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a freddo anche un valore piccolo ma positivo di m (indice di sensibilità alla
velocità di deformazione) può essere utile.
Sono molte le leghe adatte a subire operazioni di sheet-metalworking.
Naturalmente le proprietà principali che queste devono possedere sono
profondamente diverse da quelle richieste ai metalli utilizzati in operazioni di
deformazione massiva, sia perché la deformazione ora presa in considerazione è di
trazione piuttosto che di compressione, sia perché le parti in lamiera sono
prevalentemente parti "a vista" e perciò la loro finitura deve essere di ottima
qualità. E’ quindi necessario avere dei criteri di caratterizzazione delle lamiere
metalliche che vadano al di là della semplice caratterizzazione meccanica
(determinazione delle curve di flusso e degli indici di sensibilità alla deformazione
ed alla velocità di deformazione, definizione della durezza, ecc...) ed entrino nel
merito del processo di formatura, ovvero è necessario indagare le proprietà di
“formabilità” del materiale. Un potente strumento di valutazione della formabilità
ci viene fornito dalla Curva Limite di Formabilità (Forming Limit Curve) che
esprime una condizione limite delle deformazioni reali principali nel piano della
lamiera (ε
1
, ε
2
), superata la quale subentrano fenomeni di rottura (curva limite a
rottura) o fenomeni di strizione (curva limite a strizione) assolutamente
indesiderati. Tale informazione permette infatti di prevedere gli effetti delle
deformazioni imposte e di evitare che la determinazione dei parametri del processo
di formatura si basi essenzialmente su considerazioni empiriche, o su metodologie
di tipo “trial end error”. Per questa ragione la FLC è uno strumento utile in fase di
progettazione e di controllo del processo.
Esistono diversi test standard e non, atti a definire e valutare la formabilità delle
lamiere (test di Erichsen, Nakazima, Swift, Fukui ecc...); quello più mirato alla
definizione della CLF è il test Nakazima che simula il comportamento di uno
sviluppo piano di lamiera nelle reali condizioni di processo. La realizzazione delle
prove di formabilità richiede un notevole dispendio di risorse, nonché l’utilizzo di
tecniche sofisticate di analisi e misura delle deformazioni, per cui la determinazione
delle CLF resta generalmente confinata all’ambiente di laboratorio. Recentemente
l’attività sperimentale è stata affiancate da sofisticate tecniche numeriche basate su
raffinati approcci analitici al problema della plasticità di lamiere; queste tecniche
numeriche possono essere utilizzate come moderno strumento di analisi al fine di
ottenere i parametri di formabilità delle lamiere in maniera più economica e rapida.
I notevoli sviluppi dei codici di calcolo basati sul metodo agli elementi finiti hanno
per esempio suggerito la possibilità di simulare i test di formabilità al calcolatore
con una conseguente drastica riduzione delle attrezzature e dei tempi necessari per
ottenere una valutazione operativa della formabilità. In questo modo, la
valutazione della CLF diventa molto più diretta ed immediata, pertanto applicabile
anche a realtà in cui non fossero disponibili tutte le attrezzature necessarie alla
realizzazione dei test sperimentali. Naturalmente, questo approccio per essere
valutato necessita di una fase preliminare di sperimentazione.
Parallelamente l’applicazione dei metodi numerici richiede anche o sviluppo di
criteri che permettono di individuare le condizioni di instabilità nella lamiera
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durante la deformazione. I criteri utilizzati in questo lavoro si basano
essenzialmente su tre concetti principali.
™ Il primo è quello per cui in una lamiera di spessore uniforme è possibile
indurre una localizzazione “numerica” della deformazione imponendo un
difetto geometrico (assottigliamento locale). Come vedremo, l’entità di tale
difetto è legata al valore critico della deformazione principale massima in
condizioni di “plain strain”.
™ Il secondo criterio che è stato utilizzato è quello di “Bragard” che ci permette
di individuare numericamente la condizione limite di snervamento di un
materiale facendo considerazioni fondate sul gradiente deformativo sulla
superficie di una lamiera stampata.
