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Introduzione
In questo elaborato viene presentato il lavoro che ho svolto come attività di tirocinio presso la
Fondazione Bruno Kessler (FBK) di Trento, e che aveva come obiettivo l’esplorazione di
possibili metodologie per valutare l’accessibilità di un applicativo web.
Si è innanzitutto effettuato uno studio della letteratura per approfondire (a) il tema
dell’accessibilità in ambito interazione uomo-macchina (HCI, dall’inglese Human-Computer
Interaction), (b) cosa prevede la legislazione italiana ed europea in merito, (c) se esistono linee
guida di riferimento e (d) strumenti utilizzati per valutare il livello di accessibilità.
Il passo successivo è stato l’analisi di vari strumenti (automatici e semiautomatici) di
valutazione dell’accessibilità per capirne le caratteristiche (ad esempio, se gratuiti o a
pagamento, se analizzano solo una pagina per volta o più pagine contemporaneamente o se sono
estensioni per il browser, programmi online o da installare sul pc) e il funzionamento.
Si è poi effettuato uno studio su dieci strumenti selezionati, i quali sono stati applicati su una
stessa pagina web per farne una comparazione e vedere somiglianze e differenze nei risultati
forniti.
Infine, come studio di un caso reale, si è condotto uno studio dell’accessibilità di un applicativo
web fornito da FBK. Nello specifico, si è trattato di Autorizzazioni, applicazione usata
internamente all’azienda dai responsabili delle unità di ricerca per autorizzare richieste e
documentazione di vario tipo (es. report giornalieri di smart working, report mensili delle ore
lavorate, richieste di ferie, trasferte, acquisto di materiali) presentati da ciascun ricercatore/trice
dell'unità. L’applicativo è stato valutato due volte: prima attraverso un test manuale, seguendo
le linee guida del World Wide Web Consortium (W3C) e successivamente con l’utilizzo di uno
strumento di valutazione semiautomatico, il quale fornisce una check-list per supportare
l’utente nel controllo delle linee guida.
Gli obiettivi di questo test erano principalmente tre: a) investigare le due metodologie di
valutazione, facendo opportuni confronti; b) misurare quanto tempo impiega mediamente un
esperto umano a controllare tutte le linee guida su un paio di pagine web; c) verificare quanto
accurato e chiaro può essere uno strumento di valutazione rispetto ad un controllo manuale.
In questo elaborato andremo quindi ad analizzare la definizione di accessibilità, per capire cos’è
e a chi porta beneficio, per poi andare a studiare il modo in cui è regolata dalla legislazione
italiana ed europea. Passeremo poi a spiegare dettagliatamente gli standard internazionali,
attualmente le Web Content Accessibility Guidelines 2.1 (WCAG 2.1) del World Wide Web
Consortium (W3C), alle quali la legislazione si riferisce per valutare i livelli di accessibilità.
Successivamente verrà illustrato dettagliatamente lo studio effettuato sui vari strumenti
automatici e semiautomatici di valutazione dell’accessibilità, focalizzandosi su quali tipologie
ci sono e come si differenziano gli uni dagli altri, le caratteristiche che li contraddistinguono,
cosa valutano, i loro prezzi e la loro affidabilità. Infine, verrà presentato il test realizzato, prima
manualmente e poi con strumento, sull’applicativo Autorizzazioni e i risultati ottenuti.
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Capitolo 1
Accessibilità
1.1 Definizione
Una prima breve definizione di “accessibilità” si può trovare nelle parole di Tim Berners-Lee,
ideatore del World Wide Web e direttore del World Wide Web Consortium (W3C), il quale ha
affermato che il potere del web sta nella sua universalità e il fatto che tutti vi abbiano accesso,
indipendentemente dalle disabilità, è un aspetto essenziale. Tuttavia, il compito di definire il
termine “accessibilità” applicato al contesto web non è per nulla semplice essendo che può
avere interpretazioni diverse. Questo aspetto emerge ad esempio nello studio di Iwarsson &
Ståhl (2003) in cui si dichiara che ogni volta che si utilizza il concetto di accessibilità, le
affermazioni dovrebbero essere basate su informazioni valide e affidabili raccolte in tre fasi:
1. La componente personale (descrizione della capacità funzionale nell'individuo o nel
gruppo di destinazione, basata sulla conoscenza del funzionamento umano);
2. La componente ambientale (descrizione delle barriere nell'ambiente di destinazione, in
relazione alle norme e agli standard disponibili);
3. Un'analisi che mette in relazione la componente personale e la componente ambientale
(descrizione dei problemi di accessibilità).
In questo caso, l’accessibilità è quindi vista come un concetto relativo, che implica che i
problemi annessi dovrebbero essere espressi come un rapporto persona-ambiente. Essendo
principalmente di natura oggettiva, l'accessibilità si riferisce quindi al rispetto delle norme e
degli standard sociali.
La definizione più comunemente utilizzata di accessibilità la intende però come il campo che
indaga sulle difficoltà che le persone disabili incontrano quando accedono al Web (WAI, 2005).
