CAPITOLO 1
LE TENDENZE DELLA DOMANDA DI
CONSUMI “FUORI-CASA”
Introduzione
Nel corso degli ultimi decenni le economie dei paesi sviluppati hanno vissuto profondi
cambiamenti e il settore terziario (dei servizi) ha assunto via via un‟importanza sempre
maggiore. In questo settore rientra, oltre alla finanza, ai trasporti, al commercio e ai servizi
pubblici, anche la ristorazione. I dati di molti istituti e organizzazioni nazionali e
internazionali confermano come siano in atto interessanti mutamenti nelle voci di spesa delle
famiglie.
In Italia, in particolare, i consumi per alimentari e bevande, che per molti decenni hanno
rappresentato la principale voce di spesa (quasi un terzo nel 1970), oggi contano meno del 15
per cento. Allo stesso tempo è stato osservato un incremento dei consumi in pubblici esercizi,
ovvero di consumi alimentari effettuati fuori dalle mura domestiche. L‟incidenza dei consumi
extra-domestici sul totale dei consumi alimentari è più che raddoppiata negli ultimi anni e
conferma che sono in atto dei cambiamenti significativi negli stili di vita della popolazione.
L‟obiettivo di questo capitolo è di fornire informazioni rilevanti circa l‟evoluzione di un
preciso comparto del settore terziario, quello della ristorazione, focalizzando l‟attenzione sui
trend e sui driver che spingono la domanda di servizi ristorativi.
Il capitolo è articolato in due parti. Nella prima parte (paragrafo 1.1) inquadreremo il settore
della ristorazione superando i confini nazionali e presentando, per i principali paesi,
molteplici dati empirici.
Nella seconda parte (paragrafo 1.2) approfondiremo: la spesa italiana confrontandola anche
con quella di alcuni paesi europei al fine di individuare convergenze o divergenze (1.2.1); il
fenomeno del “casa – fuori casa” mostrando numerose elaborazioni; infine, i driver che
spingono questa tendenza (1.2.3) e i cambiamenti negli stili alimentari (1.2.4).
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
4
1.1 Inquadramento generale
Le attività produttive vengono convenzionalmente classificate in tre macrosettori: il settore
“primario” che comprende le attività agricole, il settore “secondario” che comprende le
attività economiche di tipo industriale e il settore “terziario” che comprende tutte le attività
residuali di natura differente ovvero tutto ciò che non è agricoltura e non è industria. Nel
corso dell'ultimo secolo, a seguito di una trasformazione rapida e intensa dell‟economia, il
terziario ha assunto una posizione dominante nella formazione della ricchezza degli Stati,
soprattutto all'interno dei paesi economicamente avanzati.
Il peso dei servizi nei sistemi economici moderni si ricava dall‟analisi dell‟evoluzione di due
indicatori: la quota di occupati nelle attività terziarie e il contributo di tali attività al valore
aggiunto
1
(Tabella 1.1). Con riferimento al primo indicatore basti pensare che negli Stati Uniti
gli occupati nei “servizi” di sesso maschile sono aumentati dal 55 per cento del 1980 al 68 per
cento del 2008 (per il sesso femminile dall‟80 per cento al 90) e che in Italia tale valore è
passato dal 45 per cento del 1980 a circa il 57 per cento nel 2008 (per il sesso femminile dal
56 all‟81 per cento). Con riferimento al secondo indicatore appare interessante rilevare che
nel ventennio 1980-2000 l‟incidenza del settore terziario sul GDP americano è cresciuta dal
64 al 75 per cento, mentre in Italia nello stesso periodo la crescita è stata di oltre 12 punti. Il
peso dei servizi è stato nel 2008 rispettivamente del 79 per cento negli Stati Uniti e 71 per
cento in Italia. La ricerca di Zeithaml e Bitner (si veda Fornari 2006, p. 6) ci dice che il
processo di progressiva “terziarizzazione” dell‟economia tende altresì ad assumere connotati
ancor più significativi se si considera che i servizi possono essere offerti anche da imprese di
matrice produttiva prevalentemente agricola e/o industriale.