™ Il terzo, che potremmo considerare intrinseco, si basa sulla definizione di
relazioni costitutive che modellizzino gli effetti del danneggiamento sulle
proprietà plastiche dei materiali soggetti a deformazione plastica, generalmente
impiegati allo scopo di predire l’insorgere di fratture nel processo di formatura
dei metalli. La yield condition (superficie limite di elasticità) utilizzata è quella
sviluppata da Tvergaard e Needleman partendo da un precedente modello di
Gurson che prevede un modello di nucleazione di micro cavità all’interno del
materiale controllato dalla deformazione.
In questo lavoro di tesi lo studio delle caratteristiche di formabilità delle lamiere è
stato realizzato svolgendo un’attività sperimentale ed una numerica. L’attività
sperimentale si è rilevata indispensabile per analizzare le diverse problematiche
affrontate, partendo dall’analisi fisica del fenomeno. Questa fase ha visto anche la
progettazione e la realizzazione di nuove attrezzature per la realizzazione dei test
nonché di sistemi computerizzati per una analisi dei risultati sperimentali
automatica e flessibile. Sono stati in particolare realizzate le attrezzature per
svolgere alcuni test di formabilità come quello di Nakazima e quelle per la
reticolazione delle lamiere con etching elettrochimico, per l’analisi delle
deformazioni dei provini. Tra le procedure software implementate per l’analisi dei
dati, oltre a quelle per la definizione dei parametri significativi risultato delle prove
di caratterizzazione e di formabilità, sono state realizzate opportune routine che,
integrandosi con un software per l’analisi dell’immagine, hanno permesso la misura
semi-automatica dello stato deformativo dei provini.
L’attività numerica ha visto la definizione di differenti modelli numerici finalizzati
alla determinazione della FLC. La letteratura offre spunto per diversi metodi di
sviluppo; essi vanno dall’introduzione di un difetto geometrico locale in un
modello, con l’obiettivo di indurre una strizione localizzata in un provino, alla
simulazione delle prove di formabilità con il metodo agli elementi finiti. In questo
lavoro sono state affrontati entrambi gli approcci; nel primo caso, come esempio
del metodo di Marciniack e Kuczynski è stato formulato un modello FEM che
introduce un difetto geometrico in un semplice provino rettangolare sottoposto ad
una ben definita storia deformativa. Nel secondo caso sono stati sviluppati modelli
FEM bidimensionali e tridimensionali per la simulazione del test di Nakazima; in
particolare, per individuare le condizioni limiti di una simulazione FEM del test,
sono state inizialmente implementate routine di post-processing basate sul metodo
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di Bragard e successivamente è stato introdotto nel modelli FEM il concetto del
danneggiamento del materiale. Nonostante infatti gli ottimi risultati ottenuti con i
metodi basati sull’instabilità plastica localizzata come il metodo M-K e quello di
Bragard; questi ultimi soffrono di due difetti: prima di tutto l’introduzione di un
difetto geometrico nello spessore (metodo M-K) introduce una sorta di
manipolazione nel modello, mentre il metodo di Bragard ha bisogno di individuare
per via “quasi empirica” il valore dell’incremento limite di deformazione.
L’approccio del modello di danneggiamento duttile del materiale durante il
progredire della deformazione, sposta invece gli effetti della presenza di un difetto
da una scala macroscopica ad una microscopica.
Attraverso la definizione di una serie di parametri caratteristici, il modello utilizzato
racchiude nella relazione costitutiva del materiale, l’evoluzione del danneggiamento
come la nucleazione dei microvuoti, la loro crescita e la loro coalescenza; in questo
modo la strizione e la conseguente rottura del materiale diventano proprietà
intrinseche del modello e non più un intervento “artificiale” introdotto
dall’esterno. In questo lavoro, i parametri caratteristici del modello di
danneggiamento sono stati definiti in modo univoco applicando un approccio di
“caratterizzazione inversa” del materiale. Per questo si è utilizzato un metodo di
ottimizzazione del “fitting” tra curve sperimentali e curve numeriche basato
sostanzialmente su tecniche DOE (Design of Experiment) che permettono di
minimizzare il numero di test numerici al fine dell’individuazione dei parametri
indagati.
