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INTRODUZIONE
Il territorio Fluminese presenta testimonianze di un'attività mineraria intensa. Il
suo sviluppo ha interessato diverse aree del territorio, rimodellandolo, poiché in
precedenza risultava interamente organizzato, in base alle tradizionali attività
agricole e silvo-pastorali. Il paesaggio ha assunto un’inedita fisionomia per effetto
dell’attività estrattiva e ha subito un mutamento per certi versi irreversibile.
All’interruzione dell’attività mineraria non è tuttavia seguito un processo di
riabilitazione delle aree, ad esclusione di interventi di messa in sicurezza di alcuni
siti: la chiusura degli imbocchi delle gallerie e dei pozzi e la recinzione degli scavi.
Alcuni degli ambiti minerari presenti nel territorio Fluminese sono interconnessi,
oltre che per motivi di carattere geografico, anche per le relazioni di tipo logistico
che si sono venute a creare nella gestione delle attività estrattive (Fadda, 2011).
Fluminimaggiore è stato uno dei centri del Sulcis-Iglesiente dove si è concentrata
un’intensa attività mineraria, infatti innumerevoli sono le miniere e concessioni
minerarie che caratterizzano il territorio (fig. 1):
Miniera di Antas, Miniera di Arenas, Miniera di Canali Bingias, Miniera
di Candiazzus, Miniera di Genna Carru, Miniera di Genna Movexi, Miniera
di Gutturu Pala, Miniera di Medau Ganoppi, Miniera di Monte Argentu, Miniera di
Monte Cidrò, Miniera di Nieddoris, Miniera di Perda S'Oliu, Miniera di Perdas de
Fogu (Perd'e Fogu), Miniera di Pibiccu (Pibiccu), Miniera di Pubusinu, Miniera di
Punta Campu Spina, Miniera di S'Acqua Bona, Miniera di Sa Menga, Miniera di
Santa Lucia, Miniera di Su Isandru, Miniera di Su Sizzimureddu, Miniera di Su
Zùrfuru, Miniera di Terras Nieddas, Miniera di Tinì (Tiny).
L’attività mineraria è dunque una parte fondamentale del patrimonio paesaggistico
sociale e culturale che ha caratterizzato la storia di Fluminimaggiore. Vaste aree del
territorio sono occupate da aree minerarie dismesse che, a causa della mancata
messa in sicurezza e bonifica delle discariche, di scavi a cielo aperto, bacini e fanghi,
costituiscono una potenziale emergenza ambientale.
Questa situazione oltre a creare problemi d’inquinamento dei suoli, interessa
anche le acque superficiali: infatti la maggior parte delle miniere presenti sul
territorio insistono sul bacino idrografico del Rio Mannu e le acque meteoriche che
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dilavano le aree inquinate confluiscono nei corsi d’acqua, costituendo un
potenziale veicolo di sostanze inquinanti. I rischi prevedibili d’impatto ambientale
sono sia fisici che chimici.
Figura 1 - Mappa elaborata con Google Earth raffigurante le principali miniere del Fluminese
Il presente lavoro di tesi è stato sviluppato a partire da un’analisi dal punto di vista
mineralogico e giacimentologico delle mineralizzazioni presenti ad est di
Fluminimaggiore, più precisamente presso il settore a Sud di Punta Santa Vittoria.
Per far ciò è stato eseguito un rilevamento geologico-minerario in cui sono state
campionate e studiate le principali manifestazioni mineralizzate, presenti nell’area
in studio. Sono stati poi raccolti dati sullo stato ambientale dei luoghi e l’impatto
che le mineralizzazioni e le discariche minerarie hanno avuto sull’area. In
particolare, è stata effettuata una campionatura ed analisi geochimica delle acque
che fuoriescono dalle gallerie della miniera di Punta Santa Vittoria nonché delle
aste fluviali sottostanti (Rio Sa Menga, Rio Sa Murta, Rio Bau Porcus) che
convergono nel Rio Mannu passante al centro dell’abitato di Fluminimaggiore e poi
sfociano nella spiaggia di Portixeddu.