Una definizione più completa vede invece l’accessibilità come la capacità di un sistema di
fornire un accesso universale, ossia di garantire a tutti i suoi utilizzatori la comprensione dei
contenuti e l’interazione con gli altri elementi del sistema, a prescindere dalla loro cultura, dalla
loro lingua, dal tipo di mezzi tecnologici a loro disposizione e dalle loro abilità mentali o fisiche
(Schiavone, 2016). Rendere accessibili i contenuti del web significa dunque che i siti, gli
strumenti e le tecnologie sono progettati e sviluppati in modo che tutti gli individui,
indipendentemente dalle loro disabilità, possano utilizzarli. In modo più specifico, le persone
dovrebbero poter percepire, comprendere, navigare e interagire con il web, oltre a poter avere
la possibilità di contribuire ad esso. Per rendere meglio l’idea di come un sito può essere usabile
per persone senza particolari disabilità, ma non usabile per coloro che invece hanno disabilità,
si può fare riferimento ad uno studio di Petrie e Kheir (2007), i quali hanno analizzato
l'accessibilità di due diversi siti web coinvolgendo sei persone non vedenti e sei persone senza
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disabilità visive. I risultati di questo studio dimostrano che i problemi riscontrati dai due gruppi
comprendevano un 15% di problemi in comune ma in particolare in un sito gli utenti non
vedenti hanno valutato i problemi come molto più gravi rispetto alla valutazione delle persone
senza disabilità visive. È inoltre emerso che all’interno del gruppo i partecipanti erano concordi
tra loro e con gli sperimentatori sulla gravità dei problemi, tuttavia non era presente nessun
accordo significativo tra i partecipanti o gli sperimentatori e il livello di priorità fornito dalle
linee guida sull'accessibilità.
L’accessibilità comprende un vasto spettro di disabilità; tra le più importanti vi sono quella
uditiva, visiva, cognitiva, neurologica, fisica e discorsiva. Alcuni esempi sono riportati nella
Figura 1. Tuttavia, è importante sottolineare che l'accessibilità porta dei benefici anche alle
persone che non hanno disabilità: un principio chiave dell’accessibilità è infatti “progettare siti
web flessibili” in modo da soddisfare le diverse esigenze degli utenti. Questa flessibilità
aumenta anche l'usabilità generale e consente alle persone senza disabilità di utilizzare i siti
Web in base alle proprie preferenze per esempio, persone con disabilità temporanee, come una
gamba rotta, persone che hanno delle limitazioni date dal contesto, come può essere
un’eccessiva luminosità data dal sole, persone anziane che hanno minori abilità a causa
dell’invecchiamento o semplicemente la preferenza di un utente nell’usare le scorciatoie da
tastiera piuttosto che i comandi classici. Queste situazioni sono descritte come paradigma delle
menomazioni situazionali, che viene definito come la difficoltà di accesso ai computer a causa
del contesto o della situazione in cui ci si trova, in contrapposizione a una menomazione fisica.
In uno studio del 2015 (Yesilada et al., 2015) è stato chiesto a più di 300 persone, con un
interesse per l'accessibilità, di rispondere a 33 domande relative al rapporto tra accessibilità,
user experience (UX, un approccio progettuale orientato all’utente che adotta una metodologia
partecipativa.), e usabilità, inclusione ed esclusione. I risultati hanno confermato il fatto che le
persone pensano all'accessibilità come ad una cosa applicabile a tutti, non solo a persone con
disabilità oltre ad essere emerso che accessibilità e usabilità sono viste come altamente
correlate. Gli intervistati sono fortemente d'accordo sul fatto che l'accessibilità deve essere
basata su pratiche incentrate sull'utente e che la valutazione dell'accessibilità è qualcosa di più
di una semplice ispezione del codice sorgente, tuttavia, sono divisi sulla necessità o meno di
una formazione sulle WCAG (Linee guida per l'accessibilità dei contenuti del web (vedi
capitolo 3) per valutare l'accessibilità. Altri aspetti emersi da questo studio sono:
1. C'è una certa contraddizione nel fatto che gli individui sono d'accordo che l'accessibilità
è una questione di inclusione, ma non credono ancora che si tratti di una questione di
basso reddito;
2. L'accessibilità del web è anche intesa come un sottoinsieme di User Experience; in
effetti, gli intervistati ritengono che l'accessibilità del web apra la strada verso un buon
UX;
3. C'è un disaccordo generale sul fatto che testare il codice sorgente sia un buon modo per
garantire l'accessibilità; i professionisti sono in disaccordo anche di più su questo.
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Figura 1. Esempi di categorie di persone che possono trarre beneficio dall’accessibilità (da Microsoft
Inclusive design Toolkit).