La parte finale della tesi è stata dedicata allo studio della formabilità dei Taylored
Blanks, sviluppi compositi ottenuti saldando con fasci ad alta densità di energia
(Laser, Electron Beam), singole parti costituite da lamiere di metalli differenti o
diversamente rivestiti o che differiscono nello spessore. E’ stato in particolare
formulato un modello teorico per la caratterizzazione meccanica indiretta della
linea di saldatura dei TB; la validità del modello è stata successivamente confutata
pianificando un’attività numerico sperimentale, basata su prove di trazione
monoassiale e di piegatura. La fase sperimentale è stata effettuata su provini in
acciaio da imbutitura, alcuni dei quali presentano una zona termicamente alterata
parallela alla dimensione maggiore del provino ed ottenuta trattando la lamiera con
Electron Beam; l’attività numerica ha visto la definizione di modelli agli Elementi
Finiti (FEM) per la simulazione delle due operazioni. Con l’obbiettivo di introdurre
il contributo della linea di saldatura in simulazioni numeriche di processi di
formatura plastica dei TB, i risultati della caratterizzazione meccanica sono stati
infine utilizzati nella simulazione FEM di un caso applicativo di imbutitura
assialsimmetrica realizzata su un TB che presenta una linea di saldatura concentrica
all’asse di imbutitura.
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Conclusioni
Questo lavoro è stato finalizzato alla determinazione delle caratteristiche di
formabilità delle lamiere metalliche per via sperimentale, nonché numerica.
La descrizione sperimentale ha mostrato, come previsto, un’elevata esigenza in
termini di tempo e di risorse sia nella fase di allestimento delle attrezzature
necessarie alla sperimentazione, sia nella realizzazione delle prove e nell’analisi dei
risultati ottenuti.
In ogni caso, le attrezzature di prova, costruite nell’officina del DPPI del
Politecnico di Bari, hanno permesso di realizzare in maniera soddisfacente i test di
formabilità, e le metodologie messe a punto per realizzare i suddetti test,
nonostante si siano basate su una tecnologia di tipo “artigianale” poiché sviluppata
completamente “in casa”; hanno consentito il conseguimento di risultati
qualitativamente e quantitativamente molto buoni.
Alla fase di individuazione sperimentale delle Curve Limite di Formabilità è stato
accostato uno studio approfondito delle metodologie numeriche di supporto alla
determinazione delle CLF delle lamiere. Questo, ha quasi sempre offerto soluzioni
più che soddisfacenti in termini di adattamento ai risultati sperimentali e, a volte,
ha mostrato un’aderenza quasi perfetta, “costi” in termini di tempo “uomo” e di
risorse impiegate estremamente contenuti se confrontati ad una analisi
sperimentale.
Un buon risultato, infatti, è stato ottenuto utilizzando il modello di Marciniak e
Kuczinsky (M-K) che a fronte di tempi di calcolo estremamente contenuti (5-6
minuti su workstation HP 730), conduce ad una descrizione corretta, dettagliata e
completa della CLF. Purtroppo, tale metodo risulta facilmente criticabile poiché il
modello di calcolo, si discosta notevolmente dalla realtà del fenomeno fisico.
Per confutare tali critiche è nato il modello di Bragard, con cui ci si attiene molto
più fedelmente alla “fisica” del test di Nakazima pur conservando un margine di
arbitrarietà nella definizione dello stato numerico associabile alla instabilità plastica.
Rimane, in ogni caso, un metodo più che economico e di rapida applicabilità, per la
valutazione della Curva Limite di Formabilità di una lamiera.
Come naturale evoluzione del modello di Bragard, è stato sviluppato il modello
basato sulla relazione costitutiva di Tvergaard e Needleman, che ha dato risultati
pressoché sovrapponibili ai risultati sperimentali. Ciò è senz’altro dovuto al fatto
che la relazione costitutiva utilizzata modellizza il comportamento del materiale
sottoposto a deformazione plastica in maniera più “profonda” rispetto al modello
di von Mises. Naturalmente il numero di parametri da determinare va ben oltre la
sola legge di flusso del modello di von Mises. Per questo, il notevole sforzo
richiesto dalla mole di dati da analizzare, ha trovato nel metodo del Desig of
Experiment una soluzione di notevole robustezza ed affidabilità.
