2
probabilità” in cui può trovarsi l’elettrone. Rispetto alla natura
dell’elettrone, le prime teorie vi attribuivano le caratteristiche di un
corpuscolo, mentre quelle più recenti descrivono questa particella
con la duplice natura corpuscolare ed ondulatoria.
Basandosi sulla teoria atomica elaborata da Bohr, nel 1913, gli
elettroni possono trovarsi soltanto su particolari orbite, ellittiche o
circolari, di dimensioni lineari molto maggiori del nucleo. Ad esse
corrispondono livelli energetici (o quantici) ben definiti, che
vengono indicati in due modi, o per mezzo di lettere (K, L, M, N,
O, P, Q), oppure per mezzo di numeri (1,2,3,4,5,6,7). Per descrivere
in modo completo lo stato energetico di un elettrone sono necessari
quattro numeri quantici, indicati come n, l, m ed s . Secondo il
principio di Pauli in un atomo non possono coesistere elettroni
identici, cioè con i quattro numeri quantici uguali. Di conseguenza,
il numero massimo di elettroni, che può trovarsi su ogni livello
energetico, è dato dall’espressione:
2
2n
e
N
dove n è il numero quantico principale del livello energetico
considerato.
Nel nucleo è concentrata praticamente tutta la massa
dell’atomo; è costituito da due tipi di particelle: i protoni ed i
neutroni.
I protoni sono dotati di carica elettrica positiva, con la quale
attraggono, intorno al nucleo, gli elettroni, che invece hanno carica
elettrica negativa; in un atomo ogni protone è compensato da un
elettrone, così da ottenere una struttura con carica totale nulla ed
elettricamente stabile.
3
I neutroni non hanno carica elettrica e contribuiscono
unicamente a far aumentare la quantità di materia presente nel
nucleo.
Figura 1.2- Rappresentazione dell’atomo
La struttura di un atomo viene indicata, di consueto, con il
simbolo
X
A
Z
, in cui X è il simbolo chimico dell’elemento
considerato, A è il suo numero di massa, cioè il numero totale di
protoni e neutroni del nucleo, e Z è il numero atomico
dell’elemento, cioè il numero dei protoni del nucleo oppure il
numero di elettroni che circondano il nucleo. Conseguentemente, la
differenza
ZA
esprime il numero di neutroni che si trovano nel
nucleo.
4
1.1.1 Gli isotopi e la radioattività
A tutt’oggi sono noti più di cento elementi, ognuno dei quali è
caratterizzato dal suo numero atomico Z .
Esistono, però, elementi che possiedono lo stesso numero
atomico, ma diversi numeri di massa A ; questi vengono denominati
isotopi. Gli isotopi di un dato elemento, che possono essere uno o
più di uno, hanno lo stesso numero di protoni e differiscono tra loro
per il numero dei neutroni contenuti nel nucleo; conseguentemente
hanno masse atomiche differenti. Poiché gli isotopi di un elemento
hanno lo stesso numero atomico Z , possiedono le stesse proprietà
chimiche; per questo motivo non è possibile separarli mediante
reazioni chimiche. Le proprietà fisiche sono invece differenti
perché diversa è la loro massa.
Gli isotopi sono instabili quando possiedono un eccesso di
energia, che viene liberata sotto forma di particelle e di radiazioni
elettromagnetiche, emesse separatamente o contemporaneamente.
Questo processo di decadimento, o di disintegrazione, che porta il
nucleo in uno stato energetico più stabile, prende il nome di
radioattività.
Tra le particelle esistenti all’interno del nucleo, si esercitano
forze di diversa natura, quali le forze repulsive tra i protoni e le
forze attrattive tra protoni e neutroni. Le prime tendono ad
allontanare i protoni l’uno dall’altro, le seconde a tenere uniti nel
nucleo i protoni ed i neutroni; è dalla loro risultante che si
determina se una certa composizione del rapporto neutroni-protoni
è da considerarsi stabile, oppure no. Sperimentalmente è stato
riscontrato che per gli elementi più leggeri, nei quali i protoni ed i
neutroni sono all’incirca in numero uguale, si ha una grande
stabilità; negli elementi con un numero atomico maggiore di venti,
5
invece, per avere un nuclide stabile è necessario che ci sia un
eccesso di neutroni.
