Le indagini scientifiche sui Beni Culturali si occupano solitamente di stabilire la
composizione degli oggetti indagati, oltre a determinare alcune proprietà dei ma-
teriali costitutivi. Occorre notare come nel corso degli anni questi studi stiano di-
ventando parte integrante di indagini di più ampio respiro, volte ad ampliare le
conoscenze circa la società che ha dato origine agli oggetti esaminati.
In modo particolare, lo studio di materiale vetroso è affrontato al fine di determi-
nare la composizione del vetro per poter ottenere informazioni circa le metodologie
di produzione, le materie prime impiegate e lo sviluppo delle conoscenze dell’arte
vetraria da parte degli artefici degli oggetti indagati. Nei casi in cui la composizione
del vetro sia specifica per area geografica o periodo storico, le informazioni che si
possono ottenere possono contribuire alla collocazione cronologica della produzione
dei manufatti.
A partire dalle ricerche di Sayre e Smith (SA YRE & SMITH, 1961), gli studi archeo-
metrici sul vetro hanno assistito a un progressivo sviluppo per ampliare le possibilità
di impiego di tecniche diagnostiche, per poter ottenere un numero sempre maggiore
di informazioni.
La collezione Brandani-Rava, oggetto di questo studio, è composta da sessantadue
oggetti in vetro, provenienti dall’area egiziana. Lo scopo delle indagini svolte è
principalmente la determinazione dell’impiego degli oggetti, probabilmente pesi
di riferimento per il metallo impiegato per la produzione di monete, e la collocazione
storica della produzione, cercando conferme rispetto all’attribuzione cronologica ef-
fettuata dal collezionista Brandani sulla base delle legende impresse sui vetri.
Grazie a precedenti studi (HENDERSON, 2002), è possibile affermare che la tra-
dizione vetraria in Egitto alla fine del primo millennio d.C. ha già concluso il pas-
saggio da una produzione basata sull’uso di evaporiti a una che richiede l’impiego
di ceneri. In base alle evidenze scientifiche, la transizione da una tipologia all’altra
dovrebbe essere avvenuta attorno all’800 d.C.. Dal momento che sui campioni della
collezione è impresso il nome del califfo sotto il cui potere gli oggetti dovrebbero es-
sere stati prodotti, si stima che la loro produzione sia avvenuta tra il X e il XII se-
colo dC. È auspicabile che il seguente studio sia in grado di attribuire la produzione
dei campioni della collezione alla tradizione del vetro prodotto con evaporiti o a
quella del vetro a base di cenere, al fine di contribuire alla determinazione del-
l’epoca di passaggio da una produzione all’altra in ambito egiziano.
Data la particolarità dei campioni, si è cercato di realizzare quest’indagine tramite
l’uso di una tecnica analitica non distruttiva, che, dunque, non necessitasse di cam-
pionamento alcuno al fine di preservare l’integrità dei campioni. Accanto alle tec-
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niche solitamente impiegate per lo studio dei vetri (spettroscopia di emissione ato-
mica o spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato, microscopia
elettronica a scansione accoppiata a un rilevatore di raggi X, spettroscopia di fluo-
rescenza di raggi X), si è recentemente affiancata la tecnica di microspettroscopia
di fluorescenza di raggi X, con diversi vantaggi, specialmente legati alla non di-
struttività dell’indagine e a una buona risoluzione spaziale, rispetto alle altre tec-
niche. Dal momento che si tratta di una tecnica piuttosto recente, il seguente studio
mira anche alla determinazione di una valida procedura per l’analisi dei vetri.
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1. Inquadramento storico
1.1. Storia dell’Egitto
1.1.1. L’Antico Egitto
Le prime testimonianze di insediamenti umani stabili in Egitto risalgono a circa
5.000 anni fa, quando popolazioni nomadi provenienti da altre zone dell’Africa scel-
sero la valle del Nilo come loro residenza. Le frequentazioni, tuttavia, risalgono già
a 300.000 anni fa con le prime tracce di lavorazione della pietra.
