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1.2 Le comunità microbiche del suolo: funzioni e
fluttuazioni
La microflora rappresenta la componente biotica più abbondante del suolo. Essa è
costituita da un numero molto grande di specie microbiche, che includono batteri,
attinomiceti, funghi e microalghe. Tra i vari gruppi, i batteri sono gli organismi più
numerosi del suolo, infatti un grammo di suolo ne può contenere fino a 10⁹ mentre di
attinomiceti, funghi, alghe e protozoi se ne possono trovare 10⁷, 10⁶, 10⁴ e 10⁵ cellule
rispettivamente (Pankhurst et al., 1997; Paul et al., 1996). I batteri costituiscono una
parte importante della microflora del suolo per la loro abbondanza, la loro diversità in
specie, e la molteplicità delle attività metaboliche di cui sono responsabili. I batteri
costituiscono la parte più consistente della biomassa totale nel suolo (Brookes et al.,
1982) e rappresentano la principale componente del sottosistema dei decompositori che
regolano il ciclo dei nutrienti, i flussi di energia e in ultimo la produttività degli ecosistemi.
Essi rivestono un ruolo fondamentale nei cicli bio-geochimici dei principali elementi
(carbonio, azoto, zolfo, ecc.) e di quelli in traccia (ferro, nichel, mercurio, ecc.). Inoltre,
essi contribuiscono in modo importante nel regolare i flussi di gas serra (metano, ossidi di
azoto e CO₂) dal suolo.
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Le condizioni ambientali possono influenzare fortemente la composizione e l’attività della
microflora. I microrganismi manifestano forme di vita molto diverse; da quelle autotrofe,
litotrofe ed eterotrofe, con le forme eterotrofe responsabili del turnover della maggiore
quantità di carbonio nel suolo . I microrganismi rappresentano il cibo per molti altri
organismi presenti nel suolo (in particolare per i protozoi e nematodi).
Di conseguenza l’azione eterotrofa dei microrganismi è alla base del funzionamento
dell’ecosistema suolo e può essere utilizzata per la determinazione della qualità del suolo
(Winding et al., 2005).
I microrganismi del suolo sono fondamentali per il mantenimento delle funzioni
dei suoli, sia quelli non sottoposti all’azione dell’uomo che quelli agricoli e forestali, per il
loro coinvolgimento in alcuni processi chiave quali: la formazione della struttura del
suolo, la decomposizione della sostanza organica, la rimozione delle sostanze tossiche e il
riciclo del carbonio, dell’azoto, del fosforo, e dello zolfo. Inoltre, i microrganismi giocano
ruoli importanti nel controllo delle malattie da impoverimento dei suoli dovuto alla
coltivazione delle piante, nel favorirne la crescita e nelle modifiche della vegetazione
(Garbeva et al., 2004).
Fin dagli anni ’60 gli studi sono stati concentrati sull’impatto della diversità
microbica sulla stabilità delle funzioni degli ecosistemi; recentemente si è assistito allo
spostamento dell’interesse nell’effetto che la diversità delle comunità microbiche ha sulle
funzioni ecologiche e sulla resilienza ai disturbi negli ecosistemi del suolo. Spesso le
relazioni sono osservate tra la diversità microbica dei suoli, la qualità del terreno e delle
piante, e la sostenibilità degli ecosistemi. In aggiunta, diversi studi hanno documentato la
relazione tra il grado di soppressione delle malattie delle piante e la diversità o
l’abbondanza delle comunità microbiche dei suoli. Che i trattamenti o la gestione del
suolo abbiano effetti significativi sulla struttura delle comunità microbiche è stato
ampiamente riconosciuto (Garbeva et al., 2004).
I fattori che possono influenzare la composizione e l’attività delle comunità
microbiche dei suoli sono molteplici. Essi vanno dalla contaminazione di composti
xenobiotici, derivanti dalle attività dell’uomo, alle pratiche agricole e forestali. Il suolo
può essere contaminato da un grande numero di composti sia organici che inorganici
derivanti dall’attività dell’uomo attraverso una contaminazione che può essere locale (es.
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attività industriale) oppure diffusa (es. agricoltura intensiva), e spesso si possono
accumulare anche a notevoli distanze dalla loro fonte di origine. Negli ultimi tempi si è
assistito ad un aumento dei livelli di tali composti nell’ambiente suolo, e ciò è stato
associato, a ragione, ad un rischio per la salute umana.
