Prefazione
La dinamica del veicolo è quella branca dell’ingegneria che si occupa dello studio
rigoroso e scientifico dell’autoveicolo.
Tale studio ricopre numerosi e differenti aspetti, tutti ugualmente rilevanti ma
nello stesso tempo molto diversi per quanto riguarda approccio e sviluppo.
Dalla nascita del primo modello di autovettura sino ad oggi sono stati affrontati,
evengonotutt’oggistudiati,questivariaspettiassistendoaduncontinuoprogresso
in tutti gli ambiti di questa disciplina. Le questioni principali riguardano la resisten-
za (o affidabilità), cioè la capacità del veicolo di mantenere i propri organi integri e
le proprie prestazioni uguali nel tempo; la guidabilità, ovvero la capacità del veicolo
di rispondere fedelmente all’input direzionale del pilota e la facilità nella trasmis-
sione dello stesso; la stabilità, ossia la capacità del veicolo di mantenere la propria
traiettoria anche in presenza di asperità o disturbi esterni incontrati sul percorso;
il comfort, vale a dire la predisposizione del veicolo a mantenere una condizione di
benessere portata ad esser turbata dalle irregolarità stradali o ambientali; la po-
tenza o motricità, ovverosia la capacità del veicolo di tradurre la coppia motrice in
accelerazione longitudinale; il consumo, ovvero il rendimento del veicolo, etc...
Nell’ultimo decennio si è assistito all’introduzione di sistemi attivi ovvero sistemi
non più esclusivamente meccanici ma comprendenti parti oltre che, appunto, passi-
ve (ruote dentate,frizioni,bielle,corone..) anche elettroniche. Tale cambiamento ha
migliorato vari aspetti del comportamento del veicolo.
Alcunifruttidiquesteinnovazionisonorappresentati: dalsistemaanti-bloccaggio
ABS, che evita il bloccaggio delle ruote durante le manovre di frenata di emergen-
za; dal sistema di controllo elettronico della rigidezza antirollio (Active Roll Con-
trol); dal sistema di incremento di stabilità (Electronic Stability Sistem) che agendo
1
sull’impianto frenante genera dei momenti d’imbardata che riducono un comporta-
mento eccessivamente sotto/sovra sterzante del veicolo aiutando così il guidatore in
eventuali manovre di emergenza; dal sistema TCS (Traction Control System) che
impedisce il pattinamento delle ruote motrici in fase di accelerazione. Proprio que-
ste ultime due funzioni possono essere ottenute attraverso un organo meccanico da
sempre presente negli autoveicoli: il differenziale, che opera una gestione-controllo
della ripartizione della coppia motrice sulle due (o più) ruote trainanti.
Questa tesi si propone lo scopo di analizzare vari tipi di differenziale, dal classico
open fino ai differenziali elettronici, passando per quelli autobloccanti; descrivendo,
in funzione del tipo di vettura, i vantaggi e gli svantaggi che i vari modelli presen-
tano. Quest’analisi permetterà di realizzare uno studio di fattibilità (in termini sia
tecnici che economici) sul montaggio, da parte di una vettura di formula SAE, di un
differenziale attivo differente da quello attualmente adoperato (passivo).
2
Capitolo 1
Il differenziale
1.1 Utilità del differenziale
Tra i vari organi di trasmissione di un’autovettura, particolare importanza ri-
veste il differenziale. Circolano varie leggende e racconti riguardo la sua nascita e
introduzione; ilprimomeccanismoche,inminimaparte,puòesserecinematicamente
riconducibile al differenziale è la cosiddetta macchina di Anticitera (II secolo a.C.),
che consisteva in un complesso planetario utilizzato per il calcolo delle fasi lunari e
dei movimenti dei corpi celesti allora conosciuti.
L’invenzione del differenziale moderno viene attribuita all’orologiaio francese
Onèsiphore Pecqueur che nel 1827 si cimentò nella risoluzione di un problema che
affliggeva le prime vetture a trazione a motore. Tale problema si presentava sistema-
ticamente ogniqualvolta la vettura affrontava una curva, questa infatti si arrestava
non appena tentava di sterzare. Fenomenologicamente il problema risulta molto
semplice. Si prenda in esame un veicolo che stia affrontando una curva, immedia-
tamente è possibile notare che le ruote di uno stesso assale devono percorrere, nello
stesso intervallo di tempo, traiettorie di lunghezza diversa: la ruota interna alla
curva, che deve affrontare una traiettoria di raggio inferiore, deve ruotare ad una
velocità minore rispetto alla ruota esterna, costretta a percorrere una traiettoria di
raggio maggiore.
Storicamente la necessità del differenziale nasce con il passaggio dalla trazione di
tipo animale a quella a motore. Mentre nei carri a trazione animale le ruote erano
3
1–Ildifferenziale
montate folli sugli assali, quindi con possibilità di differenti velocità di rotazione in
funzione delle necessità, la presenza di un motore deputato alla trasmissione di po-
tenza alle ruote comportava la scelta di una soluzione compatibile con la cinematica
del veicolo in curva.
Figura 1.1: Percorrenza di un auteveicolo in curva
Leduesoluzionipiùsempliciconsistevanonellatrasmissionedellacoppiamotrice
ad una sola ruota o ad un assale sul quale sono vincolate rigidamente le ruote (assale
rigido). Gli inconvenienti legati a questi due tipi di soluzioni appaiono molteplici.
Nel caso in cui il veicolo fosse dotato di una singola ruota motrice, la trazione
risulterebbe immediatamente squilibrata verso un singolo lato con una notevole cop-
pia d’imbardata. Questo tipo di soluzione, che viene spesso utilizzata nei giocattoli,
venne subito scartata per i veicoli da trasporto.
