azionisti), pur detenendo una percentuale minoritaria dei cash-flow
rights, è tuttavia in grado di esercitare nelle assemblee degli azionisti la
maggioranza dei diritti di voto (o comunque una percentuale
sufficientemente ampia da risultare maggioritaria, rispetto al complesso
degli altri azionisti votanti in assemblea), assicurandosi a cascata i board
rights e spesso anche i management rights.
La separazione tra queste due tipologie di diritti può realizzarsi con il
ricorso, spesso congiunto, a piramidi societarie, sistemi di proprietà
azionaria incrociata, emissione di azioni con diritto di voto limitato, patti
parasociali.
L’utilizzo di questi strumenti, consente all’azionista di controllo di
limitare il proprio investimento nell’equity delle società, di mantenerne il
controllo e di estrarre per intero i benefici privati del controllo (benefici
definiti “privati” in quanto non condivisi con gli altri azionisti), di tipo
monetario e non.
Questi “benefici privati” sono riconducibili, da un lato, alla possibilità
che l’azionista di controllo ponga in essere forme di arricchimento
opportunistico – se non di vera espropriazione delle risorse aziendali – a
discapito degli azionisti di minoranza e dei creditori; dall’altro, a
particolari ritorni di tipo non strettamente monetario, ma legati piuttosto
agli aspetti psicologici, politici e di immagine insiti nel controllo. Tali
benefici sono funzione dell’identità e delle caratteristiche del soggetto
che esercita il controllo, del settore di appartenenza e, in particolar modo,
del livello di protezione accordato agli investitori esterni dal sistema
legale vigente nel paese.
Sotto questo profilo l’Italia, secondo diversi indicatori, si caratterizza
per un basso livello qualitativo del sistema legale. Questo contribuisce a
spiegare perché il nostro sia uno dei paesi in cui i benefici privati del
4
controllo risultano più alti, ma anche perché gli assetti proprietari delle
società quotate presenti sul listino siano particolarmente concentrati e
tendenzialmente lontani dal modello della public company. Inoltre, la
mancata introduzione negli anni di misure (in particolare di natura
fiscale) volte a combattere, o quantomeno ad attenuare la diffusione delle
piramidi azionarie, non ha fatto che favorire tale fenomeno.
L’Italia ha dunque conosciuto l’uso estensivo di ciascuno di questi
strumenti di separazione tra proprietà e controllo. Oggi, anche sotto la
pressione di un mercato finanziario globalizzato sempre meno
compiacente e passivo, la divaricazione tra proprietà e controllo si va
progressivamente ricomponendo: le eccezioni tuttavia permangono e,
strumenti come la struttura piramidale e - in particolar modo - i patti di
sindacato, caratterizzano tuttora l’assetto di molte delle società italiane
quotate.
Il lavoro si compone di 5 capitoli, di seguito brevemente descritti.
Il primo capitolo intende definire il gruppo aziendale e descrivere,
brevemente, le principali classificazioni utilizzate per distinguere le
diverse tipologie di gruppi. Successivamente si analizzano le motivazioni
sottostanti la costituzione dei gruppi di imprese, soffermandosi in
particolar modo sulla separazione tra proprietà e controllo e gli strumenti
con cui questa può realizzarsi. Infine, vengono svolte alcune
considerazioni per quanto concerne le caratteristiche della governance
nei gruppi aziendali.
Il secondo capitolo è teso a sviluppare le problematiche relative il
conflitto di interesse nei gruppi a proprietà concentrata, con particolare
riferimento ai benefici privati di cui possono godere gli azionisti di
controllo ed alla tutela dei soci minoranza.
5
Con il terzo capitolo si vuole analizzare una delle tecniche a cui più
frequentemente si ricorre al fine di separare proprietà e controllo, ossia la
creazione di gruppi piramidali. Si procede esaminando il meccanismo
della leva azionaria combinata con quella finanziaria, con l’intento di
mostrare il funzionamento di tale strumento e le conseguenze che esso ha
in termini di moltiplicazione del capitale controllato, ma anche del
rischio. Si svolge inoltre un’analisi riguardante le modalità attraverso cui
il soggetto economico controllante può espropriare le minoranze
all’interno del gruppo. Infine, si procede esponendo quelle che sono le
operazioni di carattere straordinario che spesso si realizzano nel gruppo
piramidale. Si focalizza, dunque, l’attenzione sull’instabilità di tale
tipologia di gruppo, legata ad alcune intrinseche caratteristiche che ne
accentuano gli effetti derivanti dalle dinamiche di mercato.