L’immissione in un ecosistema di sostanze estranee a quell’ambiente può sempre
essere responsabile dello spostamento da una situazione di equilibrio; in relazione alla
tipologia e al grado di contaminazione si può anche osservare la modifica delle comunità
microbiche. Per molto tempo, in agricoltura, i fanghi degli scarichi fognari sono stati
impiegati come fonte di nutrienti e sostanza organica. In particolare, quelli provenienti
dalle aree industriali, spesso contengono quantità significative di metalli pesanti quali Cu,
Ni, Cd, Zn e Cr (Sandaa et al., 2001) che possono minacciare la qualità degli ecosistemi e la
salute umana (McGrath et al., 2001; Shi et al., 2002).
Molti studi hanno dimostrato che i metalli pesanti influenzano i microrganismi
agendo in modo avverso sulla loro crescita, la morfologia e l’attività biochimica, portando
solitamente ad una riduzione della biomassa (Sandaa et al., 2001). Esposizioni a breve ed
a lungo termine a metalli pesanti risultano inoltre in riduzioni nell’attività e nella diversità
delle comunità microbiche nei suoli (Lasat, 2002; McGrath et al., 2001).
Dal momento che queste ultime caratteristiche rappresentano degli importanti indici
della qualità di un suolo, l’alterazione della composizione delle comunità microbiche è
stata spesso proposta come indicatore degli effetti antropici in ecologia del suolo (Renella
et al., 2005).
Un altro fattore in grado di influenzare significativamente la diversità delle comunità
microbiche dei suoli è rappresentato dall’agricoltura, in particolare quella intensiva. In
genere le lavorazioni operano in senso negativo sulla presenza di alcuni microrganismi e
macrorganismi per l’accelerazione che provocano sulla mineralizzazione e ossidazione
della sostanza organica e quindi sulle disponibilità trofiche.
Associato alla lavorazione è di norma il compattamento superficiale del suolo, che
peggiora le condizioni di sviluppo degli organismi tellurici soprattutto per le variazioni
nelle frazioni gassose (riduzione di ossigeno ed incremento di etilene ed anidride
carbonica).
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Le tecnologie agrarie applicate all’agricoltura intensiva, se da un lato hanno
determinato elevati livelli produttivi, dall’altro hanno causato una consistente
aggressione nei confronti dell’ambiente Alla luce di quanto detto fino ad ora, emerge
chiaramente l’interazione tra uomo-ambiente-territorio.
L’idea che i batteri siano resistenti, resilienti e funzionalmente ridondanti è
piuttosto diffusa in ecologia, alcuni gruppi microbici mostrano un elevato grado di
flessibilità metabolica e tolleranza fisiologica al cambiamento delle condizioni ambientali
(Meyer et al., 2004), caratteristiche che potrebbero risultare in comunità microbiche
resistenti a tali cambiamenti.
Le comunità microbiche presentano una grande capacità di adattamento ai
cambiamenti climatici che si manifestano nelle variazioni termiche e di umidità. Molto
meno plastici appaiono la microfauna ed i funghi, che inoltre sono fortemente
condizionati dalle pratiche colturali. In particolare, tra queste le più impattanti (in senso
positivo e negativo) sono la copertura vegetale, le lavorazioni del suolo, il drenaggio e
l’irrigazione, che agiscono soprattutto sulla disponibilità di carbonio.
In conclusione possiamo dire che la comunità microbica di un suolo deriva la sua
composizione da una lunga storia evolutiva. Le continue variazioni cicliche e non cicliche
di innumerevoli fattori biotici ed abiotici producono pressioni selettive sulle singole
popolazioni microbiche, determinando così la natura dinamica della composizione
dell’intera comunità (Fig. 1) (Toffanin et al., 2000).
Dal punto di vista microbiologico, dunque, un terreno non è caratterizzabile in
modo assoluto, ma è lecito attendersi che analisi mirate a tale scopo possano fornire
risultati molto diversi tra loro e strettamente connessi alla storia recente di quel suolo.
Le pratiche agricole, ad esempio, influiscono in maniera determinante sulla struttura
biologica di un terreno essendo esse stesse mirate a migliorarne la fertilità.
L’intervento antropico produce quindi un effetto molto rilevante sulla diversità microbica
e sulle sue oscillazioni.
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Figura 1: Effetti reciproci di fattori biotici e abiotici sulle comunità del suolo.
1.3 Batteri promotori della crescita delle piante: PGPR
All’ interno della rizosfera i rapporti fra pianta e microrganismi sono fondamentali
per un buon sviluppo dell’apparato radicale e dell’intera pianta. Occorre ricordare che la
perdita di fertilità dei terreni agrari è dovuta principalmente al degrado della microflora
edafica causata dalle moderne pratiche agronomiche. E’ documentato che i rizobatteri
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sono in grado di accrescere le difese naturali e di stimolare la crescita delle piante.