I servizi considerati da World Bank e dall‟OECD
2
corrispondono alle divisioni ISIC
3
50-99 e
comprendono il valore aggiunto delle seguenti attività:
- commercio all'ingrosso e al dettaglio;
- alberghi e ristoranti;
1
Value added is the net output of a sector after adding up all outputs and subtracting intermediate inputs. It is
calculated without making deductions for depreciation of fabricated assets or depletion and degradation of
natural resources. Disponibile su: <http://data.worldbank.org/indicator/NV.SRV.TETC.ZS>
2
L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) o Organisation for Economic Co-
operation and Development - OECD in sede internazionale è un'organizzazione internazionale di studi
economici per i paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed
un'economia di mercato. L'organizzazione svolge prevalentemente un ruolo di assemblea consultativa che
consente un'occasione di confronto delle esperienze politiche, per la risoluzione dei problemi comuni,
l'identificazione di pratiche commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei paesi
membri.
3
L'ISIC, International Standard Industrial Classification of All Economic Activities, è una classificazione delle
attività economiche definita dalla Divisione Statistica delle Nazioni Unite.
Disponibile su: <http://unstats.un.org/unsd/cr/registry/regcst.asp?Cl=2>
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
5
- trasporti, stoccaggio e comunicazioni;
- intermediazione finanziaria;
- attività immobiliari, noleggio e attività commerciali;
- pubblica amministrazione e difesa, assicurazione sociale obbligatoria;
- istruzione;
- sanità e altri servizi sociali;
- altri servizi pubblici, servizi sociali e personali;
- famiglie private con dipendenti;
- organizzazioni extra-territoriali e organismi.
Tabella 1.1 Il peso dei servizi in alcuni paesi industrializzati
La scomposizione del valore aggiunto generato nel 2008 dal settore terziario dei paesi
precedentemente considerati, evidenzia il contributo di ciascuna attività alla creazione di
ricchezza (Figura 1.1). Le attività che contribuiscono maggiormente, con in media due quinti
della ricchezza totale prodotta, risultano essere quelle legate alla finanza e ai cosiddetti
“business services”. Poco meno di un terzo del valore è riconducibile ai servizi pubblici e
sociali legati alla comunità mentre il rimanente è generato dalle attività del commercio
(all‟ingrosso e al dettaglio), dagli alberghi e ristoranti, dai trasporti, stoccaggio e
comunicazioni. In particolare, per quanto riguarda le attività „wholesale and retail trade,
restaurants and hotels‟, i dati evidenziano come la percentuale vada dal 16 per cento della
Francia al 26 per cento del Spagna, con una media attorno al 20 per cento.
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
6
Figura 1.1 Scomposizione del valore aggiunto dei servizi per alcuni paesi avanzati, anno 2008
L‟evoluzione di queste attività
4
è ricavabile, come per il terziario, da due variabili: il numero
di occupati e il valore aggiunto generato (Tabella 1.2). La prima variabile denota, per il
periodo considerato (2008-1990), un progressivo trend di crescita a due cifre per tutti i paesi
che va da un +8 per cento del Regno Unito ad un +68 per cento della Spagna. I dati
evidenziano un altro fenomeno molto interessante: la crescita degli occupati nelle attività
„Hotels and Restaurants‟ è stata maggiore rispetto alla crescita complessiva delle attività
considerate nell‟elaborazione. L‟Italia nel periodo 2008 -2000 è stata, dopo la Spagna, il Paese
con la crescita maggiore del numero di occupati (+31 per cento circa). Gli occupati in Italia
sono passati dai circa 550.000 nel 1970 a oltre 1.200.000 nel 2008. Con riferimento alla
seconda variabile appare subito evidente l‟incremento del valore aggiunto generato, basti
pensare che per gli Stati Uniti si è passati da 174 miliardi di dollari nel 1970 a oltre 2.200
miliardi nel 2008 mentre per l‟Italia da 4 miliardi nel 1970 a oltre 210 nel 2008. Tutti i Paesi
hanno registrato, per il periodo 2008-2000, un incremento percentuale del valore aggiunto a
due cifre: dal +19 per cento dell‟Olanda al +66 per cento della Spagna.