Nei secoli successivi, la terra d’Egitto fu sempre abitata, a partire dalle popolazioni
pre dinastiche presenti dal 3900 a.C. in modo abbastanza continuativo per 1500
anni. A tal proposito, si può citare la cultura Naqada, così chiamata dal sito di
maggiore insediamento, dove si assistette ad espansione demografica, testimoniata,
oltre che dal moltiplicarsi degli abitati, anche da un incremento nella produzione
di vasi in pietra e di ceramiche, tipicamente con orlo nero. In questo periodo, inol-
tre, vi è testimonianza dei primi contatti delle popolazioni della Valle del Nilo con
le popolazioni nubiane e vicino orientali.
Il Nilo, con le sue piene annuali, rese necessaria la nascita di un’organizzazione tra
le diverse popolazioni al fine di controllare, incanalare e sfruttare al meglio le eson-
dazioni (Figura 1.1.). Tale necessità fu alla base della genesi di uno dei primi stati
organizzati della storia: si formarono due regni, l’Alto
Egitto, nella parte meridionale della Valle del Nilo, e il
Basso Egitto, nella zona del delta del fiume. L’unifica-
zione dei due regni avvenne intorno al 3200 a.C. ad
opera di Nermer che è considerato il primo sovrano
della prima dinastia. Il periodo che prende le mosse da
questo atto unificatore è identificato con il nome di An-
tico Egitto e riguarda la storia della civiltà sviluppatasi
lungo le rive del Nilo, dalle cateratte al confine con l’at-
tuale Sudan allo sbocco nel Mediterraneo, dal 3200 alla
metà del I millennio a.C., quando la regione cadde in
mano al popolo persiano.
L'antico Egitto raggiunse l'apice della sua potenza ed
estensione territoriale nel periodo chiamato Nuovo
Regno (1567 a.C.-1085 a.C.), quando i confini dell'im-
pero andavano dalla Libia all'Etiopia al Medio Oriente.
L'antico Egitto conobbe anche momenti di debolezza e
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Figura 1.1. Divisione in Alto e
Basso Egitto durante il periodo
dell’Antico Egitto
di frantumazione del potere come avvenne nei tre Periodi Intermedi, nel secondo
dei quali l'Egitto cadde sotto il controllo degli Hyksos.
1.1.2. Il dominio persiano e macedone
Nel VI secolo a.C. regnò l'ultimo faraone della XXVI dinastia, Psammetico III, che
venne sconfitto e catturato dal re persiano Cambise, figlio di Ciro, nella battaglia
di Pelusio. L'Egitto, con Cipro e la Fenicia, entrò a far parte dell'impero acheme-
nide. Dopo un breve periodo di indipendenza, l’Egitto tornò ad essere di dominio
persiano, fino alla battaglia di Isso (333 a.C.) nella quale Alessandro Magno scon-
fisse Dario III e l'Egitto fu inserito nell'impero macedone. Alla morte di Alessandro,
il dominio passò sotto il controllo dei suoi successori, i Tolomei, e rimase sotto il loro
potere fino al 30 a.C. quando l’Egitto divenne provincia romana.
1.1.3. L’Egitto imperiale
Dopo la conquista di Ottaviano Augusto, l’Egitto acquistò il titolo di provincia im-
periale, governata da un praefectus Alexandreae et Aegypti, rivestendo un ruolo fon-
damentale per l’economia dell’impero: approvvigionamento delle scorte di grano
per la città di Roma. Nonostante la conquista romana, l’Egitto poté godere di una
certa libertà culturale, dal momento che l’impero non impose il proprio culto, salvo
quello dell’imperatore che tuttavia non si fregiò mai del titolo di faraone, e permise
il diffondersi della cultura greca, abbracciata dalla popolazione egiziana a partire
dall’epoca di Alessandro.
