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1. Introduzione
Storicamente si attribuisce ad L. Prandtl ed a N. Tesla il merito di aver gettato i fondamenti
per il concepimento e lo studio dei primi elementi fluidici, grazie ai loro studi sui diffusori
ad ampio angolo ed i condotti valvolari rispettivamente; tuttavia fu solo nei primi anni ’30
che venne data la vera svolta per la realizzazione di questi apparati, anni nei quali H. Coanda
pubblica i suoi primi studi sull’attaccamento di un fluido ad una parete limitrofa e
successivamente quelli sull’omonimo effetto, il quale è tutt’ora alla base del funzionamento
di molte tipologie di elementi fluidici, compreso quello in oggetto del presente elaborato.
Gli elementi fluidici rappresentano soluzioni innovative per l’assoluzione di funzioni di
controllo su fluidi in moto, la realizzazione di interruttori logici, valvole, sensori di
prossimità e molto altro. L’estrema semplicità costruttiva, l’assenza di parti mobili, la
bassissima energia necessaria per il loro controllo e la grande affidabilità, sono solo alcune
delle caratteristiche di pregio di questi apparati innovativi, e rappresentano i principali motivi
per i quali vi è parecchio interesse nel loro sviluppo. Tuttavia la complessità della
fluidodinamica, l’attuale assenza di modelli di simulazione ampiamente validati e la
difficoltà insita nell’approccio analitico di questi apparati, ha rallentato la ricerca, anche se,
soprattutto grazie a nuove tecnologie quali la Computational Fluid Dynamics – CFD e le
sempre più avanzate apparecchiature di rilievo sperimentale, si prevede nel prossimo futuro
una inversione di tendenza sulla ricerca, che porterà nel breve-medio termine a concepire
concreti sviluppi applicativi per questi apparati.
Il deviatore fluidico bistabile, al quale ci si riferisce con la sigla DBA, sullo studio e sviluppo
del quale ho incardinato questo lavoro, è un apparto consistente in un condotto ad “Y”,
presenta un ingresso per il fluido principale e due uscite possibili, la particolarità del sistema
sta nella possibilità di indirizzare il flusso verso una delle due uscite senza l’ausilio di parti
mobili. Spinto da un condotto capillare di attuazione, che fornisce un impulso di pressione
della durata necessaria al transitorio, il flusso devia verso il ramo prescelto e conserva una
condizione di stabilità grazie all’adesione per effetto Coanda su di una superficie curva, che
lo mantiene indirizzato verso il ramo di uscita della biforcazione selezionato.
L’obbiettivo del lavoro era quello di condurre uno studio su di una particolare classe di
apparati fluidici, quella dei DBA appunto, che fosse sufficientemente approfondito da
consentire di: caratterizzare una configurazione geometrica del dispositivo a livello razionale
e quanto più generalizzato possibile; tracciare una modellazione analitica delle grandezze di
interesse tecnico dell’apparato con particolare riferimento alle portate in gioco; condurre una
analisi alla CFD utile a validare la modellazione proposta ed infine realizzare un prototipo
funzionante testandone in laboratorio aziendale l’effettivo funzionamento, cercando
possibili spunti di ottimizzazione e campi applicativi.
Ho sviluppato il lavoro partendo da uno studio teorico sugli elementi fluidici e sull’effetto
Coanda, arrivando a caratterizzare una geometria di mia concezione per l’apparato. Il passo
successivo, dopo aver sviluppato un modello matematico, è stato quello di portare avanti una
serie di simulazioni alla CFD, percorrendo un iter di indagine sperimentale computazionale
grazie al quale ho potuto validare il modello e la geometria che avevo concepito, verificare
il funzionamento del deviatore, ricavare leggi sperimentali tra i parametri geometrici e quelli
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di funzionamento e trovare la configurazione geometrica ottimale, atta a garantire un
funzionamento con volute caratteristiche operazionali.
