Capitolo 1: Introduzione
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1. Introduzione
1.1 Scopo dell’attività
Scopo della tesi è di valutare quali effetti possano avere le idrotalciti sul
comportamento dinamico-meccanico dei nanocompositi e capire quali sostituenti
organici influenzino maggiormente tali proprietà. A tal fine sono stati preparati
nanocompositi polimerici tramite intercalazione da fuso e sono state studiate due
tipologie di prove dinamico-meccaniche.
Allo stato attuale, infatti, non sono stati ancora eseguiti studi specifici sui
comportamenti dinamo-meccanici di nanocompositi polimerici caricati con
idrotalciti, ma solamente caratterizzazioni termiche e strutturali.
La tesi propone uno studio sulla possibilità di migliorare il comportamento dinamico-
meccanico dei materiali applicato a due tipi di polimero amorfo
(polietilenvinilacetato EVA e polistirene PS) utilizzando come cariche sei tipologie
di idrotalciti differenti raggruppabili in tre classi a seconda del sostituente organico
utilizzato (stearato, oleato, dodecilsolfato) o in due se il criterio di scelta si basa sulla
struttura (magnesio Mg o zinco Zn ).
Per cercare di garantire la ripetibilità dei risultati, la medesima prova è effettuata su 3
campioni diversi dello stesso materiale: in questo modo si riescono a limitare le
imperfezioni dovute alla natura del campione e le curve di materiali diversi sono
confrontabili con maggior precisione, presentando come unici errori non valutabili
quello relativo allo strumento e quello relativo al montaggio del campione, il quale è
più o meno costante in quanto effettuato sempre dallo stesso operatore.
Oltre all’analisi dinamico-meccanica, sono stati eseguiti studi sulle proprietà
strutturali dei nanocompositi mediante XRD e SEM, e sul comportamento termico
tramite TGA.
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1.2 Nanocompositi
1.2.1 Definizione e metodi di preparazione classici
I materiali polimerici nanocompositi rappresentano uno stadio di sviluppo
fondamentale per l'evoluzione delle materie plastiche, ed un importante capitolo nel
campo delle nanotecnologie. La presenza delle nanocariche all’interno della matrice
polimerica si giustifica con il fatto che i materiali polimerici hanno caratteristiche
meccaniche inferiori ai metalli in termini sia di modulo elastico sia di resistenza alle
sollecitazioni; l’addizione di sostanze rinforzanti è il rimedio più efficiente a questa
tipologia di carenza. I nanocompositi polimerici presentano, infatti, un incremento
generalizzato delle prestazioni e la possibile comparsa di proprietà nuove rispetto alla
matrice.
Le cariche utilizzate possono essere classificate in base al numero delle dimensioni
che rientrano nell’ordine dei nanometri:
3D : nanoparticelle di carbonio o di silice;
2D : nanotubi di carbonio, nanofibre, whiskers o sepioliti;
1D : lamelle di spessore nanometrico, come fillosilicati o idrotalciti.
Rispetto agli additivi tradizionali (es. cariche minerali come talco o mica, oppure
fibre di vetro, di carbonio o aramidiche), con i nanocompositi lamellari si può
ottenere un miglioramento delle proprietà fisiche e fisico-meccaniche con quantità di
carica di un ordine di grandezza inferiore, senza i tipici effetti negativi legati alle
elevate quantità richieste dall’uso di cariche tradizionali.
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In particolare i nanocompositi presentano:
Elevato valore di modulo elastico;
Migliore resistenza ai solventi e buona conducibilità ionica;
Trasparenza del materiale solitamente inalterata (le dimensioni delle cariche
sono generalmente inferiori alla lunghezza d’onda della luce);
Migliore comportamento alla degradazione termica;
Minore coefficiente di dilatazione termica;
Leggerezza;
Permeabilità ai gas ridotta;
Migliore comportamento al fuoco (proprietà antifiamma).
Esistono tre principali tecniche per la produzione di nanocompositi polimerici:
1. Intercalazione del polimero da soluzione: il metodo è basato sull’utilizzo di
un solvente nel quale il polimero risulta solubile e in cui la carica rigonfia per
effetto dell’adsorbimento del solvente all’interno degli strati lamellari.
Dapprima la carica viene messa a contatto con il solvente in modo che le
lamelle si separino maggiormente, quindi il polimero viene aggiunto alla
soluzione per permettere che le catene macromolecolari si inseriscano tra gli
strati del materiali inorganico e infine viene fatto evaporare il solvente in
modo che resti un composito in cui il polimero è intercalato tra le lamelle
della carica.
Figura 1.1: Schema dell’intercalazione del polimero da soluzione.
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2. Polimerizzazione in situ in presenza della carica inorganica: tale metodo è
l’unico utilizzabile nel caso di polimeri termoindurenti e consiste nel mettere
a contatto la carica con il monomero liquido o con una soluzione del
monomero: dopo aver aiutato la dispersione delle molecole organiche a
diffondere tra gli strati tramite mescolamento o bagno ad ultrasuoni, viene
fatta avvenire la polimerizzazione tramite iniziatori o catalizzatori.