Nel 286 d.C. l’imperatore Diocleziano, nel tentativo di una migliore organizzazione
del potere, divise l’impero in due parti: l’impero romano d’Occidente, con capitale
Milano, e l’impero romano d’Oriente, con capitale Nicomedia (Figura 1.2.). Con
l’ascesa al potere di Costantino
(306-337), la parte orientale
dell’impero assunse sempre
maggiore importanza, finché
egli stesso non fece costruire
una nuova capitale del’impero,
Costantinopoli . Nel 313 venne
promulgato l’editto di Milano
che sanciva la libertà religiosa
nell’impero e ciò favorì il fiorire
della religione cristiana in terra
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Figura 1.2. Suddivisione dell’Impero romano in una
tetrarchia, ad opera di Diocleziano
d’Egitto, ove si radicò fortemente dando vita alla tradizione copta. Mentre nelle
zone occidentali si assisteva alla disgregazione dell’impero, dovuta sia alle invasioni
barbariche sia alla delegittimazione del potere, in oriente si verificò un progressivo
passaggio dalla cultura latina alla cultura greca, fino ad arrivare ai secoli V e VI
quando l'impero romano d'Oriente si trasformò lentamente nell'impero bizantino,
uno stato cristiano, di lingua greca, e che poco aveva in comune con il vecchio Im-
pero Romano, che nel V secolo scomparve davanti alle invasioni barbariche. L'an-
tica cultura egiziana fu gradualmente dimenticata: a causa della sparizione del
sacerdozio pagano, nessuno riusciva più a leggere i geroglifici dell'Egitto faraonico,
e i templi dell'antica religione furono convertiti in chiese o abbandonati al deserto.
Anche la lingua egiziana antica poco a poco si trasformò nella lingua copta, che
divenne il linguaggio liturgico del Cristianesimo egiziano.
1.1.4. La conquista araba
Durante il regno di Eraclio I (610-641) si verificò un’imponente avanzata sasanide
nel Vicino Oriente, dove i Sasanidi occuparono Damasco e Gerusalemme e si spin-
sero fino in Egitto (che conquistarono nel 621). Eraclio riuscì però a capovolgere le
sorti del conflitto e i Sasanidi subirono una grossa sconfitta a Ninive nel 627 e nel
629 Eraclio firmò la pace, costringendo i nemici a cedere ai bizantini tutti i territori
da loro occupati nel corso della guerra.
Il conflitto, tuttavia, sfinì sia i Bizantini sia i Sasanidi e li rese estremamente vul-
nerabili agli Arabi, che nel 639 con un imponente esercito, mandato dal califfo
Omar ibn al-Khattab, giunsero in Egitto passando dalla Palestina e nel 641 conqui-
starono Alessandria.
1.1.4.1. Il mondo arabo
L’Arabia è la seconda penisola al mondo per estensione, dopo quella indiana. E’
costituita da un vasto altipiano per lo più arido e desertico, ma con ampie zone
steppiche dove è praticabile la pastorizia. Le poche terre fertili si trovano in corri-
spondenza di oasi e litoranei. La fertilità dell’Arabia meridionale aveva favorito
nell’Antichità lo sviluppo di prosperi regni, specialmente tra il I millennio a.C. e
l’inizio dell’epoca cristiana. Gli storici greci e romani, infatti, citano nelle loro opere
lo sviluppo fiorente di civiltà nella cosiddetta Arabia felix, così chiamata per via
del clima favorito dai monsoni provenienti dall’India, per la presenza di pietre pre-
ziose, per l’abbondanza di metalli e soprattutto aromi e spezie.
Nelle zone desertiche che si estendono nella parte centrale della penisola vivevano
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tribù nomadi di beduini, dedite alla pastorizia e alle razzie. Alla base di tale orga-
nizzazione sociale c’era la tribù, a capo della quale veniva eletto uno sceicco che
deteneva poteri limitati e talvolta poteva venire sostituito da un comandante mi-
litare, il rais, specialmente in tempo di guerra.
Per quanto riguarda la religione, quasi ogni tribù aveva il proprio pantheon e le di-
vinità erano spesso venerate nella forma di pietre preziose e alberi. Si costruivano
anche santuari e il più importante di questi si trovava alla Mecca. Annualmente gli
arabi, infatti, si recavano alla Mecca in pellegrinaggio, sospendendo ogni conflitto.
