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INTRODUZIONE
Le malattie cardiovascolari sono la causa più importante di mortalità, morbosità ed invalidità
nella popolazione occidentale, così come in tutto il mondo rappresentano la prima causa di
morte e la quinta causa di malattia. L’estensione della malattia coronarica, la severità dei
sintomi e l’età influenzano la prognosi in termini negativi.
Nonostante il miglioramento e lo sviluppo dei farmaci, la mortalità e la morbilità dovute ad
esempio allo scompenso cardiaco (anche detta insufficienza cardiaca) rimangono ancora
elevate. Indagini statistiche hanno messo in evidenza che quasi il 50 per cento dei pazienti
affetti da tale patologia muore entro cinque anni dalla diagnosi, con una mortalità annuale
negli Stati Uniti di circa 250.000 pazienti e in Europa di circa 300.000 pazienti. Tra i fattori
che causano un incremento dell’incidenza dello scompenso, si devono considerare il generale
invecchiamento della popolazione, la riduzione della mortalità nelle fasi acute della
cardiopatia ischemica, l’aumento dell’incidenza e della prevalenza di specifiche condizioni
cliniche come l’ipertensione, l’obesità e il diabete. Analogamente le aritmie ventricolari,
soprattutto le fibrillazioni e tachicardie ventricolari, che sono connesse in particolar modo con
rapidi incrementi del tono simpatico, sono molto spesso la causa di morte cardiaca improvvisa
dei pazienti che hanno subito un infarto miocardico.
In quest’ambito sono state condotte diverse ricerche sperimentali che hanno permesso di
mettere in evidenza una stretta correlazione tra la tendenza ad aritmie pericolose e segnali di
un’attività simpatica aumentata o di un’attività vagale ridotta. Sulla base di tali risultati è
cresciuta conseguentemente l’esigenza di metodiche in grado di facilitare l’identificazione di
pazienti a rischio soprattutto dopo infarto del miocardio o con scompenso cardiaco. Tuttavia
anche le due metodiche più comunemente utilizzate, come l’analisi della variabilità della
frequenza cardiaca (HRV) e lo studio della sensibilità barocettiva (BRS) sono limitate da
fattori come il basso valore prognostico predittivo positivo, la correlazione inversa con l’età, la
correlazione inversa con la frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF).
Tra i metodi più recenti sviluppati per l’identificazione di pazienti a rischio, la Heart Rate
Turbulence (HRT) è una metodica che si basa sull’analisi delle fluttuazioni del ciclo cardiaco
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dopo un battito prematuro ventricolare (VPC). Attualmente l’HRT rappresenta uno dei nuovi
marker di valutazione nell’identificazione del soggetto a rischio, specie quando viene
utilizzata assieme ad altre metodiche di indagine del SNA, come la HRV, con cui il suo valore
prognostico risulta notevolmente maggiore.
L’obiettivo della ricerca trattata in questa Tesi è verificare se i parametri che caratterizzano
l’HRT cambiano a seconda del manifestarsi dei battiti ventricolari prematuri durante fasi
respiratorie normali o patologiche, in particolare di apnea ostruttiva. In questo modo saremo in
grado di stabilire se il respiro influenza e, in caso affermativo, in che modo la risposta
barocettiva cardiaca.
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I
Heart Rate Turbulence
I.1 Premessa
Ogni anno sono circa 57 mila in Italia le vittime della Morte Cardiaca Improvvisa (MCI), una
ogni nove minuti. La Morte Cardiaca Improvvisa da sola rappresenta la causa di oltre il 10%
di tutte le morti che avvengono in Italia [5]. Attualmente la MCI viene definita come “morte
naturale dovuta a cause cardiache, preceduta da perdita improvvisa della conoscenza entro
un’ora dall’inizio della sintomatologia; una cardiopatia preesistente può essere nota, ma il
tempo e la modalità di morte sono imprevisti” [6].
La Morte Cardiaca Improvvisa spesso si verifica in persone attive e apparentemente sane
senza precedenti problemi cardiaci o altri problemi di salute. Ma la verità è che la MCI non è
un evento fortuito; infatti, la maggior parte delle vittime ha problemi di cuore o altri problemi
di salute, anche se non ne sono ancora a conoscenza.
