e del contenuto dei sedimenti trasportati e risedimentati dai corsi d’acqua,
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esistenti in quei bacini, possono generare profonde conseguenze nelle vicine aree boscate,
aree urbanizzate e nei sistemi acquatici, incrementando il pericolo alluvionale.
I Geoindicatori si differenziano dai Bioindicatori per la matrice oggetto dello studio,
ma non per le finalità complessive. Tuttavia i primi permettono di evitare il problema
interpretativo dello stato di salute di un ecosistema che può essere affetto da “falsi negativi”.
A questo proposito si ricorda sia come il fenomeno della resilienza delle biocenosi alle
pressioni ambientali rappresenti un fattore di incertezza nelle valutazioni ambientali, sia i
continui “challenge” delle attività di ricerca specifica indirizzati ad individuare specie di
nuovi organismi che non risentano di questa problematica.
La Geologia ed i processi geologici sono aspetti complementari per una corretta
gestione e pianificazione. Ad esempio il suolo ed i processi morfogenetici influenzano i
modelli vegetazionali esistenti, che a loro volta condizionano le comunità biologiche (U.S.
National Park Service – Geologic Resources Division, 2004). Quando le misure dei
cambiamenti del territorio naturale vengono omesse dalle attività di monitoraggio e di
pianificazione si stabilisce, erroneamente, che il sistema sia in un equilibrio stabile. In realtà
i sistemi naturali sono dinamici ed alcuni di questi sistemi possono essere soggetti a
cambiamenti di tipo caotico: il cambiamento è la regola non l’eccezione (Berger A.R.,
2007). Il monitoraggio delle componenti abiotiche di un ecosistema attraverso gli
geoindicatori aiuterà ad evidenziare questa tema centrale.
Per quanto sopra illustrato ne discende l’importanza fondamentale di includere nelle
procedure di monitoraggio anche lo studio dei Geoindicatori, con il risultato di ottenere una
gamma più completa di informazioni ambientali e, così, una migliore gestione e
conservazione integrale degli ecosistemi e degli habitat che si intendono tutelare ( Higgins
R, Wood J., 2001; Milnes A.G. et al., 2006).
2.2 Il monitoraggio ambientale con Geoindicatori : stato dell’arte
Negli ultimi decenni l’utilizzo di indicatori o di parametri indice, che permettono sia
valutazioni che previsioni circa le condizioni presenti e futuribili di un generico sistema, si è
notevolmente diffuso nei campi scientifici più differenziati.
Tuttavia le basi teoriche per questa tipologia di studi sono rintracciabili già nei
lavori dei padri fondatori del metodo scientifico (Oresme, Cartesio, Newton), mentre le
prime applicazioni risalgono alla metà dell’Ottocento, in occasione degli sviluppi della
matematica statistica e con la nascita della ricerca specialistica (Geymonat L., 1972).