Infine, non poteva essere trascurata l’analisi delle caratteristiche di formabilità dei
Tailored Blanks. Infatti, oggi, il loro utilizzo in campo industriale è sempre più
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M. De Cosmo Studio della Formabilità di Lamiere con Approccio Numerico e Sperimentale
diffuso, ed è spesso richiesto allo stesso produttore di acciaio il compito di fornire
sviluppi da stampaggio già saldati al laser. Anche in questo caso è stata proposta
un’analisi di tipo “semiquantitativo” per individuare il contributo fornito dalla linea
di saldatura al comportamento in campo plastico del “composito”. Questa analisi
risulta interessante anche perché il contributo che la Zona Termicamente Alterata
fornisce al processo di stampaggio può anche essere di tipo migliorativo.
Come ultimo passo si è cercato di individuare i parametri di rottura anche per la
ZTA in modo da caratterizzare in maniera completa la lamiera saldata sia dal punto
di vista della rottura del materiale base (modello di Tvergaard e Needleman) sia dal
punto di vista della rottura della linea di saldatura. Così il comportamento “limite”
di uno sviluppo Tailored Blank in operazioni di stampaggio su attrezzature di
forma complessa risulterebbe completamente imbrigliato.
Gli ottimi risultati sia qualitativi che quantitativi forniti dai metodi numrici
proposti, ci permette di affermare che la determinazione numerica della CLF di
lamiere metalliche può essere considerata una importante metodologia di
supporto, se non addirittura alternativa, alla classica determinazione della CLF per
via sperimentale.
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M. De Cosmo Studio della Formabilità di Lamiere con Approccio Numerico e Sperimentale
1 CAPITOLO
GENERALITÀ
1.1 Introduzione
Lo stato tensionale indotto nella produzione di pezzi finiti tramite processi di
deformazione plastica della lamiera, può essere schematizzato come in figura 1.1,
dove le tensioni principali σ
1
, σ
2
e σ
3
opportunamente combinate, e comunque
tali da raggiungere il campo plastico, permettono di generare una grande varietà di
forme finali.
Figura 1-1: Stato tensionale indotto in un processo di Sheet metalworking
Lo “Sheet Metal Forming” , ovvero il processo di lavorazione delle lamiere, è un
processo non stazionario, e quindi differisce notevolmente da altri processi di
deformazione dei metalli come laminazione, estrusione, trafilatura. Questi, infatti,
sono caratterizzati dalla presenza di “zone locali di formatura” in cui si può
immaginare che il materiale entri, venga sottoposto ad un stato di deformazione
stazionario e successivamente ne esca. Invece lo sheet metal forming è
caratterizzato dal fatto che differenti aree del pezzo in lavorazione possono subire
differenti modi di deformazione. Durante le operazioni di formatura come
piegatura, stretching, drawing ecc... esistono parametri operativi come geometria
degli stampi, velocità, temperatura, lubrificazione che possono influenzare
significativamente il successo delle operazioni stesse. I test di formabilità sono
orientati alla caratterizzazione tecnologica delle lamiere utilizzate in operazione di
stampaggio, per cui di seguito si analizza nel dettaglio questo processo di
lavorazione delle lamiere.
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M. De Cosmo Studio della Formabilità di Lamiere con Approccio Numerico e Sperimentale
1.2 Generalità sui parametri operativi della deformazione
delle lamiere: Stampaggio
Con il termine stampaggio si intende quel processo di lavorazione a freddo in cui
un punzone, con il controllo di una piastra di pressione (premilamiera) spinge la
lamiera all'interno di una matrice e la trasforma in un particolare cavo lasciandone
lo spessore sostanzialmente invariato. Il sistema degli utensili (punzone, matrice,
premilamiera) che attivano il processo è denominato stampo. La lamiera cui,
mediante tranciatura, è stata conferita una geometria di contorno finalizzata allo
stampaggio si chiama sviluppo. Il profondo stampaggio (deep drawing) può
praticarsi con modalità diverse a seconda del metallo da lavorare, del tipo di
particolare da realizzare e del processo produttivo in cui è inserito. Il profondo
stampaggio (stampaggio convenzionale) è il processo di formatura più praticato, e
per questo ne sono state definite e studiate le principali problematiche.
Attualmente si stanno affermando processi che impiegano materiali elastici e fluidi
in pressione che, con l'ausilio di una controparte rigida, conferiscono alla lamiera la
forma voluta. Questi processi comportano possibilità e limitazioni diverse nei
confronti del profondo stampaggio convenzionale.