Infine abbiamo realizzato e provato in azienda un prototipo funzionante, per verificare
l’effettiva bontà del lavoro svolto e soprattutto verificare l’attendibilità delle simulazioni
CFD svolte.
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2. Controllo fluidico e deviatore bi-stabile ad
attaccamento.
Nel corso di questo capitolo verrà inquadrato l’oggetto del presente lavoro: il deviatore
fluidico bistabile. Dopo un paragrafo introduttivo sugli elementi fluidici, le loro tipologie ed
applicazioni, si illustrerà al lettore la categoria d’interesse, focalizzando l’attenzione sulla
definizione di deviatore bi-stabile, sul suo principio di funzionamento e sulle applicazioni,
proseguendo poi con uno studio teorico generale sulla tipologia di deviatore bi-stabile ad
attaccamento, si condenseranno le conoscenze acquisite ed i modelli studiati, per arrivare a
tracciare un disegno della geometria del deviatore, caratterizzandola razionalmente sulla
base della teorizzazione svolta. Si darà, infine, uno sguardo alla dinamica del transitorio di
commutazione, inquadrandone gli aspetti salienti.
2.1. Elementi fluidici ed applicazioni.
2.1.1. Tipologie di elementi fluidici ed esempi applicativi notevoli.
Fu nel 1960 che, soprattutto in seguito agli studi di Henry Coanda sull’omonimo effetto, si
comprese come l’interazione tra un getto fluido ed una parete ad esso adiacente, potessero
essere applicati nella realizzazione di apparati innovativi per il controllo di flussi in moto,
senza l’ausilio di parti mobili. Gli Herry Diamond Laboratories si occuparono, in quegli
anni, di condurre un’approfondita campagna di ricerca e sviluppo sull’argomento, che
produsse come risultato la concezione di una nuova tecnologia, nota come “Fluidics” ovvero
“Sistemi Fluidici”. Questi sistemi possono essere definiti come apparati nei quali
amplificazione, controllo, processo di informazioni e/o attuazione, avvengono senza ausilio
di parti mobili, solo grazie ad un fluido in moto nello stesso apparato.
Tra le caratteristiche di pregio di questi apparati vi sono: l’estrema affidabilità, dovuta sia
alla grande semplicità costruttiva e sia a quella del loro principio di funzionamento; la non
necessità di manutenzione, non essendovi parti mobili oppure organi soggetti a possibili
guasti; la resistenza a disturbi elettromagnetici ed onde ionizzanti; l’estrema pulizia del
fluido elaborato, che li rende particolarmente adatti ad applicazioni nel settore medicale o in
impianti di gestione di fluidi alimentari.
Gli elementi fluidici possono essere classificati in tre macro-categorie: (1) elementi ad
attaccamento; (2) amplificatori di turbolenza; (3) amplificatori di vorticità.
Gli amplificatori di turbolenza permettono di trasformare un getto laminare in turbolento,
sfruttando un disturbo, dato dall’azione di uno o più flussi incrociati, che sposta il punto di
transizione laminare-turbolento del regime del flusso. Come si vede in Figura 2.1 l’azione
del getto disturbatore provoca un’alterazione del delicato equilibrio, proprio del regime
laminare, trasformando il getto in turbolento. A seconda del numero di getti di disturbo, della
loro posizione e della velocità del getto principale, si possono ottenere diversi gradi di
turbolenza, permettendo, quindi, un controllo proporzionale della turbolenza indotta.
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Figura 2.1 - Amplificatore di turbolenza fluidico.
Gli amplificatori di vorticità consistono in apparati basati sul principio di conservazione del
momento angolare: un flusso ausiliario incrocia il getto principale, costringendolo ad
acquisire una componente di velocità tangenziale rispetto alla circonferenza del vano, in
questa maniera il getto, che prima si muoveva con velocità puramente radiale, inizia a ruotare
seguendo una traiettoria a spirale, che determina un incremento di velocità del getto man
mano che questo si avvicina al centro ed il raggio decresce; parallelamente vi è una
diminuzione di pressione, che riduce il flusso di uscita, in maniera proporzionale alla
rotazione e quindi al flusso di massa del getto ausiliario.
