5
Introduzione
Il dibattito relativo all’espressione corporate governance è radicato nel contesto
anglosassone, nel quale, dal 1985, si alludeva al problema della configurazione e
del funzionamento dei consigli di amministrazione (Board of directors) delle
grandi imprese quotate in borsa e, in particolare, delle imprese basate sulla
scissione tra proprietà e management. In seguito, l’espressione in questione
assume un significato più ampio, includendo le questioni relative agli assetti
proprietari non più solo di imprese quotate in borsa, e a prescindere
dall’esistenza di azionisti di controllo.
Il presente lavoro è condotto secondo una prospettiva di analisi di tipo
soggettivo, ovvero in base all’esame degli interessi e dei soggetti che svolgono
ruoli di rilievo nella struttura organizzativa delle grandi imprese.
Rispetto a tali soggetti, l’analisi dei comportamenti sarà interpretata ricorrendo
spesso al quadro interpretativo fornito dalla teoria dell’agenzia. In particolare, in
base a tale approccio, le problematiche relative alla corporate governance si
riferiscono al rapporto di agenzia tra categorie di stakeholders – nel ruolo del
principal - e l’impresa – nel ruolo dell’agente. In quest’ottica, da un lato gli
stakeholders delegano all’impresa il raggiungimento degli obiettivi che si sono
prefissati, dall’altro l’impresa si impegna a perseguire tali interessi in virtù di
accordi formali o informali. Nell’ambito di tale relazione si inseriscono i
sistemi di corporate governance, costituiti da istituzioni, regole e meccanismi
che assicurino il perseguimento degli interessi degli stakeholders, tutelandoli dal
rischio di comportamenti opportunistici della controparte di questo rapporto
basato su un’asimmetria informativa.
La scelta di tale approccio nell’analisi del fenomeno non implica che tutti i
soggetti coinvolti nel sistema di governo dell’impresa siano ritenuti soggetti
opportunisti, tendenti a perseguire il proprio interesse diretto, agendo in maniera
6
eventualmente sleale. Innegabilmente, nelle realtà aziendali vi sono soggetti che
svolgono ruoli cruciali e che si comportano secondo condotte eticamente
corrette, rispettando il rapporto fiduciario con i soggetti “più deboli” portatori di
interessi.
La teoria dell’agenzia consente di esaminare e porre in luce le situazioni più
complesse che possono configurarsi in un’impresa, e rispetto alle quali i
meccanismi della corporate governance assumono un ruolo fondamentale,
potendovi porre rimedio. Uno degli aspetti più rilevanti del corporate
governance consiste nella tutela degli azionisti privi di potere di gestione
(outsider), condizione imprescindibile per un mercato azionario efficiente e in
grado di affrontare la concorrenza internazionale e attrarre capitali in cerca di
impiego, soprattutto nell’attuale contesto di globalizzazione finanziaria. Un
ulteriore elemento, fondamentale nelle realtà aziendali complesse, è
rappresentato dalla qualità dei controlli interni; ciò è avvalorato dal nuovo
assetto normativo del nostro ordinamento, in cui il controllo è divenuto una
parte essenziale dell’amministrazione dell’azienda in seguito a un insieme di
riforme operate dal legislatore nazionale, che ha introdotto, in particolare, la
Legge Draghi, Il Codice di Autodisciplina delle società quotate, il D.lgs
n.231/2001 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone
giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità
giuridica”, la Riforma del diritto societario (D.lgs. n.6/2003). I miglioramenti
nei sistemi di governo societario sono determinati da fenomeni finanziari e di
direzione della società, ragion per cui, per le imprese che instaurano rapporti di
fiducia con i propri stakeholders, è importante adottare modelli di gestione che
assicurino condotte trasparenti e corrette.
Ciò, da un lato si inserisce in un contesto in cui vari attori, quali società
avanzate, investitori, consumatori, media e Governi, richiedono standard sempre
più alti di performance dell’impresa, puntando su elementi di qualità, immagine
7
e affidabilità e reputazione dell’impresa stessa. Dall’altro lato, ciò determina la
definizione di garanzie relative all’efficienza e al monitoraggio dell’azienda da
parte dei consigli di amministrazione.