1.1.2 Il processo di ionizzazione
La ionizzazione è il processo con cui un atomo o una molecola
possono perdere o acquistare elettroni, dando luogo alla formazione
di particelle che prendono il nome di ioni, i quali si pongono in
movimento quando sono sottoposti all’azione di un campo elettrico.
Uno ione è elettricamente carico e la sua carica è determinata dal
numero di elettroni persi o acquistati nel processo di ionizzazione.
Quando un atomo o una molecola perdono un elettrone si ha la
formazione di una coppia di ioni: l’elettrone libero ed il residuo
atomico, che è carico positivamente.
1.2 Elementi di radioattività
La radioattività naturale fu osservata per la prima volta, nel
1896, da Henri Becquerel, il quale, casualmente, si accorse che i
suoi campioni emettevano una radiazione penetrante simile a quella
descritta un anno prima da Röntgen nei suoi lavori sulle scariche
nei gas. Ulteriori studi mostrarono che le radiazioni emesse erano
caratteristiche dell’elemento e che era possibile stabilire delle
relazioni quantitative. Si chiarì, inoltre, che gli atomi che
emettevano radiazioni erano instabili e decadevano con formazione
di nuovi atomi.
L’impiego dei campi magnetici ha permesso di stabilire che
esistono tre tipi di radiazioni naturali, indicate come radiazioni α, β
e γ. Le prime due sono costituite da particelle cariche, mentre la
radiazione gamma è di natura elettromagnetica. Come mostrato
nella Figura 1.3, le particelle α e β subiscono una deflessione, in
6
direzioni opposte, quando vengono sottoposte all’azione di un
campo magnetico, mentre le radiazioni γ non subiscono deflessioni.
Le radiazioni α, β e γ sono emesse dal nucleo degli atomi
radioattivi ed i fenomeni di decadimento sono legati alle proprietà
nucleari delle singole specie di nuclei instabili, indicati come
nuclidi radioattivi o radionuclidi. L’instabilità dei nuclei è dovuta
alla presenza in essi di neutroni in eccesso o in difetto rispetto alle
condizioni di stabilità; questi, di conseguenza, tendono a
trasformarsi in nuclei di altri elementi, con un numero atomico
minore, oppure in isotopi dei nuclei di partenza, mantenendo lo
stesso numero atomico.
Possono essere emesse anche radiazioni di origine atomica,
anziché nucleare, dovute a fenomeni che coinvolgono gli elettroni
orbitali; un esempio è costituito dai raggi X.
Figura 1.3- Radiazioni α, β e γ sottoposte
all’azione di un campo magnetico
7
1.2.1 Tipi di decadimento radioattivo
Sono stati osservati diverse tipologie di decadimento
radioattivo di nuclidi instabili, come viene mostrato nello schema
seguente:
a) Decadimento α: il nucleo emette una particella α ed il suo
numero atomico diminuisce di due, mentre il numero di
massa diminuisce di quattro; le particelle α, infatti, sono
costituite da nuclei di elio He
4
2
. Il decadimento α può essere
schematizzato come segue:
HeYX
A
Z
A
Z
4
2
4
2
ο
.
b) Decadimento β: il nucleo emette una particella β. Si può
distinguere tra due tipi di particelle: la particella β
-
, nel caso
si tratti di un elettrone, e la particella β
+
nel caso esclusivo
dei radionuclidi artificiali, che emettono un elettrone
8
positivo o positrone. In questo tipo di decadimento, quindi,
il numero di massa rimane invariato, mentre il numero
atomico diminuisce o aumenta di una unità a seconda del
processo, secondo lo schema seguente:
ο ΕYX
A
Z
A
Z 1
ο ΕYX
A
Z
A
Z 1
c) Cattura elettronica: il nucleo cattura un elettrone orbitale,
dei livelli K o L, trasformandosi nel nucleo di numero di
massa uguale e di numero atomico minore di un’unità, in
quanto l’elettrone ed un protone del nucleo formano un
neutrone; tale processo equivale al decadimento β
+
.
d) Decadimento γ e transizione isomera: l’emissione dei raggi
γ costituisce la modalità più semplice, per un nucleo
eccitato, di perdere energia. Nel decadimento γ un nucleo
nello stato eccitato passa in uno stato energetico più basso,
senza modificare il numero atomico ed il numero di massa.