Le modalità base di formatura delle lamiere sono le seguenti:
- flessione plastica (“bending”), in cui la deformazione si verifica soltanto nella
zona in cui si modifica il raggio di curvatura. Lo stato di deformazione tipico della
flessione plastica corrisponde all’esistenza, nel piano della lamiera, di una direzione
di deformazione piana coincidente con l’asse di flessione;
- espansione (“stretching”), in cui la lamiera viene deformata in una certa regione,
mentre risulta completamente bloccata dall’azione di un premilamiera nella zona
che circonda la regione deformata. L’azione di deformazione può essere prodotta
per azione diretta di un fluido in pressione (espansione idraulica) in cui non
esistono fenomeni di attrito sulla zona deformata, oppure può essere dovuta
all’azione di un punzone (espansione per azione di un punzone rigido) in cui i
fenomeni di attrito tra le superfici in contatto generano effetti importanti
nell’ambito del processo. Lo stato di deformazione tipico di questo processo di
formatura, è caratterizzato dal fatto che entrambe le deformazioni principali nel
piano della lamiera hanno segno positivo.
- Stampaggio (“drawing”) in cui lo stato di deformazione corrisponde all’esistenza
di una direzione principale, nel piano della lamiera, lungo la quale la deformazione
è positiva, mentre lungo l’altra la deformazione è negativa. La riduzione di
perimetro della zona piana che si osserva in una operazione di stampaggio è
l’esempio più eloquente di quanto detto.
Nei processi industriali di formatura delle lamiere, intervengono i suddetti modi di
deformazione o isolatamente o simultaneamente, con una generale prevalenza degli
stati tensionali di trazione, poiché in caso contrario si potrebbero verificare
deflessioni indesiderate della superficie. La tendenza al verificarsi di questi difetti
superficiali viene amplificata ogni volta che nel processo si verificano condizioni
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M. De Cosmo Studio della Formabilità di Lamiere con Approccio Numerico e Sperimentale
tali da permettere alla lamiera di “muoversi liberamente”, quindi in tutte le zone in
cui la deformazione della lamiera non è guidata dalla presenza di stampo e matrice.
Figura 1-2: Schema di processo di Imbutitura
Nella figura 1.2 è rappresentato schematicamente un tipico esempio di processo di
stampaggio, con le diverse fasi evolutive del processo stesso e le diverse zone di
deformazione (fondo della tazza, parete, zona del raccordo del punzone, zona del
raccordo della matrice, zona dello sviluppo piano). Naturalmente, ogni zona dello
sviluppo piano della lamiera subisce, nell’evolvere del processo, modi di
deformazione caratteristici.
• Fondo dello stampato: il materiale della zona del fondo è soggetto
prevalentemente ad una deformazione di espansione per azione del punzone,
che avviene nella fase iniziale del processo, cioè prima dell’inizio dello
stampaggio della zona piana sotto il premilamiera; in una fase più avanzata del
processo, a causa dell’attrito tra punzone e lamiera che genera fenomeni di
grippaggio, l’evoluzione di tale deformazione viene ostacolata.
• Zona del raccordo del punzone: tale zona, oltre a subire una deformazione
simile a quella subita dal fondo, è sottoposta ad una azione di flessione plastica
piana che , naturalmente, rende più critico lo stato deformativo.
• Zona piana sotto il premilamiera: il materiale di questa zona subisce una
deformazione di contrazione (riduzione del perimetro ed un allungamento nella
direzione radiale).
• Zona del raccordo della matrice: qui sussistono condizioni critiche per il
materiale sia nella fase di ingresso che in quella di uscita. Nella prima il
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materiale subisce, oltre ad una azione di contrazione, una azione di flessione
piana istantanea (piegatura); nella seconda l’azione della flessione piana è
opposta a quella precedente (raddrizzo).
• Zona della parete cilindrica dello stampato: il materiale che ha subito le azioni
appena viste, permarrà in regime elastico o plastico a seconda delle tensioni
messe in gioco nelle fasi precedenti e dal valore del gioco radiale tra punzone e
matrice. In ogni caso il modo di deformazione sarà di tipo monoassiale.