Figura 1.2: Schema dell’intercalazione del polimero in-situ.
3. Preparazione nanocompositi dal fuso (melt-compounding): questo metodo
si basa sulla miscelazione meccanica del polimero e della carica inorganica a
temperature superiori a quella di fusione del polimero. Questa tipologia
presenta alcuni vantaggi in quanto è compatibile con i processi industriali
correnti quali le preparazioni di compositi tramite estrusione, è utilizzabile
per la trasformazione del maggior numero di resine polimeriche ed è un
processo maggiormente compatibile dal punto di vista ambientale vista
l’assenza di solventi organici.
Figura 1.3: Schema dell’intercalazione del polimero da fuso.
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1.2.2 Stato dell’arte
A livello di nanocompositi a base di PS sono già stati effettuati degli studi sul
comportamento dinamo-meccanico.
Nel 2001 Nair et al.
[1]
effettuarono alcuni studi sul polistirene rinforzato con fibre
corte di sisal; nei risultati delle proprietà dinamo-meccaniche notarono come il
modulo di accumulo e cresceva con l’aumentare della temperatura a causa
dell’incremento della mobilità dei segmenti. La temperatura di transizione vetrosa
dei compositi risultò inferiore a quella del polimero vergine e ciò è da attribuire
molto probabilmente alla presenza del solvente residuo nel composito; questa
influisce anche sul modulo del materiale caricato che, sopra la T
g
,ha valori inferiori
rispetto alla curva del polistirene puro.
Nel 2007 Kontou e Anthoulis
[2]
eseguirono degli studi sulle proprietà termo-
meccaniche di un polistirene caricato con nanoparticelle di silice utilizzando le
tecniche di Scanning electron microscopy (SEM) e dynamic mechanical analysis
(DMA); la carica risultò dispersa all’interno della matrice polimerica in agglomerati
la cui dimensione aumentava all’incrementare della percentuale in peso di silice
presente nel nanocomposito. Per l’analisi dinamo-meccanica applicarono, a campioni
di dimensioni 2mm X 4mm X 20mm, la deformazione utilizzando la geometria
three-point bending system in un intervallo di temperature compreso tra la T
amb
e
110°C e applicando la forza ad oscillazione costante secondo tre diverse frequenze,
0,1, 1 e 10 Hz. La regione di transizione di E’ mostra una leggera variazione ad alte
frequenze all’aumentare del contenuto di silice.
Sempre nel 2007 Putz et al.
[3]
studiarono il comportamento dinamo-meccanico di
nanocompositi a base di PS caricati con nanotubi di carbonio; notarono che tali
proprietà dipendevano sensibilmente dall’interazione interfacciale del polimero con i
nanotubi, dalla loro dispersione e dalla dimensione degli aggregati che si formano
nella matrice.
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Per campioni contenenti meno dello 0,1% in peso di nanotubi, l’aumento della
grandezza del modulo complesso
2 2
" ' * E E E , dove E’ ed E” sono
rispettivamente il modulo elastico e quello di perdita, supera le previsioni del
modello Halpin-Tsai (modello solitamente utilizzato per prevedere le proprietà dei
compositi macroscopici).
Il ' " tan E E dei nanocompositi rimane, invece, compatibile con quello del PS
puro, ovvero l’elasticità rimane confrontabile. A concentrazioni maggiori, invece, la
risposta meccanica diventa più elastica di quella del polistirene, ma l’aumento del
modulo complesso ricade sensibilmente al di sotto delle previsioni basate sul
modello Halpin-Tsai.
Contemporaneamente Siengchin et al.
[4]
analizzarono il polistirene rinforzato con
sodio fluoroettorico: l’introduzione di FH nel PS provoca un marcato aumento della
durezza al di sotto della T
g
. Questo effetto rinforzante è accompagnato da uno
spostamento della T
g
ad una temperatura maggiore, fenomeno che è in linea alle
aspettative (la formazione di un’interfase con riduzione della mobilità molecolare).
Nel 2008 Selvin T. et al.
[5]
eseguirono degli studi sulle proprietà dinamo-
meccaniche di nanocompositi a base di PS caricati con fosfato di calcio; il modulo di
accumulo dei compositi migliora con l’addizione della carica anche per piccole
quantità: alla temperatura ambiente il composito mostra un incremento di E’ fino a
quattro volte rispetto al polimero vergine. La temperatura di transizione vetrosa
inoltre si sposta verso destra, ovvero ad una temperatura superiore, indicando così
una buona adesione della carica alla matrice polimerica.
Infine, recentemente Ruggerone et al.
[6]
hanno analizzato campioni di polistirene
contenente argilla del tipo laponite in quantità superiore al 20% in peso. A T<Tg
l’effetto di rinforzo è modesto, ma a T>Tg la durezza è incrementata
significativamente. Il comportamento allo stato gommoso può essere modellato
assumendo come una gomma spugnosa continua la disposizione delle particelle delle
regioni particolarmente ricche di laponite.