Un nucleo nello stato eccitato può essere il risultato di
diversi processi:
decadimento α e decadimento β;
reazioni nucleari;
eccitazione dallo stato fondamentale;
transizione γ dagli stati eccitati superiori.
Generalmente un nucleo fortemente eccitato torna allo
stato fondamentale emettendo raggi γ in tempi dell’ordine
9
di 10
-13
secondi. Può accadere che l’emissione avvenga in
tempi più lunghi, spesso dell’ordine di ore; in questo caso lo
stato eccitato del nucleo è detto metastabile ed il nucleo,
godendo di una stabilità temporanea, è detto isomero del
corrispondente nucleo nello stato fondamentale. È in questo
caso che si può parlare di transizione isomera.
Durante il decadimento, oltre alle particelle ed alle radiazioni
emesse dal nucleo, si può avere emissione anche in seguito al
verificarsi di fenomeni che coinvolgono gli elettroni orbitali:
a) Emissione di elettroni di conversione interna: avviene
quando si ha l’emissione di un fotone γ che, attraversando
la nuvola elettronica, interagisce con un elettrone degli
strati K, L, M,… trasferendo ad esso la sua energia. Di
conseguenza, dall’atomo viene emesso un elettrone di
energia pari alla differenza tra quella del fotone incidente e
l’energia di legame dell’elettrone. Questi elettroni sono
chiamati raggi β di conversione interna.
b) Emissione di raggi X ed elettroni di Auger: si tratta di
fotoni e di elettroni emessi a causa del riassestamento degli
elettroni orbitali, in seguito a fenomeni quali la conversione
interna e la cattura elettronica, che lasciano l’atomo privo
degli elettroni degli strati interni.
Figura 1.4- Emissione di elettroni Auger
10
1.2.2 Legge temporale dei decadimenti radioattivi
Il decadimento di tutte le sostanze radioattive avviene
seguendo la medesima legge temporale. Supponendo di avere una
sorgente radioattiva e di poter conoscere il numero di atomi che si
disintegrano in un dato intervallo di tempo, è possibile ottenere un
grafico in cui venga riportato il numero di atomi presenti in
funzione del tempo. La curva risultante mostra un tipico andamento
esponenziale, con una diminuzione costante dell’intensità di
disintegrazione in uguali intervalli di tempo.
Figura 1.5- Rappresentazione lineare del decadimento
In ogni intervallo di tempo non si disintegra lo stesso numero
di atomi, ma la stessa percentuale degli atomi presenti. Quindi,
l’intensità di disintegrazione di una sostanza, chiamata attività, è
una grandezza proporzionale al numero di atomi presenti al tempo
t , come indicato nell’espressione seguente:
N
dt
dN
∆
dove
dt
dN
è l’attività e N è il numero degli atomi presenti al tempo t.
Includendo una costante di proporzionalità, l’espressione
precedente diventa:
11
N
dt
dN
Ο
dove λ è la costante di decadimento, mentre il segno meno indica
che l’attività decresce con il tempo.
Infine, integrando l’espressione precedente si ottiene la legge
esponenziale generale del decadimento radioattivo:
t
eNN
Ο
0
in cui N è il numero di atomi presenti al tempo t in un campione
che presentava un numero N
0
di atomi radioattivi iniziali.
La costante di decadimento λ esprime la probabilità che un
singolo atomo decada nell’unità di tempo; maggiore è il valore di λ
più rapidamente il radioelemento decade.
1.2.3 La vita media ed il tempo di dimezzamento dei
radioelementi
La costante di decadimento è legata al concetto di vita media
(τ) e di tempo di dimezzamento, T
2
1 , di un radioisotopo.
La vita media è definita come:
Ο
Ω
1
Corrisponde, quindi, al tempo necessario affinché l’attività di un
dato radioisotopo si riduca di un fattore e rispetto al suo valore
iniziale.
12
Il tempo di dimezzamento è il tempo necessario affinché
l’attività iniziale di un radioisotopo si riduca a metà; si può
calcolare tramite l’espressione seguente:
Ω
Ο Ο
693,0
693,02ln
2
1
T
Ciascun atomo radioattivo ha il proprio schema di
decadimento, caratterizzato da due grandezze:
1) la vita media,
2) l’energia emessa.