4
In questa elaborazione abbiamo escluso le attività legate ai trasporti, allo stoccaggio e comunicazione.
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
7
Tabella 1.2 L‟evoluzione del Commercio (all‟ingrosso e al dettaglio), degli Hotels e Ristoranti
Per comprendere e meglio rappresentare l‟importanza nelle economie del settore alberghiero e
ristorativo, è utile porre a confronto il peso, espresso in percentuale, che queste attività hanno
sul totale servizi (Figura 1.2). Le due variabili considerate sono il valore aggiunto e il numero
di occupati. Appare interessante osservare come negli Stati Uniti circa un decimo della
popolazione attiva e occupata in tale settore produca poco meno del 4 per cento del valore
aggiunto complessivo mentre per la Spagna il 10 per cento degli occupati producono la
medesima percentuale di valore aggiunto. L‟Italia produce invece, con circa il 7 per cento di
occupati, poco più del 5 per cento del valore aggiunto totale. Per ultimo evidenziamo la
situazione del Giappone da cui emerge la percentuale maggiore di occupati in tali attività
(11,29 per cento) ma solo all'incirca un 5 per cento di valore aggiunto generato. In media nel
settore alberghiero e ristorativo è impegnata circa l‟8 per cento della popolazione occupata nel
terziario e genera valore aggiunto approssimativamente pari al 4 per cento. Solo la Spagna,
l‟Italia e il Giappone registrano una percentuale di valore aggiunto superiore alla media
mentre per il numero di occupati, Spagna, Stati Uniti, Giappone e Canada risultato avere una
percentuale maggiore.
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
8
Figura 1.2 Peso percentuale del settore alberghiero e ristorativo sul totale terziario (due
variabili, anno 2008)
A completamento di questa panoramica risulta significativo considerare l‟evoluzione
strutturale del numero di imprese operanti nelle attività “Hotels and Restaurants” (Tabella
1.3) e due semplici indicatori: il valore aggiunto per impresa e il valore aggiunto per occupato
(Tabella 1.4). Il settore alberghiero e ristorativo appare composto principalmente da micro
imprese e da imprese di piccole dimensioni
5
. Fatta eccezione per gli Stati Uniti in cui poco
meno di un quarto delle imprese ha almeno 20 occupati, per il resto dei Paesi considerati le
PMI nell‟anno 2000 hanno raggiunto percentuali ben al di sopra del 90 per cento e in alcuni
casi superiori al 98 per cento (Italia, Francia e Spagna). Nel periodo 2007-2000 il numero di
imprese è cresciuto sensibilmente in quasi tutti i paesi confermando la tendenza di sviluppo e
crescita di questo settore.
Nella Tabella 1.4 vengono riportati i due indicatori illustranti la ricchezza generata per
occupato e per impresa. Con riferimento al primo indicatore, i dati evidenziano per il periodo
2008-2000 una crescita del valore per occupato per tutti i paesi ad eccezione dell‟Italia che
5 La Commissione Europea con la raccomandazione del 6 maggio 2003 [notificata con il numero C(2003) 1422
– GUE L 124/36 dd.20.05.2003] ha formulato la definizione delle micro imprese, delle piccole imprese e delle
medie imprese utilizzata nelle politiche comunitarie applicate all'interno della Comunità e dello Spazio
economico europeo. La tabella seguente riporta una sintesi di tale raccomandazione.
parametri
tipologia d‟impresa
micro piccola media
dipendenti fino a num.persone 10 50 250
fatturato fino a milioni € 2 10 50
totale bilancio non superiore a milioni € 2 10 43
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
9
rimane pressoché invariato
6
. Passando al secondo indicatore, appare confermato il trend
positivo di crescita del valore generato dal settore. I valori registrati risultano essere molto
simili tra loro tranne per gli Stati Uniti e l‟Australia. Per i primi, in particolare, questa
differenza deriva dalla diversa struttura dimensionale delle imprese presenti: negli Stati Uniti
poco più di un quinto delle imprese attive hanno più di 20 dipendenti (si pensi solo alle
numerose multinazionali di fastfood, catene di hotel, ecc.).