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E’ indiscusso che il modulo locale della matrice nelle vicinanze delle particelle di
laponite deve essere significativamente maggiore rispetto al PS per via delle
restrizioni locali. Ad elevati contenuti di laponite la riduzione locale nella mobilità
della matrice associata all’incremento del modulo può portare anche alla
diminuzione di duttilità, giustificata dai noti decrementi della resistenza a frattura.
Le proprietà dinamo-meccaniche su nanocompositi a base di EVA sono state studiate
da alcuni ricercatori nel recente passato.
Nel 2003 Das et al.
[7]
eseguirono studi su nanocompositi e base di EVA caricati con
carbon black conduttivo: il carbon black trattato con acido mostra una maggiore
interazione tra carica e matrice e questo si riflette nel miglioramento delle proprietà
meccaniche con l’aumento della resistenza a torsione.
Nel 2006 Fang et al.
[8]
prepararono un nanocomposito a base di EVA caricato con
organo-rectorite: dalla DMA notarono che il picco del tanδ dell’EVA tal quale è
circa a 0°C, il quale corrisponde alla T
g
del polimero. Per il nanocomposito
ovviamente la temperatura di transizione vetrosa non cambia, ma i valori del tanδ
sono minori rispetto a quelli del polimero vergine.
Sempre nel 2006 George et al.
[9]
analizzarono le proprietà di un nanocomposito a
base di EVA caricato con grafite trattata con acido (GO); le proprietà del
nanocomposito migliorano quando la percentuale in peso del rinforzo è superiore al
2%, mentre per concentrazioni inferiori il miglioramento è minore probabilmente a
causa dell’aggregazioni della carica. A concentrazioni di GO superiori al 2% in peso
si nota uno spostamento della temperatura di transizione vetrosa a temperature
maggiori mostrando movimenti di catena più ristretti all’interno della matrice
polimerica.
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Nel 2007 Shi et al.
[10]
eseguirono degli studi su nanocompositi a base di EVA
caricati con silicati: la analisi dinamo-meccaniche mostrarono che i moduli elastici al
di sopra della temperatura di transizione vetrosa erano superiori a quelli del polimero
tal quale; tale miglioramento fu attribuito alla morfologia esfoliata e all’effetto
sinergico del silicato.
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1.3 Idrotalciti
1.3.1 Cosa sono
I compositi a base di idrotalcite tal quale (“Hydrotalcite-like compounds” HTlc)
formano una grande famiglia di materiali inorganici ampiamente studiati come
catalizzatori, precursori e sostegni di catalizzatori, scambiatori anionici, assorbenti
ed additivi. Inoltre, le idrotalciti sono praticamente l’unica famiglia di solidi lamellari
con lamelle di carica positiva e anioni di bilanciamento di carica interlamellari che
possono essere sostituiti mediante processo di scambio ionico. La struttura
dell’idrotalcite, originata dall’impacchettamento delle lamelle, si sviluppa in modo
simile a quello riscontrabile nella brucite, Mg(OH)
2
(fig. 1.4).
Fig 1.4: Struttura della brucite
In questo minerale gli atomi di Mg sono co-ordinati ottaedricamente da sei atomi di
ossigeno appartenenti a sei gruppi OH: ogni gruppo OH è alternativamente condiviso
da tre cationi ottaedrici ed evidenzia lo spazio interlamellare. Quando alcuni cationi
di Mg(II) vengono isomorficamente sostituiti da cationi Al(III), gli anioni carbonato
si inseriscono tra gli strati di idrossidi metallici per mantenere l’elettroneutralità
formando così l’idrotalcite minerale, con la formula ideale Mg
6
Al
2
(OH)
16
CO
3
·4H
2
O.
Le idrotalciti sono rare in natura, ma sono facilmente preparabili in laboratorio
mediante processi poco costosi.
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Fig 1.5: Struttura dell’idrotalcite: le figure gialle rappresentano M(III) mentre le blu
M(II)
La formula generale delle idrotalciti sintetiche è spesso scritta come
[M(II)
1-x
M(III)
x
(OH)
2
]
x+
[A
n-
x/n
]
x-
·m S, dove M(II) può essere Mg, Zn, Co, Ni, Mm,
etc.; M(III) può essere Al, Cr, Fe, V, Co, etc.; A
n-
l’anione di compensazione della
carica (CO
3
2-
, SO
4
2-
, Cl
-
, NO
3
-
, anioni organici, etc.); m il numero di moli del
solvente di co-intercalazione (S), genericamente acqua, secondo la composizione in
peso del composito. Il numero di moli x del catione M(III) secondo la composizione
in peso, è generalmente compreso tra 0,2 e 0,33 e il suo valore determina la densità
di carica della struttura (layered).
[11]
1.3.2 Come si preparano
La maggior parte delle idrotalciti sintetiche viene preparata mediante co-
precipitazione degli idrossidi M(II) e M(III) scelti con soluzioni diluite di NaOH e/o
NaHCO
3
o Na
2
CO
3
.
Si ottengono generalmente campioni a bassa cristallinità senza un basso grado di
supersaturazione e durante la precipitazione si mantengono temperature
relativamente elevate; comunque, per ottenere campioni con buona cristallinità è
spesso richiesto un trattamento idrotermico di invecchiamento a 180÷200°C sotto
pressione.