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INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI
La coltivazione del fungo prataiolo è attualmente diffusa quasi in tutto il mondo. In
particolare, il basidiomicete è coltivato a scala industriale in circa settanta paesi per lo
più europei. È un fungo molto apprezzato e conosciuto, il cui consumo è pressoché
costante e continuo. Proprio la continuità della domanda dei consumatori ha portato ad
affinare le modalità tradizionali di realizzazione delle varie fasi della filiera produttiva e a
sviluppare nuove tecniche sia nel settore della produzione del substrato, indicato
comunemente come compost, sia in quello della scelta di miceli di ceppi ibridi da
impiegare, che devono possedere caratteristiche di alta produttività e resistenza alle
avversità.
Poiché la composizione e la qualità del compost sono determinanti per la buona riuscita
della coltivazione e per la produzione di basidiomi sia in termini di quantità che di
qualità, si è ritenuto opportuno effettuare un‘esperienza di coltivazione del fungo in
questione, Agaricus bisporus (J. E. Lange1926) Imbach1946, presso l‘Agrifunghi Soc.
Coop. a.r.l., in appresso indicata semplicemente come Agrifunghi, azienda che opera da
diversi anni settore della fungicoltura italiana, utilizzando sia il compost tradizionale
prodotto dalla stessa azienda sia un altro tipo di substrato di coltivazione prodotto da
un‘azienda, la Funghitex S.S., specializzata nella preparazione di compost destinato
esclusivamente alla vendita e alla messa in coltivazione presso altre aziende fungicole.
Più specificamente, l‘obiettivo principale di questa tesi è il confronto, sotto il profilo
quantitativo e qualitativo, delle rese produttive dei due tipi di substrato di coltivazione
del fungo prataiolo. Il primo dei quali è prodotto dalla Funghitex S.S., un‘azienda
specializzata nella produzione di compost che è venduto esclusivamente ad altre
aziende, mentre il secondo è un compost destinato tipicamente ad uso interno da parte
dell‘azienda Agrifunghi che lo produce.
Tale obiettivo è stato perseguito attraverso a) l‘ analisi comparativa della produttività del
substrato acquistato presso la Funghitex, per tre cicli di produzione effettuati presso
l‘Agrifunghi; b) il confronto dei risultati produttivi, in termini di quantità di basidiomi
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prodotti e qualità merceologica degli stessi, e la deduzione delle ricadute economiche
derivanti all‘azienda dalla vendita sul mercato del prodotto fresco ottenuto; c) infine, la
valutazione, sulla base dei risultati ottenuti, della possibilità di consigliare o meno
all‘Agrifunghi di acquistare il substrato prodotto della Funghitex e smettere di produrlo
autonomamente.
Il lavoro di tesi è stato svolto attraverso le tappe seguenti:
1) descrizione delle aziende coinvolte;
2) raccolta dei dati produttivi ottenuti con i due tipi di substrato durante l‘anno 2009;
3) confronto degli stessi con quelli ottenuti negli stessi periodi dell‘anno 2008;
4) valutazione dei risultati e conclusioni.
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1. GENERALITÀ E CLASSIFICAZIONE TASSONOMICA
Il fungo prataiolo, A. bisporus, appartiene al genere Agaricus della famiglia delle
Agaricaceae, la cui posizione tassonomica secondo Hibbet et al. (2007) è la seguente:
Ordine: Agaricales; Classe: Agaricomycetes; Sottodivisione: Agaricomycotina; Divisione:
Basidiomycota; Sottoregno: Dikarya; Regno: Fungi. La famiglia delle Agaricaceae Chevall.
(1826) comprende macrofunghi, conosciuti in passato come Tulostomataceae e Lepiotaceae,
caratterizzati da basidiomi distinti in gambo o stipite e pileo o cappello, con tessitura
eterogenea che rende facile separare con una leggera torsione il primo dal secondo;
l‘imenoforo, la parte fertile del basidioma, è costituito da lamelle. Le basidiospore in
massa o nell‘impronta sporale sono di colore bruno porpora o violaceo. Vi
appartengono i seguenti generi: Agaricus L. Fr. Karst. (1753); Amylolepiota Harmaja
(2002); Cauloglossum Grev. = Podaxis Desv. (1809); Chitonia (Fr.) P. Karst. (1879);
Chlorophyllum Massee (1898); Clavogaster Henn. (1896); Crucispora E. Horak (1971);
Cystoagaricus Singer (1947); Cystolepiota Singer (1952) [1951]; Endoptychum Czern. (1845);
Lepiota (Pers.) Gray (1821); Leucoagaricus Locq. ex Singer (1948); Leucocoprinus Pat. (1888);
Macrolepiota Singer (1948) [1946]; Melanophyllum Velen. (1921); Montagnites Fr. (1838);
Notholepiota E. Horak (1971); Podaxis Desv. (1809); Schulzeria Bres. & Schulzer (1886);
Secotium Kunze (1840). Il genere Agaricus L. Fr. sensu Karst. è il genere tipo della tribù
Agaricacae Patouillard; questa è la tribù tipo della famiglia Agaricaceae Conh sensu Singer, a
sua volta famiglia tipo dell‘ordine Agaricales Clements. Il termine Agaricus deriva dal greco
αγαρυκόν (agarikòn) e identificava l‘Agaria
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, regione della Sarmazia a Nord del mar Nero.