Tabella 1.3 Evoluzione strutturale del numero di imprese degli Hotels e Ristoranti
Tabella 1.4 Evoluzione del Valore aggiunto per occupato e per impresa degli Hotels e Ristoranti
Questo processo di evoluzione del settore terziario e del settore “Hotels and Restaurants” è
stato favorito da tre categorie di fattori (Fornari 2006):
6
Il caso dell‟Italia meriterebbe un approfondimento con l‟obiettivo di comprenderne le potenziali cause. I settori
nei quali si evade di più, ha spiegato Fabrizia Lapecorella, direttore del Dipartimento delle Finanze, sono i
servizi personali, il commercio, la ristorazione e le costruzioni.
R. Petrini “Duecento miliardi sottratti al fisco. Le Finanze: „Un problema enorme‟” in La Repubblica del 19
febbraio 2009. Disponibile su: <http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/fisco-evasione/duecento-
miliardi/duecento-miliardi.html>
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
10
legati alla domanda e quindi associati al cambiamento dei modelli di consumo. Al
riguardo un primo elemento critico è rappresentato dall‟esistenza di una correlazione
diretta tra la crescita del potere di acquisto reale delle famiglie e quella della domanda
di servizi. Le fasce di popolazione caratterizzate da una maggiore disponibilità
economica tendono a sostituire numerose attività in precedenza svolte in proprio con
l‟acquisto di servizi svolti da terzi (ad esempio le occasioni di cene in pizzeria o
ristorante). Un secondo fattore da domanda è rappresentato dalla modificazione della
struttura demografica. A tal proposito è interessante rilevare come, l‟aumento
dell‟incidenza del lavoro femminile sta favorendo lo sviluppo dei servizi di
ristorazione
7
mentre l‟aumento dei nuclei familiari unipersonali (i cosiddetti single)
sta determinando una crescente domanda di servizi di intrattenimento/socializzazione.
Infine un ulteriore elemento di analisi è rappresentato dall‟evoluzione degli “stili di
vita” degli individui.
d‟impresa, associati alle condotte competitive delle aziende. A tale proposito occorre
innanzitutto evidenziare che il crescente ricorso delle imprese di produzione
all‟outsourcing (soprattutto per lo svolgimento di attività non-core) ha favorito la
nascita e lo sviluppo di operatori specializzati nella produzione di servizi sostitutivi di
attività aziendali. È il caso, per esempio, delle società di catering, che svolgono per
conto di alcune imprese un servizio sostitutivo rispetto alla mensa aziendale.
istituzionali, relativi alle riforme di politica economica promulgate dagli organi
legislativi
8
.
Nel prossimo paragrafo concluderemo questa panoramica sul settore alberghiero e ristorativo
focalizzando l‟attenzione sulla domanda di servizi di ristorazione. Analizzeremo il fenomeno
del “Casa – Fuori Casa”, i cambiamenti e le tendenze negli stili di vita e, infine, le
conseguenze negli stili alimentari.
1.2 La situazione in Italia
Nel corso degli ultimi decenni, una profonda evoluzione ha caratterizzato il modello culturale
ed il contesto socio-economico non solo italiano, ma anche europeo e internazionale. In
particolare, considerevoli cambiamenti si sono manifestati negli stili di vita delle persone e, di
conseguenza, nelle abitudini alimentari. Il settore della ristorazione risulta dunque in continua
7
Questo risulta confermato dall‟incidenza percentuale delle donne nel settore dei servizi e dall‟incremento
percentuale avuto nel corso degli ultimi decenni (Tabella 1.1).
8
Si pensi ad esempio ai provvedimenti finalizzati alla privatizzazione degli Enti Pubblici produttori di servizi di
pubblica utilità (telefonia, elettricità, ecc.).
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
11
evoluzione e alla ricerca di modelli più idonei a soddisfare i nuovi stili di consumo delle
persone.