Per la trattazione del secondo tipo di soluzione (assale rigido) si rimanda il lettore
al paragrafo successivo per una trattazione più completa.
La risoluzione ottimale del problema avvenne attraverso l’introduzione di questo
interessante meccanismo chiamato, appunto, differenziale. Questo ha il compito di
ricevere dal cambio la potenza in uscita dal motore e ripartirla tra le due ruote
motrici di uno stesso assale, o, nel caso dei veicoli a trazione integrale, ai due alberi
che portano il moto all’assale anteriore e all’assale posteriore; inoltre, il differenziale
deve permettere la libera rotazione dei due alberi condotti, che devono poter ruotare
avelocitàdiversa.
Quest’ultima caratteristica è di fondamentale importanza per ottenere un con-
tatto corretto ed una buona aderenza tra le ruote motrici e la strada durante le
4
1–Ildifferenziale
curve. Un contatto corretto tra pneumatico e strada presuppone la nascita di pic-
coli strisciamenti locali, mentre lo slittamento macroscopico della ruota sul terreno
causa forte usura del battistrada e limita la possibilità di trasmettere forze elevate
a terra, sia in direzione longitudinale che laterale. Il comportamento di un differen-
ziale ha, poi, importanti conseguenze sul comportamento dinamico di un veicolo.
Infatti, la modalità con cui un differenziale ripartisce la coppia motrice tra i due
alberi di uscita influisce notevolmente sul carattere sovra-sottosterzante del veico-
lo, e, nel caso di un differenziale montato tra due ruote sterzanti, ha importanti
ripercussioni sul “feeling” di sterzo. Inoltre, le caratteristiche di funzionamento del
differenziale influiscono notevolmente sulla capacità di trazione di un veicolo, cioè
sulla sua attitudine a trasmettere effettivamente la coppia motrice a terra.
Per riassumere, possiamo affermare che vengono demandati al differenziale due
compiti principali:
1. consentire una differenza di velocità angolare tra i due alberi di uscita;
2. gestire la ripartizione di coppia motrice tra le due ruote di uno stesso assale,
oppure, nel caso della trazione integrale, tra i due assali.
Attualmente la maggior parte degli autoveicoli in commercio sono dotati del cosid-
detto differenziale open o ordinario, capace di fornire equamente, in ogni tipo di
situazione, la coppia motrice tra i due semiassi. Se da un lato questa risulta essere
una grande peculiarità, dall’altro penalizza in maniera determinante la capacità di
trazione totale del veicolo, in quanto la massima forza longitudinale trasmissibile
aterraèlimitataacircaildoppiodellamassimaforzacheriesceatrasmetterela
ruota con minore aderenza al terreno.
Per ovviare a questa problematica sono stati sviluppati nel tempo numerosi ti-
pi di differenziali. Quello completamente bloccato vincola i due semiassi a ruotare
sempre alla stessa velocità, riproponendo, qualitativamente, la questione dell’assale
rigido con tutte le sue problematiche. Quelli autobloccanti, che rappresentano una
soluzione intermedia, garantiscono le performance di un tipico open, con l’eventuali-
tà di bloccaggio, con conseguente ripartizione asimmetrica della coppia motrice, nei
casi in cui gli pneumatici si trovino in condizioni di aderenza diverse. Negli ultimi
anni, con l’introduzione dell’elettronica, sono stati introdotti differenziali attivi e
5
1–Ildifferenziale
semiattivi che garantiscono, attraverso l’uso di sensori, centraline e attuatori pneu-
matici, il corretto andamento cinematico del veicolo sia in curva che in condizione
di precaria aderenza da parte di una delle due ruote motrici.
Tra i più significativi troviamo i cosiddetti MRF LSD (differenziali a fluidi
magnetoreologici) e l’innovativo E-Diff.
In questo capitolo verranno descritti i principi di funzionamento dei più diffusi
modelli di differenziale, per ogni tipologia saranno brevemente illustrati il princi-
pio di funzionamento e le soluzioni costruttive adottate, i maggiori vantaggi e gli
svantaggi, e le ripercussioni sulla dinamica longitudinale e laterale del veicolo.
1.2 Assale rigido
Il modo più semplice per collegare le due ruote di un asse motore è quello di
interporvi una barra rigida rendendo così solidali i due semiassi.
La potenza a disposizione viene trasferita dall’albero centrale a quello posteriore
tramite una coppia di ingranaggi conici (coppia conica), oppure mediante un accop-
piamento pignone/catena/corona. Questa soluzione è definita assale rigido (locked
axle) e fu inizialmente adottata sulle prime vetture per il basso costo e la semplicità
costruttiva.
Come precedentemente accennato, questo tipo di soluzione va contro il modello
cinematico che il veicolo assume nella marcia in curva, in cui le ruote di uno stesso
assale richiederebbero velocità di rotazione differenti.
L’imposizione di un’uguale velocità angolare delle due ruote dello stesso assale
comporta la nascita di scorrimenti e strisciamenti significativi per le due ruote, dai
quali discende un momento di imbardata che si oppone all’inserimento in curva del
veicolo. L’effetto sottosterzante di questa soluzione risulta, dunque, evidente.
Attualmente l’utilizzo dell’assale rigido è di comune impiego nei kart. Le mo-
tivazione che hanno portato a questa scelta progettuale nel mondo kartistico sono
sostanzialmente due:
1. l’impiego della componentistica è limitato nel tempo, di conseguenza le sol-
lecitazioni maggiori presenti sull’assale e l’usura maggiore degli pneumatici
dovuta agli strisciamenti passano in secondo piano;
6