Lì si veneravano tutti gli dei e all’interno del recinto sacro si trovava la Kaàba,
ossia un edificio di forma cubica destinato a custodire la cosiddetta pietra nera,
probabilmente un meteorite, che, secondo la tradizione, era caduto sulla Terra per
volontà divina e che, originariamente bianca, fosse divenuta nera a causa dei peccati
degli uomini. Le motivazioni che spingevano gli Arabi alla Mecca non erano solo di
ordine religioso, bensì anche economico, dato che in quel periodo si organizzavano
fiere e mercati, arrivavano commercianti da ogni luogo e i sapienti si incontravano
per scambiarsi conoscenze e saperi.
1.1.4.2. La nascita dell’Islam
In questa situazione, il profeta Maometto iniziò a diffondere una nuova religione
che ora conta ben più di un miliardo di devoti e che costituì il cemento per l’unifi-
cazione del popolo arabo.
Secondo la tradizione, Maometto (in arabo Mu-
hammad) nacque alla Mecca attorno al 570 e la
sua carriera profetica iniziò nel 610 dopo che
ebbe la rivelazione durante un ritiro spirituale
in una grotta dove gli apparve l’arcangelo Ga-
briele che, riconosciutolo come apostolo di Dio,
gli trasmise la parola divina, contenuta ora nel
Corano, il Libro sacro dei musulmani (Figura
1.3.).
La predicazione del profeta incontrò ben presto
ostilità, soprattutto da parte delle classi più ab-
bienti, e iniziò a rendere così difficile la vita a
Maometto e ai suoi seguaci che nel 622 essi si
ritirarono a Medina, dove Maometto si trasformò in vera e propria guida spirituale
e organizzò la prima comunità musulmana come un piccolo stato, a carattere spic-
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Figura 1.3. Raffigurazione minaturiale
dell’apparizione dell’Arcangelo Gabriele
a Maometto
catamente teocratico. Con tale sostegno, dopo campagne di incursioni e razzie,
tornò nel 630 alla Mecca conquistando un alto numero di proseliti. Nel giro di poco
tempo, grazie a contratti e trattati, gran parte delle tribù beduine erano legate a
Maometto e ai suoi seguaci e in fretta l’Islam aveva conquistato le popolazioni fino
ai confini con l’impero bizantino. L’8 giugno 632, tuttavia, Maometto morì.
1.1.4.3. L’espansione dell’Islam
Al momento della morte di Maometto la penisola arabica era unificata per la prima
volta nella sua storia: un’unica confederazione di tribù, resa possibile dalla comune
fede religiosa islamica. La dipartita del Profeta, tuttavia, minacciava di vanificare
questo risultato e si rendeva necessario rafforzare l’unità tra i popoli per evitare
che una tribù prendesse il sopravvento sulle altre.
Il problema che si pose immediatamente fu quello della successione di Maometto:
da un lato si pensava dovesse essere per via dinastica (fazione sciita), dall’altro per
via elettiva (fazione sunnita). Prevalse la seconda tendenza e per un trentennio si
successero quattro califfi (in arabo califfo indica il vicario e, in tal caso, il sostituto
del Profeta). Il primo ad essere nominato fu Abi Bakr (632-634), fedele compagno
di Maometto fin dai primi momenti della sua predicazione, mentre il secondo fu il
califfo Omar (634-644).
Sotto il loro dominio vi fu
una notevole espansione e
nel giro di poco tempo diven-
nero conquiste arabe la Pale-
stina, con Aleppo e
Gerusalemme, la Siria con
Damasco, la Mesopotamia,
l’Armenia, l’Egitto.
Sotto i due successivi califfi,
‘Uthman (644-656) e ‘ Ali (656-661), iniziarono le incursioni in Sicilia, a Cipro e a
Rodi. Data l’ormai raggiunta espansione territoriale, si rese così necessario riorga-
nizzare il dominio, cercando di ottenere una certa unità. L’arresto della spinta
espansionistica e le lotte tra i vari clan, tuttavia, iniziarono a minare il potere dei
califfi, mettendo in crisi la loro stessa autorità. Nel 661 salì al potere Mu’awiyah,
della dinastia Omayyade che regnò fino al 750. Si diede il via a una trasformazione
dello stato teocratico arabo-musulmano in uno stato secolare, dal momento che al
di sotto dell’autorità del califfo c’era il dominio dell’aristocrazia araba (Figura 1.4.).
