I
Introduzione
«Tutti sanno che una cosa è impossibile
da realizzare, finché arriva uno sprovveduto
che non lo sa e la inventa»
Albert Einstein
La fine dell’anno 2016 è stato devastante per le popolazioni colpite
dal sisma del 24 agosto, senza dimenticare l’infinita serie di scosse, oltre
65.800, registrate sull’Appennino centrale dall’evento principale al 30
aprile 2017, articolati su 3 sequenze successive le forti scosse del 24 ago-
sto, del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017, a cui possiamo aggiungere
gli eventi di magnitudo 5.4 e 5.9 registrati nella serata del 26 ottobre 2016.
Gli scuotimenti del terreno ancora oggi si fanno sentire in quelle terre:
Amatrice, Accumuli, Arquata, San Benedetto del Tronto, Norcia, Monte-
reale, eccetera, località che interessano il pieno Centro Italia e più preci-
samente quattro regioni: Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio. Molte vitti-
me, e danni incalcolabili al patrimonio edilizio. I borghi e le cittadine col-
pite sono ancora adesso ammassi di macerie e c’è necessità di nuove in-
dagini e valutazioni di agibilità.
L’obiettivo del presente lavoro di tesi è quello di progettare per la
fase post-sisma una casa a basso costo, energeticamente autosufficiente,
semplice e facilmente montabile, che possa servire non solo nella fase
emergenziale, ma anche come risposta a un modo di abitare in luoghi
colpiti, senza necessità di dover per forza creare nuove città, le new town,
tanto dibattute e che non deturpi l’aspetto estetico dei centri storici colpi-
ti.
La ricerca si è articolata su cinque capitoli di seguito brevemente il-
lustrati.
Il primo capitolo analizza in modo puntuale la definizione di carico
dinamico sulle strutture e quella di Oscillatore Semplice (SDOF), conside-
rando i suoi aspetti caratteristici e descrivendo tutte le casistiche possibili.
II
Il capitolo due si sofferma sulla spiegazione degli Spettri di Rispo-
sta, ossia la loro definizione dal punto di vista ingegneristico; riporta inol-
tre due casi studio riguardanti in modo diretto il sisma de L’Aquila del 6
aprile 2009 e gli eventi sismici dell’agosto 2016 che hanno colpito il Cen-
tro Italia.
Il terzo capitolo sviscera le tre strutture sismo-resistenti (Cemento
Armato, Acciaio e Legno), descrivendone anzi tutto la gerarchia delle re-
sistenze e successivamente i sistemi costruttivi, evidenziandone così le
criticità e i vantaggi della loro messa in opera.
Il quarto capitolo espone lo studio della struttura legno a tutto ton-
do, ripercorrendo gli aspetti costruttivi, i benefici e i relativi collegamenti
che la distinguono. Sono esaminati altresì le attuali soluzioni emergenzia-
li post-sisma impiegate con questo materiale ed infine, è analizzata la ri-
sposta di n. 12 Moduli Abitativi Provvisori (M.A.P.) tutt’ora posizionati
nel Comune di Montereale (AQ), a seguito degli eventi sismici dell’agosto
2016. I criteri di progettazione e di posizionamento di tali M.A.P. sono de-
lineati nel lavoro di tesi triennale
1
del sottoscritto, in cui sono riportati gli
studi effettuati e la personale esperienza dell’autore perfezionatasi tra il
luglio e l’agosto 2009 nel Centro Operativo Misto n. 3 di Pizzoli (AQ).
Il quinto ed ultimo capitolo descrive la soluzione strutturale propo-
sta, ossia l’inserimento di una struttura intelaiata in legno rigidamente
collegata ai paramenti murari di un edificio esistente danneggiato dal si-
sma. Si è ipotizzato per praticità, che il fabbricato oggetto di studio sia
ubicato proprio nel Comune di Montereale in Provincia de L’Aquila.