Le diverse zone sono quindi soggette a modi di deformazioni distinti e dipendenti
dalla fase che si considera, per cui uno studio teorico di tipo quantitativo risulta di
estrema complessità. Alla complessità deformativa appena descritta si affianca la
dipendenza del processo stesso da tutta una serie di parametri operativi come la
pressione del premilamiera, la lubrificazione adottata, la geometria ecc... che
vedremo di seguito.
1.2.1 Parametri Operativi
1.2.1.1 Parametri geometrici
La forma geometrica dei pezzi da ottenere è un parametro di importanza
fondamentale nel processo. Generalmente si distinguono i diversi tipi di
stampaggio in base alla geometria finale degli stampati.
Pertanto distinguiamo stampati:
• cilindrici;
• conici;
• rettangolari;
• ovali;
• forme complesse.
Ognuna di queste forme può avere pareti laterali verticali o inclinate.
La forma più semplice da analizzare da un punto di vista teorico, e che inoltre
presenta una importanza rilevante in campo industriale, corrisponde a quella
cilindrica a parete verticale.
Per quanto riguarda le altre tipologie di stampaggio, le informazione disponibili
sono estremamente ridotte, per cui si cerca di ricondurle ad una analisi riferita alla
tipologia cilindrica. Solo negli ultimi anni, per i notevoli progressi effettuati
nell’ambito dell’applicazione degli elementi finiti applicati alla simulazione di
processi di stampaggio, iniziano a prendere corpo analisi teoriche di stampaggio di
forme complesse.
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Lo stampaggio di forme complesse richiede l’utilizzo di sistemi opportuni adatti a
compensare, durante il processo, le asimmetrie geometriche del pezzo. Ad
esempio, nello stampaggio di forme rettangolari esistono sostanziali differenze di
comportamento tra le diverse zone dello stampato (lati, pareti e spigoli). Questo
comportamento differenziato impone l’utilizzo di parametri di processo diversi per
le diverse zone in maniera da ottenere modi deformativi simili.
A livello industriale ciò si traduce in:
- utilizzo di sistemi di bloccaggio locale della lamiera (“drawbeads” o rompigrinze)
sistema molto utile per omogeneizzare le deformazioni;
- utilizzo di materiali differenti nelle zone della matrice e del premilamiera che
vengono in contatto con le zone dei lati e degli spigoli, al fine di modificare
localmente le condizioni di attrito;
- utilizzo di valori differenziati per il gioco tra punzone e matrice;
- utilizzo di forze differenziate sul premilamiera;
- utilizzo di condizioni differenziate di lubrificazione.
Il caso di stampaggio rettangolare è stato utilizzato a titolo di esempio; tuttavia,
indipendentemente dal tipo di stampaggio e dalla forma dello stampato, i parametri
geometrici come raggi di raccordo sulla matrice e sul punzone, valori de giochi tra
questi ecc..., esercitano grossomodo sempre lo stesso tipo di influenza, per cui, per
l’analisi dell’influenza di tali parametri sul processo di formatura, si può comunque
far riferimento a stampati di forma cilindrica.
• Raggio di raccordo del punzone
Il valore del raggio di raccordo degli spigoli del punzone influenza le condizioni di
stampaggio come segue:
- un valore del raggio molto elevato, riduce la dimensione della zona del fondo
dello stampato, con conseguente aumento della deformazione per espansione
di questa zona nella fase iniziale del processo che implica una maggiore
riduzione dello spessore del fondo del pezzo finito ed una parete laterale più
alta;
- un valore del raggio di raccordo basso manifesta effetti opposti a quanto appena
descritto.
Questi due effetti spiegano il motivo per cui nella zona del raccordo la riduzione
massima dello spessore è sensibilmente indipendente dal valore del raggio di
raccordo, ma si localizza tanto più esternamente, quanto minore è il valore del
raggio.
Per quanto detto, è buona norma seguire le seguenti indicazioni:
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M. De Cosmo Studio della Formabilità di Lamiere con Approccio Numerico e Sperimentale
- è sconsigliabile utilizzare un valore del raggio di raccordo elevato per operazioni
di stampaggio multiplo poiché l’assottigliamento dello spessore sarà localizzato ad
un raggio minore che, nei passaggi successivi, potrebbe causare rotture nella zona
del raccordo della matrice;
- è sconsigliabile utilizzare un raggio di raccordo ridotto per operazioni su materiali
con basso indice di incrudimento poiché si potrebbe raggiungere la tensione di
rottura nella zona del raccordo del punzone prima che si raggiunga la tensione
radiale necessaria per l’inizio dello stampaggio della zona sotto il premilamiera.