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1) Inquadramento geografico
Il territorio Comunale di Fluminimaggiore (CI) si colloca nella parte sud-occidentale
della Sardegna (fig. 1.1). L’area ha un’estensione di circa 108 Km
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e coincide con il
bacino idrografico del Rio Mannu; è compresa nei Fogli 546 e 555 della Carta
D’Italia I.G.M. 1:25.000 e più precisamente nelle Tavolette edite nel 1993-94 che
sono: F.546 Sez. III Capo Pecora e Sez. IV Buggerru; F.555 Sez. IV Buggerru e Sez. I
Iglesias.
Da Cagliari si giunge a Fluminimaggiore percorrendo la S.S. 130 sino ad Iglesias e
da qui si prosegue lungo la S.S. 126 giungendo nel paese, dopo aver percorso circa
26 Km. Per chi proviene dal Sulcis, dopo aver superato Gonnesa, si svolta al bivio
per Fontanamare-Nebida e giunti presso Masua, si prosegue per Acquaresi lungo
la Strada Provinciale 83 che conduce a Buggerru; da qui dopo aver superato la
località di Portixeddu ed il bivio per Arbus, si giunge a Fluminimaggiore.
Il territorio Fluminese è limitato a N-E dal massiccio del Monte Linas (1236 m), che
si collega a E-SE con i rilievi di Oridda e ad ovest dal Mar Tirreno. Il confine con il
territorio di Domusnovas ad Est, va da “P.ta Campu Spina” sino alla “Miniera di
Arenas”, e da qui in linea retta sino a “M. Leone”. Da questo punto parte il confine
con il comune di Gonnosfanadiga con “P.ta Nestru”, “Genna Sa Xirra”, per poi
proseguire piegando verso N-O a “Genna de Su Pirastu”, “C.ru Arrubiu”, “P.ta Is
Abiois” e “P.ta Casa Massaius”.
Figura 1.1 - Ubicazione dell'area in studio. (Courtesy from Google Earth)
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Il confine con il comune di Arbus è segnato da “P.ta Tintionis”, ”P.ta Mairu”, ”C.ru
de Bidda” e da quì, verso Est sino a “C.ru Cambara” per poi piegare verso S-O,
seguendo la Strada Provinciale sino a “P.ta Gutturu Trottu”, “C.ca Sa Figu” e “P.ta
Su Nuraxi”; da questo punto il confine risale verso N-O e tocca “P.ta Genn’e Carru”
e da qui verso Ovest, “M.te Rana”, “Genna Grutta” e “P.ta Mummullonis” per poi
piegare a Sud toccando i rilievi di “Arcu Sa Spendula”, “Arcu De Su Guardianu” e
“P.ta Guardia de Is Turcus” dove raggiunge la costa.
Fluminimaggiore è caratterizzato dalla presenza di una fascia costiera di limitata
estensione, inserita fra quelle di Buggerru a Sud ed Arbus a Nord, caratteristica per
la costa alta ed acclive. Essa è costituita da rocce scistose poste a contatto con il
plutone granitico di Capo Pecora (estremo nord). Essa è caratteristica per i suoi
colori scuri e le sue piccole insenature a ciottolame nerastro (Sa Perdischedda), che
fanno da contrasto con le rocce granitiche chiare del promontorio di “Punta
Guardia de Is Turcus”.