Va sottolineato, peraltro, che nel quadro attuale la corporate governance non va
riferita solo ai meccanismi di tutela delle minoranze azionarie, ma anche
all’instaurarsi di un ambiente decisionale tale consentire l’elaborazione di
strategie aziendali ottimali. La presente tesi si propone di tracciare una
panoramica delle componenti principali che caratterizzano la corporate
governance delle grandi imprese.
In particolare, il primo capitolo fa riferimento ai sistemi di governo delle grandi
imprese, oggetto di specifica analisi, si sottolinea che sono caratterizzati dalla
separazione fra proprietà dell’azienda e controllo sulla gestione. Ciò comporta
che l’agente, il quale gestisce l’impresa, non coincide, totalmente o in parte, con
il principale, ovvero il proprietario del capitale di rischio. Il pericolo insito in
questi modelli consiste nel fatto che il possibile trasferimento etico dei
responsabili delle gestione – vale a dire i soggetti interni all’azienda (insider) –
degeneri in espropriazioni di valore a danno degli stakeholders, nonché degli
stessi azionisti (outsider). In tale analisi, l’assetto proprietario aziendale assume
un ruolo centrale; pertanto, il primo capitolo è dedicato all’esame delle variabili
connesse alla figura del proprietario (il principale).
Per quanto attiene la situazione italiana, vi si rileva una distanza dei meccanismi
del market for corporate control; tuttavia, la Riforma del diritto societario ha
recentemente rafforzato l’assetto societario per il quale il controllo
sull’amministrazione viene esercitato su base “interna - relazionale”.
Nel nuovo assetto normativo della Riforma, le società per azioni possono
dunque optare tra diverse modalità di controllo: si allude, in particolare, al
sistema dualistico di matrice tedesca, e a quello monistico, di ispirazione
anglosassone. La tesi sottolinea anche il ruolo fondamentale assunto dalle
8
raccomandazioni adottate nella prassi: ci si riferisce, in particolare, al comitato
presieduto dall’allora Presidente della Borsa Italiana Stefano Preda nel 1999 e al
Codice di Autodisciplina delle società quotate, ampiamente in uso nel contesto
italiano. Quel che emerge nel passaggio dal primo al secondo capitolo è il ruolo
del sistema di governo economico, vero e proprio strumento di bilanciamento tra
gli interessi dei vari stakeholder dell’impresa. In tal senso, appare idoneo ad
equilibrare le aspettative, il principio dell’accountability, senza il quale la
trasparenza dell’informazione verrebbe vanificato. Pertanto, il secondo capitolo
è incentrato sulla funzione esercitata dal consiglio di amministrazione nel
governo economico: ai sensi dell’art. 2380-bis c.c., ad esso l’assemblea degli
azionisti attribuisce la gestione dell’impresa e il diritto di compiere tutte le
operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Ciò implica che al
fine di adempiere a tutti i suoi compiti, tale organo deve occuparsi di un vasto
insieme di attività, riconducibili a funzioni strategiche, di controllo e di gestione
aziendale. Nel medesimo capitolo sono esaminate le caratteristiche che il
consiglio deve possedere per essere efficace, prima fra tutte la prevalenza di
consiglieri esterni, la maggioranza dei quali indipendenti.
I consiglieri esterni si distinguono in esecutivi e non esecutivi. I primi hanno un
ruolo attivo nel governo della società, nel senso che oltre a presenziare nel
consiglio di amministrazione ricoprono anche incarichi direttivi e manageriali; i
secondi invece non svolgono ulteriori funzioni direttive nella società, sebbene
siano membri del consiglio. A tale proposito, viene posto in luce come, in base a
studi empirici svolti, vi sia un nesso tra la presenza di consiglieri esterni e
performance aziendale, che risulta ottimizzata proprio in ragione della loro
esistenza, determinandosi risultati migliori. Tuttavia, risulta utile sottolineare
come non sia possibile individuare un modello univoco a cui le imprese devono
attenersi ai fini di una buona performance, considerando che quest’ultima risulta
influenzata da numerose variabili.