Figura 1-3: Sezione trasversale di una coppetta imbutita
Unitamente a queste prime indicazioni qualitative, la determinazione quantitativa di
tale parametro può essere fatta utilizzando, in prima approssimazione, opportuni
valori di compromesso riscontrabili nella letteratura sull’argomento.
• Raggio di raccordo della matrice
Il valore del raggio di raccordo della matrice influenza il coefficiente di stampaggio
(l’inverso del Limiting Drawing Ratio ovvero del rapporto di imbutitura) attraverso
l’influenza che esercita sui valori della tensione radiale che si realizzano nella zona
di piega e raddrizzo:
- la tensione radiale all’entrata del raccordo della matrice è tanto maggiore quanto
minore è il raggio di raccordo;
- l’aumento di tensione radiale, causato dalla flessione in ingresso ed in uscita del
raccordo è inversamente proporzionale al valore del raggio di raccordo;
- l’aumento di tensione radiale dovuta all’attrito nella zona di contatto è
proporzionale al valore della tensione radiale stessa e, quindi, inversamente
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M. De Cosmo Studio della Formabilità di Lamiere con Approccio Numerico e Sperimentale
proporzionale al valore del raggio di raccordo;
- le tensioni residue riscontrabili nella parete laterale dello stampato sono tanto
minori quanto minore sarà il valore del raggio di raccordo.
L’insieme di questi fattori, ad eccezione dell’ultimo citato, giustificano l’utilizzo di
valori elevati del raggio di raccordo della matrice, cercando comunque di
mantenere elevata la zona di lamiera ricoperta dal premilamiera per evitare
fenomeni di ingobbamento della superficie dello stampato. Anche per questo
parametro la letteratura fornisce valori di compromesso.
• Gioco tra punzone e matrice
Un valore molto ridotto del gioco radiale tra punzone e matrice può provocare un
fenomeno di taglio della lamiera, ovvero il processo di stampaggio tenderebbe ad
essere assimilato ad un processo di tranciatura per punzonatura. Per contro, un
valore molto elevato del gioco radiale potrebbe favorire la comparsa di
deformazioni indesiderate ed aumenta il rischio di grinzatura della superficie.
Usualmente si utilizzano valori del gioco pari allo spessore iniziale della lamiera, o
leggermente inferiore, in modo da realizzare la trafilazione della superficie
cilindrica dello stampato (“ironing”) che presenta i seguenti vantaggi:
- rende uniforme lo spessore della parete dello stampato, con conseguente
aumento dell’altezza finale del pezzo. Quindi, si può ottenere la stessa altezza finale
partendo da uno sviluppo piano di lamiera di minori dimensioni;
- la forza massima di stampaggio non aumenta, ma tende a mantenersi più
uniforme;
- le tensioni residue nella parete laterale dello stampato si riducono.
Unico inconveniente di questo processo è causato dall’aumento delle forze di
attrito che causano il degrado degli stampi.
1.2.1.2 Parametri di processo
I parametri di processo che esercitano grande influenza sulle condizioni di
stampaggio sono: il tipo di premilamiera, il valore della forza al premilamiera e la
sua legge di variazione in funzione della penetrazione del punzone, la velocità di
stampaggio, la temperatura. Anche per la taratura di questi parametri è spesso
necessario ricorrere a quanto specificato nella letteratura sull’argomento.
• Premilamiera
Il premilamiera svolge un compito fondamentale durante il processo di
stampaggio. Coma già detto, a parità delle altre condizioni, modificando la forza
esercitata sul premilamiera si può modificare il modo di deformazione. Ad
esempio, se in una operazione di stampaggio, si impone un valore della forza sul
premilamiera di eccessiva entità, si ottiene l’effetto di impedire lo scorrimento del
14
M. De Cosmo Studio della Formabilità di Lamiere con Approccio Numerico e Sperimentale
foglio di lamiera, per cui effettueremo un’operazione di deformazione per
espansione (“stretching”) che ha caratteristiche completamente differenti da uno
stampaggio (“drawing”).