Con il quarto capitolo si analizzano i patti parasociali, strumento
largamente utilizzato in Italia, che permette a gruppi di grandi azionisti
di gestire congiuntamente le società e di non perderne il controllo. Si
prendono in questione le principali tipologie di patto parasociale e si
illustra la disciplina introdotta nel 1998 per le società quotate in borsa,
oltre a quella introdotta nel 2003 con la riforma del diritto societario per
le società non quotate.
Nel quinto capitolo, infine, saranno esposti i risultati di una ricerca
empirica condotta su un campione costituito dalle società quotate
componenti l’indice S&P/MIB. L’obiettivo della ricerca è verificare se
imprese caratterizzate dalla separazione della proprietà dal controllo
mediante il ricorso a meccanismi quali il gruppo piramidale ed i patti
parasociali, siano penalizzate dal mercato ma, allo stesso tempo, in grado
di garantire una redditività più elevata.
6
CAPITOLO I
I GRUPPI AZIENDALI COME STRUMENTO DI
SEPARAZIONE TRA PROPRIETA’ E CONTROLLO
1.1 L’identificazione dei “gruppi”: la questione definitoria
Un gruppo aziendale può essere definito come un complesso
economico costituito da più aziende, aventi in prevalenza la forma
giuridica di società per azioni
1
, le quali, pur mantenendo inalterata la
loro autonomia giuridica, vengono controllate da un medesimo soggetto
economico che coordina le attività di ognuna secondo un indirizzo
unitario
2
.
Tale definizione richiama due caratteri distintivi:
la pluralità di soggetti giuridici;
l’unicità del soggetto economico che esercita il controllo.
Il primo carattere pone l’enfasi su aspetti meramente giuridici, quali
l’autonomia contrattuale e la responsabilità per le obbligazioni assunte
dalle singole unità, evidenziando l’elemento formale indispensabile per
1
«Gli autori che ritengono che solo le società per azioni o, al limite a responsabilità limitata possano
dare luogo ad un gruppo aziendale sono soliti considerare la struttura a gruppo come espressione
tipica della grande impresa. In realtà, i gruppi di imprese pur essendo più frequentemente diffusi tra le
aziende di grandi dimensioni, sono presenti anche tra le imprese minori». A. ZATTONI, Economia e
governo dei gruppi aziendali, Egea, Milano, 2000, pag 24.
2
P.E. CASSANDRO, I gruppi aziendali, Bari, Cacucci, 1982.
7
la nascita di un gruppo aziendale. In tal modo se le varie unità non
avessero ciascuna una propria personalità giuridica verrebbero meno le
condizioni per poter identificare un gruppo aziendale, bensì sarebbe
corretto parlare di azienda con struttura multidivisionale, oppure di
azienda a sezioni divise
3
. Si ritiene cioè che nonostante le numerose
analogie che possano sussistere sul piano organizzativo e gestionale fra
la grande impresa e il gruppo di imprese
4
, la separazione giuridica fra le
varie aziende che compongono il gruppo non sia solo un elemento
formale, ma anche sostanziale e foriero di rilevanti implicazioni di
carattere economico tali da differenziare le due fattispecie
5
.
La definizione del secondo carattere si presenta sicuramente più
problematica. Il riferimento all’unicità del soggetto economico che
esercita il controllo è stato elemento di dibattito fra gli studiosi di
economia aziendale. Secondo alcuni il controllo delle società che
3
«...le aziende del gruppo conservano, nei confronti del mondo esterno, la loro autonomia giuridica.
Si tratta di una caratteristica essenziale che, anche a parità di altre condizioni, differenzia il gruppo
dalle aziende divise». S. TERZANI Il bilancio consolidato, Cedam, Padova, 1992, pag. 7.