9
Infine, nel terzo capitolo viene esaminato il ruolo degli amministratori
indipendenti nella governance, i quali si caratterizzano per essere non esecutivi,
nonché indipendenti dal soggetto economico, avendo la funzione di consentire
al Consiglio di esprimere e fornire soluzioni ai problemi aziendali, ottimizzando
in tal modo lo shareholder value. Sono, inoltre, esaminate le funzioni degli
amministratori nell’ambito del controllo interno, nonché i requisiti
comportamentali richiesti ai membri del consiglio al fine di non incorrere in
responsabilità. Vi si rileva come, nell’attuale quadro normativo, la loro
responsabilità attenga sia alla violazione dei doveri specifici posti a loro carico
della legge o dello statuto, sia dal mancato rispetto di due doveri generali. Si
tratta in particolare del dovere della diligenza, noto negli Stati Uniti come
Dutyof Care, nozione che indica la diligenza professionale, e del Duty of
Loyalty, inteso come dovere di operare nell’esclusivo interesse della società.
A tale proposito, da un lato, facendo riferimento alla natura dell’incarico,
vengono distinte dal legislatore le ipotesi di amministratore con o senza delega;
dall’altro lato, facendo riferimento alle competenze specifiche degli
amministratori, il legislatore modula la responsabilità in base alle cognizioni
tecniche di ogni amministratore.
10
Capitolo Primo
La Corporate Governance delle società quotate
1.1.La Corporate Governance
Quando si analizza la corporate governance nell’ambito delle società quotate
1
si
può analizzarla sotto un duplice aspetto. In senso stretto, ci si riferisce al sistema
delle istituzioni e delle regole, sia formali che informali, che governano il
funzionamento dell’impresa in modo efficace ed efficiente verso i soggetti
interessati alla vita d’azienda. In senso più ampio si definisce la corporate
governance come un insieme di attributi e requisiti che si creano nella
dinamicità del sistema economico in cui le imprese esercitano la propria attività
(M.J. Roe
2
).
Il tema della corporate governance ha richiamato l’attenzione della letteratura
giuridica ed economica suscitando l’interesse di economisti, aziendalisti e
giuristi senza tralasciare gli importanti contributi derivanti dalla storia
3
, dalla
scienza politica e dalla sociologia. Nell’ambito delle teorie pubbliche, la
corporate governance è inoltre caratterizzata da una serie di divergenze che
riguardano in generale le scelte di politica economica. Vale a dire che essa non è
in grado di elaborare regole che siano allo stesso tempo efficaci sul piano
strategico, efficienti sul profilo economico, applicabili sul piano pratico e dotate
di una flessibilità tale da soddisfare i bisogni di tutte le parti in causa. Non vi è
dubbio che esista un modello unico normativamente valido, trasparente ed
1
Governo dell’impresa societaria, ovvero delle società che fanno ricorso al risparmio diffuso.
2
Roe M.J., Managerforti azionisti deboli. Economia, finanza e scelte politiche alle radici
della corporate governance, Milano, 1997.
3
V . infra p.5.
11
efficiente di corporate governance capace di adattarsi a tutte le società. Ogni
società formula il proprio modello tenendo conto di una serie di elementi come
il sistema di valori socio-culturali il contesto economico e le esigenze
organizzative che ne scaturiscono. In relazione al tipo di attività svolta e al tipo
di compagine sociale, in questa fase è essenziale assicurare il rispetto delle leggi,
dei regolamenti, delle raccomandazioni UE e dei codici di autodisciplina
conformandosi alle best practices
4
internazionali che incidono fortemente sul
comportamento delle società. Come rilevato in dottrina, tali fonti appena citate
sono in continuo evoluzione, in virtù delle dinamiche normative ed affaristiche,
il che determina il continuo diversificarsi anche della corporate governance(N.
Misani
5
).
Lo studio della corporate governance assume maggiore centralità durante gli
ultimi decenni del XX secolo ovvero da quando in virtù delle accresciute
dimensioni delle aziende imprenditori e amministratori d’azienda hanno
avvertito l’esigenza di conformarsi maggiormente alle disposizioni di leggi,
nonché di demandare l’operato della gestione a managers salariati con
competenze specifiche.
La corporate governance rappresenta in realtà una leva fondamentale per la
competitività delle aziende ed una chiave strategica per massimizzare
l’efficienza della gestione e per ottimizzare le performance aziendale a
vantaggio degli stakeholders (G. Airoldi
6
).
