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Capitolo 1
LA GENITORIALITA’
1.1 LE TEORIE SULLA GENITORIALITÀ
Una tappa essenziale dello sviluppo psicosessuale e psicosociale dell’essere umano è la
fase della “generatività”, che Erikson definisce come la capacità di prendersi cura, di
proteggere, di guidare, in modo responsabile, la generazione successiva aiutandola,
attraverso un processo complesso di allevamento e di educazione, ad entrare a pieno
titolo nella società degli adulti (Ammanniti, 1999). Questo concetto ha un significato
più ampio di “procreazione”, poiché i prerequisiti per lo sviluppo del senso di
generatività sono rappresentati dalla fede nel futuro, dal credere nella specie, dal
prendersi cura degli altri (Erikson, 1984).
La genitorialità può essere considerata come il risultato dell’esperienza evolutiva:
- a livello soggettivo, in quanto si sviluppa enormemente attraverso l’esperienza
quotidiana con i figli e affonda le sue radici nell’infanzia dell’individuo e, durante
l’adolescenza, maturano le capacità di protezione e di accoglienza del bisogno e della
sofferenza (Ammaniti, 1999);
- a livello culturale, poiché le forze socio-storiche le conferiscono significato;
- a livello sociale, il compito genitoriale è influenzato dal contesto sociale, dagli ideali,
dalle credenze e dalle attese condivise riguardo a uomini e donne come genitori
(Cusinato, 2005).
La transizione alla genitorialità può essere considerata, facendo riferimento alla
prospettiva sistemica, come un “evento critico” e come tale porta in sé grandi
cambiamenti che richiedono una rinegoziazione dei ruoli e delle funzioni e la
riorganizzazione delle relazioni (Scabini & Cigoli, 2000). Dal punto di vista
organizzativo cambia la gestione del tempo e dei compiti in funzione dei ritmi di vita
del bambino, aumenta la fatica e l’impegno, anche economico; bisogna ridimensionare
la propria vita personale e sociale, cambiare l’organizzare del tempo libero e i rapporti
sociali, ridefinire l’impegno lavorativo.
La transizione alla genitorialità ha inizio nel concepimento, infatti, già dalla gravidanza,
si comincia a creare una predisposizione psicologica che consentirà a entrambi i genitori
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una condivisione delle fantasie attorno al figlio che nascerà (Ammaniti, 1999). Rispetto
a questa predisposizione diversi autori hanno focalizzato la propria attenzione sulla
madre. Stern fa riferimento alla “costellazione materna” come sistema motivazionale
centrale nel corso della gravidanza e del primo anno di vita del bambino (Ammaniti,
1999) e al mondo delle rappresentazioni, le reti dell’ “essere con”, che comprende le
speranze, le paure, i sogni, le fantasie relativi al bambino e a sé come genitori, i ricordi
della loro infanzia, i modelli e le aspirazioni per il futuro del bambino. Queste
rappresentazioni sono parallele per il padre e per la madre e influenzeranno il modo di
occuparsi del bambino (Stern, 1995). La tesi del modello biologico – evoluzionistico
circa una presunta predisposizione femminile alla cura della prole non è confermata
dalle recenti ricerche: “Lamb et al. hanno dimostrato che nel comportamento umano
non esistono significative differenze tra uomini e donne nelle abilità necessarie alla cura
dei bambini” (Labbrozzi, 2005, p. 406). Pertanto la suddivisione delle attività e dei
compiti di cura e di educazione tra i genitori ha una variabilità molto ampia a seconda
delle diverse famiglie e del tipo di organizzazione che i genitori si sono dati e spesso i
genitori tendono ad assumere ruoli complementari (Labbrozzi, 2005).
Dalla nascita del bambino i genitori devono confrontarsi con il figlio reale che è diverso
da quello ideale fantasticato e atteso, per cui è necessario capire la diversità tra l’oggetto
reale del proprio desiderio e il soggetto reale con cui si entra in relazione e adeguarvisi.
Se le aspettative sono eccessivamente elevate e poco rispondenti alla realtà, i genitori
potranno sperimentare un senso di frustrazione e di incapacità di fronte alle eventuali
difficoltà del figlio (Malagoli Togliatti & Lubrano Lavadera, 2002).
Dalla nascita del bambino si innescano cambiamenti significativi nei genitori sia come
persone che come coppia. Come individui rappresenta un momento di crescita e di
maturazione personale che si riflette sul modo di pensare a sé come genitore, partner,
lavoratore e membro di una famiglia. Pancer, Pratt, Hunsberger e Gallant (2000) hanno
osservato che il modo di pensare rispetto a questi aspetti diventa più complesso con la
nascita di un figlio, come conseguenza dei cambiamenti che la genitorialità comporta. I
genitori che hanno aspettative complesse riguardo all’impatto che l’arrivo del bambino
avrà sulla loro vita sperimentano meno la violazione delle aspettative e possono
dimostrare un migliore adattamento rispetto a coloro che hanno aspettative più semplici.