L’identificazione di un particolare radioisotopo dipenderà
dall’accuratezza con la quale queste grandezze possono essere
determinate. La conoscenza di entrambe è necessaria in quanto
alcuni radioisotopi possono avere una vita media all’incirca uguale,
differendo invece notevolmente per la loro energia di emissione,
mentre altri hanno energie di emissione molto vicine, ma vite medie
notevolmente diverse.
1.2.4 Le famiglie radioattive
Molte sostanze radioattive non decadono direttamente in un
isotopo stabile, ma danno luogo a discendenti, anch’essi radioattivi,
che decadono con la propria caratteristica vita media.
Si supponga che ad un certo istante vi siano
0
1
N
atomi del
radioisotopo capostipite, con una costante di decadimento
1
Ο
, e che
non vi siano atomi del discendente. Dato che ogni atomo del
capostipite decadendo diviene un atomo di discendente, la
13
variazione del numero di discendenti (
2
dN
) in un intervallo di
tempo infinitesimo (
dt
) si ottiene con la seguente espressione:
2211
2
NN
dt
dN
Ο Ο
Dalla legge generale del decadimento radioattivo, il numero di
atomi del capostipite al tempo t è:
t
eNN
1
0
11
Ο
Sostituendo questa espressione in quella precedente, ed integrando
l’equazione, si giunge al seguente risultato:
tt
ee
N
N
21
12
1
0
1
2
Ο Ο
Ο Ο
Ο
dove N
2
è il numero di atomi del discendente presenti al tempo t.
Si parla di famiglie radioattive quando una sostanza radioattiva
decade dando luogo alla formazione della specie radioattiva
successiva, con un processo “a cascata” che termina con l’isotopo
stabile. Tra le famiglie radioattive sono di particolare interesse
quelle naturali e precisamente quelle dell’uranio, quella del torio e
quella dell’attinio; una famiglia che rientra nel campo dei
radioisotopi artificiali è invece quella del nettunio.
14
1.3 Le radiazioni ionizzanti
Le radiazioni ionizzanti sono delle onde elettromagnetiche, o
delle particelle, dotate di potere altamente penetrante nella materia;
ciò consente loro di ionizzare gli atomi con cui entrano in
collisione.
Figura 1.6- Il processo di
ionizzazione ed eccitazione di
un atomo
Verrà focalizzata l’attenzione sulle radiazioni ionizzanti che
determinano diversi effetti e rischi biologici, e che quindi
maggiormente interessano la radioprotezione. In modo particolare
verranno trattate:
particelle alfa;
particelle beta;
raggi gamma;
raggi X.
Queste radiazioni hanno sia origine naturale che antropica; lo
studio del tipo e del contributo delle diverse fonti è fondamentale
nella determinazione dell’esposizione massima ammissibile per la
popolazione.
15
1.3.1 Le sorgenti di esposizione alle radiazioni ionizzanti
La radiazione cosmica, la radioattività naturale delle acque di
superficie, dell’aria, del suolo ed anche dello stesso organismo,
rappresentano una fonte di radiazione cui sono soggetti tutti gli
esseri viventi. Queste sorgenti naturali di esposizione sono indicate
nel loro insieme come radiazione di fondo; questa presenta
un’elevata variabilità da luogo a luogo, così che ogni sito avrà un
proprio livello della
radiazione di fondo.
Figura 1.7- Dose media
annuale mondiale
Di seguito vengono descritte, brevemente, le sorgenti che
rientrano nella radiazione di fondo.
a) Raggi cosmici: hanno origine extraterrestre e sono costituiti
principalmente da particelle cariche positivamente (protoni,
particelle α, nuclei pesanti), che quando giungono in prossimità
della Terra risentono dell’azione derivante dal campo magnetico
terrestre. Molte di queste particelle, chiamate raggi cosmici primari
(nuclei atomici, elettroni, positroni e raggi γ), si scontrano con gli
atomi dell’atmosfera terrestre, generando altre particelle, i raggi
cosmici secondari, costituite ad esempio da mesoni (particelle di
massa compresa tra l’elettrone ed il protone), elettroni, fotoni,
protoni e neutroni. I raggi cosmici hanno un’energia elevatissima,