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Figura 1.4. Espansione del dominio arabo attorno al 750
Attorno al 750, nel cuore del mondo islamico, una rivolta capeggiata dalla famiglia
degli Abbasidi condusse all’abbattimento del potere degli Omayyadi. Il califfato
abbaside, a differenza del precedente, prevedeva una partecipazione all’ammini-
strazione non solo musulmana, ma erano ammessi componenti di ogni etnia che
formava il califfato stesso. Alla lunga, tuttavia, tale sistema favorì un buon grado di
frammentazione, con la perdita di Marocco, Tunisia e Egitto, tra i secoli VIII e IX.
1.1.5. La dinastia fatimide
Con la caduta dal trono degli Omayyadi, l'unità del mondo arabo si ruppe e l'Egitto
rimase sotto il dominio del califfato abbaside, i cui sovrani riuscirono a stabilire di-
nastie semi-indipendenti, come quella tulunide ed ikhshidide.
La storia dei Fatimidi iniziò in
pieno IX secolo in Siria, dove gli
Ismailiti - che mettevano assieme
elementi di Gnosticismo, Manichei-
smo e Islam - agivano agli ordini di
al-Qa’im al-maktum ("il Capo at-
teso"), ossia l'imam destinato a gui-
dare i fedeli musulmani di
orientamento sciita. Costui diceva
di discendere da Fatima, l'unica fi-
glia sopravvissuta di Maometto che gli aveva dato legittima discendenza con il suo
matrimonio con ‘ Ali b. Abi Talib.
Nel 969 il regime ikhshidide era praticamente allo sfascio per una terribile carestia e l’ar-
rivo della dinastia fatimide conquistò rapidamente i sudditi che opposero scarsa, se non
nulla, resistenza consegnando di fatto il potere nelle mani dei nuovi venuti.
I Fatimidi, che crearono la loro capitale, chiamandola al-Madinat al-Qahira, "La
città vittoriosa", l’attuale Il Cairo, ressero l'Egitto fino al 1171 (Figura 1.5.).
L’ambizione principale in materia di politica estera del califfato fatimide era la con-
quista di ciò che restava dei domini abbasidi per scalzare dal potere il califfo di Ba-
ghdad e affidare l'unico califfato universale nelle mani della famiglia fatimide. Tutto
fu messo quindi in atto per conquistare la Siria, dopo la quale sarebbe venuto il
turno finale della Mesopotamia. L'intera Ifriqiya conquistata agli Aghlabidi fu af-
fidata alla gestione degli Ziridi. In Siria, tuttavia, l'azione fatimide ebbe una bat-
tuta d’arresto, poiché la regione, abbandonata a se stessa dopo la caduta del
califfato omayyade, aveva conosciuto un parziale processo di ri-beduinizzazione. I
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Figura 1.5. Moschea di Al Azhar, Il Cairo,
costruzione simbolo del potere fatimide
Fatimidi riuscirono a conquistare il meridione e il centro della Siria, ivi compresa
Gerusalemme e Damasco, ma nulla o quasi poterono per quanto riguardava il set-
tentrione siriano e la regione della Jazirah che inglobava all'epoca città oggi ospitate
da nazioni diverse, dalla Aleppo siriana, alla Mossul irachena, alla Harran turca.