Sono numerosi i fattori responsabili dell’arresto cardiaco, i due più importanti sono: un
precedente attacco di cuore, il 75% delle persone che muoiono di morte cardiaca improvvisa
hanno avuto precedenti attacchi di cuore; e malattie delle arterie coronarie, l’80% delle vittime
di morte improvvisa hanno segni di malattia coronarica, cioè restringimenti o blocchi nelle
arterie che forniscono sangue al cuore. E’ possibile identificare diversi segni e/o sintomi,
indici di un maggiore o minore rischio di morte cardiaca improvvisa, quali:
frequenza o ritmo cardiaco anormale (aritmia), da causa sconosciuta;
frequenza cardia elevata (tachicardia) temporanea, presente anche in condizioni di riposo;
episodi di svenimento (sincope), da causa sconosciuta;
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bassa frazione di eiezione ventricolare, che è la misura della quantità di sangue pompata dai
ventricoli in ogni battito. Un cuore sano pompa 55% o più del suo sangue in ogni battito.
Persone a rischio di morte cardiaca improvvisa hanno frazioni di eiezione inferiori al 40%,
spesso associate a tachicardia ventricolare [7].
La prevenzione della morte improvvisa aritmica si distingue in primaria e secondaria. Viene
definita primaria una terapia prescritta al fine di prevenire un’aritmia ventricolare sostenuta in
soggetti che non hanno ancora sofferto di aritmie ventricolari minacciose, ma che sono
comunque ad alto rischio di svilupparle. Una terapia raccomandata per soggetti, che sono già
stati rianimati da un precedente episodio potenzialmente mortale, viene definita invece
secondaria. Tale prevenzione può essere ottenuta tramite profilassi farmacologica o mediante
un dispositivo automatico impiantabile (ICD).
La profilassi farmacologica prevede la somministrazione di farmaci antiaritmici, dato che in
genere la morte improvvisa è causata da aritmie ventricolari. I farmaci più comunemente
impiegati sono i betabloccanti, omega-3, statine e farmaci in grado di intervenire sull’asse
renina–angiotensina–aldosterone [8]. Tale sistema è un meccanismo ormonale che regola la
pressione sanguigna, il volume plasmatico circolante ed il tono della muscolatura arteriosa
attraverso la produzione e la secrezione di angiotensina II. Pur essendo efficace, numerosi
studi prospettici hanno dimostrato che il trattamento con defibrillatore cardiaco impiantabile
(ICD) lo è maggiormente, essendo in grado di ridurre la mortalità totale rispetto a una terapia
farmacologica ottimale nei soggetti con ridotta funzione ventricolare sinistra.
Attualmente, si cerca di determinare quali pazienti possano maggiormente beneficiare di un
ICD, sia per ridurre al minimo il rischio di morte improvvisa, sia per evitare rischi e spese
dovute ad indicazioni inappropriate. È dunque fondamentale avere gli strumenti per
stratificare, rapidamente e con precisione, il livello di rischio del paziente. Sia test non invasivi
che invasivi sono stati utilizzati allo scopo di stratificare il rischio di morte improvvisa [20]. I
tradizionali indicatori di rischio sono la frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF), la
variabilità del ritmo cardiaco (HRV), la frequenza cardiaca media, la sensibilità barocettiva.
Accanto agli indicatori tradizionali, nel 1999 è stato introdotto nell’elettrocardiologia da
Schmidt l’Heart Rate Turbulence (HRT), per la stratificazione del rischio e la previsione della
morte cardiaca aritmica improvvisa in pazienti con pregresso infarto del miocardio. Da allora è
stato dimostrato che l’HRT ha anche un valore prognostico anche nei pazienti affetti da
malattie diverse [10].
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I.2 Il fenomeno dell’HRT
L’Heart Rate Turbulence (HRT) è la risposta fisiologica bi-fasica del nodo del seno a
contrazioni ventricolari premature (VPC). Rappresenta, quindi, la “turbolenza” della frequenza
cardiaca in seguito ad un battito prematuro ventricolare [12].
Nei soggetti normali, dopo la pausa compensatoria che segue il battito prematuro ventricolare
(VPC), si osserva un comportamento della frequenza cardiaca che si distingue in due fasi: una
rapida accelerazione seguita da una successiva graduale decelerazione che riporta la frequenza
cardiaca al valore pre-ectopico.
Figura 1 - HRT in un soggetto normale. Le curve arancioni rappresentano i singoli tacogrammi del VPC, quelle
marroni il tacogramma medio su 24 ore.
La figura I.2.1 riporta la serie numerica degli intervalli RR in funzione dell’indice del battito
progressivo dopo il VPC, ovvero in funzione del tacogramma. Pertanto, la figura sembra
mostrare un andamento opposto rispetto a quello descritto, in quanto ad essere rappresentata è
la serie RR, che è data dall’inverso della frequenza cardiaca (FHR = 60/RR).