In latino antico, si trova solo il termine agaricum, sostantivo neutro che rispecchia
fedelmente il greco. Lo stesso si ritrova in Etymologiae XVII, 9, 84 di Isidoro di Siviglia,
riferito non a un fungo ma alla vitis alba di Plinio: Agaricum, radix vitis albae. Agaricus.
Come aggettivo maschile fu usato per la prima volta da Tournefort (1700) nel suo
celebre trattato Istitutiones rei herbariae, per indicare funghi che nascono sui tronchi degli
alberi. Lo stesso Autore, in una relazione sulla coltivazione artificiale del fungo prataiolo,
scrisse che esso si riproduceva ―mediante propri semi e non per semplice virtù del
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Gignitur in Sarmatiae regione, quae Agaria dicitur (Discoride in “De Materia medica”, III, 1, 1334).
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letame equino‖. Linneo (1753) indicò con il termine Agaricus tutti i funghi a lamelle (gli
attuali membri della famiglia Agaricaceae). Fries, invece, nel suo trattato ―Systema
Mycologicum‖ (1821), separò i generi Cantharellus e Schizophyllum dal genere Agaricus di
Linneo e divise quest‘ultimo in tribù. Nella suddetta opera comparve per la prima volta il
termine Psalliota dal greco πςαλίον (psallion) ―anello‖, che indicava una tribù di funghi
con gambo munito di anello e con spore color porpora, includente oltre agli attuali
Agaricus anche le specie appartenenti al genere Stropharia. In seguito, nel 1838 e nel 1857,
rispettivamente nelle opere ―Epicrisis‖ e ―Monographia‖, Fries distinse gli attuali Agaricus
dalle Stropharia, ma non elevò Psalliota al rango di genere. Ciò avvenne nel 1871 per opera
di Kummer. Nel 1872 Quèlet, in ―Champignons du Jura et des Vosges‖, innalzò al rango
generico i sottogeneri friesiani, non mantenendo, però, la denominazione Agaricus.
Quest‘ultima fu ripresa da Karsten nel 1879, per risolvere la disputa generata dall‘uso di
un altro termine, Pratella, che era stato elevato al rango di genere da Gray nel 1821 ed
indicava le specie apparteneti al genere Agaricus. Tuttavia, secondo il codice
Internazionale di Nomenclatura Botanica, la denominazione corretta del genere è
Agaricus come ―nomina generica conservanda‖ con Agaricus campestris L.: Fr. come specie tipo.
Il genere Agaricus è attualmente diviso in tre sottogeneri: Agaricus, Lanagaricus
Heinemann, Conioagaricus Heinemann, dei quali gli ultimi due sono costituiti da specie
tropicali. Il sottogenere Agaricus comprende circa un‘ottantina di specie, una settantina
delle quali sono considerate ―europee‖.
1.1. CARATTERISTICHE DELLE SPECIE DEL GENERE AGARICUS
Basidiomi con sviluppo bivelangiocarpico, in altre parole muniti sia del velo generale sia
di quello parziale; a portamento eretto, tozzi o slanciati; crescenti di regola sul terreno,
solo in pochi casi fimicoli, mai lignicoli; putrescibili. Dimensioni del cappello da 2 a 20
cm, quasi carnoso, da emisferico o quasi emisferico, convesso fino ad appianato, in
alcuni casi con centro umbonato, appiattito o leggermente depresso, con cuticola secca,
bianca, biancastra, giallognola, ocracea, alutacea (cioè color cuoio), grigiastra, bruna,
porporina, dapprima uniforme, poi dissociata spesso in fibrille e/o squame fibrillose su
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fondo normalmente più pallido, in alcuni casi fessurato-areolato; per sfregamento
ingiallente o immutabile, nudo o con residui del velo generale sotto forma di squame o
fioccosità; epicute non cellulare, generalmente costituita da ife allungate o da frammenti
di una palizzata; imenoforo lamellato. Lamelle: libere, fitte, sottili, inizialmente rosate o
rosate - grigiastre, talvolta quasi bianche, infine bruno-porpora o bruno scuro fin quasi a
nero (la variazione del colore delle lamelle è dovuta alla progressiva maturazione delle
spore); lamellule più o meno numerose.