Questa seconda parte del primo capitolo vuole essere un contributo alla riflessione sul grande
tema dei consumi delle famiglie, in particolare di quelli alimentari domestici ed extra-
domestici. Cercheremo di inquadrare la situazione italiana secondo una visione che
inizialmente supera i confini nazionali, nel tentativo di cogliere convergenze e divergenze con
i comportamenti di spesa in Europa. I consumi alimentari vanno progressivamente
ridimensionandosi all‟interno del paniere di spesa delle famiglie lasciando sempre più spazio
a beni e servizi non-food. Tuttavia, c‟è da segnalare che, tra i servizi, quelli di ristorazione
qualcosa a che fare con il cibo ce l‟hanno e i dati denotano una dinamica opposta ai consumi
alimentari domestici. In tutti i Paesi i servizi di ristorazione rappresentano una quota
importante dei consumi delle famiglie, pesano sempre di più all‟interno dell‟aggreg ato dei
consumi alimentari domestici ed extra-domestici e mostrano soprattutto, seppure con intensità
diverse, significativi trend di sviluppo. Indagheremo infine i fattori che spingono questo
fenomeno e illustreremo i nuovi comportamenti degli italiani nel consumo di cibo.
1.2.1 Comportamenti di spesa: convergenze e divergenze in Europa
Prima di approfondire nel dettaglio il contesto italiano, appare interessante osservare la
situazione dei comportamenti di spesa in Europa e presentare qualche dato sui consumi extra-
domestici. Le Tabelle 1.5a e 1.5b riportano i dati percentuali degli Stati Europei
9
attinenti il
mix dei consumi per gli anni 1994 e 2005. In particolare, nel decennio considerato è possibile
individuare un progressivo ridimensionamento dell‟incidenza della spesa per “prodotti
alimentari e bevande” destinati al consumo domestico: la percentuale media (dei 15 Stati
considerati) è passata dal 16 per cento del 1994 al 13 per cento del 2005.
Osservando i dati a livello di singolo Stato, la tendenza negativa è confermata per 14 Paesi su
15 considerati: solo il Belgio presenta un trend inverso con aumento dell‟incidenza di circa
l‟1,5 per cento. La seconda voce che citiamo è quella degli “alberghi e ristoranti”. Su 15 Paesi
considerati, solo due hanno registrato una riduzione superiore all‟1 per cento (Francia e
Germania); per gli altri Paesi il trend è stato positivo o leggermente negativo (Italia, Olanda e
Finlandia). Sempre con riguardo a queste due voci di spesa, le tabelle di seguito, riportano
anche il peso aggregato che queste hanno sul totale: nel 1994 rappresentavano in media oltre
un quinto delle spese totali (circa 22 per cento) mentre nel 2005 il peso è sceso sotto il 20 per
cento. Osservando infine i valori dell‟aggregato per l‟Italia, è interessante sottolineare come
9
In queste elaborazioni sono stati considerati i Paesi dell‟EU 15.
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
12
questo superava il 25 per cento nel 1994 (26,15 per cento) per poi subire una riduzione di
circa due punti e mezzo percentuali, assestandosi nel 2005 a 23,58 per cento.
Tabella 1.5a Struttura generale della spesa per consumi (EU 15, in percentuale, anno 1994)
Tabella 1.5b Struttura generale della spesa per consumi (EU 15, in percentuale, anno 2005)
Proseguiamo l‟analisi di questi dati per le altre voci di spesa evidenziando, in particolare,
l‟aumento consistente registrato nei consumi legati all‟abitazione che passa da un quasi +7 per
cento della Spagna a circa -4 per cento del Belgio; l‟Italia registra invece una variazione
positiva superiore al 5 per cento. I dati forse più inaspettati che emergono da queste tabelle
riguardano le voci di consumo “ricreazione e cultura” e ”istruzione”. Per la prima voce, tutti i
Paesi considerati hanno registrato valori positivi con un aumento in media dell‟1 per cento
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
13
mentre per la seconda, si può rilevare come nei Paesi dell‟Europa Centro-Settentrionale via
sia un‟incidenza percentuale a doppia cifra per i consumi legati all‟istru zione (negli Stati
mediterranei tali percentuali sono comprese tra il 4 e il 7 per cento). A conclusione di questa
breve analisi sulla classificazione
10
dei consumi per quindici Stati dell‟Unione Europea, è
possibile affermare che sono in atto dei cambiamenti nel mix di spesa: risultano confermate le
convergenze tra i Paesi, sia in termini di peso percentuale delle singole voci di consumo sia
di segno delle variazioni percentuali intercorse dal 1994 al 2005.