Figura 2.2 - Amplificatore di vorticità fluidico.
Per quanto lo studio su questi elementi sia per la gran parte orientato allo sviluppo di
applicazioni riguardanti la micro-fluidica, bisogna anche fare presente che questi apparati
possono operare su scala più larga e con portate più ingenti, ampliandone di fatto il ventaglio
applicativo e rendendo possibile la realizzazione, per esempio, di valvole innovative
destinate all’impiantistica industriale e civile, al settore dell’aerospazio e della navigazione,
fino alla robotica. Tra queste categorie la più ampia è la prima, della quale fanno parte gli
elementi fluidici ad attaccamento bi-stabili, i quali, come si vedrà tra poco, oltre alla
grandissima semplicità ed affidabilità, nonché alla necessità di una bassissima energia di
attuazione, hanno anche un enorme ventaglio applicativo.
Negli elementi fluidici ad attaccamento, un getto fluido ad alta velocità, emesso in vicinanza
di due pareti simmetriche rispetto al suo asse, è in grado di attaccarsi stabilmente ad una di
esse, deviando così dalla direzione che possedeva allo sbocco dall’ugello, per incanalarsi in
uno dei due rami di uscita. L’attaccamento è dovuto alle meccaniche di adesione fluido-
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parete, che causano la deviazione del getto e generano una condizione di regime in grado di
autosostentarsi, garantendo la stabilità di funzionamento. La condizione che consente di
indirizzare il getto verso uno dei due rami è una perturbazione, ovvero un momentaneo
disturbo fornito al getto nella zona dell’attaccamento a parete, attraverso due canali ausiliari
agenti in direzione ortogonale a quella del getto principale in uscita dall’ugello. Si intuisce
allora come un apparato del genere ha, per esempio, una moltitudine di possibilità applicative
già solo nella logica di controllo. Nelle Figura 2.3 un esempio dello schema di principio del
deviatore fluidico bi-stabile ad attaccamento.
Figura 2.3 – Schema di principio del deviatore bi-stabile ad attaccamento.
2.1.2. Elementi fluidici “ad attaccamento”.
Fu nel 1800 che Young osservò per la prima volta un particolare fenomeno di interazione
fluido-parete, che venne poi descritto più nel dettaglio da Reynolds nel 1870 ed infine
teorizzato da Henry Coanda nel 1910, ovvero l’attaccamento di un getto fluido ad una parete
piana o convessa ad esso adiacente o tangente. Negli anni ’70 del secolo scorso fu soprattutto
l’agenzia americana per la ricerca aerospaziale, la NASA, a finanziare ed incentivare la
ricerca su apparati in grado di sfruttare questo principio, permettendo di deviare getti fluidi
senza ausilio di parti mobili.
Per elemento fluidico ad attaccamento o, specularmente, ad effetto Coanda, intendiamo
quindi un apparato che consente, senza l’ausilio di parti mobili, di controllare un fluido in
moto, deviandolo per effetto dell’azione di attaccamento ad una superficie posta nelle sue
vicinanze, che ne causa l’incurvamento. Nella Figura 2.4, ad esempio, si apprezza la
realizzazione di una valvola unidirezionale per pompe alternative, che rende possibile
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l’eliminazione delle classiche valvole a fungo con richiamo a molla, in virtù di un sistema
ad effetto Coanda: in sostanza l’elemento pompante agisce sul volume di aria contenuto nel
serbatoio di riserva in alto, l’aria, essendo comprimibile smorza le sollecitazioni date dalla
natura pulsante del meccanismo, ad un’azione di spinta sull’interfaccia aria-liquido
corrisponde un getto che, affacciandosi sulla superficie convessa vi aderisce per effetto
Coanda, venendo deviato verso la porta di mandata e trascinando con se una porzione di
fluido anche dalla porta di aspirazione, fenomeno, questo, legato al trascinamento tipico di
un getto sommerso; allorché il pompante raggiunge il punto morto ed inverte la sua corsa, il
fluido viene aspirato principalmente dalla porta di aspirazione e riempie il serbatoio per la
parte di volume prima evacuata, chiudendo il ciclo di funzionamento.