4
«Questo tipo di scelte – sulla struttura societaria da adottare – sono dettate da diverse
considerazioni: in teoria dovrebbero partire da riflessioni sul disegno strategico e da valutazioni di tipo
organizzativo, per aggiungerci poi altre considerazioni. Più spesso, sono invece originate e
determinate da considerazioni di tipo finanziario e fiscale, oppure sono decise sulla base predominante
o esclusiva delle valutazioni degli esperti di diritto societario e fiscale». C. DEMATTÈ, Impresa
multidivisionale o gruppo: una scelta non solo organizzativa, Economia & Management, n. 2, 1996,
pag. 5.
5
Si possono evidenziare, ad esempio, le differenze tra le due fattispecie in termini di governance e
di bilancio.
In primo luogo, la costituzione di più società permette al soggetto controllante di limitare le proprie
responsabilità patrimoniali (trasferendole, di fatto, su terzi), e di coinvolgere un numero maggiore di
soggetti in qualità di azionisti.
L’autonomia giuridica delle imprese facenti parte del gruppo accresce l’autonomia e la
responsabilità del management, offrendo la possibilità di dar luogo ad una struttura di incentivi
difficilmente riproducibile a livello di impresa multidivisionale. Inoltre il gruppo rappresenta la forma
organizzativa più adatta quando si vuole offrire al management la possibilità di partecipare alla
proprietà dell’impresa.
A vantaggio dell’impresa multidivisionale vi è sicuramente una maggiore semplicità organizzativa e
un minor rischio di duplicazione di alcune figure e funzioni.
Dal punto di vista contabile, nel caso del gruppo, la presenza di più società autonome permette,
probabilmente, di evidenziare in modo migliore il risultato conseguito per ciascun tipo di attività.
Inoltre, cosi come l’impresa multidivisionale redige un unico bilancio che racchiude tutte le attività
svolte, la capogruppo è obbligata a redigere un bilancio consolidato rappresentativo del risultato del
gruppo nel suo complesso e caratterizzato dall’eliminazione delle operazioni intercompany.
8
compongono il gruppo deve avvenire mediante il possesso di
partecipazioni di maggioranza al capitale di rischio delle stesse; secondo
altri il controllo o l’influenza dominante nei confronti delle aziende del
gruppo può essere esercitata mediante l’utilizzo di strumenti diversi.
Si tratta, quindi, per affrontare il tema del controllo, di risolvere tre
problematiche rilevanti e tra di loro connesse:
1. ammettendo che il controllo si eserciti esclusivamente tramite il
possesso di quote azionarie, si deve stabilire una soglia superata la quale
l’azionista detiene il controllo dell’impresa;
2. si deve stabilire se gli aggregati aziendali il cui controllo delle
aziende è ottenuto tramite strumenti diversi dal possesso di quote
azionarie appartengano alla categoria dei gruppi di imprese;
3. indipendentemente dallo strumento utilizzato per conseguire una
posizione di controllo, si deve stabilire se questa condizione di controllo
potenziale sia sufficiente a configurare l’esistenza di un gruppo aziendale
o se invece sia necessario che questo controllo potenziale si concreti in
una direzione unitaria di gruppo.
Nel caso in cui si facesse riferimento al controllo azionario, questo va
inteso come la possibilità di condizionare il funzionamento e le decisioni
prese dalle assemblee (ordinaria e straordinaria) degli azionisti e di
conseguenza esso implica anche la facoltà di nominare la maggioranza
dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale
di tale società. Dal punto di vista patrimoniale e reddituale, controllare
un’impresa significa invece avere il diritto di ricevere il rendimento
residuale, cioè la differenza tra ricavi e costi, realizzato da tale impresa
9
in un determinato periodo e di avere la possibilità di alienare la
partecipazione al capitale di rischio a terzi
6
.
Per definire la quota minima di azioni che si devono possedere se si
vuole controllare un’impresa, si devono considerare differenti variabili
come la normativa in vigore riguardante i quorum per le deliberazioni
delle assemblee sociali, la possibilità che la società emetta azioni prive
del diritto di voto, la probabilità che molti azionisti non si presentino in
assemblea ad esercitare il loro diritto di voto, l’utilizzo di sindacati di
voto che vincolino gli azionisti aderenti ad un indirizzo di voto comune
in assemblea.