Il termine “accessibilità” viene molto spesso erroneamente confuso con “usabilità”, ma si può
fare una piccola distinzione dal punto di vista dell’inclusione: con usabilità si intende il fatto di
creare siti web in modo che siano efficaci, efficienti e soddisfacenti; con accessibilità invece,
ci si riferisce al fatto di creare siti web che siano efficaci, efficienti e soddisfacenti per più
persone, in diversi contesti, in particolar modo persone con disabilità e coloro che utilizzano
tecnologie di assistenza (Henry, 2002). Come mostrato in Figura 2, un altro tipo di distinzione
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vede invece accessibilità ed usabilità come due insiemi sovrapposti che creano tre diverse
categorie (Petrie & Kheir, 2007):
1. Problemi che riguardano solo le persone disabili: questi possono essere definiti problemi
di pura accessibilità;
2. Problemi che riguardano solo le persone non disabili: questi possono essere definiti
problemi di pura usabilità;
3. Problemi che riguardano sia gli utenti disabili che non disabili: questi possono essere
definiti problemi universali di usabilità.
Figura 2. Possibile distinzione tra usabilità ed accessibilità.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite stima che circa il 10% della popolazione mondiale (pari
attualmente a circa 780 milioni di persone) viva con qualche tipo di disabilità. Da ciò si può
capire l’enormità del numero di persone che potrebbe incontrare dei problemi nell’utilizzo di
un determinato sito web che non rispetti le regole di accessibilità. Trattasi quindi di un problema
di una certa gravità se si pensa che in questi anni, a partire dal web, si è generato un intero
ecosistema di servizi, informazioni ed opportunità così connesso alla società “reale” da averla
lentamente ma inesorabilmente trasformata in quella che i sociologi chiamano “società
dell’informazione”. In questo contesto appare chiaro che chi, per un qualunque motivo, è
parzialmente o totalmente escluso da tale ecosistema vive in una (più o meno grave)
svantaggiata condizione di emarginazione sociale, economica e culturale (Schiavone, 2016).
Questo concetto viene ribadito anche nel primo volume di “Italian journal of disability studies”
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dove gli autori affermano che nell’ambito della disabilità, la ricerca ha ampiamente riconosciuto
come le tecnologie telematiche possano tradursi facilmente in inclusione o esclusione sociale
in base ai contesti e come possano definirsi contemporaneamente supporto e barriera per le
persone con disabilità (Baroni & Lazzari, 2013).
L’obiettivo principale dell’accessibilità è dunque quello di fare in modo che tutti possano
accedere ad un sito web e per farlo è necessario che sviluppatori e organizzazioni creino siti e
applicazioni di alta qualità in modo che i loro prodotti e servizi non escludano l’utilizzo da parte
di determinati target di utenti, cosa che risulta non così scontata se si osservano i risultati di un
esperimento (Power et al., 2012) condotto su 16 siti con 32 utenti non vedenti: i risultati hanno
dimostrato che solo il 50,4% dei problemi che gli utenti hanno incontrato erano coperti dai
criteri di successo delle Web Content Accessibility Guidelines (WCAG) 2.0; per i problemi che
erano invece coperti dalle linee guida, solo il 16,7% dei siti web ha implementato le tecniche
raccomandate dalle WCAG 2.0, ma le tecniche non risolvevano il problema. Questi risultati
dimostrano che pochi sviluppatori stanno implementando la versione attuale delle WCAG ed
anche quando le linee guida sono implementate sui siti web, ci sono poche probabilità che le
persone con disabilità incontrino meno problemi. Questo basso livello di accessibilità,
spiegano gli autori, sembrerebbe essere il risultato di svariati fattori ad esempio, nonostante la
consapevolezza dell'accessibilità sia aumentata nell'ultimo decennio a livello di governo e
legislazione, il livello di conoscenza nella comunità dei programmatori e dei committenti
rimane piuttosto basso.
Il fatto che gli sviluppatori web spesso non abbiano conoscenze sufficienti per garantire i criteri
di accessibilità (Luján-Mora, 2013) ha fatto sì che per assicurare e certificare il rispetto delle
linee guida sull'accessibilità del web siano stati sviluppati diversi strumenti automatici di
valutazione dell'accessibilità (vedasi capitolo 4).
1.2 Legislazione Italiana ed Europea
L'accessibilità è regolata da diverse direttive sia a livello europeo che nazionale.
Il primo passo dell’Unione Europea (UE) riguardo l’accessibilità è stato fatto nel 2000 con il
progetto eEurope, progetto che aveva inizialmente validità fino al 2002 ed il cui obiettivo era
supportare e promuovere la creazione di una società dell'informazione basata sulla conoscenza
aperta e accessibile a tutti, in modo particolare a tutti i cittadini europei con disabilità. Questo
piano è stato rinnovato poi fino al 2005, anno in cui venne sostituito con eAccessibility, un
insieme di iniziative volte a definire un insieme di standard tecnici per i fornitori di servizi e
per i produttori di dispositivi tecnologici destinati a persone con disabilità, all’inserimento di
requisiti di accessibilità all’interno di bandi pubblici destinati all’acquisto di beni e servizi, e ad
un migliore uso della legislazione europea nel campo dell’accessibilità.
Attualmente a livello europeo è in vigore la direttiva UE 2016/2102 (Appendice 1) che mira a
migliorare il funzionamento del mercato interno in modo da rendere prodotti e servizi
accessibili, eliminando le barriere create dalla presenza di norme contrastanti nei diversi stati.