Gli individui più consapevoli dei differenti modi in cui la genitorialità può influenzare
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la loro vita possono anticipare ciò che può avvenire durante questa transizione e questo
permette loro di sviluppare strategie da adottare nelle situazioni negative. Pertanto
pensare in modo complesso a questa questione porta a maggiori soluzioni efficaci per
problemi e conflitti e può ridurre lo stress (Pancer et al., 2000).
La nascita di un figlio influenza la relazione coniugale: può consolidare l’identità della
coppia ed accrescere il senso di competenza e di fiducia reciproca, al contrario può far
aumentare le tensioni e i conflitti e far emergere paure e ansie di non riuscire ad
assolvere in modo adeguato il proprio ruolo genitoriale; per tanto il coniuge è chiamato
a sostenere il partner nell’acquisizione di tale ruolo attraverso una legittimazione
reciproca.
La transizione alla genitorialità introduce il ruolo e il legame genitoriale e implica il
passaggio dalla diade coniugale alla triade familiare e richiede di stabilire dei confini
chiari fra il sistema coniugale e quello genitoriale (Scabini & Cigoli, 2000). Secondo il
modello di Lamb l’impegno genitoriale è costituito da tre aspetti distinti: l’interazione
(si fa riferimento all’interazione del genitore con il bambino, uno ad uno, riguarda
attività come il gioco, la nutrizione ecc.); l’accessibilità (il genitore è fisicamente e
psicologicamente disponibile per il bambino); responsabilità (il genitore si assume la
responsabilità del benessere e della cura del figlio) (Lamb, Pleck, Charnov & Levine,
1987 in McBridge, Schoppe & Rane, 2002).
Come genitori, i partner hanno il compito di dar vita a una “alleanza genitoriale”
(Scabini & Cigoli, 2000, p. 122) che permetta loro di condividere la cura del figlio sia
per quel che riguarda la gestione organizzativa della vita familiare sia rispetto allo stile
di parenting, il tipo di atteggiamento educativo da avere con il figlio. Secondo Malagoli
Togliatti e Lubrano Lavadera (2002) “le modalità di allevamento dei bambini sono
condizionate, a livello individuale, da diversi fattori quali le immagini del bambino
ideale introiettate dai genitori nel corso della loro vita, le regole di relazione che essi
hanno elaborato insieme e a cui ritengono che i figli si debbano conformare, le norme e
i valori della cultura di appartenenza” (p. 75).
La donna si trova ad affrontare un cambiamento maggiore nell’adattarsi ai nuovi
compiti connessi al suo ruolo di madre, soprattutto se lavora, in quanto le viene
richiesto un cambiamento significativo del suo stile di vita a causa delle notevoli
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incombenze a cui dove far fronte e può più facilmente sperimentare un sentimento di
incapacità (Cusinato, 2005).
Come precedentemente affermato, rispetto alle differenza tra madri e padri, Labbrozzi
(2005) sostiene che l’intensità emotiva e il coinvolgimento affettivo del padre nei
confronti dei figli sono del tutto analoghi a quelli riscontrati nelle madri, per cui l’abilità
nell’accudire, la sensibilità ai bisogni dei bambini e la capacità di rispondere ai segnali
non presentano differenze significative tra padri e madri. Si riscontrano, però, modi
differenti di relazionarsi con i propri figli: le madri tendono ad essere una presenza
costante nella vita dei bambini piccoli, ad essere per loro una fonte di conforto,
svolgendo soprattutto compiti accuditivi, parlano complessivamente più dei padri e
utilizzano un linguaggio più ricco di riferimenti emotivi; per il loro senso di benessere è
importante sentirsi desiderate dai figli e che questi dipendano da loro (Labbrozzi, 2005).
I padri sembrano essere una presenza meno stabile (anche se è stato osservato che oggi i
padri trascorrono più tempo con i figli rispetto al passato), prediligono il gioco e le
attività fisicamente impegnative, incoraggiando comportamenti esplorativi e autonomi e
utilizzano frequentemente il linguaggio per dare informazioni o impartire ordini. E’
stato inoltre dimostrato che i padri che sono costantemente coinvolti nelle attività
quotidiane del proprio figlio sperimentano le stesse ambiguità delle madri nei confronti
dell’impegno genitoriale, sono più sensibili e disponibili verso i figli e più attenti ai loro
cambiamenti (Cusinato, 2005).
Con la nascita di un figlio cambiano anche le relazioni con la famiglia d’origine.
L’esperienza comune di avere dei figli consente ai nuovi genitori di sperimentare nuovi
aspetti del legame con i propri genitori: l’esperienza della paternità e della maternità
favorisce il superamento dei confini gerarchici tra genitori e figli, consentendo a questi
ultimi di avvicinarsi di più ai genitori e di avere un rapporto maggiormente paritario,
che permette alla coppia genitoriale di sviluppare la propria identità genitoriale in
connessione e distinzione da quella della generazione precedente (Scabini & Cigoli,
2000). Il legame con la famiglia d’origine sembra rappresentare una risorsa, soprattutto
per le donne.