Si successero diversi Imam alla guida della popolazione fatimide, a partire da Ma’ad
al-Mu’izz che regnò dal 952 al 975, per proseguire con al-‘ Aziz, che governò dal 975
al 996. Dal 996 fino al 1020, quando morì assassinato, regnò al-Hakim, la cui poli-
tica ebbe riflessi importanti nell'intero sviluppo storico e culturale del Mar Medi-
terraneo perché, se pure meritevole di ricordo per aver sovvenzionato nel 1005 al
Cairo la costruzione di una Dar al-Hikma (Casa della Conoscenza) che fu arricchita
di oltre 600.000 volumi, nella sua intollerante politica espressa nei confronti dei
suoi sudditi musulmani, ebrei e cristiani, al-Hakim volle distruggere nel 1009 la
Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, inducendo i pellegrini (per lo più cri-
stiani orientali) che vi si recavano a sospendere per un certo numero di anni l'espres-
sione della loro fede in quella Città Santa. La sua malvagità si manifestò anche
contro la stessa città vecchia di Fustat data alle fiamme dall'Imam per punire i
sudditi musulmani della circolazione di libelli a lui ostili.
Dopo la morte di al-Hakim salì al potere Ali al-Dahir che cedette il regno nel 1035
a al-Mustansir (1035-1094). Durante il suo quasi sessantennale regno, la popola-
zione andò incontro ad un progressivo degrado, con carestie molto lunghe e la peste
che colpì la capitale. Successivamente governarono al-Musta’li (1094-1101) e al-
‘ Amir (1101-1130) che perse irrimediabilmente Tripoli, Sidone e Tiro. L’assassinio
di al-Amir aprì una grave crisi che permise alla popolazione di prendere consape-
volezza della fine ormai vicina del califfato fatimide e le molte questioni sorte in-
torno alla successione dell’Imam ne sono un esempio. Dopo violente lotte intestine,
il successore designato fu al-Hafidi che regnò dal 1130 al 1149. Alla sua morte, il
potere fu preso dal diciassettenne al-Zafir nel 1149, ma nel 1154 il califfo cadde per
mano di un comandante di piazza che fece sa-
lire al potere il figlioletto di cinque anni al-
Faiz (1154-1160) che, morto anch’egli
assassinato, fu succeduto dal cugino al-‘ Adid
nel 1160 e che morì nel 1171.
L'arrivo dei Crociati in Siria e in Palestina
dette il colpo finale alla dinastia: la palese fra-
gilità del califfato aveva convinto il re Alma-
rico I di Gerusalemme a impossessarsi dei
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Figura 1.6. Miniatura di Saladino
territori del califfato e nel 1168, dopo essere stata evacuata, la città di Fustat arse
per ben 54 giorni e l’Imam al-‘ Adid si vide costretto a invocare l’intervento del sun-
nita Nur al-Din. Dopo la sua morte, il comando delle truppe fu ereditato dal nipote
Salah al-Din (latinizzato in Saladino), il quale si impose agli ultimi deboli Imam fa-
timidi come vizir dello Stato ismailita malgrado la sua fede sunnita (Figura 1.6.).
Ben presto Saladino vietò il richiamo alla preghiera sciita, e, dopo l’improvvisa
morte di al-‘ Adid, non consentì più alcuna successione fatimide, con il ripristino
nelle moschee della menzione onorifica in favore dei primi quattro califfi ortodossi
e a riconoscere la sovranità abbaside, dopo 262 anni di potere sciita. I Fatimidi cer-
carono ancora di recuperare il potere, ma ogni tentativo di sottrarre quei territori
al controllo sunnita fu vano.
Tra il XII e XIII secolo, l'Egitto sarà invece governato dai Mamelucchi turchi e, in
seguito, da quelli circassi, sconfitti nel 1517 dagli Ottomani del sultano Selim II
Yavuz (Figura 1.7.).
1.2. Impiego di pesi vitrei
Sin dal sorgere delle prime civiltà, si è posto il problema dello scambio commerciale
imparziale e la necessità di riferirsi a grandezze comuni per poter progettare, acqui-
stare e conservare. La questione metrologica, infatti, affonda le sue radici nelle
prime forme di associazione umana. Una volta stabilita un’unita di misura abba-
stanza condivisa, almeno all’interno della stessa comunità, è sorto il problema del-
l’identificazione materiale di tale grandezza e per questo motivo sono stati realizzati
i primi campioni di riferimento, ossia oggetti che avevano le caratteristiche, ad
16
Figura 1.7. Espansione dell’Impero ottomano nel 1680