Figura 1.3 Spesa media dei consumi - 2 capitoli di spesa e incidenza percentuale (EU15, in PPS,
anno 2005)
La seconda comparazione con Paesi Europei focalizza l‟attenzione solo su due classificazioni
di spesa: i consumi ricompresi nella tipologia „alimentari e bevande non alcoliche‟ e i
consumi per „alberghi e ristoranti‟. La Figura 1.3 riporta, in ordine crescente, la spesa per
„alimentari e bevande non alcoliche‟ e la relativa spesa in „alberghi e ristoranti‟ per ciascun
Stato. Inoltre, abbiamo arricchito il grafico con una linea indicante il peso percentuale dei
consumi in „alberghi e ristoranti‟ sul valore dei consumi in „alimentari e bevande non
alcoliche‟. Osservando l‟andamento di quest‟ultima linea si può constatare come questa
10
La suddivisione della spesa considera il COICOP (Classification of Individual Consumption by Purpose,
classificazione dei consumi individuali secondo lo scopo), uno standard internazionale messo a punto dalla
Divisione Statistica delle Nazioni Unite che viene usato, tra l'altro, per l'elaborazione degli indici dei prezzi al
consumo. Tale classificazione individua 14 capitoli di spesa, i primi 12 relativi ai consumi delle famiglie, uno
relativo ai consumi individuali delle istituzioni sociali private al servizio delle famiglie, l'ultimo a quelli delle
amministrazioni pubbliche.
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
14
aumenti al crescere della spesa per „alimentari e bevande non alcoliche‟. Una riflessione va‟
fatta per l‟Italia che, nonostante il valore più alto nei consumi „alimentari e bevande non
alcoliche‟, presenta l‟incidenza percentuale più bassa dei consumi „alberghi e ristoranti‟, pari
al 27 per cento. I valori percentuali maggiori vengono invece registrati per il Lussemburgo
(84%), Regno Unito (81%) e Portogallo (70%). La media EU 15 è circa del 49 per cento
mentre per l‟EU 27 di poco inferiore al 40 per cento.
Tabella 1.6 I consumi alimentari in casa e fuori casa in Europa (milioni di euro correnti – anno
2009)
Ma quanto valgono i consumi alimentari in casa? E quelli fuori casa? I consumi alimentari
restano nel 2009 una voce di spesa di primaria importanza e valgono, nell‟Unione Europea,
882 miliardi di euro correnti pari a circa il 13 per cento della domanda complessiva (Tabella
1.6)
11
. Soltanto per l‟abitazione gli europei spendono di più. Se includiamo nella spesa
alimentare anche la quota destinata ai consumi fuori casa, pari a 468 miliardi di euro,
l‟alimentare rappresenta un quinto del budget complessivo di spesa dei cittadini europei.
Stringendo il campo di osservazione ai soli tredici Paesi dell‟Unione monetaria si ha una
11
Elaborazione C.S. Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) su dati Eurostat.
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
15
spesa al di sopra dei 660 miliardi di euro, 1.025 includendo il consumo alimentare fuori casa.
Il dato che però suscita maggiore interesse è il peso percentuale dei primi quattro (Italia,
Francia, Germania, Spagna) paesi sul totale: i consumi alimentari domestici ed extradomestici
ammontano a 796 miliardi di euro pari al 78 per cento del valore complessivo dei paesi
dell‟eurozona e il 59% del valore complessivo riferito ai 27 paesi dell‟Unione.
1.2.2 Il fenomeno del “Casa – Fuori casa”: evoluzione dei consumi
extradomestici
I consumi extradomestici di prodotti alimentari sono un fenomeno conosciuto in inglese con il
termine eating out. Hughes (1996) in una sua ricerca afferma che: “…eating out is defined as
the consumption of food and drink eaten outside the home which is not obtained from the
household‟s stock‟s. Food consumed outside the home but taken from household supplies (e.g.
picnics) is covered within the main survey and not the eating out extension”. I consumi
extradomestici di prodotti alimentari sono quindi quelli realizzati dagli individui al di fuori
dell‟abitazione e che non sono il frutto dell‟impiego di scorte domestiche. Si tratta quindi di
tutte le consumazioni effettuate presso gli esercizi adibiti alla somministrazione di cibo e
bevande (ristoranti, bar ecc.) escludendo da questo ambito le forme di autoconsumo fuori casa
come, per esempio, i picnic o i pocket lunch.