Figura 2.4 - Valvola unidirezionale ad effetto Coanda.
La stragrande maggioranza delle tipologie di elementi fluidici basa il proprio funzionamento
proprio sul principio di attaccamento del flusso ad una parete vicina, che, come si illustrerà
nel prosieguo del capitolo, può essere “naturale” oppure “indotto”.
Come già detto, una delle caratteristiche di maggior pregio degli elementi fluidici è
l’affidabilità, data dall’assenza di parti mobili, cosa che ne determina la non necessità di
manutenzione. Ci si può rendere conto di ciò attraverso un esempio applicativo di un
deviatore fluidico ad attaccamento in impianti di processo di fluidi pericolosi, raffigurato in
Figura 2.5 [1]:
Figura 2.5 - Elementi fluidici in impianti di processo fluidi pericolosi.
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Nell’esempio raffigurato sono utilizzate tre classi di elementi fluidici senza parti mobili: A,
ovvero valvole di controllo di flusso passive; B, deviatori fluidici ad attaccamento, bi-stabili,
attuati ad impulsi di pressione; C, pompe attuate da un flusso d’aria alternato e gestite da una
valvola fluidica unidirezionale come quella vista precedentemente.
Un ulteriore esempio di elemento fluidico, questa volta per applicazioni nell’elettronica, è
l’amplificatore fluidico, brevettato nel 1975 da P.A. Freeman. L’apparato, raffigurato nella
Figura 2.6, tratta dal brevetto di Freeman, riceve in ingresso un fluido principale, messo in
moto dal differenziale di pressione esistente tra la sezione di monte e le porte di uscita, questo
getto principale raggiunge un incrocio, al quale si affacciano due condotti capillari che
forniscono un getto secondario il quale, a seconda di dove agisce, riesce a deviare il flusso
principale in una delle due porte di uscita, spingendolo ad attaccarsi alla parete
corrispondente e generare una condizione stabile di funzionamento che il getto stesso
autosostenta. Il getto secondario può essere molto più piccolo, in termini di portata, di quello
principale, per cui riceve un guadagno. La proporzionalità dell’amplificatore è data dalla
presenza di una porta di parzializzazione che divide le due uscite O1 ed O2 ed ha il compito
di “spillare” una certa portata in base alla deviazione che subisce il flusso.
Figura 2.6 - Amplificatore Fluidico Freeman.
Proprio quest’ultimo elemento fluidico costituisce la base concettuale del deviatore bi-
stabile, il quale, utilizzato come valvola deviatrice a due uscite, oppure come porta logica
flip-flop o ancora come oscillatore fluidico, si presenta come illustrato in Figura 2.7:
Figura 2.7 - Deviatore fluidico bi-stabile.
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Concettualmente l’apparato è costituito da cinque porte, il getto principale entra dalla porta
di ingresso per effetto della differenza di pressione rispetto alle porte di uscita, una volta
raggiunta la sezione di gola del convergente, trova un incrocio con i due canali capillari di
attuazione, due porte attraverso le quali, fornendo un impulso in bassa pressione, chiamato
propriamente perturbazione, viene generata l’azione che spinge il getto principale a staccarsi
dalla parate adiacente per riattaccarsi a quella opposta, deviando verso l’uscita desiderata.