1
“Analisi ingegneristica dei Moduli Abitativi Provvisori: il sisma de L’Aquila del 6 Aprile
2009” – candidato Matteo Bagnoli – relatore Prof. Matteo Martini – tesi di laurea visionabile al
sito: https://www.tesionline.it/v2/thesis-detail.jsp?idt=51183
1
Capitolo 1
I terremoti reali e di progetto
Il terremoto reale è un fenomeno complesso che s’innesca in una
porzione più o meno grande della crosta terrestre che genera oscillazioni
tridimensionali, onde sismiche che producono principalmente il rilascio
improvviso di energia dovuta a fenomeni di frattura e movimenti lungo
la crosta terrestre stessa. Il sisma è anche un fenomeno stocastico, legato
cioè a variabili indipendenti nel tempo e nello spazio, ragion per cui, lo
stesso è imprevedibile e per esso possiamo solo ricorrere a modelli mate-
matici che seguono leggi probabilistiche. Al fine di definire un input si-
mico possiamo distinguere, se questo occorre per definire, in ipotesi, il ri-
schio che un determinato scenario possa verificarsi oppure se si debba
procedere a una progettazione e l’assessment di opere esistenti. Ciò che
diversifica le due ipotesi di definizione dell’input è la diversa valutazio-
ne: a scala del singolo edificio o a scala territoriale. Per scenari a scala ter-
ritoriale solitamente non è necessario disporre di accelerogrammi. L’input
sismico viene definito solitamente attraverso spettri di risposta di spo-
stamento o accelerazione, le intensità strumentali vengono espresse attra-
verso un singolo parametro puntuale o integrale (ad esempio pga, pgv,
epa, intensità di arias, intensità di housner, ecc.) o anche in termini di in-
tensità macrosismica (ems, msk mcs, mmi, etc.)”. Dunque per progettare
un edificio antisismico occorre conoscere il movimento del terreno inne-
scato dal terremoto in prossimità dell’edificio oggetto di analisi; per avere
questi dati ci serviamo di accelerogrammi in tre direzioni perpendicolari
[1]
1.1 Azioni dinamiche sulle strutture
Nell’ambito dell’ingegneria civile, il comportamento dinamico delle
strutture è un aspetto di massima importanza in particolare la dinamica
strutturale assume un ruolo rilevante nella progettazione delle strutture
in modo che queste possano resistere ad azioni dinamiche severe dovute
2
ad esempio a terremoti, uragani, raffiche di vento. I metodi per valutare
la risposta, in termini di sollecitazioni e spostamenti delle strutture sog-
gette a carichi dinamici possono essere artificiali se sono prodotti da ap-
parati vibranti posti al di sopra delle strutture (urti, esplosioni) e naturali,
si vedano le azioni del vento che producono azioni significative sulle co-
struzioni molto snelle oppure i terremoti che provocano uno spostamento
del suolo con produzione di sollecitazioni di natura dinamica all’interno
della struttura. Infatti per carico dinamico s’intende proprio ogni carico
la cui intensità, direzione e/o posizione varia nel tempo.
1.1.1 Tipologie di carichi dinamici
Nel contesto delle azioni dinamiche possiamo distinguere tre tipi di
carichi dinamici. I carichi periodici che esibiscono la stessa variazione nel
tempo per un grande numero di cicli, ma l’intensità varia nel tempo. Si
pensi a un carico dinamico che produce un’elica: questo costituisce un ca-
rico periodico poiché si ripete nel tempo, così come quello di un macchi-
nario rotante presente sopra un edificio produce un carico dinamico pe-
riodico. Il carico armonico che è il più semplice tipo di carico periodico
perché è caratterizzato da una variazione sinusoidale o cosinusoidale. Es-
so è molto importante in quanto ogni carico periodico può essere rappre-
sentato come la somma di una serie di componenti armoniche semplici
utilizzando l’analisi di Fourier. Infine i carichi non periodici, che non esi-
biscono la stessa variazione nel tempo in cicli successivi. Si pensi ad
esempio ad un segnale di breve durata come quello relativo a
un’esplosione o urto, o a un segnale di lunga durata come quelli dei ter-
remoti (in questo caso si parlerà di carico dinamico ma non periodico).
1.1.2 Il carico dinamico non periodico: il terremoto
I carichi non periodici che rappresentano le azioni dinamiche più
preoccupanti nelle strutture sono sicuramente i terremoti. Infatti, una del-
le più importanti applicazioni della teoria della dinamica strutturale è
l’analisi della risposta delle strutture nei confronti di questo tipo di even-
to.