Il possesso di partecipazioni azionarie costituisce il modo principale
attraverso cui determinare le decisioni più importanti che riguardano
l’azienda, tuttavia il controllo, come già anticipato, può essere esercitato
anche tramite altri strumenti. In particolare, alcuni rapporti che si
instaurano tra due imprese possono assicurare ad uno dei contraenti la
possibilità di esercitare un’influenza dominante sull’altro. Tale forma di
controllo, prevista anche dal codice civile, viene definita di tipo
“esterno”, perché la società controllante è in grado di imporre un
determinato comportamento all’assemblea ed agli amministratori della
controllata agendo dall’esterno e non tramite propri rappresentanti negli
organi sociali
7
.
Ciò che è rilevante, per l’individuazione della fattispecie del controllo
contrattuale, non è il tipo di rapporto contrattuale che si instaura tra le
due imprese, quanto piuttosto stabilire se tale rapporto, comunque sia
6
A. ZATTONI, Economia e governo dei gruppi aziendali, op. cit., pag.26.
7
Il controllo contrattuale fa parte delle forme di controllo “di fatto”, al pari del possesso di una
quantità di azioni inferiore alla maggioranza assoluta del capitale di rischio, ma tale da consentire ad
una società di esercitare un’influenza dominante su di un’altra (art. 2359 c.c.). Tali forme di controllo
devono essere distinte dal controllo “di diritto”, che è invece connesso al possesso della maggioranza
assoluta delle azioni di un’impresa (art. 2359 c.c.).
10
configurato, sia tale da portare uno dei due contraenti sotto l’influenza
determinante dell’altro
8
. In tal senso, anche certi rapporti di subfornitura
in cui una piccola impresa produce un bene esclusivamente per una
grande azienda cliente possono far cadere la prima sotto l’influenza della
seconda
9
, creando una situazione molto simile a quella che si riscontra
nei rapporti di gruppo.
Per giungere alla definizione di gruppo, si deve quindi stabilire se la
partecipazione azionaria sia da considerarsi un semplice strumento per
conseguire una posizione di controllo su un'altra azienda, o se invece tale
caratteristica sia inscindibilmente legata alla definizione di gruppo. Nel
primo caso, è sufficiente che un’impresa controlli un’altra perché si
possa parlare di gruppo di imprese, nel secondo occorre invece
inevitabilmente che tale controllo sia ottenuto tramite partecipazioni al
capitale di rischio.
Gli studiosi che hanno affrontato l’argomento in larga parte hanno
privilegiato la seconda impostazione, preferendo una definizione di
gruppo in cui il controllo è esercitato per mezzo del possesso di un
determinato quantitativo di azioni
10
. In questo modo si è inteso attribuire
8
Al riguardo si può notare che: «Three factors are critical in determining the dependence of one
organization on another. First, there is the importance of the resource, the extent to which the
organization requires it for continued operation and survival. The second is, the extent to which the
interest group has discretion over the resource allocation and use. And, third, the extent to which the
there are few alternatives, or the extent of control over the resource by the interest group, is an
important factor determining the dependence of the organization». J. PFEFFER, G. SALANICK, The
external control of organizations – A resource dependence perspective, Harper and Row, New York,
1978, pag. 45-46.
9
«Ricondurre – sic et simpliciter – ogni sub-fornitura nell’ambito dei rapporti che intercorrono fra
società controllante e società controllata, non è corretto. A questo riguardo occorre pertanto introdurre
una distinzione che consideriamo essenziale: nei rapporti di sub-fornitura una cosa è l’influenza
esercitata dal potere economico o di mercato dell’azienda cliente (specie se di grande dimensione),
un’altra è il controllo, ovvero la riduzione a “società controllata”, del subfornitore». S. VACCA, Le
partecipazioni azionarie e i rapporti contrattuali nella formazione dei gruppi aziendali, Il Risparmio,
Luglio, 1960, pag. 25.