L’attuazione, nei deviatori funzionanti ad aria, dura circa 8 millesimi di secondo, mentre in
quelli operanti ad acqua, a causa della maggiore massa volumica e quindi inerzia della
colonna fluida, circa 8 centesimi di secondo, comunque in entrambi i casi è molto breve,
cosa che fa subito capire la modesta quantità di energia necessaria al loro funzionamento.
Si osservano alcune cose interessanti dalla geometria raffigurata sopra:
Il tratto convergente del condotto a monte dell’incrocio è, non a caso, ottenuto tramite
pareti circolari, questo accorgimento geometrico induce nel flusso un effetto di pre-
centrifugazione, consentendo un migliore attaccamento e migliorando la stabilità di
adesione del flusso.
I canali capillari di attuazione intervengono sulla zona di attaccamento, là dove il
flusso ha anche la maggior velocità, in virtù del restringimento di sezione nell’ugello,
questo permette un transitorio di commutazione netto e veloce.
L’effetto Coanda che devia il getto principale non è assecondato da una parete fisica
convessa a valle dell’incrocio, ma è indotto da un brusco allargamento che, partendo
con un gradino, diverge con pareti a geometria rettilinea e causa la generazione di
una bolla di ricircolo a bassa pressione la quale forza il getto ad incurvarsi e deviare
di conseguenza in uno dei rami di scarico.
La stabilità della deviazione, l’estrema velocità del transitorio, la semplicità costruttiva e la
bassissima energia di attuazione che caratterizzano questo apparato, lo rendono molto
interessante ed appetibile per svariate applicazioni, molte delle quali in campo motoristico,
tra queste vi è per esempio quella illustrata in Figura 2.8A, nella quale è rappresentato lo
schema di un reattore catalitico per automobile con condotto di by-pass comandato da un
deviatore bi-stabile ad attaccamento.
Figura 2.8A - Applicazione del deviatore bi-stabile per realizzazione di dispositivi
Automotive.
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Nella Figura 2.8B, invece, è illustrato lo schema di un impianto di iniezione per motori a
combustione interna alimentati a gas naturale, nel quale un deviatore bi-stabile ad
attaccamento è in grado di alimentare gas all’iniettore oppure indirizzarlo verso il condotto
di by-pass quando questo non ne richiede.
Figura 2.8B - Applicazione di un deviatore ad attaccamento in impianto di iniezione per
motori da autotrazione.
2.1.3. Elementi teorici del DBA.
Per impostare un’analisi sufficientemente approfondita della dinamica dell’attaccamento,
delineare le grandezze fluidodinamiche di interesse e la geometria del flusso deviato, nonché
dedurre un modello matematico utile a relazionare i parametri geometrici con quelli
fluidodinamici, si deve innanzitutto adottare una appropriata schematizzazione del sistema.
In Figura 2.9 è riportato, in geometria bidimensionale ed in coordinate cilindriche, lo schema
di riferimento che verrà utilizzato da ora in avanti per lo studio del fenomeno di attaccamento
di un getto ad una parete ad esso vicina, ovvero per un getto con off-set di parete.
Il getto fuoriesce da un condotto di altezza bne posto ad una distanza BV dalla parete vicina;
dopo il punto di sbocco W0 la linea di flusso mediana segue una traiettoria curvilinea; assunto
r il raggio di curvatura della traiettoria (supposto costante) e α l’angolo al centro, allora lo
spostamento di una particella fluida sulla linea di flusso media sarà dato dal prodotto rα. Se
θ è l’angolo al centro che individua il punto in cui il getto si attacca alla parete rispetto alla
linea di flusso media, allora la tangente ad essa in questo punto W4 avrà una pendenza β, che
si suppone essere uguale a quella della linea di flusso inferiore nel punto di attacco W5. Infine
si denotano come: y la coordinata radiale, considerata negativa se partendo dalla streamline
mediana punta verso l’esterno, e positiva viceversa; xa la distanza orizzontale tra sbocco e
punto di attacco della streamline interna del getto; W2 il punto in cui la streamline esterna
incrocia l’asse del condotto di efflusso.