3
Il terremoto: è lo scuotimento o il tremore del suolo causato da un
rilascio istantaneo di energia e di solito sono associati allo scorrimento di
grandi fratture o faglie presenti nella crosta terrestre o nel mantello supe-
riore, oppure alla improvvisa rottura di ammassi rocciosi (origine tettoni-
ca). Questo tipo di evento genera onde sismiche che attraversano la crosta
terrestre e si propagano per lunghe distanze viaggiando a grande velocità
e perdendo nel loro tragitto parte dell’energia iniziale. Il punto dove vie-
ne rilasciata l’energia accumulata viene detto ipocentro o fuoco. Con epi-
centro invece si definisce la proiezione dell’ipocentro sulla superficie ter-
restre. Parte dell’energia rilasciata da un sisma è trasferita tramite calore,
ma la maggior parte è trasferita come onde sismiche che sono trasmesse
per lunghe distanze.
Onde sismiche
Le onde sismiche possono essere classificate in tre precise tipologie
le onde primarie (P), le onde secondarie (S) e le onde di superficie (L). Le
onde primarie (P) o onde di volume sono le più veloci, viaggiano attra-
verso solidi, liquidi, gas e sono dette di compressione, ossia il movimento
del materiale è nella stessa direzione del movimento delle onde. Le onde
secondarie (S) o onde di volume sono più lente rispetto alle precedenti e
viaggiano esclusivamente attraverso i solidi, sono dette “Onde di taglio”,
in quanto il movimento del materiale è ortogonale al movimento
dell’onda. Infine le onde di superficie (L) camminano lungo la superficie
terrestre e sono più lente delle onde di volume P e S, la particolarità è che
danno luogo ad una rotazione e ad un movimento laterale, ovvero sono le
principali responsabili dei danni delle strutture.
Le scale di misura
La variazione nel tempo dell’accelerazione del suolo è il modo più
utile di definire lo scuotimento del suolo durante un terremoto e grazie ai
sismografi è possibile registrare l’evento sismico. L’evento sismico viene
anche caratterizzato dalla magnitudo che rappresenta la misura
dell’energia rilasciata durante l’evento stesso. Altresì si ha la magnitudo
4
di Richter che misura l’ampiezza massima di un’onda S e tiene conto del-
la distanza tra il sismografo e l’epicentro. A tale scopo sono state inserite
due particolari scale vale a dire la scala di Richter caratterizzata da una
scala logaritmica, in cui un’unità della scala di Richter corrisponde a 10
volte la magnitudo, ovvero a 30 volte il rilascio di energia e la scala Mer-
calli che fa riferimento all’intensità per quantificare il danno prodotto da
un terremoto.
1.1.3 La risposta strutturale
La risposta di una struttura soggetta a carichi dinamici è variabile
nel tempo, ovvero allo stesso modo è di tipo dinamico. Il carico che rap-
presenta l’input e la risposta che rappresenta l’output sono entrambi delle
variabili nel tempo. Le peculiarità di un problema dinamico sono dovute
al fatto che entra proprio in gioco la variabile tempo, infatti sia il carico
che la risposta variano nel tempo. Se il carico varia nel tempo e conse-
guentemente la risposta varia nel tempo, non si ha un’unica soluzione ma
si ha una successione di soluzioni per tutti gli istanti temporali di interes-
se. Quindi emerge che l’analisi dinamica è molto più articolata rispetto ad
un’analisi statica, dove risposta e carico non variano nel tempo.
Supponiamo di avere una trave appoggiata-appoggiata sulla quale
è applicato un carico P staticamente. Gli effetti del carico dipenderanno
solo dal carico stesso e non dal tempo. Al contrario, se P è applicato di-
namicamente gli effetti dipendono anche dalle forze d’inerzia che si op-
pongono alle accelerazioni prodotte. Ma in questo caso allora sorgono sia
forze elastiche sia forze d’inerzia che sono strettamente legate alla natura
del carico.