Figura 1.4 Evoluzione della struttura dei consumi Alimentari e in Pubblici Esercizi in Italia (in
milioni di euro, anni dal 1970 al 2009)
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
16
In Italia, il mercato del fuori casa genera un giro d‟affari superiore ai 70 miliardi di euro (70,7
nel 2009), che rappresenta il 34 per cento dei consumi alimentari complessivi
12
e più del 50
per cento se comparato ai consumi in alimentari e bevande. Nella Figura 1.4 è rappresentato
graficamente questo cambiamento: il peso dei consumi in Pubblici Esercizi nel 1970 era
appena il 13 per cento! E‟ più che probabile che nei prossimi anni la tendenza dei consumi
extradomestici manterrà una forte crescita fino a costituire un peso equivalente ai consumi
alimentari domestici, come già accade negli Stati Uniti, dove le percentuali si attestano al
50% (Fornari, 2006).
Tabella 1.7 L‟evoluzione del valore dei consumi extradomestici in Italia (valori a prezzi correnti,
in milioni di euro)
In termini evolutivi appare interessante rilevare come sia stato possibile registrare una crescita
particolarmente sostenuta e ininterrotta della domanda di servizi ristorativi, tanto che nel
periodo 1990-2000 si è assistito a un aumento del valore complessivo del mercato pari a quasi
il +100 per cento
13
. Solamente negli anni più recenti (dal 2001 in poi) il trend di crescita ha
evidenziato una flessione, dovuta principalmente alla congiuntura negativa dell‟economia
12
Per consumi alimentari complessivi s‟intende la somma dei consumi in alimentari, in bevande e in Pubblici
esercizi; questi ultimi evidenziano i consumi fuori casa (Spesa delle famiglie, COICOP a 3 cifre, Valori a prezzi
correnti). Fonte Istat, Conti economici nazionali. < http://www.istat.it/dati/dataset/20100813_01/>
13
Per i consumi domestici la variazione complessiva nel periodo 1990-2000 è stata appena del 43 per cento,
molto inferiore rispetto a quella registrata per i consumi fuori casa.
CAPITOLO I Le tendenze della domanda
17
(Tabella 1.7)
14
. Le variazioni percentuali annue riportate nella tabella mostrano che anche il
settore della ristorazione ha subito gli effetti della crisi finanziaria degli ultimi mesi del 2008:
una riduzione della variazione percentuale è stata registrata nel 2008 (rispetto al biennio
precedente) ma il dato più significativo risulta essere quello rilevato per l‟anno 2009 pari a -
0,2 per cento. Per quanto sia minima questa flessione, rimane pur sempre un‟indicazione
dell‟importanza di tale crisi nel sistema economico mondiale, finanziario e non. Infine,
sottolineiamo come le variazioni percentuali annue dei consumi extradomestici siano state
sempre superiori a quelle dei consumi domestici, con eccezione del biennio 2002-2003,
confermando il trend positivo del consumo di pasti al di fuori delle mura domestiche.
Numerosi studi hanno infatti evidenziato l‟esistenza di una forte relazione tra il tasso di
crescita dei consumi extradomestici e l‟andamento degli indicatori macro-economici. Ne
deriva che una ripresa dello sviluppo economico non potrà che tradursi in una nuova fase di
crescita dell‟incidenza delle consumazioni fuori casa (Fornari, 2006).
Tabella 1.8 Il peso delle regioni sul valore dei consumi extradomestici in Italia (valori
percentuali)
A livello territoriale è possibile individuare una rilevante concentrazione del fenomeno in
alcune aree, tanto che nelle prime cinque regioni (Lombardia, Veneto, Lazio, Emilia-
14
La crescita nel periodo 2001-2009 è stata all‟incirca del 38 per cento.