4
Atti di autoregolamentazione,la migliore procedura che presenta caratteristiche operative e i
migliori indicatori di qualità, che se pur non avendo forza di legge, ad esclusione che la
stessa lo dichiari, sono tuttavia idonee a incidere sul comportamento delle società nella misura
in cui vengono volontariamente adottate e dunque costituiscono nel tempo le migliori prassi
diffuse.
5
Misani N., Economia e gestione delle imprese, EGEA S.p.a., Milano, 2006.
6
Airoldi G., in Airoldi G., Forestieri G., (a cura di), Corporate governance, Analisi e
prospettive nel caso italiano, Etas Libri, Milano, 1998.
12
Allo stesso modo, dal modello di corporate governance dipende il livello di
accountability
7
delle aziende ovvero la responsabilità attribuita ai decision
makers per garantire l’efficacia del controllo.
Per concludere, performance e accountability costituiscono fattori chiave per
l’attrattività delle imprese per gli investitori. Gli investimenti, in particolare,
svolgono un ruolo cardine nella strategia d’impresa e consentono di stimolare la
crescita economica di un paese e con conseguente creazione di occupazione. Da
ciò scaturisce la necessità di assicurare all’impresa delle risorse finanziarie
adeguate, in termini di disponibilità, costo e qualità (G. Airoldi)
8
.
1.2.Evoluzione storica
All’inizio del XIX secolo gli imprenditori, gestivano i loro affari attraverso
forme giuridiche diverse che permettevano ai creditori di rivalersi sul patrimonio
dei soci e dei loro familiari in caso di insolvenza con nessuna garanzia della
responsabilità limitata per i debiti della società; per le obbligazioni della società
non vi era possibilità di avvalersi della responsabilità limitata influenzando di
gran lunga l’interesse degli investitori a partecipare al capitale di rischio delle
imprese (A. Zattoni
9
).
Nella metà del XIX secolo la situazione cambia e l’ordinamento giuridico
consente agli imprenditori di creare delle entità legali dotate di propria
personalità. Si trattava di società che potevano avere la titolarità di diritti e di
responsabilità legali che precedentemente erano attribuite solo alle persone
fisiche, distinte e indipendenti dalla figura degli azionisti che comunque
7
Principio di responsabilità applicato all’insieme delle politiche pubbliche, che obbliga chi le
attua ad essere trasparente, a fornire garanzie e a offrire un rendiconto sulle attività svolte.
8 Vedi supra nota n. 6
9
A. Zattoni, Corporate governance, in “Management 10”, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006.
13
possedevano le quote di capitali di rischio
10
. Ciò rappresenta la nascita delle
società dei capitali.
La loro introduzione rappresenta un innovazione giuridica di fondamentale
importanza nella storia economica, poiché garantiva agli azionisti la
responsabilità limitata sui debiti dell’impresa, permettevano agli imprenditori di
acquisire con maggiore facilità le risorse finanziarie necessarie per alimentare la
crescita e lo sviluppo dell’impresa. Inoltre, queste si caratterizzavano per
l’attribuzione agli azionisti di un insieme articolato di diritti quali: il diritto di
voto in alcuni importanti decisioni aziendali e il diritto a ricevere una quota del
rendimento residuale derivante dall’esercizio dell’attività economica aziendale.
Il modello delle società di capitali ottiene subito un largo consenso. Esso
permetteva sia agli imprenditori di aprire il capitale della società a soci esterni,
per alimentare progetti di crescita dell’impresa, sia a quelli che, pur volendo
mantenere il controllo assoluto del capitale, desideravano usufruire del beneficio
della responsabilità limitata dei debiti (M. Agliati
11
).
Agli inizi del XX c’è il vero dibattito sulla corporate governance e si inizia a
dissentire sulla criticità inerenti al governo delle imprese. In particolare, alcune
società statunitensi e britanniche decidono di quotare le loro azioni sul mercato
dei capitali. La quotazione dei titoli azionari genera due effetti rilevanti:
massimizza il numero degli azionisti che partecipano al capitale sociale,
dall’altro indebolisce o addirittura in alcuni casi annichilisce il rapporto tra
10
Si parla delle Società di capitali che sono in grado di acquistare la proprietà dei beni,
redigere contratti con terze parti, citare ed eventualmente essere citate in giudizio ed altre cose
ancora.
11
M. Agliati in Agliati M., Caglio A., L’evoluzione della Funzione Amministrativa, Egea,
Milano, 2001.