10
«Al pari della pluralità dei soggetti giuridici, la comunanza di quello economico è un elemento
qualificante del gruppo. Questa condizione è inscindibilmente connessa con il legame a sfondo
patrimoniale che unisce le unità appartenenti allo schema aggregativo. Tale legame deve consistere in
una partecipazione di controllo, modalità con cui il soggetto economico afferma le proprie prerogative
11
rilevanza allo strumento giuridico utilizzato per conseguire il controllo,
anche se questa decisione porta a discriminare situazioni simili dal punto
di vista economico, ma differenti sotto il profilo giuridico. Pur senza
negare la rilevanza degli aspetti giuridici altri studiosi sostengono che le
conseguenze in termini di condizionamento economico derivanti da una
posizione di controllo su di un’impresa sono sostanzialmente
indipendenti dalla modalità attraverso cui tale posizione di controllo è
stata conseguita
11
. Secondo tali autori non è rilevante il tipo di strumento
utilizzato per realizzare la posizione di controllo, quanto piuttosto
rilevare se le due aziende siano governate e rette da un unitario soggetto
economico
12
.
In merito alla terza problematica precedentemente indicata, ossia
quella inerente la direzione unitaria, è prevalentemente condivisa
l’opinione secondo cui non è sufficiente rilevare una posizione di
controllo per determinare l’esistenza di un gruppo aziendale, ma occorre
che le aziende appartenenti al gruppo agiscano in modo complementare
ed interdipendente, così da configurare un unico complesso economico
sottoposto alla medesima direzione unitaria. In altre parole, solo se il
su tutte le aziende raggruppate. In mancanza, non esiste aggregazione aziendale o pur esistendo essa
non si qualifica come gruppo. In altri termini, o le aziende sono collegate, ma su basi diverse dalla
partecipazione patrimoniale di controllo ed allora siamo di fronte ad una aggregazione che però non è
il gruppo oppure le diverse unità sono del tutto indipendenti tra di loro, salvo le normali relazioni
interaziendali che scaturiscono dalla convivenza in un comune contesto economico». B. PASSAPONTI,
I gruppi e le altre aggregazioni aziendali, Giuffrè, Milano, 1994, pag. 104
11
«A questo proposito occorre innanzitutto osservare che il possesso di partecipazioni azionarie
costituisce un “modo” frequente per attuare detto “controllo”; non si può però affermare che sia
“l’unico modo”, perché si finirebbe per attribuire alla “partecipazione azionaria”, che ha il significato
di semplice strumento, un valore essenziale nella definizione del concetto economico di gruppo». S.
VACCA, Le partecipazioni azionarie e i rapporti contrattuali nella formazione dei gruppi aziendali op.
cit.
12
«Se accettiamo dunque una definizione di controllo che faccia perno sui concetti di guida e
coordinamento, la delimitazione dei confini del gruppo è data dall’area entro cui si esercita, da parte
del vertice sulle unità appartenenti al gruppo, una qualche forma di coordinamento gestionale e
amministrativo sufficiente a garantire unitarietà di direzione al complesso aziendale…Vi è da notare
però che l’adozione di una siffatta definizione di gruppo aziendale, definizione che fa perno
sull’ampio concetto di unitarietà di conduzione, piuttosto che sul solo controllo azionario, pone
peraltro notevoli problemi pratici alla delimitazione dei confini di gruppo». S. BERRETTA, Il controllo
dei gruppi aziendali, Egea, 1990, pag. 7.
12
diritto a governare le aziende, derivante dalla posizione di controllo
potenziale, viene effettivamente esercitato l’aggregato aziendale
costituisce un gruppo.
Affinché tale situazione di controllo possa concretizzarsi occorre che
la persona (giuridica o fisica) che controlla il gruppo: condizioni con i
propri voti le decisioni prese dalle assemblee degli azionisti delle aziende
controllate, nomini i propri rappresentanti nei consigli di
amministrazione di tali aziende, elabori delle direttive gestionali a cui
tutte le imprese del gruppo devono attenersi, verifichi la coerenza tra le
decisioni assunte dalle aziende controllate e le direttive ad esse impartite.