La spiegazione di tale comportamento risiede nelle seguenti considerazioni fisiologiche:
l'accelerazione iniziale della frequenza cardiaca durante l’HRT è coerente con l’inibizione
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vagale, innescata dai barocettori in seguito ad una contrazione ventricolare emodinamicamente
inefficace, di cui il battito prematuro ventricolare e la successiva pausa compensatoria ne sono
responsabili. Questa carenza emodinamica è causata da diversi fattori tra cui: incompleta
restituzione elettrica, breve periodo di riempimento diastolico, mancante rigetto atriale,
riduzione della contrattilità, più alto afterload* al momento del VPC, e minore contrazione
ventricolare sincronizzata. A causa di questi fattori, la pressione sanguigna sistolica (SBP)
dopo il VPC è inferiore rispetto a quella dei normali battiti del nodo del seno. Sia la
contrazione inefficace che la pausa compensatoria causano una riduzione della pressione
diastolica. Inoltre, l’SBP prodotta dal primo battito sinusale post-VPC solitamente è inferiore
(in soggetti con normale funzione ventricolare sinistra) rispetto a quella pre-VPC [10]. Dunque
non solo l’effetto emodinamico del VPC, ma anche la riduzione della SBP stimola i
barocettori aortici e carotidei, causando un aumento della frequenza cardiaca, attraverso il loop
dei riflessi barocettivi. Al tempo stesso, la transiente ipotensione che segue la pausa
compensatoria stimola il simpatico, determinando la decelerazione della frequenza, ovvero un
progressivo allungamento degli intervalli RR fino a raggiungere valori simili a quelli osservati
prima del battito prematuro [13].
Figura 2 - ECG e SBP in corrispondenza di un VPC.
Se il sistema di controllo autonomo è intatto, questa variazione della frequenza cardiaca è
registrata come risposta istantanea nella forma dell’HRT. Se, invece, il sistema è alterato,
questa reazione risulta essere più debole o, addirittura, completamente assente. L’assenza di
HRT è una delle migliori tecniche non invasive per predire la morte cardiaca a seguito di un
infarto del miocardio [10].
L’HRT può pertanto considerarsi una misura non invasiva della sensibilità barocettiva,
essendo una manifestazione della risposta del sistema barocettivo al cambiamento di pressione
dovuto al VPC ed è espressione del controllo autonomico del nodo del seno. Infatti, la risposta
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bifasica è facilmente apprezzabile e di particolare entità nei soggetti giovani e, soprattutto,
nelle ore notturne caratterizzate da una prevalente modulazione vagale. Essa è inoltre
marcatamente ridotta nei soggetti diabetici con disautonomia autonomica.
I.3 Quantificazione e misura dell’HRT
Per la quantificazione e la misura dell’HRT bisogna tener conto che l’andamento dell’HRT è
spesso mascherato dalla variabilità della frequenza cardiaca (HRV) di altra origine. I singoli
tacogrammi possono essere, infatti, corrotti da rumore, che non è relazionato all’HRT, come
l’aritmia sinusale. Per questo motivo si effettua la media, che migliora il rapporto segnale –
rumore. L’HRT non può essere, inoltre, calcolato in pazienti che non hanno VPC o che
presentano fibrillazione atriale persistente. L’algoritmo per la quantificazione dell’HRT
conduce a risultati attendibili solo se l’evento scatenante è un VPC e non, ad esempio, un
artefatto o un’onda T. Bisogna anche assicurarsi che il ritmo sinusale, che precede e segue il
battito prematuro, sia libero da aritmie, artefatti e false classificazioni, in modo da non avere
falsi positivi al momento dell’analisi dei pazienti.
Dal punto di vista matematico, si tratta di identificare i battiti prematuri ventricolari e studiare
la finestra dei 19 valori RR compresa tra i 2 valori precedenti il battito prematuro ed i 15
valori successivi alla pausa compensatoria.
L’HRT può essere quantificata dai due parametri:
Turbulence Onset (TO), che rappresenta la fase rapida della risposta, definito dalla seguente
relazione matematica:
100
) (
) ( ) (
1 2
1 2 2 1
RR RR
RR RR RR RR
TO
[%]
dove RR
1
e RR
2
rappresentano i primi due intervalli RR normali che seguono il VPC,
mentre RR
-1
e RR
-2
rappresentano gli ultimi due intervalli RR normali che precedono il VPC;