Microscopia: trama lamellare prima regolare e, poi, irregolare; basidi semplici, clavati,
generalmente tetrasporici, più raramente anche bisporici, in un caso esclusivamente o
prevalentemente bisporici. Spore ellittiche, ovate o rotondeggianti, con asse maggiore
solo in pochi casi superiore ai 10 μm di lunghezza, lisce, con apicolo laterale, con poro
germinativo indistinto o, più raramente distinto, con contenuto fluorescente simulante
una o più gocce; al microscopio brunastro - rossicce od ocracei (in massa bruno-porpora
più o meno scuro); parete non visibilmente pseudoamiloide. Cheilocistidi assenti o
presenti, generalmente numerosi (quando presenti, conferiscono colore pallido al taglio
lamellare), a forma di pallone o di bottiglia, clavati, cilindrici, piriformi. Pleurocistidi
generalmente assenti, in alcuni casi presenti. Gambo: centrale, eretto o ricurvo, carnoso,
pieno o fistoloso, clavato o cilindrico con base spesso bulbosa arrotondata o marginata
più raramente attenuata, in pochi casi in cespi o molto in profondità nel terreno, bianco,
biancastro o nocciola chiaro, talvolta con una sfumatura rosata, in pochi casi ingrigente o
annerente all‘apice, per sfregamento ingiallente, arrossante o immutabile; nella zona
mediana o alta munito di un anello supero o più raramente, infero, semplice o doppio,
nella metà inferiore talvolta di residui fioccosi, bianchi, biancastri o bruni oppure nudo;
privo di rivestimento cellulare. Velo parziale di solito persistente, costituente principale
dell‘anello. Velo generale il più delle volte fugace, ma non di rado lasciante residui sul
cappello, nella faccia inferiore dell‘anello (anello doppio) o alla base del gambo;
raramente formante una pseudovolva basale. Carne bianca, al taglio raramente quasi
immutabile, di regola per autossidazione virante al rosa carniccio, al rosa-rosso, al rosso,
al giallo chiaro, al giallo cromo; odore talvolta leggero, indefinibile, talvolta acidulo
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(fungino), oppure simile a mandorle amare o anice, a fenolo o inchiostro di china, a
iodoformio, raramente simile a Lepiota cristata o a qualche specie di Scleroderma. Reazione
incrociata di Schäffer, sulla superficie del cappello e del gambo, positiva o negativa.
Habitat: crescita gregaria, raramente in cespi, in boschi, foreste, boschetti, parchi,
giardini, margine delle strade, campi, pascoli, prati, serre, immondezzai, cumuli di letame,
terreni alluvionali, dune dei litorali, dal livello del mare fino ai limiti della vegetazione in
alta montagna. Areale di distribuzione: quasi cosmopolita. Delimitazione: il colore delle
spore e l’assenza di sferociti nelle superfici esterne sono di per sé caratteri sufficienti
per definire pienamente il genere. Importanza alimentare: il genere non comprende
alcuna specie velenosa mortale, ma solo alcune che possono risultare tossiche (sezione
Xanthodermatei); una specie (A. bisporus) è da anni diffusamente coltivata su scala
industriale in quasi tutto il mondo; molte specie, nelle rispettive località di crescita, sono
ricercate ed apprezzate per la loro commestibilità.
1.2. SUDDIVISIONE DEL GENERE AGARICUS
In passato nella letteratura micologica le specie appartenenti al genere Agaricus sono
state differentemente raggruppate. I micologi più famosi che hanno studiato il genere
sono di seguito elencati:
Möller (1950-1952), Pilát (1951), Konrad e Maublanc (1952), Kühner e Romagnesi
(1953), Moser (1967-1983), Singer (1975), Heinemann (1978), Wasser (1980).