Kloepper et al., (1978) introdussero il termine “plant growth promoting rhizobacteria”
(PGPR) per indicare i batteri in grado di avere un effetto benefico sulle piante stimolando
la crescita di radici e parte aerea o riducendo il danno derivante da patogeni del terreno. I
meccanismi di azione attraverso i quali i rizobatteri sono in grado di influenzare la sanità,
la nutrizione e la fisiologia della pianta sono estremamente complessi e variabili da specie
a specie.
Tali rizobatteri, interagendo con piante di interesse agronomico, rappresentano
una vera e propria risorsa biologica. Infatti le piante rispondono all’attività dei PGPR con
un maggior sviluppo dell’apparato radicale, del fusto e della superficie fogliare, e una
migliore resistenza ai fitopatogeni e resistenza ai fitopatogeni e resistenza agli stress
idrici.
I meccanismi attraverso i quali i PGPR possono promuovere la crescita della pianta
possono essere distinti in diretti e indiretti (Fig. 2):
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I rizobatteri sono batteri in grado di colonizzare attivamente le radici, cioè di associarsi alla superficie
esterna dell’epitelio e dei peli radicali e colonizzare l’apparato radicale durante la crescita della pianta.
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Figura 2: Meccanismi d'azione diretti e indiretti dei PGPR.
Gli effetti diretti implicano in primo luogo la fissazione dell’azoto, ma anche
l’approvvigionamento dei nutrienti, la produzione di molecole che chelano il ferro
(siderofori) oltre alla produzione di fitormoni.
Gli effetti indiretti sono per lo più legati ad attività di controllo biologico dei
microrganismi patogeni e comprendono la produzione di antibiotici e l’induzione di
meccanismi di resistenza nelle piante. Un microrganismo PGPR deve, essere in primo
luogo rizosfera-competente, in altre parole capace di colonizzare la superficie radicale in
espansione. Oggi è chiaro che la radice di per sé è in molti casi in grado di controllare le
popolazioni microbiche tramite il ruolo attivo svolto dagli essudati radicali. Tale ruolo
comprende l’attivazione, la promozione e la regolazione dei processi d’interazione,
colonizzazione e protezione da parte dei rizobatteri che possono promuovere associazioni
benefiche o bloccare l’attacco di microrganismi dannosi. Tipicamente gli essudati radicali
sono molecole a basso peso molecolare di natura chimica molto variegata. Tra queste
molecole, molto importanti sono i diversi zuccheri gli acidi organici, gli aminoacidi, i
composti fenolici, ma anche molte altre molecole di natura composita.
Tali molecole diffondono intorno alla radice e modificano le proprietà chimico-
fisiche del suolo, promuovendo simbiosi benefiche e inibendo l’attacco di microrganismi
patogeni e/o, attraverso un effetto allelopatico, la crescita di piante limitrofe competitrici.
Le diverse molecole rilasciate dalle radici sono quindi schematicamente classificabili sulla
base della loro funzione in:
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• Molecole promotrici dei processi simbiotici o in generale benefici;
• Molecole antagoniste nei confronti di microrganismi potenzialmente virulenti;
• Molecole che contribuiscono a controllare la competizione da parte di radici di
altre piante (allelopatia).
L’emissione da parte della radice degli essudati determina un’intensa attività
microbica. A loro volta i microrganismi regolano la disponibilità degli elementi nutritivi
per le piante ed ostacolano la colonizzazione radicale ad opera di specie parassite. Questo
effetto di reciproca interazione viene definito “effetto rizosfera” e comprende tutto quel
complesso di azioni che si svolgono in questa particolare area del suolo. Tra microflora e
radici possono stabilirsi le seguenti interazioni:
Emissione di sostanze energetiche e stimolanti, e detriti organici ecc.;
Rilascio da parte dei microrganismi di agenti chelanti i nutrienti;
Rilascio di sostanze (ormoni) capaci di stimolare il metabolismo delle
cellule radicali;
Produzione di antibiotici da parte di alcune popolazioni microbiche.
Un ruolo importante nelle interazioni su descritte viene svolto dai mucigel,
materiale gelatinoso che circonda le radici, costituito da mucillagini vegetali e microbiche
nel quale sono immerse le popolazioni microbiche del rizoplano, i loro metaboliti e
particelle di suolo. Il mucigel rappresenta un efficiente sistema di lubrificazione che
permette alla radice di penetrare nel terreno. Tale materiale gelatinoso è presente a
livello della cuffia radicale, che, dopo un breve periodo di vita degenera e crea un
ambiente favorevole per gli azoto fissatori (diazotrofi) e funghi, trattiene inoltre acqua e
nutrienti in suoli aridi.