In particolare se queste forza che nascono rappresentano una signi-
ficante porzione del carico totale (che viene applicato) equilibrato dalle
forze elastiche interne della struttura, allora il carattere dinamico del pro-
blema deve essere necessariamente tenuto in conto nella valutazione del-
la sua soluzione; se le forze di inerzia sono trascurabili, cioè il carico viene
applicato molto lentamente sulla struttura, allora l’analisi della risposta
strutturale per ogni istante di tempo può essere condotta utilizzando
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l’analisi statica. È doveroso ed importante osservare che poiché la massa è
distribuita in modo continuo lungo la trave, gli spostamenti e le accelera-
zioni che scaturiscono su una struttura per effetto di un carico dinamico,
devono essere definiti per ogni punto della trave lungo il suo asse. Tutta-
via possiamo assumere che la massa è concentrata in alcuni punti della
trave (sistema a masse concentrate): le forze d’inerzia nasceranno solo in
questi punti-massa, ossia gli spostamenti e le accelerazioni devono essere
definite solo in queste posizioni. Si ha così una riduzione dei gradi di li-
bertà dinamici della struttura. Infatti se prima dovevamo definire la posi-
zione della massa per ogni punto della trave in modo continuo (quindi
per infiniti punti), nel caso di masse concentrate abbiamo la necessità di
definire la posizione della massa nel tempo solo nei punti in cui è concen-
trata la massa. Al fine di rappresentare gli effetti di tutte le forze d’inerzia
significative della struttura è necessario identificare i gradi di libertà di-
namici. Queste tipologie di GdL rappresentano tutti gli spostamenti delle
masse (e che queste masse subiscono nel tempo) che abbiamo assunto
concentrate. Se supponiamo che le masse si possono muovere solo orto-
gonalmente all’asse della trave, allora gli unici gradi di libertà di ogni
massa saranno gli spostamenti verticali, ovvero avremo un grado di liber-
tà per ogni massa. Ciò comporta che la struttura abbia 3 Gradi Di Libertà
Dinamici, poiché per ogni massa si va a definire i gradi di libertà. Se con-
sideriamo però un telaio con massa concentrata all’interno della trave che
sia privo di massa in tutti gli altri punti, questa massa è costretta a muo-
versi solo in direzione orizzontale (traslazione orizzontale), ciò vuol dire
che il sistema presenta un unico GdL dinamico.
1.2 L’Oscillatore Semplice (Single Degree of Freedom System – SDOF)
I sistemi che presentano un unico grado di libertà vengono detti
Oscillatori Semplici (SDOF – Single Degree Of Freedom system). Dal pun-
to di vista dinamico è sufficiente definire quali siano gli effetti degli spo-
stamenti della massa (gli effetti delle forze d’inerzia della struttura). Se
consideriamo il telaio riportato in figura, dal punto di vista statico, questo
sistema avrà 6 GdL. Infatti sappiamo che nel piano ogni nodo ha 3 GdL,
6
cioè può avere una traslazione u orizzontale, una traslazione v verticale e
una rotazione. Quindi se consideriamo i GdL del telaio non vincolato
avrò per ogni nodo 3 gradi di libertà (12 GdL nella struttura in assenza di
vincoli). Nel momento in cui si va a vincolare la struttura con incastri in A
e D, rimangono solo i GdL nel nodo B e C. Quindi la struttura in campo
statico avrà 6 GdL. Se consideriamo inoltre anche che le aste abbiano infi-
nita rigidezza assiale (non possono né allungarsi, né accorciarsi), si ag-
giungono delle condizioni di vincolo interno, ossia:
Figura 1 – Telaio ABCD
Colonna AB: se la colonna AB non si può allungare né accorciare
vuol dire che la colonna può traslare rigidamente, cioè lo sposta-
mento verticale del nodo A deve essere uguale allo spostamento
verticale del nodo B: vA=vB però a causa della presenza
dell’incastro vA=0 → vB=0;
Colonna CD: parimenti della colonna AB: vD=vC→vC=0;
Traverso BC: lo spostamento orizzontale del nodo B è uguale allo
spostamento orizzontale del nodo C, quindi gli spostamenti non
sono indipendenti tra loro ma lo spostamento orizzontale è unico e
lo si indica con δ: uB=uC=δ.
E’ evidente che a questo punto il sistema si riduce a 3 gradi di libertà.
Se si assume inoltre che la trave (in questo caso si ha un unico traverso)
sia anche infinitamente rigida flessionalmente, cioè non solo non può al-
lungarsi o accorciarsi ma non può nemmeno inflettersi e può dunque ruo-
tare rigidamente (facendo riferimento al telaio Shear-type, quando si in-