In questa tesi è riportata la tassonomia del Cappelli (1984), il quale divise il genere in tre
sottogeneri Agaricus, Lanagaricus e Conioagaricus. Gli ultimi due, insieme con la sezione
Brunneopicti dell‘ Heinemann, rivestono un‘importanza secondaria perché costituiti, come
già ricordato, da specie tropicali. Il sottogenere Agaricus viene, poi, diviso in 6 sezioni (in
accordo con la suddivisione del Moser
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), separando, rispetto alla suddivisione del
2
Genere Agaricus, sezione Edùles (Möller) sensu Moser, sezione Rubescentes Möller p.p. (dei prati), sezione
Rubescentes Möller p.p. (dei boschi), sezione Flavescentes Möller et J. Schäffer p.p., sezione Minores Fries, sezione
Xanthodermatei Singer (Cappelli, 1984).
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Singer
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, la sezione Bitorques dalla sezione Agaricus e la sezione Minores dalla sezione
Arvenses; le sei sezioni sono riunite a tre a tre nelle due grandi sezioni Rubescentes e
Flavescentes, che separano tradizionalmente gli Agaricus in specie con carne più o meno
arrossante al taglio o allo sfregamento ed in specie con superfici più o meno ingiallenti;
ciascuna delle sei sezioni è poi suddivisa in gruppi. Di seguito è riportato lo schema
della suddivisione del genere Agaricus secondo il Cappelli al quale si farà riferimento in
seguito per collocare la specie di riferimento trattata in questa tesi, Agaricus bisporus (J.E.
Lange 1926) Imbach 1946.
Cappelli 1984
Genere Agaricus – Sottogenere Agaricus:
A) GRANDE SEZIONE RUBESCENTES Möller
Carne più o meno arrossante al taglio; superfici di regola non ingiallenti per sfregamento;
odore sul fresco acidulo, o comunque non simile a mandole o fenolo; taglia media o
grande; reazione di Schäffer negativa.
I. SEZIONE BITORQUES (Kunh. et Rom. ex Hein. 1978) Bon et Cappelli
1983
Sin.: Edules (Möller 1950) sensu Moser 1967 – Duploannulatae Wasser 1976
Rubescentes con anello infero, crescenti di regola fuori dai boschi.
Gruppo Bitorquis: Specie con due anelli inferi (di cui quello esterno ben delineato
solo in A. bitorquis).
Gruppo Gennadii: specie con pseudovolva basale semplice.
Gruppo Bisporus: specie con anello infero carnoso - polposo.
II. SEZIONE AGARICUS Linneo 1753: Fries 1821 ss. Karsten 1879
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Genere Agaricus, sottogenere Agaricus, sezione Agaricus, sezione Sanguinolenti (Möller et J. Schäffer) Singer,
sezione Arvenses Konrad et Maublanc, sezione Xanthodermatei Singer (Cappelli, 1984).
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Sin.: Campestres Konrad et Maoblanc 1927 – Rubescentes Möller 1950 p.p. (dei
prati) sensu Moser 1967.
Rubescentes con anello supero, crescenti di regola fuori dai boschi.
Gruppo Campestris: specie con taglio lamellare fertile, dello stesso colore della
facciata della lamella.
Gruppo Vaporarius: specie con taglio lamellare sterile, biancastro, e residui bruni
del velo generale sul gambo.
III. SEZIONE SANGUINOLENTI (Möller et J. Schäffer 1938) Singer 1951
Sin.: Rubescentes Möller 1950 p.p. (dei boschi) sensu Moser 1967
Rubescentes crescenti di regola nei boschi.
Gruppo Silvaticus: specie con gambo cilindrico a base più o meno bulbosa;
spore di regola non più lunghe di 6,5 μm.
Gruppo Fusco-fibrillosus: specie con gambo a base di regola non bulbosa
(cilindrico, clavato o attenuato), spore medie, non più larghe di 7,5 μm, e cappello
bruno più o meno squamoso o bianco puro (gruppo estremamente eterogeneo).
Gruppo Langei: specie con gambo a base non bulbosa (cilindrico), spore
relativamente grandi (lunghe tra 7 e 10 μm) e cappello più o meno bruno
squamoso o bianco puro.
Gruppo Altipes: specie con gambo a base non bulbosa (cilindrico o leggermente
clavato) e cappello alutaceo, liscio o solo indistintamente fibrilloso-squamuloso.
B) GRANDE SEZIONE FLAVESCENTES Möller et J. Schäffer
Superfici più o meno ingiallenti per sfregamento; odore di regola simile a
mandorle oppure a fenolo; taglia da piccola a grande; reazione di Schäffer positiva
o negativa.