Tale concezione di gruppo aziendale ha rilevanti conseguenze sul
modo di concepire l’autonomia economica delle singole imprese
controllate. In particolare, se le imprese sono soggette alla medesima
direzione unitaria, secondo alcuni autori può venire meno la loro
autonomia economica e, l’attività ed i risultati conseguiti perdono di
significato, per riacquistarlo solo a livello di gruppo nel suo complesso
13
.
Viceversa gli autori che non concordano con tale impostazione
sostengono che le aziende che appartengono al gruppo non perdono la
loro autonomia economica, ma la vedono soltanto limitata dalla
comunanza del soggetto economico
14
.
Si potrebbe però affermare che non esiste una vera e propria
contrapposizione tra queste due impostazioni, le quali possono essere
13
L’equilibrio reddituale di un’azienda facente parte di un gruppo può fare riferimento, oltre che alla
singola azienda, al gruppo nel suo complesso. In questa seconda accezione si possono evidenziare due
differenti significati. «Il primo è quello per cui l’azienda si dice “economica in funzione del gruppo”
poiché solo entro il gruppo essa riesce ad essere autosufficiente; se essa operasse indipendentemente
avrebbe problemi di sopravvivenza…Nel secondo significato, l’azienda si dice “economica in
funzione di gruppo” quando, pur non conseguendo l‘equilibrio reddituale, viene mantenuta in vita
perché offre opportunità o vantaggi alla altre aziende del gruppo senza che questi si manifestino in
componenti positivi di reddito per l’azienda che li fornisce». G. AIROLDI, G. BRUNETTI, V. CODA,
Economia aziendale, Bologna, Il Mulino, 1994, pag. 183.
14
P.E. CASSANDRO, I gruppi aziendali, op.cit., pag. 53-58.
13
considerate compatibili tra loro. Piuttosto esse sono rappresentative di
differenti tipi di gruppi, caratterizzati da un diverso grado di
complementarietà delle combinazioni economiche e, quindi, da un
maggiore o minore autonomia decisionale delle singole aziende
15
.
Alle difficoltà nel definire il gruppo di imprese contribuisce anche la
scarsa regolamentazione nell’ordinamento giuridico italiano,
caratterizzato dalla mancanza di una disciplina organica nonostante il
forte legame che esiste tra il fenomeno dei gruppi e la struttura
economica del nostro paese
16
.
Già il Codice Civile del 1942 non conteneva nessun riferimento
esplicito ai gruppi, i quali trovavano riconoscimento solo all’interno di
specifiche problematiche, come, ad esempio, l’amministrazione
straordinaria o la crisi dei gruppi bancari. I rapporti partecipativi, inoltre,
avevano rilevanza solo in relazione alle vicende delle singole imprese. In
quegli anni, come del resto affermava lo stesso legislatore, i gruppi
costituivano l’espressione di un fenomeno economico non riconducibile
sul piano giuridico a unità
17
.
Con la riforma del 1974
18
, vengono successivamente previsti alcuni
obblighi comunicativi che, seppur fondamentali nell’informativa di
bilancio, sono però ancora ben lontani dal disegnare un’organica
disciplina dei gruppi. Anzitutto, viene modificato l’art. 2359 c.c.
introducendo la nozione di società “controllata” e “collegata”. Viene poi
sancito l’obbligo di esporre in bilancio i rapporti di credito/debito tra
controllanti, controllate e collegate, nonché disposto di allegare ai bilanci
15
A. ZATTONI, Economia e governo dei gruppi aziendali, op. cit., pag. 35.
16
La mancanza di una disciplina giuridica dei gruppi di imprese caratterizza numerosi paesi. Di
fatto, ad oggi, solo la Germania, il Brasile, il Portogallo, la Croazia e la Slovenia hanno disciplinato
organicamente ed in via diretta la fattispecie in oggetto.
17
F. BARCA, P. CASAVOLA, M. PERASSI, Controllo e gruppo: natura economica e tutela giuridica,
Temi di discussione, Banca d’Italia, 1993.
18
Legge 216 del 1974.
14