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2) Inquadramento geologico
Dal punto di vista geologico l’Iglesiente costituisce, insieme al Sulcis, una
subregione della Sardegna del tutto peculiare, che si caratterizza sin dai primordi
per una storia in parte autonoma. L’originalità di questo territorio è
immediatamente percepibile osservando una carta geologica dell’area, dalla quale
risultano evidenti una complessità ed una eterogeneità geologiche superiori a
quelle riscontrabili in altre aree dell’isola, anche se questa è la regione in Italia più
varia dal punto di vista geologico. Si può citare a questo proposito Carmignani et
al. (2001), nel quale si afferma che “a causa del complesso assetto tettonico
dell’area, la corretta interpretazione stratigrafica della successione cambriana
dell’Iglesiente-Sulcis fu oggetto di dibattito per più di mezzo secolo.” Per via di
questa complessità e, soprattutto, dell’abbondanza di giacimenti minerari,
l’Iglesiente è senza dubbio il territorio sardo sul quale si è maggiormente
concentrata l’attenzione dei geologi. Nell’Iglesiente si concentrarono studi a
carattere strutturale che consentirono negli anni ’60 ad Arthaud (Arthaud, 1963;
Arthaud e Matte, 1966) l’individuazione di una tettonica polifasica Varisica e
permisero a Poll e Zwart (1964) di dimostrare complessi sistemi di interferenza tra
deformazioni “sarde” e deformazioni erciniche. Negli anni ’80 le accresciute
conoscenze relative al basamento Varisico della Sardegna portano a riconoscerlo
come un segmento di catena Varisica in cui si distinguono: una Zona esterna
dell’Iglesiente -Sulcis, una zona a falde (dall’Arburese al Sarrabus-Gerrei e alla
Sardegna centro-settentrionale) ed una zona interna (Sardegna settentrionale)
(Carmignani et al., 2001).
2.1) Stato di conoscenza del basamento Varisico dell’iglesiente
Per fornire una esauriente trattazione degli aspetti geologico- tettonici e
petrografici che caratterizzano la zona presa in esame, si ritiene utile inquadrare in
maniera completa, anche se sintetica, il modello evolutivo del batolite Sardo-
Corso. Dalla figura 2, riportata di sotto, vengono evidenziati i principali lineamenti
strutturali del basamento Varisico sardo, in particolare nella zona interessata da
questo lavoro, vi è l’Unità dell’Iglesiente, sovrascorsa dall’Unità dell’Arburese nei
pressi di Punta Santa Vittoria (Località Genna Movexi).
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Hanno favorito gli studi sul basamento geologico di quest’area una successione
stratigrafica ben differenziabile, un basso grado metamorfico e soprattutto le
importanti attività minerarie presenti (Carmignani et al., 2001). Per quanto
riguarda l’interpretazione di quanto avvenuto in Sardegna nel Paleozoico, sino alla
fine degli anni ’70 è stata prevalente una concezione di tipo autoctonista. A partire
da quel periodo grandi transazioni tettoniche sono state riconosciute in tutto il
basamento a NE del Campidano (Carmignani e Pertusati, 1977; Carmignani et al.,
1978; Carmignani et al., 1979a; Naud, 1979). L’evidenza di una serie di faglie messe
in posto da NE verso SW e l’età Varisica del metamorfismo delle migmatiti e del
basamento di medio ed alto grado della Sardegna NE (Del Moro et al., 1972; Di
Simplicio et al., 1974; Ferrara et al., 1978) precedentemente considerato
caledoniano e precambriano, portò all’ipotesi espressa in Carmignani et al.,
(1979b) secondo cui la struttura del basamento sardo-corso deriva da una
collisione continentale con sovrapposizione di rocce metamorfiche della Sardegna
nord-orientale e della Corsica Varisica sulle rocce della Sardegna centrale.
Successivi lavori hanno dimostrato che l’alloctono ed i raddoppi tettonici si
estendono sino a SW del Campidano (Barca et al., 1981b).
Il basamento sardo è un segmento della Catena Varisica sud-europea, separatosi
dall’Europa solo nel Miocene inferiore (Burdigaliano). Restaurando il blocco Sardo-
Corso nella sua posizione pre-deriva miocenica, le strutture fondamentali del
basamento delle due isole trovano la loro prosecuzione in Provenza e Catalogna.
Le diverse ricostruzioni della geometria di questa catena sono concordi nel
delineare una cintura orogenetica arcuata che dalla Spagna giunge sino al
Massiccio Centrale francese (arco ibero-armoricano). Questa concezione è
suffragata da dati paleomagnetici, strutturali e sulle affinità litologiche e
stratigrafiche che indicano come il basamento sardo-corso fosse unito al
basamento sud-europeo ed abbia condiviso con la Provenza e la Catalogna
l’evoluzione strutturale e sedimentaria almeno sino all’Oligocene, prima di
staccarsi dal continente europeo e giungere alla sua attuale posizione.