Escludendo quindi questa condizione estrema, andiamo ad analizzare l’influenza
della forza di chiusura del premilamiera in un’operazione di stampaggio.
In un processo di formatura il premilamiera svolge le seguenti funzioni:
- impedire l’apparizione di grinze sulla parete dello stampato;
- controllare le variazioni di spessore del materiale;
- con il contemporaneo utilizzo di sistemi di bloccaggio della lamiera (“drawbeads”
o rompigrinze) permette il controllo e la ripartizione delle condizioni di
deformazione nelle diverse zone geometriche dello stampato, azione realmente
importante nel caso di stampaggio di pezzi non assialsimmetrici.
Le tensioni tangenziali di compressione che si sviluppano nella parte piana della
lamiera tendono ad ingobbare la superficie laterale del pezzo in maniera
inversamente proporzionale alla rigidezza della lamiera stessa (ovvero inversamente
proporzionale al suo spessore). E’ evidente quindi, l’azione svolta dal premilamiera,
nel senso di opporsi a tale ingobbamento.
Figura 1-4: Stato tensionale indotto in una Imbutitura
Per contro, all’aumentare della forza di chiusura della flangia premilamiera,
aumentano le tensioni radiali necessarie per stampare il foglio di lamiera, per cui le
condizioni di stampaggio diventano più gravose, con conseguente riduzione del
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valore del LDR (Limiting Drawing Ratio, di cui si parlerà più avanti) cioè del
rapporto tra massimo diametro dello sviluppo piano della lamiera e diametro del
punzone. La flangia, pertanto, dovrà esercitare la forza minima ma sufficiente ad
espletare la sua funzione, anche se nella pratica si utilizzano valori del 50-70%
superiori al minimo indispensabile. Nella letteratura si riscontrano i valori della
forza consigliati in base al materiale utilizzato nel processo. Per i motivi esposti, è
opportuno utilizzare condizioni di lubrificazione all’interfaccia lamiera/flangia e
lamiera/matrice quanto più efficienti possibile in modo da rendere minimo
l’aumento delle tensioni radiali.
Con il procedere dello stampaggio, la forza sul premilamiera dovrebbe diminuire
poiché quanto minore è la parte “piana “della lamiera sotto la flangia, tanto minore
è la riduzione del suo perimetro per raggiungere la parete laterale, diminuendo così
il rischio di ingobbamento. Invece, se il valore della forza di chiusura rimane
costante, cresce il valore della tensione normale al foglio di lamiera (tensione di
compressione nello spessore).
Per quanto detto risulta evidente l’opportunità di utilizzare sistemi che permettono
di monitorare e variare in modo continuo il valore della forza sulla flangia
premilamiera durante il procedere dello stampaggio.
I primi sistemi utilizzati per realizzare questa tecnica erano di tipo puramente
meccanico e realizzavano sistemi di attuazione a molle che tramite cinematismi a
camme ed aste di rinvio esercitavano forze variabili sul premilamiera. Naturalmente
la legge di variazione della forza era imposta dal profilo della camma con evidente
complessità della preparazione delle attrezzature. Oggi, invece, con l’avvento di
sistemi di controllo numerico applicati in campo oleodinamico, è possibile ottenere
in maniera semplice ed estremamente flessibile una qualunque legge di variazione
della forza sulla flangia premilamiera di una pressa idraulica.
I principali benefici riscontrabili utilizzando questa tecnica sono:
- l’aumento del valore del LDR, che permette di ottenere stampati con pareti più
alte o, meglio, si può partire da fogli piani di minori dimensioni;
- aumento della capacità di stampare forme complesse e acciai ad alta resistenza. In
quest’ultimo caso abbiamo le condizioni di stampaggio più difficili, per cui il buon
controllo della forza sul premilamiera, permette di avere migliori risultati;
- aumento della gamma di lavoro della flangia premilamiera, cioè, per ogni valore
del rapporto di stampaggio (LDR istantaneo) la forza di attuazione della flangia
deve essere compresa tra un valore minimo (per evitare ingobbamento) ed un
valore massimo (per evitare rotture)